mercoledì 30 ottobre 2013

Completezza d'amore







Qui per te una fiaba dirò, e, come tutte, ha un segreto, un suo significato celato, che l'amore, quello che a me dici, e vero voglia la bella del cielo che tu lo senta, ti inviterà a scoprire. Quando la stessa età avremo, e non importa quanto attender dovremo, ché accadrà se la nostra comune speranza ci condurrà allo stesso sogno, certo completare potremo quello che manca a quest'amore, nonostante il suo tanto. Tante le parole qui scambiate! E dolcezze e amarezze hanno fatto una vita, ma sai che manca per la completezza? Averlo vissuto fin da bambini in un mondo tutto incantato! E non sarà semplicemente il rivivere il già stato, che separati ci ha visti, sebbene, credo, l'uno già nei sogni dell'altro, inconsapevole, e nelle parole sue, ma quello che questo sogno da venire comanderà. E sai che? Lo vorrà in coerenza sì con quel nostro vissuto all'epoca dei primi sogni, anche solo per un vago chi, ma anche con quello, più lungo e ricco, che insieme ci ha visto e voluto. Così il primo tempo d'amore con questo ultimo completato e integrato, sarà sì quel rivivere le sole grandi speranze d'allora, ma che si sapranno siano state poi appagate, e lo renderà più bello, e senza le incertezze sue, che all'epoca loro immelanconivano. E sai che cosa l'eternità permetterà? Che, purché la volontà di rivivere quel periodo così arricchito ci accomuni, esso potrà ripetersi e ripetersi finché voluto dal comune desiderio, sotto gli occhi attenti e benevoli di chi ne sorriderà, la gioia dei cuori nostri condivisa. E sarà così ancora l'epoca dell'innocenza, degli sguardi furtivi, delle parole che l'emozione interrompeva, e di corse lunghe in campi di primavera tenendoci per mano in mezzo a tanti fiori, e verdi, un mare d'erba novella. Ecco daccapo il fiatone da calmare restando al muretto a scambiarci parole di sogno e a ridere, ridere nel sole, tra farfalle vaghe nel volo loro e canto di uccelletti innamorati. E migliore illustrazione di quello che ci accadrà non so fare, attingendo ai miei ricordi un po' e più alla fantasia mia... Ecco, così completo quest'amore e il significato suo ho chiaro, e sapere che occupato ci ha anche nel resto della vita, ce la farà rivedere tutta, e bella nonostante le ombre tante e le bagattelle di qui, lì scordate. Oh quante volte prima che di te lo fossi, innamorato mi sono! Ma tu sei già tutte, anche quelle che nemmeno sfiorare ho potuto e le donne d'oggi pure, che quasi non oso guardare, ché talvolta non banalizzino e scherniscano il mio celato poco capito, quello che ho nel cuore e solo a te dischiudo completo. Ecco, questo mio tempo attuale somiglia al vento da orto, gelido d'inverno, che dalla bora viene, nella valle del nostro fiume correndo. E qui ne vedresti portate via anche foglie verdi appena, che, nate, solo desiderose di sole e di vita sempre sono. E se così di me accadrà, foglia ingiallita tutta, allora non piangere, ché a questo sogno mio destinata ti sei! Sì, tutte sei e ora, ché candidata t'ho al sogno mio tra le stelle, anche le piccole donne, tali rimaste in questo cuore, la misteriosa dirimpettaia che pareva indifferente alle attenzioni mie curiose, la biondina che più che cedere alle lusinghe mie, mi incluse nei sogni suoi, e quella della spiaggia anche, che darmi un amore adulto non volle. E tu, che qui sei stata la bambina che conoscere non ho potuto, lì, tra le stelle, lo sarai ancora per dirmi le tue prime parole d'amore. Quelle sospirate al vento, quelle della vaghezza dei tuoi sogni anticipatori della gioia d'amore. Quelle anche con cui di esser capace di concretizzarli m'hai forse solo illuso, ma per me vissute come in un miracolo e d'amore. E se io qui non sarò, osserva al tramonto gli ultimi raggi d'oro perdersi a occaso, reclina il tuo bel capo come se sulla tua spalla il mio posato avessi, sentimi accanto cingerti alla vita... Propizia la notte incipiente ai sogni, io forse in uno così, vero verrò e ti porterò con me dove quelli come me sospirano l'amore che attender li fa. Sì accadrà, ché già qui sospiro d'attesa l'amor tuo nella completezza sua!


