mercoledì 24 settembre 2014

Amare il mistero che ho di fronte





Non s’ama il dio a parole, ma con i fatti. Perciò non solo occorre star tra gli altri, ma essere per gli altri. L’amore è dovuto, comandato! Vorrei davvero essere tra quelli che non si stancano di ripeterlo a se stessi ed essere vero uomo, capace di coerenza, costi pure la vita, inutile forse se il dio non la illumina. E potermi dire, Io non voglio solo lasciarmi vivere, nella speranza che già questo basti, voglio di più, impegnarmi per le ragioni di chi a tutti guarda! E far sì con tutte le mie forze residue che la positività del mio impegno per il bene non sia affidata al caso, a combinazioni imprevedute, come quelle di chi procede nella sua giornata senza scopo e meta. Io voglio essere tra chi ha chiaro lo scopo, la parte per cui vive e lotta, evitando però d’accrescere il male, la meta, tentare di raddrizzare un po’ questo mondo, sì voglio vivere l’eroismo di questo ideale! O vero fosse! E qualcuno mi ricorderebbe, Sta però per scadere il tuo tempo! Ma, risponderei, io intanto continuo quel che il dio s’aspetta, poi sicuro altri vorrà quel che voglio per lui! Perché Il nemico sta in noi stessi, rinunciare, troppo arduo il compito e poco il tempo disponibile! E così anche dopo una sconfitta, accettare passivamente ogni accaduto, lasciar perdere, lasciar stare. Preme il tempo, occorre pensare ad altro e lasciar che la storia vada così come da sempre, anche senza l’azione buona di chi in sé sente fremergli il dio. Ma sarebbe vigliaccheria! Allora sì io grido a me stesso, Ho da qualche parte in questo mio cuore tormentato la vera speranza, quella di essere ancora qui per aiutare il cristo ad attuare il suo regno? A lui il dopo, sollevare tutti i veli ché tutti capiscano le sue ragioni, comporre tutti i conflitti, quelli dei pavidi, come me anche, e dei titubanti di ogni epoca, come io sono in questa, quelli di chi avrebbe potuto ma non l’ha conosciuto, e io proprio non posso dirlo, a lui il perdono per il poco forse realizzato, ma non per me del manco di volontà e di fede! Ma ecco la vera difficoltà, perché nel decidere di seguirlo, non è semplice talvolta lo star tra gli altri e sempre genera perplessità lo star per gli altri! Già accade nel naturale rapporto a due, piccolo eppur tanto complesso mondo, quello del vivere insieme tentando la via dell’amore umano illuminata dall’amore del cristo! Inizio da qui l’analisi delle difficoltà di chi vuole quello che lui vuole, riprenderò spero a breve questo stesso tema, come sforzarsi nella coerenza della sua sequela. Inizio perciò dal più semplice e allo stesso tempo complesso dei rapporti col prossimo, quello con chi mi vive accanto. Ecco io riferisco a me una storia frequente. Io ho avvicinato questa donna. Lei m’ha lasciato dire e fare, come me proprio attendesse, ed è ormai durevole l’intesa, lo star l’uno per l’altro, ma è proprio il trionfo dell’amore, del voluto da lui e comandato? Forse un po’ solo, ché è anche iniziato il suo pathos nella sensibilità che entrambi crediamo d’avere. Intanto m’accorgo