Quanti fantasmi illusori,
a colmare il vuoto di vita, oggi!
E quanto vociare per affermarli,
di chi dice di sapere,
ché inconsistenza e inutilità
non appaiano!
Ché guide sicure si dicono…
ma nulla sanno e blaterano
il loro niente.
Così la terra tutta ne è assordata…
E come larve ci muoviamo
e sempre un gelo qui
e fin nelle ossa!
E si marcisce in questa gora fangosa,
che impaluda la terra tutta,
e una folla brancolante
v’annaspa…
E facciamo quello che altri fa,
senza convinzione,
per non pensare e soffrirne.
E come bambole dipinte
tra altri manichini danzanti…
e senza riposo, senza limitazioni,
ché, se tutto è effimero,
tutto può essere trasgressione,
vita da bruciare,
e in una nebbia grigia, sporca…
E non c’è gioia,
ma solo ossessione di vita negata.
E allora anche fuggire
vogliamo, e con un tu,
che a lungo ci ha guardati con occhi
d’intesa e ora incantati...
e per mano ci tiene.
Ma non possiamo, se non su fragile legno
per il mare placido dell’ignoto.
Così cattivante l’inesplorato!
Ma, diffidenti, lo guardiamo infido…
E ci muoviamo, compagni,
nella speranza dell’aurora.
Ma forse, tra breve, si farà
davvero iroso questo mare
e già forse cova negli abissi,
tempesta che, ruggendo,
ci avvolgerà in gorghi di morte…
E non si vede né terra, né stella,
e luce che albeggi.
Ma niente di così drammatico
vuol accadere…
e annoiati e vecchi si diventa d’attesa.
E quel tu, che ci cullava d’amore,
ora più non c’è,
svanito forse nel mistero del nulla.
E, soli, fuori dal gregge,
non resta che l’agonia…
e dell’anima anche,
ché tutto abbiamo visto, vagliato, detto,
e di tutto abbiamo pianto!
Ma qualcosa folgora la notte,
e spezza la rassegnata disperazione…
Che sia il dio?
a colmare il vuoto di vita, oggi!
E quanto vociare per affermarli,
di chi dice di sapere,
ché inconsistenza e inutilità
non appaiano!
Ché guide sicure si dicono…
ma nulla sanno e blaterano
il loro niente.
Così la terra tutta ne è assordata…
E come larve ci muoviamo
e sempre un gelo qui
e fin nelle ossa!
E si marcisce in questa gora fangosa,
che impaluda la terra tutta,
e una folla brancolante
v’annaspa…
E facciamo quello che altri fa,
senza convinzione,
per non pensare e soffrirne.
E come bambole dipinte
tra altri manichini danzanti…
e senza riposo, senza limitazioni,
ché, se tutto è effimero,
tutto può essere trasgressione,
vita da bruciare,
e in una nebbia grigia, sporca…
E non c’è gioia,
ma solo ossessione di vita negata.
E allora anche fuggire
vogliamo, e con un tu,
che a lungo ci ha guardati con occhi
d’intesa e ora incantati...
e per mano ci tiene.
Ma non possiamo, se non su fragile legno
per il mare placido dell’ignoto.
Così cattivante l’inesplorato!
Ma, diffidenti, lo guardiamo infido…
E ci muoviamo, compagni,
nella speranza dell’aurora.
Ma forse, tra breve, si farà
davvero iroso questo mare
e già forse cova negli abissi,
tempesta che, ruggendo,
ci avvolgerà in gorghi di morte…
E non si vede né terra, né stella,
e luce che albeggi.
Ma niente di così drammatico
vuol accadere…
e annoiati e vecchi si diventa d’attesa.
E quel tu, che ci cullava d’amore,
ora più non c’è,
svanito forse nel mistero del nulla.
E, soli, fuori dal gregge,
non resta che l’agonia…
e dell’anima anche,
ché tutto abbiamo visto, vagliato, detto,
e di tutto abbiamo pianto!
Ma qualcosa folgora la notte,
e spezza la rassegnata disperazione…
Che sia il dio?
Nessun commento:
Posta un commento