lunedì 27 gennaio 2014

Il giorno della memoria

È il giorno della memoria. Soffia dolore nel mare della vita e l'agita con onde scure. Pur cantano sommesso a bordo di queste fragili navicelle combattute. E chi e perché? Canta una felicità nei nostri cuori. V'è, piccola, contenuta, fragile, nonostante il tanto brutto di ieri e quello d'oggi e di sempre. Ché rifiorita è novella giovinezza dell'anima e con essa tutte le cose, che, viste con l'ingenuità d'epoche lontane, tutte giovani paiono, preziose, belle. Basta a che non piangano i cuori, anzi ridano un po', nonostante? Essi sanno! E che? Che se piena non è per ora la gioia, lo sarà completa, annullate le diversità tutte che fanno il male a questo mondo. Il male sta, credo, nella diversità, di vita, giudizio, capacità, destino... E questo giorno ricorda loro, le vittime di ieri, e ammonisce oggi noi, sicure vittime di novelli carnefici. Ma essi saranno pur vittime a loro volta! E di che e chi ? Del perdono e dell'amore nostro e del dio! Ecco la legge sua! Allora semi pioveranno dal cielo su solchi che sudore e lacrime, quelle dei brutalizzati di ogni epoca in campi di sterminio, che qualcuno sempre ricostruisce, hanno fecondato, e germi di vita novella la natura tutta bella faranno, al cielo simile divenuta completamente. È questa la speranza di chi crede il dio venuto e rimasto nell'umanità sua. Niente più dolore allora, ma gioia soltanto, e gridata, e bellezza e bontà solo. E l'amore offerto verrà sempre accettato, ricambiato e mai più ritenuto inganno. E tutto perché c'è quel tu, da sempre invocato e relegato in un improbabile cielo, che ogni distanza ha colmato facendosi di ciascuno l'io, la coscienza di stare in un dove per un perché. E lo ha fatto frantumandosi, come fanno le briciole del pane consacrato che divengono frammenti del corpo suo a render cosciente la presenza sua, vita novella in ogni vita, dopo la morte sua. E che fanno le tenebre ancora, perché notte invitta segue sempre a sole radioso? E che vi facciamo ancora involti nella carne mortale con solo balenii della bellezza attesa? Simili a lui in tutto occorre essere, solo così egli vero risplenderà in noi come sole fa per l'aria lieve, quand'essa dalla primavera è addolcita. Tanta oggi ne è l'attesa e par che tardi! Ma prima che la voce sua gridi per noi di gioia, ancora sarà dolore, l'angoscia del suo silenzio e noi vittime di belve affamate e crudeli per la boscaglia intricata sempre, nera di angoscia e morte in questo mondo fosco, ieri, oggi. Così da sempre. E grideremo dalla nostra angoscia, Iddio mio perché m'hai abbandonato su questa croce? E un dio vecchio e falso, mitico, dallo scorno fuggirà nel nulla. Ma c'è un tu, io divenuto in ciascuno, che ha vinto la notte dei secoli e alle navicelle nostre sbattute da onde irose, fa che appaia già la riva sognata, radiosa! Ecco il motivo della gioia nonostante. Piccola, timida, ma gioia! E a te, dio altrimenti sconosciuto, dico, Sei tu, che impadronito ti sei di ogni cuore, di ogni mente, a sognarlo! Tu sì vai e vai, pastore divino, e pecorelle oltraggiate e smarrite raccogli da ogni dove, ma da quelle più non vuoi distinguerti. Non sei solo colui che chiama le sue all'ovile, sollecitandole nella penombra della sera imminente, ma beli tu pure, timoroso rabbrividendo, per i belati loro, ché lontani sai i natii pascoli dei cieli. Quelli verdeggianti e mossi da dolce brezza, da far crescere su questa terra quando come cielo diverrà. Ecco, questi i tuoi timori, questi i sogni, i nostri! E davvero vengono i temuti lupi voraci e spezzano in frammenti di morte il tuo gregge, ché dappertutto innalzate qualcuno ha barriere d'odio e così fatto dell'ovile un nuovo lager, e più fuggir non si può. Ed è la morte, ma questa mangia di noi, di te e così mangia la morte sua. Il tutto di tante diversità sta passando e, se anche sembra, lento non va al dissolvimento, e intanto urla, come da sempre, il male rabbioso, sogghignando, ma l'ultimo suo grido sarà diverso, disperato, quello della sua morte! Poi le nostre urla, le tue, di gioia! E poi la sola gioia nella sola bellezza, nel solo amore, il tuo, il nostro!

martedì 14 gennaio 2014

Credere si può!