che è imperfetta la mia vista fisica nonostante l’innamoramento pur continuato negli anni. Perché? Questa non ne valuta, ancora ben come dovrebbe, l’unicità, la preziosità, la bellezza del suo starmi accanto come essere da me tanto diverso, cui pure vanno i miei sospiri nel ricordo di questa sua figura fragile e armoniosa quando lontano, quella che si lascerà ancora sfiorare nell’intimità che vorrà ancora concedermi, e io proprio perciò non so renderle giustizia e dire e gridare, Cielo una persona così, nella concretezza sta qui per me proprio, femmina uscita da chissà qual sogno! Ma di più è manchevole quella del mio cuore. Ella mi sta davanti come un essere misterioso, di cui non so i veri bisogni, è e resta, a dispetto del tempo insieme, uno scrigno chiuso e io proprio non so come vedervi dentro, nell’intimo, nel cuore. Io non so davvero come renderla veramente felice concretizzando i sogni che forse, delusa, ha lasciato svanire come il tempo fa con le aspirazioni inappagate, foglie che il vento via porta chissà dove. Quelli che forse aveva nella fantasia di donna, già prima di quando le mie prime parole ha sentito e gli sguardi solo a lei diretti! Né ne conosco l’intima angoscia, quella forse di vivere qui in questo mondo e sentirsi sola, ché sta con e per un uomo tanto carente e fragile,come davvero sono, eppure temere di perderlo, come fosse irripetibile e bella solo l’esperienza con lui e tanto il poco avuto, sentito forse come un tesoro unico donatole dal cielo. Ma di più, credo, l’angoscia di sentirsi inadeguata di fronte alla semplicità dei pensieri suoi, che allo stesso tempo ne fanno un cuore complesso e insondabile. Continuerò a piacergli ad appagarlo? Ecco forse che l’assilla e tutto questo fa la tragedia di un amore verso l’assai prossimo, di una piccola donna verso l’uomo che lei dice suo. Ecco per me simile è l’angoscia, verso questa che proprio sta con me per volontà di scelta, che continua con la sua risposta di sempre, il suo sì rinnovato, forse nell’illusione di poter ancora vivere questo amore voluto pur nelle carenze sue, sì, nonostante perdurino, ché questo forse vero sono, un irriducibile ostinato nelle manchevolezze mie! Questa difficoltà già nasce nel sentire e volere solo umano un amore. Ma io devo amare questo mistero che ho davanti nell’amore che il dio ha per lei. Sì, il dio ama questa piccola fragile donna e le ha affidato un compito grandissimo , la felicità di un altro essere e per esso la vita, da perpetuare finché egli torni! E allora la vista è davvero molto carente, come amar questo piccolo grande mistero d’amore, questo essere bello fuori e assai più nel cuore, con la volontà dello stesso dio? Come anticipare a questa mia donna la felicità che il dio le darà, come sollevarla nell’intima sua angoscia come il solo dio saprà fare? Ecco, cercare in sé queste risposte, assillare dovrebbe chi ama una piccola donna come lui chiede! È compito, è scopo, è quel che lui comanda, Ama come io amo e inizia da chi ti è più prossimo! E lo so fare io, non deludo continuamente la mia piccola donna?

