lunedì 16 gennaio 2012

La ficaia sterile

La compagna mia, che delle piante sue sempre avuto ha occhiuta cura, oggi mi mostra una ficaia insterilita dell’orto suo e se ne lamenta: questo è un albero che non vuol più dar frutto e la legna che ne ricaverò non sarà buona nemmeno per il focolare! Ha ragione...Ha già analizzato le possibili cause del manco di buoni frutti e tutto imputa all’ombra che ne getta questo maschio prepotente di carrubo, che del tutto ha soggiogato la femmina sua e ora sul fico, che gli vive accanto, getta l’ombra sua. Penso corretta l’analisi sua, ma credo in parte, le consiglio nella stagione morta che avanza, di riparare con buon mastice le numerose crepe che gli anni hanno aperto sulla corteccia, che talora non accada che fungo letale le infetti, poi la rassicuro che l’aiuterò nell’operazione faticosa di vangatura e concimazione tutt’intorno, e quanto al prepotente vicino, chiameremo chi provveder può a tanta manifesta invadenza, con saggia potatura.
Ne sembra tranquillizzata e andar mi lascia per la solita passeggiata delle rimembranze e dei propositi... E quando solo sono qui, la mia preghiera spontanea inizia dalle considerazioni della mattinata e ti chiedo. Farai di simile per me, insterilita pianta, dell’orto tuo? Io ben so che la fede occorre che frutto faccia. Estender deve finché qui vive, speranzosa della pioggia aulente, che da te le venga, i rami suoi al sole vivificante, allora frutti ne darà abbondanti al tempo suo e con l’opportunità che darle ancora vorrai.
Ma se ombra c’è su questa pianta chi o che me la fa? Forse il passato greve che ancor m’attosca la mente o ciò che, ricorrente, più ora mi fiacca il cuore fisico? Ma più ancora questa fede mi pare femmina serena e bella, che liberarsi voglia dai veli del tempo, camminare in umiltà regale, salda nei piedi, al bacio della luce che le mandi, sole suo divino, e a mostrare a occhi increduli, tutta la bellezza sua. Può ancora crescere fascinosa,
qui confortare di concretezze le richieste, lì confortare di parole bastevoli, altrove stringer mani o sorridere soltanto, quello che basta e richiesto viene. Sempre sorveglierò che scevra sia di astrattezze parolaie, esangui fantasie, esili giustificazioni di rimandi ed esenzioni. Sì, urge che sveli la fede, che tutto m’arde per te, la faccia tangibile nella concretezza di gesti d’amore provvido. Ma lottar devo, per non ridurmi ad acchiappanuvole, uno che tanto spesso si lascia cullare nelle lusinghe maliose di questa natura fascinosa e catturare dagli sterili ricordi e indulgervi...Sì, non sono ormai che pallidi fantasmi tutti i ricordi miei! Quando smetterò le evanescenti fantasie su donne del passato? Non ho forse due amori ben concreti, il tuo e l’assai dolce della compagna, non bastano essi per il cuore tutto? Anzi,credo che esso ne trabocchi! E ben passerà il vignaiolo dalla vigna sua, il mondo tutto, e mi chiedo se vedendomi senza frutti, penserà che sia in riposo annuale, mi poterà sapientemente eliminando i miei sarmenti inutili e i succhioni, che forse sono pensieri parassiti della mente mia, mi concimerà zappettandomi tutt’intorno o deciderà che bene vado per il solo fuoco? Ma tu frena l’impazienza sua, fa col figlio tuo, come stamane ho fatto per il fico di scarso frutto con la donna mia. E mi chiedo, riuscirò nel breve che mi resta a non deludervi? La mia volontà di assecondare gli stimoli tuoi diventerà operativa? Tradurrò veramente in sangue mio la tua volontà e l’avvertirò com’è, vita della vita?No, non si insterilisca la fede mia in immobile contemplazione, la tua bellezza mi mostrerai, ché ben s’eternerà questo mio tempo, per ora la sospiro, ma nemmeno l’amore per te può solo consistere nel guardare nei fascinosi occhi suoi questa donna, amabile sempre, cercandovi il tuo volto. Ella pure, solo umana, chiede che l’amore di dentro si sveli in concretezze e non si addormenti nel morbidume dello scontato, e se garantito è il sì per lei detto una volta, lo vuole rinnovato. E so che il suo sì va conquistato giorno per giorno, ora per ora. E certo tu diversa donna non sei... Devo far concreto, l’amore mio, ché fino a te possa salire. E l’anima mia è forte ancora e pensa di stringerti con braccia forti quando sarà che lo vorrai, così come quest’uomo ancora fa con la donna sua. Ho nel cuore una verità che mi grida, vuole uscir fuori per amarti in tutti. Ma a volte non so riconoscerti bisognosa di me negli altri e benché apra le orecchie e gli occhi del cuore e li pieghi, umile, verso quelli, lì non sento e vedo. E’ allora che devo uscire un po’ dall’assordante strepitio, dalle mille parole senza senso e raccogliermi nella preghiera, e qui vengo tra i mille sospiri delle cose. Sono loro la tua lingua arcana, sono la tua preghiera che mi sollecita amorevole a non chiudermi in me stesso, dove ho un abisso senza luci, suicidio orrendo, e mi spinge ché sonnacchioso non resti e mi dice che è negli altri che più vicina mi sei e da lì che mi chiami nostalgica e mi tendi le mani, ansiosa di me. Ed è così che di nuovo ho certezze, so che il male che reco nel ricordo finirà con tutto quello che sempre aleggia nel mondo e che il bene che faccio o tento dalla mia finitudine, resta e regnerà col bene che tu sola sei. E mi dico, va, incontra, tenta di dire e di fare, incomincia or ora la vita tua! E sarà la mia sensibilità umana a guidare i gesti e le parole in significativi atti d’amore,per gli uomini tutti e le cose tutte, che solo l’insensata follia umana ha reso ben miseri... E non mi importerà del successo e del consenso, il mio è e rimarrà amore per te che se negli altri sei, allora in me proprio t’ho e più non voglio perderti! Sì, per te sono ancora nella mia giovinezza turgida, fede e speranza di te ben salde ho, e l’amore, che mi resta, fecondo ancora sarà e lo getterò nella “fiumana che dalle sorgive acque del cielo corre ai margini estremi del tempo”, che pur vanirà. Tempo poco forse è per me, e io non so per me e questa donna, che dato m’hai, quanto si viva qui insieme. Ma certo sono che la ritroverò e saremo in te, non è questo lo scopo della vita a due d’amore? Sì, ritrovarsi! E non ho segreta la speranza che tutte le altre incontrate, tentato d’amore, acerbo rimasto, pur da te verranno, anche se non a me? Che te le porterà se non questo amore, questo tuo amore, che ora sento appartenermi? Ma con questa piccola mia donna, una venire ad deum, qui laetificat iuventutem nostram! 

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