Ma poi che fonda la fede nostra, perché possiamo dirci cristiani? Mi chiedi. E io, Credere che il dio abbia visitato l'umanità sua. Ecco lo specifico nostro. E perché? Sapere, e poteva dircelo lui solo, e ne avrebbe mostrato nella vicenda sua tragica la radicalità della coerenza, che non basta perdonare, occorre amare i nemici! E sai tra i nemici di ciascuno chi v'è? Se stessi. Odio per noi da noi stessi! Esosi siamo nelle pretese, agognando successo e fortuna, e scoprendoci inadeguati, non ci perdoniamo. Poi odio per tutti perché, spilorci, diamo poco e pretendiamo da strozzini e poi vediamo invidia ovunque, ché il male in noi è su tutto proiettato e s'aggiunge, esaspera quello pur assai diffuso e agli altri esageriamo la capacità di nuocerci. E tutto questo fa paura! E dolore anche fa ché assai lontani ci scopriamo dal dio e in un'incertezza di vita vero sofferta. Chi siamo? Ci chiediamo, per risponderci, Nulla se non siamo per il dio! Solo una lamentosa presenza anchilosata nella rassegnazione al male di dentro e fuori. Allora occorre guarirne, ed è ben strana questa inadeguatezza patita, è malattia che si risolve iniziando a comportarsi come non sia, cioè avendo alacre fiducia nel superamento e con forzata serenità impedire esasperi e ci renda inoperosi. Noi dobbiamo caro prezzo a merce ben scadente, sempre! Poi sarà la pace e la certezza di obbedirgli. Allora sarà come al meriggio di tutto sole che tutte le ombre fuga, ché le paure tutte spariscono. E ci sentiamo perfino capaci del compito arduo affidatoci, amare. Ecco, pur sempre fragile è la navicella nostra, ma porta la nostra speranza, e calmo è ora il mare della nostra vita e brividi dà l'aria sua fresca, che si fa brezza e le sue vele gonfia. E sentiamo che qualcosa viene, ed è avvertita come esperienza di novità e attesa è di sorprendente gioia, che fremere ci fa e in cui la vita sentiamo trascolorare vuole, ché, passata la notte, procediamo incontro all'aurora, che già indora le innocue nubi assopite sull'orizzonte. E io affamato son del tuo amore, assetato di felicità e da te solo, eppure ti stringo tra le braccia e ti scaldo! Sol piccolo bene sei, forte e fragile piccola donna e mi fai tenerezza, ché tutta rannicchiata, ti stendi la veste a coprirti tutta e i capelli hai mossi, scompigliati come vi indugia il vento... Ma qualcuno ha detto che è felicità completa poter desiderare quello che già si ha! E così so quanto sono felice! E se tu sei della madre del dio icona severa e gioconda, c'è festosità nell'anima mia in te specchiata, ché scopro di possedere già del dio desiderato, molto, una perla e mi riempie le braccia, sì la racchiudo conchiglia! E desiderio sei e appagamento a un tempo...E tutto m'appare trascolorato, dono di inesauribile bontà e parla un misterioso linguaggio, palpita d'amore ricambiato... e ogni altro desiderio è svanito, sarebbe follia!