domenica 21 settembre 2014

È abbastanza!



Finirà mai il male?Per gli occhi miei forse a breve dopo finale suo accanimento. E io pensato ho sempre al dio come a colui che trionferà su ogni male e che gli uomini buoni ne potessero anticipare il trionfo partecipando alla sua pietà verso tutti e tutto di quaggiù. Ma ho anche pensato che l’esistenza del male eccessiva, ingiusta, oscura, imprevedibile, contraddica che il dio buono ci sia, inoperoso rimasto da sempre di fronte a tanto scempio, e che non abiti oltre la speranza che lo mantiene nei nostri cuori che battono in quest’inferno. L’inferno metafisico negherebbe anzi il suo trionfo finale, quello che i buoni illustrano e anticipano con la loro vita attiva per il bene, lottando le tante forme che può prendere la fragilità e la follia umane nella miseria di quelli che il male afferri. Perché? Esso, aperto per la giustizia del dio, lo lascerebbe vivere senza fine, tronfio delle malefatte sue, se ingoiasse i reprobi apparentemente irriducibili. Sicché l’unica vendetta possibile per il buon dio, umiliato quando chi lo serve lo è, dovrà essere il perdono! Perché se la punizione fosse eterna, patita dai reprobi, oltre a restar contraddetta la possibilità di vittoria finale, sarebbe impossibile credere coesistente la gioia del dio buono con gli eletti suoi, sebbene in un luogo a parte oltre e lontano, come anche ora si pensa accada. L’unico dolore per i cattivi, ma immenso, sarà quello di pentirsi e chiedere, ansiosi temendo il rifiuto, il perdono ad ogni offeso! È così, ché il dio ama e apprezza ogni singolo uomo, anche chi tradisce le aspettative sue. E lo riguadagna, perdonandolo, all’amor suo! Ma quelli che diciamo eletti come lo saranno e da che? Dal marciume, dal fango di qui, quello che aumentano i cattivi? E non è già così, ché noi tutti qui siamo, mediocri e buoni, tra i cattivi e lui apparentemente lontano con già chissà chi di noi già suo? Sì, con quale criterio saremo scelti se benedetti e altri no? Lo saremo tutti invece proprio attraverso il perdono, ché di tutti la vita è manchevole moralmente! Perché il perdono, se è tale, cioè superamento e cancellazione di ogni peccaminoso accaduto, non può essere limitato e se scelta operasse non sarebbe esso contraddittorio? La capacità di comprenderlo, come frutto della bontà divina, deve essere ridonata a tutti! Noi che siamo i più di qui, certo non siamo i buoni, ma vorremmo esserlo, e star qui esposti all’incontro col male rende eroica questa aspirazione, la fa santa e santificante. Ché al termine di ogni giornata ci farà chiedere, Abbiamo imitato il dio nelle sante aspettative, abbiamo saputo perdonare, abbiamo amato? Ma tutto ostacola, contrasta la fede ritrovata, proprio a ogni passo! Dicono certi saccenti, e io ero tra essi, il dio non c’è, non può essere, è del cuore buono illusione! Allora se così, occorre appellarsi alla propria coscienza in ogni decisione, aggiungono. Ma, io chiedo, come s’è formata la buona coscienza? L’essere stati nella prima vita con persone buone ha mitigato le tendenze istintive a star per sé a pensare e provvedere a se stessi, proponendoci modelli affascinanti di bene, ardui forse, ma proposti come