sabato 13 gennaio 2018

Lettera alla madre mia


Dell’amore di Maria si dice che esso farà che “ intrent ut astra flebiles” perché ella le porte aprirà del cielo. Ora quanto flebile io sia, è facile intuire da quanto ho da offrirle. Non ho più madre cui assimilarla, solo una piccola donna, ostinata a volermi bene. Ecco l’amo nella misura in cui so amare questa mia. Ma che so io di come e quanto va amata una donna anche solo di qui? È tanto, è poco, non è certo abbastanza per quella del cielo, eppure anche lei si contenta, ne riempie il cuor suo. E anche se sono e rimarrò tiepido d’amore, flebile in luce d’amore, supplirà del suo ai miei manchi d’amore e come astro entrerò nel suo cielo dischiuso! Sì madre fammi astro del tuo cuore!
E intanto che dico alla madre mia, l'altra Maria, che da lei m'aspetta?
Quanto desidererei, quelle volte, e rare non sono, che questo mondo mi fa vero paura riascoltare la voce tua calda, tenera, rassicurante, madre! E quella che più vorrei richiamare è la voce di cui ricordare non posso alcun fonema, quella, da lì, ove sogno tu sia, forse possibile articolare, di dolce custode della mia età prima, quella congiunta a chi ci fu strappato. Oggi a quella del cielo, che pur dolce chiamo madre e cui forse insoddisfacente preghiera recito, e invece io vorrei saperla recitare accorato, canterei lusinghe, ripetendo quanto per lei ci raccomanda l'eterno innamorato San Bernardo. Perché? Affinché almeno lei voglia, tu venuta alla mia chiamata, trattenerti un po' con me, ché la vita tua m'è stata rapita negli anni in cui m'avresti dato molto ancora, e io malato ne sono rimasto nell'anima! Da chi, da che? Da un che terribile, che vuol qui farsi un chi, il male pur permesso, e per questo mondo blatera iroso afono con voce inarticolata di disperato nella vita di tutti, minacciandola! E se lo fa con me, più ancora lo fa con chi la vita sua dona e le madri tutte ne sono minacciate, perfino la tua, la mia del cielo. Perché tale precarietà ha la vita qui che lei rischia di perderci tutti, smarriti nel buio che pur le stelle spegnere vuole. Sì, io avverto minacciata la vita mia, quella dell'anima, più di quella dell'ormai appesantito involucro in cui abita! E che varrebbe infatti la vita che generosa m'hai dato? Nulla se soffocata dal male, perché solo acquista significato e valore nel tentativo che ogni giorno faccio di donarla per amore, come fate voi madri tutte, voi che in un figlio la vita vostra volete più operosa continui! E io continuo la vita tua, quella del babbo e del caro fratello Pino e ne attendo ormai l'amen. Dovrò forse, causa il matto mio cuore fisico, a breve lasciar questa piccola donna, che hai voluto fosse a continuarmi l'amor tuo, e tanto difficile sarà, più delle cose tutte di questo mio mondo incantato, le tanto amabili che avvertire un po' del nostro dio m'hanno fatto e accesa la speranza di rivederti con gli altri cari almeno con gli occhi dell'anima se il vorace nulla la risparmierà. Ma sai che mi resta dopo questo mio parlarti? Un tuo dono! La convinzione che sia questa l'ora mia più importante, l'ora che proprio vivo sebbene precaria, un'ora tutta d'amore. Sì per i miei tanti ricordi con te, ma anche per gli occhi della mia piccola donna, che ora mi sono vicini, parlanti senza parole, che significarmi vogliono che l'amore non può morire, è l'essere stesso di questa mia anima, che voi due, mie vi vuole per sempre!



sabato 6 gennaio 2018

Che fa il dio dentro?


