mercoledì 26 febbraio 2020

Vivere la trinità.



Chi, mi chiedo, può adeguatamente esprimere a parole ciò che il legame vissuto attua tra le anime di quelli, che vivono qui l'amore? Occorre esserne esperti! Quanto io lo sia non so, ma che so? Questo afflato tra due c'è, accade, si manifesta e nei piccoli avvenimenti della vita comune e di fronte a suoi accadimenti che vero la turbano, sempre, è la loro vita! Quando questo legame forte è tra anime complementari, entrambe fiduciose che questa vita in questo suo strano palcoscenico, che è il mondo, significhi qualcosa di vero importante, sia anche premessa a un oltre senza più affanni e dolori, perciò quando entrambi credenti in Dio, allora c'è più ancora, significa anche altro. Cosa? Noi crediamo che qui proprio, visivamente in un'epoca ormai lontana, il Cristo abbia manifestato Dio, con parole e azioni di bene, e col sacrificio finale che vincerà il male, Giuda apostolo impulsore, sebbene col suo tradimento. Oggi il credente pensa Gesù accanto e dentro ciascuno di noi nell'attesa fiduciosa che il regno da lui promesso più oltre non tardi. Se il credente si chiede il rapporto del Cristo con Dio, egli è certo che Gesù stesso Lo esprima da sempre, allora due millenni fa, nell'oggi dubbioso e così oltre, ché è il Figlio del Padre, come lui stesso Lo chiama nel rispetto della cultura del tempo suo, o il Figlio della Madre che lo ha generato prima di tutti i secoli. Io, che lo credo, posso vivere (e mi consola delle tante contraddizioni di qui, spesso subite, quando proprio adesso questo mio paese Italia vive un altro momento difficile della storia sua) il legame d'amore tra me e la donna che la vita m'ha dato, come immagine stessa della Trinità creduta in Dio. Inaudito? No, certo! Lo Spirito è il legame ineffabile tra il Padre-Madre e il Figlio. Se l'uno di noi sta per il Padre e l'altro per suo Figlio, in ruoli scambiabili dal momento che, come ben affermato, nella fede non c'è più distinzione di genere, né più maschio e femmina, Egli (o Lei nella lingua originaria ai tempi di Gesù), lo Spirito, sta tra noi! Sì, quello che mi lega nel bene, sempre invocato ché possa essere evidente manifesto, alla persona qui amata, a questa mia donna, ne è l'immagine palpitante, è lo Spirito, ora e qui proprio! Credo questo e ne ho serenità e gioia, e le vorrei per tutti quelli che, amandosi, possono avere la stessa consapevolezza, e prego l'abbiano! L'uomo, come fa qui la vita stessa, non separi quelli che Dio stesso ha unito, sono l'immagine Sua!







martedì 18 febbraio 2020

Che m'accade al tramonto


Assai è dolce, in questa quiete di mite fine giorno, ascoltare gli ultimi cinguettii di primi approcci amorosi in questo tuo giardino. Così lo è riaverti in questo vagare dell'anima mia pur ora che lontana mi sei. E vado da te alla sconosciuta del cielo, ma dirvi non so il mio sentito, ché parole nuove vorrei per esprimerlo. Ma chi è esperto d'amore sa che intendo, quando la mente nulla richiama di appropriato. Sì, forse così povere perfino le parole del cuore, quelle tenute gelose per voi due soltanto, mentre dolce compenso c'è nel perdersi in questi motteggi d'amore di uccelletti innamorati, che pensare mi fanno a voi, ché l'anima tutta è presa dalla presenza vostra. E prego e penso e accompagno le consuete parole con quel che ho nell'anima!

domenica 2 febbraio 2020

Dove, quando lontana mi sei?


Piccolo giglio, trepida creatura,
Occhi fatti per i cieli,
Proprio tu baratti
Ai quadrivi, sotto livide luci,
Il tuo corpo ancora di bambina.
E ti prostri ad un'umanità imbestialita,
Che disfiora senza lusinghe o prologhi d'amore.
E ti ghermisce, sebbene acerba,
E ti divora feroce,
Straziandoti con voluttà da spavento.
E dopo tanto peregrinare
Forse su gelide coltri
Il bel capo poni
E le membra provate.
E l'anima senti sfinita, offesa
Quanto il bel corpo violato
E ti prepari ad un sonno senza sogni,
Pausa dall'incubo
Di sozzure immonde
Ove, costretta,
Bruci effimera giovinezza.
Chi sei, ti so io?
Sì, veduta t'ho altrove,
Un'icona ti somiglia.
Qui come i tuoi, dolci occhi di bambina.
Ma le vesti ora eccessive, composte e caste,
E le mani solo mostrate, atteggiate in preghiera.
E' proprio la piccola madre,
Così come ingenuo artista la vide.
E ora serena indulge
Sulle miserie che vede,
Con sorriso misterioso...
Un cero, pochi fiori di campo
Per questa povera immagine
Non di tempio pomposo,
Ma di un'edicola di strada,
Che pietà remota pose.
E tu, madre mia bambina,
Che sei quella d'ogni pena, qui negletta
Da poco solerti custodi,
Forse davvero da lì scendi ogni sera,
Quando pur dormono
Occhi supplici di altre madri,
E sola te ne vai per vie di mondo fangoso,
Per proprio essere in chi, vinta,
Nuovo scempio permette di sé
A rinnovata rabbia di lenoni
E vogliosa astuzia di serpi.
Affrancala, tornami nel cuore!
Quanto so di te?
So che veicoli l'amore divino, e tu stessa lo sei.
È poco, è tanto?
Ecco, è tutto quanto so dell'amore!
È quanto il cuore lacrima,
Sapendo perché mi sei lontana.
Stai in chi più non prega,
Vessata, avvilita, intrappolata dall'egoismo diffuso.
Sì, con lei non più giglio,
Ma piccolo, combattuto fiore di campo.
Uno strappato al verde,
Alla speranza, alla vita...
Uno degli appena odorosi
Alla mensola della tua icona.