realizzabili nel vivere insieme, nello scambio fruttuoso che così si realizza. Questi primi buoni incontrati, per me la madre, il padre e il fratello amati, ci hanno educati perciò alla vita associata con l’esempio loro anzitutto, ma anche con le loro favole, quella che tutti desiderino ricevere il bene per ridonarlo aumentato e anche quella che il dio ci sia e ci attenda, e che intanto occorra vivere questa vita tra e per gli altri per meritarne l’affettuosa attenzione. Solo così egli ci guiderà e assisterà, prevederà ciò che nuocerci possa e provvederà che s’attenui il danno o lo si eviti del tutto. Io fin da piccolo ho avvertito altrimenti, il male prestissimo mi ha preso il fratello e io per la vita tutta ho cercato invano chi potesse esserne vicario, ché assai buono è rimasto nei miei ricordi indelebili! Sì, se fede si ottiene è perché si è sofferto! Sì, occorrerà sia sofferta per ottenerla, non solo nonostante le continue amarezze e i dolori della vita a ogni passo, ma anche gli intralci che gli egoisti tutti frappongono, affinché non filtri e ci raggiunga dal buon dio per quest’aria tutta peccaminosa in questo mondo, ma anche nonostante le favole dei pochi buoni della nostra vita! Ed io di questi non rimpiango le loro considerazioni ingenue, ma la loro presenza, che mi faceva sopportare la mia vita già allora di tante delusioni e dolori. E sono stato lasciato solo! Via i volti cari, tutti presi dal male! Ora la mia vita che è? Speranza? Sì anche e di che? Di pace! E, vecchio, sono come bambino, ricredo alle favole. Starò ancora con le persone care e continuerò l’amore interrotto e le parole sue ridirò attese! E della mia piccola donna ancora e sempre il sorriso sarà per me solo! E così addormentarmi posso. Ecco è già domani qui, un altro giorno per il bene comandato, un'altra occasione di speranza. E rivedrò i pochi amici, godrò delle loro e mie facezie o ascolterò i loro crucci e ne darò consiglio, anche se il mio sapere medico si fa sempre più carente. Tutto qui il bene che posso? Il poco dare, il ricevere di più? Ma vi supplisce la compassione e la disponibilità per tutti, quella stessa che la donna mia ha per me. E tutti avvicino con tatto e rispetto, e le donne alla mia passeggiata lusingo un po’ e forse quelle che incontro anche attendono che debba, sì, io, ormai un vecchio signore che si sforza di essere gentile con tutti e a tutti sorride e saluta tutti. E’ poco, è molto? Vivo ancora e ricordo le parole di mio padre, che aveva per gli anziani tutti il massimo rispetto. E io chiedevo, Ma che hanno fatto di meritorio? E lui candido, Hanno vissuto! E pur io! Ho fatto le mie scelte e i miei errori sono stati tanti! Ho fatto male di sicuro a qualcuno, anzi di una ho distrutto i sogni, anche sono stato offeso, messo da parte e deriso, odiato perfino. Ne chiedo perdono a tutti. Sì, del bene omesso e del male provocato! Ma anche sono stato amato molto per il poco donato, me lo ricorda ogni giorno la donna mia, quanto e come! Sì, ho vissuto. Questo è l’unico mio merito e possa il dio della favola della mia vita tenerne conto nel suo giudizio clemente. Ma che ha fatto? Gli chiederanno i suoi. E lui, ha solo vissuto, è abbastanza!