venerdì 10 gennaio 2014

Nel dio

Quando tutto questo supereremo, ed è la fede questa possibilità, nel dio ci ritroveremo. Ma non sarà, credo, in un luogo, con le fattezze umane che la sensibilità personale e la fantasia potranno attribuirgli, ma in una condizione inedita. Sarà quella che sublimerà l'aspirazione al bene nella vita trascorsa, anzi sarà quel bene stesso, qui sempre oltre il potuto raggiungere, e comincerà dall'essersi ritrovati, spenta la morte. Tutt'intorno ricostruiremo la fisicità che meglio esprime questa coscienza di stare daccapo. Tu, credo, ti ritroverai in un bel giardino da cento essenze profumato e fiori variopinti tanti e insetti a ronzarvi e uccelletti a dirsi lor parole sugli alberi che l'incoronano. Assai più bello di quello che ora, assidua, coltivi con le tante erbette e frutti che ne trai, ché io ne gusti la fragranza. Ma lì non cercarmi, ché come ora questo cuore t'ha dentro, come conchiglia che la preziosità sua racchiuda e difenda, così allora sarà e lì quello che respiri, calpesti o tocchi io sarò e tu la perla. E sai cuore che è? Non la sede dei pensieri belli per te, ma questi pensieri stessi, e non solo il compiacersi narcisistico del pensato e saputo esprimere per il tuo diletto d'amata, debolezza di ogni amore terreno, ma più ancora, ché una sicurezza inaspettata vi nasce. Perché, che fanno? T'avvolgono tutta nel tentativo che il male non t'insidi e ti noccia e d'esserne capace forse solo illudono, ma illusione necessaria come scopo della mia vita. Insomma o il mio amore ti protegge, anche da te stessa, dalle brutture della vita che ti fanno dubitare che esso s'eternerà, o vacuo diventa e io più non ne vivo, ché mi diviene orpello, che ti infastidisce e dà peso, ché allora la sola paura di perdermi ti resterebbe. E a te, mi chiedo, che inducono i pensieri di quest'amore, che ti fanno dire anche di ingiusto verso te stessa? Se vero è quest'amore generoso, che vuol donarsi tutto, sprecarsi per me, piccola donna, allora il dio sperato c'è e m'è vicino. Così più ancora nella condizione nuova questo cuore vorrà darti certezza che il dio è alla portata del tuo amore e s'adopererà che il tuo cuore lo percepisca nell'afflato suo. Ma a me, al dono dei pensieri miei di qui, sempre tenterai di riferirti e dirai, Ecco tutto ciò che vedo, tocco, odoro, è certo la sua prossimità... Il povero amore che lui in vita offerto m'ha, e io l'ho raccolto meschino, grande s'è fatto e fin qui l'ho portato, fiore in me celato, e ne vivo pur ora! E sento che lui c'è, è la gioia stessa di star qui, lo rivedrò com'era sotto le stelle, ché ne sospira ancora il ricordo? Pregherò che avvenga! E io aggiungo dall'orgoglio della speranza di esser tanto ricambiato o dall'illusione, Lo voglia il dio!

mercoledì 8 gennaio 2014

Uscire dal tempo

Ciottoli nel mio cammino...Ore, giorni, tempo ancora? E vento un po', freddo in questa mattina pur serena. Forse fa metafora di quello che incontro mi viene, che come quello però passa. Nulla più dura, va in fretta, “'e pressa”, e lasciarmi vuole! E tu? Sempre, e pur ora certo m'accadrà, se solo rimango alla passeggiata, ti rivedo ragazza e incantata in sogni che t'ho suggerito... Ma poi la vita che ha fatto delle promesse dai nostri primi approcci dettate sincere? E sai che m'accade? Tace, si ferma il tempo un po', come se un'estasi vivessi, che mi estranei, tutto quanto intorno svanendomi. Ma sono solo attimi, e tornato nel posto e nel tempo suo, subito rivederti concreta vorrò e m'affretterò a te, e accanto ancora mi sarai e il volto tuo ritroverò bello come quello mo mo sognato. Ma il rivivere, adesso che lontana t'ho, la vicenda nostra prima, sai che dirmi vuole? Occorre che dal tempo usciamo per vero sognarla nel dio, nel presente suo eterno. Qui il tempo lo nega onnipotente! Ché, se parole di preghiera trovassi per chiedergli di permettermi tornare là dove il cuore sempre vuole innamorato, quando pur timida vero così mi rendevi e non potevo che balbettarti amore, non potrebbe riportarci a quell'epoca felice! Così alle cose belle dell'infanzia e giovinezza prima e alle illusioni d'allora. Tu lì ancora non eri, ma altri volti, altre parole, altre promesse, anche solo udite e poi rapide disattese. Sai? V'era un giardino e dentro rivedo una piccola solitaria al suo gioco tutta intenta...E in quello addormentarmi vorrei per ritrovarmi bambino con lei, se tu stanotte un po' vegli per mano tenendomi, finché non mi vedrai sorridere. Allora addormentati pure, entra nel mio sogno, ché questo cuore dolce “ninna-nonna” solo a te cantar vuole. Ché sei tu quella bambina, apparente indifferente ai miei sospiri, ma vero desiderosa delle mie parole e carezze, e giochi con me proprio il gioco dell'amore, ché altro cuore ella non vuole per il suo sogno. Allora l'alba abbracciati ci troverà e vi resteremo, ché, usciti dal tempo, non più tornare indietro voluto abbiamo...