venerdì 19 settembre 2014

Reciprocità di pretese d’amore



Accade talvolta nell’amore umano che, chi ama,pensa di avere un credito verso l’amato che dovrà rispondergli amore nella misura che il suo cuore pretende, non un appena, tesoro comunque di cui poter star contenti, ma tutto il possibile attuale di cui quell’altro cuore dispone e oltre! Esosa pretesa voler tutto dell’altro! Solo umana? Allora pensiamo al dio vero esistente oltre la speranza dei cuori dei buoni. Qui l’amato contrae un debito verso l’amante, esoso davvero come se prestito ne abbia ricevuto a usura. Ecco il dio ha messo nel cuore umano una briciola di bontà, come un piccolo seme e vuole che ce ne prendiamo cura, ché pianta diventi da far fiori e poi frutti. Per chi? Per tutti! Sì, dobbiamo conservare e aumentare il donato, perché ne trabocchi il cuore e gli altri tutti coinvolga nel bene, dal dio sognato diffuso. E non è forse così come proprio fa amante, che concede sì, ma per pretendere molto? Sì, nel rapporto con gli altri, che occorre avvertire come solo per questo esistano, siamo non invitati, ma comandati all’amore verso il prossimo. Ma chi ci è prossimo? Tutti! Cioè l’amore non può fermarsi a quelli vero vicini, la donna amata, gli amici cari,…, quelli tutti pronti a ricambiarcelo in qualche misura, non sarebbe abbastanza! Deve estendersi oltre, al di là del conosciuto e del prevedibile, all’incertezza dell’efficacia e perciò della comprensione del gesto e col rischio di risposta ambigua e cauta eccessiva o di palese rifiuto ingrato. E non è vero che più ancora tentare dobbiamo verso chi ci odia? Noi abbiamo perdonato. Cosa? Un’offesa, forse una maldicenza, un’ ingratitudine patite o più ancora quello che il male ha suggerito all’altro per nuocerci! Ma dobbiamo riconoscere d’esserne in qualche modo responsabili e dovremmo noi chiedere perdono e dire, Io ti ho indotto all’errore e all’eccesso! Ma chi ha questo coraggio d’umiltà? E poi i pochi di questo vero capaci, così fanno l’esperienza amara del cristo, nessuno di lui più umile, toccano che dopo il tentativo di bene, nell’umiltà ritrovata, il malvagio resta tale e scambia la disponibilità alla tregua, al ripensamento, alla fiducia per un rapporto diverso da costruire insieme per vivere la pace, per debolezza! Ecco, fino a quest’amarezza la misura dell’esosità della pretesa che l’amante ha sull’amato, l’umanità tutta. Ma rovesciamo il punto di vista, l’uomo è l’amante, il dio l’amato. Ecco c'è anche un’umanità spesso pavida e mediocre e tiepida con mille riserve sul da farsi, senza coraggio! Perché? Ciascuno ha una predisposizione alla tutela del suo sé e può decidere, pur ricevuto chiaro l’invito ad essere per gli altri, di non rischiare, tante le incomprensioni da malizia che lo circondano! Ecco così sono però a rischio le sue convinzioni, il suo orientamento al bene, la sua fede! Ma vi può essere di più, ché si scivola su una china a livelli più bassi, e arrivare a tradire il dio. Come? Lasciare che si impadronisca del suo cuore l’egoismo più gretto e allora ecco la porta aperta alla malvagità perfino! Sì, ci esponiamo così alla vera colpa, che non è la rinuncia per debolezza, in cui nella preghiera accorata si può chiedere più forza, più coraggio e sperare di ottenerli. Ma, forse per nascondere a se stessi il proprio fallimento, la propria impotenza, essa consiste nel tradire, operare come il nemico fa, farsi strumento del male. Distruggere pur il poco bene residuo del suo cuore! Possibile? Sì tanto strana la natura nostra aperta a tutte le possibilità del male, fino a farsene suo attivo carnefice di sé e gli altri! E di simili colpevoli, che rinunciano alla bontà innata, si incontrano non tanto negli ostili, che la dura vita ha reso scettici sulle possibilità del bene, ma specie in quegli scellerati che si fanno sciacalli pronti ad approfittare delle disgrazie del prossimo! Sì c’è anche quest’aspetto nei nati buoni e votati al bene dal loro dio! Sono i veri meritevoli di perenne allontanamento dal dio. Nel pozzo dell’inferno suo, che fa giusta minaccia di sé a simili traditori. Ma quest’altro inferno, oltre il vissuto di qui, resta mitico. Perché? Egli per primo ama i nemici suoi, tra cui primeggiano simili peccatori. Ed egli li ricompra a caro prezzo, dalla sua sofferenza! Sì questo accade quando noi siamo gli amanti e lui l’amato. Quanta esosa pretesa, che usura da parte dell’umanità tutta che ha detto il suo sì per mezzo dei suoi buoni al dio, quella di cancellare il suo inferno per i tanti veri reprobi! Un’umanità che lo conosce appena come fonte del solo amore, e che alle vette della bontà dei suoi pochi santi arriva ad assiomatizzarlo, cioè a vederlo nell’evidenza, come dica per quelle bocche, E’ certo che il dio buono così tanto c’è, da che mi verrebbe la bontà anche solo di questi miei pochi, a dispetto del male che mi divora? Certezza postuma di troppo pochi dopo le sofferenze del cristo che anche per simile riscatto sono state e sono! Allora è stata tentata una riconciliazione tragica, e sempre si riattualizza, tra il bene e il male nell’espressione più truce, il tradimento! Eppure tanta è l’ostinazione del male che il cristo ne è rimasto succube. Ma ecco per prender anche questa sua vittima nell’illusione di vittoria permanente, esso ha pagato uno scotto, quale? Poiché si ripete il tutto come in una sacra rappresentazione, c’è ancora chi si sacrifica, novello cristo, paga con la sofferenza sua all’esoso male e il più indegno se ne giova e resta chiuso l’inferno metafisico!

1 commento:

  1. La questione finale di questa nota è per me molto importante. Qui in questo nostro reale inferno vive il male.Quello metafisico se s'aprirà sarà l'ultimo suo rifugio o se l'amore del dio lo terrà chiuso, esso dovrà finire col dissolversi di questo mondo?

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