venerdì 19 settembre 2014

Reciprocità di pretese d’amore



Accade talvolta nell’amore umano che, chi ama,pensa di avere un credito verso l’amato che dovrà rispondergli amore nella misura che il suo cuore pretende, non un appena, tesoro comunque di cui poter star contenti, ma tutto il possibile attuale di cui quell’altro cuore dispone e oltre! Esosa pretesa voler tutto dell’altro! Solo umana? Allora pensiamo al dio vero esistente oltre la speranza dei cuori dei buoni. Qui l’amato contrae un debito verso l’amante, esoso davvero come se prestito ne abbia ricevuto a usura. Ecco il dio ha messo nel cuore umano una briciola di bontà, come un piccolo seme e vuole che ce ne prendiamo cura, ché pianta diventi da far fiori e poi frutti. Per chi? Per tutti! Sì, dobbiamo conservare e aumentare il donato, perché ne trabocchi il cuore e gli altri tutti coinvolga nel bene, dal dio sognato diffuso. E non è forse così come proprio fa amante, che concede sì, ma per pretendere molto? Sì, nel rapporto con gli altri, che occorre avvertire come solo per questo esistano, siamo non invitati, ma comandati all’amore verso il prossimo. Ma chi ci è prossimo? Tutti! Cioè l’amore non può fermarsi a quelli vero vicini, la donna amata, gli amici cari,…, quelli tutti pronti a ricambiarcelo in qualche misura, non sarebbe abbastanza! Deve estendersi oltre, al di là del conosciuto e del prevedibile, all’incertezza dell’efficacia e perciò della comprensione del gesto e col rischio di risposta ambigua e cauta eccessiva o di palese rifiuto ingrato. E non è vero che più ancora tentare dobbiamo verso chi ci odia? Noi abbiamo perdonato. Cosa? Un’offesa, forse una maldicenza, un’ ingratitudine patite o più ancora quello che il male ha suggerito all’altro per nuocerci! Ma dobbiamo riconoscere d’esserne in qualche modo responsabili e dovremmo noi chiedere perdono e dire, Io ti ho indotto all’errore e all’eccesso! Ma chi ha questo coraggio d’umiltà? E poi i pochi di questo vero capaci, così fanno l’esperienza amara del cristo, nessuno di lui più umile, toccano che dopo il tentativo di bene, nell’umiltà ritrovata, il malvagio resta tale e scambia la disponibilità alla tregua, al ripensamento, alla fiducia per un rapporto diverso da costruire insieme per vivere la pace, per debolezza! Ecco, fino a quest’amarezza la misura dell’esosità della pretesa che l’amante ha sull’amato, l’umanità tutta. Ma rovesciamo il punto di vista, l’uomo è l’amante, il dio l’amato. Ecco c'è anche un’umanità spesso pavida e mediocre e tiepida con mille riserve sul da farsi, senza coraggio! Perché? Ciascuno ha una predisposizione alla tutela del suo sé e può decidere, pur ricevuto chiaro l’invito ad essere per gli altri, di non rischiare, tante le incomprensioni da malizia che lo circondano! Ecco così sono però a rischio le sue convinzioni, il suo orientamento al bene, la sua fede! Ma vi può essere di più, ché si scivola su una china a livelli più bassi, e arrivare a tradire il dio. Come? Lasciare che si impadronisca del suo cuore l’egoismo più gretto e allora ecco la porta aperta alla malvagità perfino! Sì, ci esponiamo così alla vera colpa, che non è la rinuncia per debolezza, in cui nella preghiera accorata si può chiedere più forza, più coraggio e sperare di ottenerli. Ma, forse per nascondere a se stessi il proprio fallimento, la propria impotenza, essa consiste nel tradire, operare come il nemico fa, farsi strumento del male. Distruggere pur il poco bene residuo del suo cuore! Possibile? Sì tanto strana la natura nostra aperta a tutte le possibilità del male, fino a farsene suo attivo carnefice di sé e gli altri! E di simili colpevoli, che rinunciano alla bontà innata, si incontrano non tanto negli ostili, che la dura vita ha reso scettici sulle possibilità del bene, ma specie in quegli scellerati che si fanno sciacalli pronti ad approfittare delle disgrazie del prossimo! Sì c’è anche quest’aspetto nei nati buoni e votati al bene dal loro dio! Sono i veri meritevoli di perenne allontanamento dal dio. Nel pozzo dell’inferno suo, che fa giusta minaccia di sé a simili traditori. Ma quest’altro inferno, oltre il vissuto di qui, resta mitico. Perché? Egli per primo ama i nemici suoi, tra cui primeggiano simili peccatori. Ed egli li ricompra a caro prezzo, dalla sua sofferenza! Sì questo accade quando noi siamo gli amanti e lui l’amato. Quanta esosa pretesa, che usura da parte dell’umanità tutta che ha detto il suo sì per mezzo dei suoi buoni al dio, quella di cancellare il suo inferno per i tanti veri reprobi! Un’umanità che lo conosce appena come fonte del solo amore, e che alle vette della bontà dei suoi pochi santi arriva ad assiomatizzarlo, cioè a vederlo nell’evidenza, come dica per quelle bocche, E’ certo che il dio buono così tanto c’è, da che mi verrebbe la bontà anche solo di questi miei pochi, a dispetto del male che mi divora? Certezza postuma di troppo pochi dopo le sofferenze del cristo che anche per simile riscatto sono state e sono! Allora è stata tentata una riconciliazione tragica, e sempre si riattualizza, tra il bene e il male nell’espressione più truce, il tradimento! Eppure tanta è l’ostinazione del male che il cristo ne è rimasto succube. Ma ecco per prender anche questa sua vittima nell’illusione di vittoria permanente, esso ha pagato uno scotto, quale? Poiché si ripete il tutto come in una sacra rappresentazione, c’è ancora chi si sacrifica, novello cristo, paga con la sofferenza sua all’esoso male e il più indegno se ne giova e resta chiuso l’inferno metafisico!