Alla nostra ammirazione un prato di primavera. Se occhi attenti vi si possono soffermare ha di sicuro del gradevole, ma anche vi aggiungiamo del nostro, del già posseduto. Son fuori di noi, fiori, ronzio di bombi affaccendati, trepidi voli, saltelli tra i cespugli e versi di uccelletti in lor tempo d'amore, ed erba ondeggiante in una vallea coronata di alberi tremuli. Tutto fa la nostra meraviglia! Ma è indubbio che abbiamo già dentro l'armonia dei colori, la gradevolezza dei suoi suoni. Allora quanto il manto verde, tutto in quest'epoca trapunto, si piega alla brezza e quanto alla carezza del nostro sguardo innamorato?
Di simile ci accade con l'amata. Bellezza e grazia le appartengono, sono sue doti naturali e ci attraggono, ma il sentito per lei vi aggiunge quanto di bello e gradevole il cuore già possiede e, inconsapevole, col dono ne aumenta il fascino e il diletto che ne viene.
Eccoci ancora di fronte all'incantevole stellato delle tante ormai notti serene, a interrogarlo, << Hai certo bellezza, ma nascondi altro?>>. E il celato finisce col venir fuori, appena consapevoli che è quello che l'amore nostro vi proietta!
Ma star di fronte al gradevole, al bello, al buono, è trovarsi col dio. Come posso dire, <<Ti cerco e non ti trovo>>?L'amore mio non proietta il suo su ogni cosa e la fa più bella e più buona, più preziosa? Non è questa capacità, questo dono del cuore, questo versare del suo su tutto, già la risposta? Cerco chi già ho, lo cerco per amarlo, ma già l'amo!


giovedì 4 gennaio 2018

Il segreto dell'essere


Ho scritto qualcosa di molto simile per gli amici di “Facebook”, ma qui cercherò di chiarir meglio il mio pensiero. C'è una porta , credo, dopo la via che conduce a chiedersi sull'essere e il mistero suo. Concluderò che la chiave che l'apre è l'amore.
Quando di primavera più amo passeggiare, invitante il bel tempo, mi capita spesso di girovagare nel parco cittadino e tornare a un luogo, altre volte raggiunto e in cui mi sono soffermato, tanto da subirne il fascino. Più che non sentirmi estraneo, tanti i fiori, le erbe, lussureggianti i cespugli, e gli alberi vestiti di novelle foglie, può capitarmi di desiderare di fondermi con quel tutto, che vedo e giudico incantevole, cioè disperdermi, diventare uno tra le altre cose di lì, non molto diverso nella meraviglia che a cuore recettivo possa suscitare la curiosità del tutto. Sensazione che non è nuova, simile, credo, alla provata nell'innamoramento, che è un uscire dal proprio sé, muoversi verso l'altro, il tu. E più che star bene, in armonia, col soggetto che attrae, accade di desiderare di divenire un tutt'uno con lui. Così da avvertire le stesse sensazioni, vedere con gli stessi occhi, apprezzare col suo stesso giudizio, subire lo stesso destino!
Ma che è questo voler essere non per l'altro, non con l'altro, ma l'altro addirittura? Far propria la sua gioia, e cose belle e buone che capitano e la destano, ma anche i suoi crucci, le ansie e persino le sue lacrime! È così proprio che io ancora voglio essere la donna amata! E il dio? La storia del cristo, tragico l'epilogo, fa pensare che lui voglia tuttora essere noi. Prendere tutto su di sé! E se è questo che caratterizza il dio, questo suo voler divenire, egli sì è, ma quanto? Nella misura almeno dell'amore che spinge noi stessi a non distinguerci dalle cose buone e belle del nostro mondo, della volontà che fa uscire dalla cerchia dell'io, sempre angusta, e spinge ad allargarla in quella del tu che ci guarda, invitanti gli occhi suoi, e della volontà, sempre rinnovata, del suo cristo di essere me e questa piccola donna che amo, e ogni altro di questo mondo! Un voler essere ogni altro che è un tutto racchiuso quindi in un mistero, l'amore! Per essere occorre amare! Si è nella misura dell'amore! Ecco il segreto dell'essere!