giovedì 5 gennaio 2012

Mosaico

Oggi sembra precoce la stagione bella,
ché già son tanti i colori, di margherite,
anemoni, crochi e, dal lato meglio esposto
della collina, i primi gialli soffioni, e qui
dolci canti innamorati e le prime farfalle a inseguirsi...Presto colori tanti e vari
profumeranno di essenze diverse l’aria
tutta, e profumi dispersi, riconosciuti,

si coloreranno di quei fiori che a cento
e cento appariranno su questa costa.
E già la ginestra spinosa, che tutta di
foglioline nuove s’è rivestita, si prepara a
fiorire e poi sarà che la comune apra le
gemme sue a darcene fragranza. E già
all’orecchio attento par che mille brusii

parlino il linguaggio arcano di nuove vite,
e pigra la lucertola s’attarda ai tiepidi raggi,
e or ci sono versi alti e bassi, vicini, lontani,
e or come rimbrotti sommessi paiono o
rochi brontolii..., che siano già nelle cisterne
antiche, le rane? E poi i bellissimi gabbiani
reali a volteggiare al di sopra delle falesie
con i loro striduli richiami. Sì, sono proprio
già tanti i rumori di risveglio e già il ghiro
deve esserci nel folto della boscaglia e
la tenera arvicola e il ratto di montagna,
tutti a fondere i loro squittii, arcani richiami
d’amore, alla brezza dolce, che dal mare di
mille sfolgorii, sale su questo già aulente
promontorio... E io mi fingo stare tra
variegati cespugli, a pensare di te, ché già
di erbette novelle e fiori a te cari, tutta ride
questa natura nel parco nostro...

Io or mi sento come il tuo devoto
Bernardo, innamorato; propter ipsam
mundus factus, dice di te... e, sebbene
insipienti dicano di questo amante

che qui esageri, tanto amore ti reca, io
sento che dica solo l’essenziale, ma io tanto
insipiente delle cose vostre, e di tanto altro,
sono! Ma altri padri, che ora t’amano più
che qui potessero, hanno altro di te
fantasticato per amore. Sì, che tu
nella mente del dio, complesso impenetrabile
dell’amore e sentire suoi, fossi modello per
la bellezza delle cose tutte, che creato
avrebbe, per gli occhi incantati di creature

innamorate, pronte ad apprezzarla. E che
qui ora tutte significhino di te, ciascuna
simbolo, tessera di un mosaico, che
ricomposto da chi ne abbia la sensibilità,la
tua vera immagine vi possa vedere. Sì,vero,

tu già avevi quei doni e perfezioni con cui
resa t’avrebbe a questo mondo, fatto per te
e icona tua negli aspetti suoi belli, a dargli,
natura mirante, quel figlio tra voi già unione

d’amore,prima che tutto chiamato ad essere
fosse dall’impenetrabile mistero del nulla...

E altri, considerando le doti tue, più alte che
in ogni altra donna di qui, ti dissero degna

sposa del dio, credendo di dir tutto..., ma
meglio sarebbe, paradosso, dirti sposa di te,
ché quanto dissero di sublime non è tutto, 

ché il tuo è  mistero stesso del dio,
insondabilità che tutto sovrasta e in cui
tutto è immerso. E qui mi coglie vertigine,
ché più oltre con la mente mia sprovveduta,
non so andare...

Meglio confortare la mia incapacità col
ricordo del mio tempo primo e felice. Io ero
bambino, e mia madre, tua devota,
mostrandomi una tua immaginetta, diceva
che quella ti raffigurava bella quanto essere
stata qui dovevi, ma non rendeva giusti gli
occhi tuoi, belli tanto da innamorare il dio!

E io, bambino, già ti sognavo occhi belli. Ma
invano cercherei tela o mosaico di chiesa a
figurarmeli! Ché, come non poté esprimere
con parole la visione sua la cara, dolce
Benardette, così nessuno, per quanto artista
abile nel ritrarre le donne di qui, tradusse la
bellezza che la prescelta celava nel ricordo
suo. E la santa disse dell’effige, che tutti
veneriamo, quanto in nulla somigliasse alla
bella signora. Ora qui, ancor più la bellezza
s’è fatta precaria. E’ un’epoca che di tanti
orrori si macchia...Tu la vedi precocemente
vanire in giovani, imbruttite dal malessere
di vivere, che vedi attardarsi in luoghi
stantii e assordanti, a perdersi in ebbrezze
effimere di sballi e in quelle rimanere
catturate. O vedi giovanissime, che pur
desiderano aprirsi fiori al mondo, irretite e
fatte voglia di loschi bavosi o anche della
vita stessa, private. E’ or ora la cronaca...

E io sono tanto accorato per Yara, che ne
sono agghiacciato. Forse proprio in questo
consiste il contaminarsi della bellezza tua e
del figlio tuo, oggi proprio qui riattualizzato,
all’immondo contatto di questo mondo di
brutture, dove ostinati v’attardate finché c’è
uno che soffre, a lasciarvi umiliare e
uccidere ancora. Sì, rara è la bellezza,

quanto la pace, la giustizia, la felicità.
E invano quei padri, che vagheggiarono
la bellezza tua, oggi potrebbero riunire tante
belle e pure, che, mostrando la grazia loro,

potessero di te fornire a noi profani un’idea,
fuor della mente loro, a significarci la
sublimità tua. Ma quello che le donne nostre
più non possono, la bella natura, per quanto

qui precaria, come la vita di tutti, per
l’ottusità di chi si studia di distruggerla,

ancora può significare di te. E finché
potranno i fiori sbocciare in quest’aria
attoscata, tu agli innamorati tuoi, donerai il
sogno di vederti tra essi! E come il poeta
vedeva la donna sua ricoprirsi di verde
scorza, per fondersi con la natura aulente
sotto pioggia lenta e dolce, che tutta sonora
rendeva la pineta, secondo che fronda
bagnasse, così tu, pietosa, permettimi
l’illusione contraria, che tu esca di scorza da
questa pianta sacra, che or tutta di tenero
verde s’infronda, la stessa che nel mito vide
l’innamorato dio, sconsolato al mutare in
essa della bella Dafne. Sì, dolce mia Dafne,
esci di scorza per me solo, ché sai quanto
t’amo! Parlano di te queste cose belle di
prima primavera, che il riso della donna mia
tutte me le ricorda e garantisce verranno a
ricomporre, come tessere di un meraviglioso
mosaico, l’unica icona di te. Sì, finché donna
amata riderà, tornerà primavera a far belle
di te tutte le cose!                             

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