martedì 16 settembre 2014

Muoia il solo male!



Tanto pesa talvolta lo star qui, che il dolore che altri vive, accora, e la miseria nostra, già presente, più se ne appesantisce e ci grava a un fondo scuro, che non sta fuori ma dentro e par senza rimedio, risoluzione, barlume d’alba, di luce! Eppure è errore di giudizio, di prospettiva, perché avvertire proprio su sé ciò che l’altro angustia, e il restar accanto nel bisogno, anche inconfessato o negato dall’altro, di volto amico e di conforto, é il sentire, che vero umanizza! È pena sì, ma una con insospettata positività, è dolore ma, paradosso, che eleva, non deprime e fa sì che i passi insieme allo sventurato non siano regressione, uno scendere, siano invece un salire alla volontà che accoglie ogni buona volontà, ché conforme sempre più si renda ad essa, nell’essere per l’altro, ogni altro, come solo il dio è. E desiderare una anche piccola gioia per l’altro nel superamento delle conseguenze di un doloroso accaduto, o nell’aiuto concreto per una tregua, lunga abbastanza da essere avvertita, da ciò di cui liberarsi completamente non si può, insistente il male accanito, è per sé e l’altro ritrovare la pace, anche per poco perché tornerà la tribolazione, ma quella vera, profonda del cuore, piccolo anticipo di quella ineffabile che la fede vuole ci attenda. E dove e quando? Io ben non lo so, se non che spero che chiamato vi sia, come ogni altro, all’ora giusta, nel tempo segreto che le stelle segneranno, ma sicuro oltre le brutali violenze del male che irrompe in ogni vita, che del suo sereno scorrere si illuda, sì di poter durare, apparentemente assente ogni minaccia! È questo stare non per sé soli lo garantisce, mentre è continua tentazione per l’uomo che avvenga in uno spazio, il più ristretto. Perché? Proprio non basta aprirsi al limitato mondo della benevolenza di pochi fidati da includere nel personale progetto di bene, ignorando grossolanamente ciò che altri angustia. Infatti nel comune destino di quelli di qui, la condizione di piccolo benessere gelosamente protetto, anche da quel che fortuna permette di accaparrare, il denaro, non potrà durare e il male farà toccare la crudezza della miseria, nell’abbandono, nella malattia, nell’indigenza da rovesciamento di sorte. Perciò è un’espressione comune d’egoismo,un peccato, da cui il male farà ricredere prima o poi dolorosamente! Che il male possegga una sua esosa positività, è l’aspetto del viverci dentro che più mi sorprende! Esosa perché per esprimerla esso domanda un caro prezzo, il dolore! Ma chi esenta al momento non può starsene indifferente nello stesso errore del colpito or ora, deve impegnarsi per chi ne è appena ora restato offeso. E come? In squisita armonia con quello che dal dio la grave, densa, putrida aria che qui si respira, permette filtri. È una azione di bene anche o più addirittura, per sé. E ce ne sono diversi gradi, ché c’è pianta e fiore e poi frutto, quindi richiede un superamento continuo del risultato conseguito, ché quello che par vincersi al momento può tornare peggiore! Il male va lottato in ogni sua manifestazione! E qui non c’è solo il male che tocca, prende, afferra, l’appena vicino, si chiami donna amata, congiunto, amico o semplicemente altro uomo. Ma c’è la follia del male, ben ha detto chi ne sa parlare, il nostro “pater patrum”, la guerra! Sempre assurda, sempre folle, ché è sempre fratricida, siamo tutti figli dello stesso padre! Sì, è più folle quella che combatter si vuole nel suo nome, comunque nella vera accorata preghiera lo si invochi! Quando? Se, anche in buona fede, si creda che uno scritto sacro contenga più verità sul dio di qualunque altro, lì il pericolo, la premessa per la follia collettiva! E così dando retta a simili saccenti interpreti si giunge al peggior frutto putrido dell’egoismo collettivo, la morte dei fratelli! Del dio c’è una sola certezza, è l’amore! Via nel nulla il dio degli eserciti! Egli non guida né mai guiderà un popolo contro un altro, anche se questo sia tutto di blasfemi peccatori! Egli perdona e ama! Sempre! E vuole lo si imiti! Sì, il vero, l’unico dio, non si raggiunge se non nell’amore! Allora ecco la compassione per l’altro, la benignità, il voler far qualcosa in delicatezza dalla propria umiltà. E sarà dolcezza e tolleranza, sopportando chi erra vistosamente, perdonando e chiedendo perdono, ché se l’altro ci perseguita, anche inconsapevolmente ne abbiamo favorito l’odio. E potrà così essere l’amore diffuso, il vincolo tra gli uomini, così da sentirsi tutti come un solo corpo mistico, affinché venga manifesto o torni il dio e muoia il solo male! E torna la vecchia domanda cui risponder non so. Perché il dolore e tanto? Il male lo fa gocciolare dagli occhi degli uomini e li rende capaci di chiedere perdono per una vita in fondo mediocre spesa. Ma c’è chi ne anticipa la richiesta con la sua, come dica, T’ho lasciato solo al buio ed esposto al peccato e ho permesso che il male tanto ti nuocesse, in mezzo a gente ria. Lascia ti ridoni la capacità d’amarmi, com’io t’amo!

