martedì 17 gennaio 2012

Omaggio a Elizabeth

Quest’omaggio alla poetessa
inglese Elizabeth Barrett Browning, chiude in anticipo il mio blog. Ringrazio i miei lettori per la loro pazienza, cui do appuntamento a quando potrò ancora scrivere, e spero presto, e cui segnalerò da Facebook l’eventuale nuovo sito. Soddisfo alcune curiosità. Il mio nome è Stefano Steri. Il luogo fisico di molti miei pensieri è il parco “riviera di Ulisse” di Gaeta. In questa cittadina storica sono nato circa settantuno anni fa. Mia moglie si chiama Elisabetta. L’altra donna, costantemente nei miei pensieri, è nostra signora Maria, pensata manifestazione del dio. Ho cercato di trasmettere la necessità di appropriarci di lei, della sua umiltà, del suo candore, della sua verginità, del suo silenzio…Non so perché il dio si mostri per lei, forse significarci vuole che, come accade di certe donne, che, se se ne raggiunge il cuore, si lasciano agire per amore, di simile lascia che di sé accada. Allora io ti supplico, mio dio cuore di donna, perché tu sai che t’amo, lascia che quel fiorellino, che conosci nell’abbattimento, si culli ancora alla brezza! Anche si fa cenno nei miei scritti a una, che tuttora conosco appena, ma che occupò tanto la mente mia, bambino e adolescente, e con cui non fu possibile intendersi, e a un’altra, mia fidanzatina smarrita, tenero ricordo. Tutte le donne sono icone di Maria! Sono padre di Maria Teresa, che fa la giornalista, e di Paolo Francesco, medico. Entrambi sono scrittori. Ragazzo ho frequentato l’istituto nautico nella sua vecchia storica sede. Mia moglie, vero luogo psicologico di tutti i miei pensieri, mi aiutò per la maturità scientifica perché potessi studiare medicina. Ma poi nella vita ho insegnato matematica a Napoli, nella cui università ero professore associato di analisi matematica. Il mio professore di italiano del tecnico, Mosillo da Fondi,  era un autentico dantista e mi trasmise l’amore per il nostro poeta, che durerà finché il mondo lontana. Un altro mio professore, cui devo moltissimo, fu Archita Denaro, che spero nel dio. Un autore che ha ispirato alcune mie considerazioni è Giovanni Minozzi con i suoi Evangeli domenicali, Milano 1939. Devo al rev. J. Di Concilio con il suo The knowledge of Mary, New York 1878, la mia piccola teologia sulla madre.
E’ tutto per un commiato e ne ho gli occhi velati!

Omaggio a Elizabeth

Tutta penombra s’è fatto il mio tempo e invita al silenzio. E’ crepuscolo ormai. Spento s’è rosseggiando, il sole. Tornerà? Già vi occhieggiano piccole, flebili stelle. Saranno così lontane che forse solo di mondi già morti, traccia sono. Che significano? Sono per me ricordi, passate passioni? Non so, credo che allo sguardo tuo, luminose a sfarfallare amore ancora saranno, ma non per me. Sento che tempo è che acceda agli asfodeli campi ove sognata t’ho. Oh quanta infaticabile nostalgia di te premuto m’ha il cuore gonfio! Sono stato ragazzo e lì sognatore, sono vecchio solitario e scostante talora, e qui sospirata t’ho nei ricordi di donna e in questa tutta mia. Non è tempo che ti veda? L’alba verrà e tutte le cose emergere consuete dal buio vedrò, ma tutti cocci, i sogni miei e le aspettative, son divenuti, restino alla luce tua rottami, cose crepuscolari di mondo e vita passati...
Avrei voluto donarti un cuore puro, e se le sue parole tutte ho date, sprecate quasi tutte, in questo che ho m’arde fiamma di più intenso amore, leggimi dentro! C’è tanto per te, gioia invocata, sospiri languidi, sogni audaci e ingenui a un tempo,come quelli che di te già avevo bambino...
E ora sento come un brivido antelucano, ché questa notte già tutta fuggita pare nell’attesa di te. Brev’ora è ormai questa. Rinascerò in te, ex virgine, da te? Mi sono aggirato tormentoso in questo labirinto che è stato il mio mondo, larve v’erano, ma anche belle farfalle… E m’hanno allettato, incauto, come miraggi, e agli occhi fatti cisposi, abbacinato ne sono rimasto e poi, deluso, viste le ho vaghe allontanarsi ondeggiando per altri fiori... Oh quanto dal dio mi sono stranito, quanto da te! E stanca è ormai la navicella mia da tanti marosi tormentata, ché mai sospirato porto ha trovato sicuro, né faro provvido le ha segnalato approdo di salvezza. E’ tempo che si lasci andare...Oh, sì, qui nulla certa domus! E ignara dei miei pensieri tristi, dorme questa piccola donna. Tanta ne ho tenerezza che portarla con me vorrei, ché non soffra scoprendosi, quando sarà, sola. Ma la cruna d’ago sol da soli passar consente, e con anima nuda! Oh quanto vorrei che un’anima sola fossimo diventati, le nostre fondendo, come già corpi in povero amore! Ma tu la pace le darai, quando vorrai chiamarmi, tanto dolce creatura è. Tu sai che c’è una farfalla, tutta nera maculata un po’ di rosso e di bianco orlata all’apice delle ali sue, raggiunge di questo bosco le radure dall’Africa lontana di mezza primavera, quando già di notte fanno vaghezza le lucciole, d’amore. Qui solo s’accoppierà con la compagna dolce che con essa tanto viaggiato ha. Non v’è altro luogo per l’amor loro e qui agognano venire. Ho viaggiato la vita con questa farfalla leggiadra, fa che, dove sei, il nostro amore sia, ché amata l’ho alla luce del sole e a quella delle stelle, e se tu vorrai, più l’amerò in te! Ricordi le simili parole di Elizabeth per l’amor suo? T'amo
alla luce del sole e a quella delle
candele e se Dio vorrà, t'amerò
ancor più dopo la morte...

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