domenica 14 settembre 2014

Privilegi


Ora, finita l'ideologia, che pretendeva di dimostrarla possibile, di una futura società tutta rinnovata di tutti educati a vivere la giustizia garantita, occorrerà rassegnarsi, ché di utopia si trattava e nel mondo delle tante disparità e ingiustizie si rimarrà! E più ancora che a tutti qui non verrà mai dato secondo i personali bisogni! E da chi? Dai governanti, quelli del potere del momento e di sempre, gestori anche della fortuna, ingiusta con i più, ma sempre benigna con i privilegiati mantenuti e protetti. Essi qualunque ne sia colore e credo, pur nella fecondità della vita associata nella pace, sempre hanno preteso molto in cambio di poco o di eterne promesse di maggiore equità nella distribuzione del disponibile e di più diffusa opportunità di badare all'oggi col proprio lavoro e costruire il proprio e l'altrui futuro nel bene. Qui tra i bisogni primari ci sono ancora fame e sete, da noi solo forse contingenti, altrove cronicamente presenti! E assicurare che i più abbiano il sufficiente, e non l'appena, resta nell'impegno tenace dei buoni, non come i più, volutamente sordi e ciechi alle pressanti richieste d'aiuto. Sì, ma anche nei sospiri della preghiera di quelli che così si spendono, dall'umiltà della loro bontà, che dispone sempre di poco, per i bisognosi tutti. I poveri soccorsi ricambiano spesso il vibrare di queste anime generose con un palpitare amoroso e con ammirazione per chi appaghi in un po' di concretezza il pungolo della loro miseria, che, negletta, requie da sé non dà. Ma non è sempre così, talvolta questo mondo si fa beffa della volontà, che vivere vuole fino in fondo le azioni di bene, dettate dal cuore e che crede di uniformare, facendosene strumento, ad una analoga divina cura dei meno fortunati, mantenuti indigenti dai privilegiati ricchi. Viene fuori non tanto la non riconoscenza, che non fa molta meraviglia a chi lotta per il proprio e l'altrui bene, ma l'amarezza dei tanti frutti dell'egoismo più becero dai tanti beneficati, che rigoglia proprio tra gli ultimi in tutta la crudezza sua, non mascherato dall'ipocrisia invece diffusa tra i privilegiati abbienti. E tra questi frutti velenosi perfino la morte! E più di frequente, tutti i possibili danni da violenza, che par non aver freno! E, incredibile, si scatena nell'odio perfino da chi, costretto dalla diffusa ingiustizia a chiedere, invece dello scontato e rassegnato rifiuto, trova orecchie che ascoltano e mani che porgono anche dal loro poco. Penso alla sorte di certi missionari in Africa, terra di molte ricchezze e risorse, che non toccano i più. Ed è di questi giorni la notizia di come sono finite tre suore, scatenata la volgarità più esosa di istinti bestiali. Sempre rischiosa e precaria è la vita quanto più perfetta è la conformità al volere divino, che ha comandato e quelle sono andate, decise a restare tra i poveri del loro dio, nel privilegio della fedeltà al suo richiamo. Ma da questi proprio assurde voglie venute son fuori, rapaci per la lor carne non più giovane, appassita e per la bellezza trascorsa. Belle ormai solo dentro! E le anime loro tanto crudelmente strappate! Assurde pulsioni del male! Quand'è che ci affrancheremo da sì dura schiavitù? Eppure così in un destino tanto crudele, un privilegio, la santità, che talvolta passa per il martirio! E il loro ideale qualcuno continuerà, ché, passando per il perdono, tornerà l'amore! Quanto più l'amore spinge ad agire per gli altri, più si è, ci si realizza uomini veri, vero capaci di bene, non importano i risultati, quanto deludenti possano essere! Privilegio è pur sempre opportunità offerta e rinnovata nella fiducia, da chi leggere sa nel cuore! E io so il tempo mio d'agire compromesso... Ma non quello della preghiera per la tutta bella del cielo! E anch'io ho un privilegio, quello della speranza, se non subito del cielo, del perdono e dell'amore suo manifesto! E così, ingenuo, spero rivedere gli occhi suoi ed ella dirmi qualcosa in sogno beato e io continuare a non capire, ammaliato! Ed ecco il sorriso della donna mia e io non capisco di più, ma avverto da quali mali sono esentato, ché ella schermo ne fa, e m'addormento, come vero ritornato bambino ingenuo, sperando di ritrovarlo, nuova alba sorgendo!