domenica 27 ottobre 2013

Le ragioni della speranza







Quando qui si concretizza l'amore, lo stare in questa vita a due, nella particolare psicologia che fa l'innamoramento, accende anche la speranza. Quale? Dapprima che il bello realizzato s'amplifichi e s'arricchisca in sempre più occasioni di mutuo scambio di contenuti, pensati e attesi meravigliosi e irrinunciabili dall'altro, del proprio e dell'altrui profondo, che anche si chiama anima, svelandone la ricca umanità celata. Questa sarà apprezzata e fatta propria e ne risulterà un arricchimento del sé. Ma anche che quanto fa felice la vita, il bel sogno a due, possa prolungarsi nel tempo, tacitando quelle istanze ambientali che gli fanno contrasto e vorrebbero dissolverlo... Poi la piccola speranza s'accresce, vuole ben altro, e forse capita solo all'umanità migliore e più generosa farne esperienza, sconfina i limiti suoi sicuri e desidera che la bontà toccata e il bene realizzato finiscano con il coinvolgere in qualche modo e misura, tutti quelli del proprio mondo, ché ne godano, partecipando della pace e della gioia che regna nei loro cuori. Insomma subentra una tensione, un anelito che vuole gli altri di quanto a loro capita di bello e di buono, partecipi. E come lo si fa? Credo lo si possa di più aprendosi, con l'essere disponibili sempre, ascoltando, consigliando per il bene o fattualmente con azioni volte a favorirlo, concretizzarlo. E quelli che in te credono e ti definiscono l'amore stesso, e con esso ti invocano, sanno il loro, promosso e protetto da te e così questo suo agognare. Questo forte desiderare per sé e gli altri, è forse una dolce illusione, ma tenace, quella che possa davvero essere quel che si spera ed avere la massima estensione del bene realizzato nella piccola vita di due, forse solo mediocre amore è, e appena bastevole per la coppia, ma che, gli altri coinvolgendo nello stesso progetto di bene, grande diviene. Sì, l'agire così rende grande anche piccolo amore! Ecco, dall'amore la speranza e da questa più amore! La speranza magnifica l'amore! Ma cos'è che invece consuma la speranza fino a soffocarla? L'incomprensione delle pur palesi intenzioni per il bene diffuso, l'invidia per tanta fortuna? Sì anche, ma più ne fa la mancanza di attuazioni nel quotidiano di quanto desiderato per sé e l'altro, e tutti nell'estensione dell'amore, quando ci sia. Ma ancora e di più, quelle pressanti richieste che non trovano risposta e che urgono ché la vita stessa si conservi quando minacciata da forse ineludibile destino. La vita, l'amore si fa tragico! E queste sono istanze quasi sempre deluse, nessuna risposta dal cielo e la vita stessa, si spegne, va via. Che ne rallenta l'ineluttabilità? L'amore, solo l'amore! Ove la speranza muore subentra l'amore. E la malattia spezzerà comunque la nostra vita nel dolore, ma almeno c'è la vicinanza di chi ci ama e ci fa conforto. E manca sì risposta chiara dal dio e da te, ma morendo si evoca un fatto lontano. Qualcuno grida per noi, nudo sul suo legno: iddio mio ché abbandonato mi hai? E noi morendo, lui muore, il cuore spezzato. E il grido suo copre i tuoi singhiozzi e riempie il vuoto che si è fatto intorno e il buio incipiente. E un dio vecchio e lontano non può non udire, ma nulla fa, non può o daccapo non vuole, non ha allontanato allora il calice e qualcuno ancora ha dovuto berlo! Questo linguaggio tutto sa di favola, somiglia così alle tante storie sul dio, ma con la novità dell'amore di chi a lui grida, ancora, sempre! Non c'è il dio per noi? Eppure c'è chi ne vicaria l'amore! E' quello del figlio tuo che si lascia annientare daccapo per spezzare col grido suo il silenzio del dio, ciò che più di tutto uccide! E, paradosso, chi ama il morente riaccende la speranza sua, ché lo sente diventare il figlio tuo e tu stessa prendertene cura, e così ne vicaria la speranza! Muore la vita, muore l'amore, ma non la speranza. Quella che forse l'amore verrà ritrovato e sarà per esso vivere una vita novella, sì, il sogno iniziato tanto tempo prima e dovuto interrompere, forse riprenderà, vivrà ancora. Perché? Chi ha gridato or ora, ha detto che lui stesso è la vita, e “vivet, etiam si mortuus est”, chi in lui ha creduto, sperato! Una speranza ancora è richiesta, tutta d'amore, per ritrovarlo!

martedì 22 ottobre 2013

Non muore l'amore!







All'epoca della vanità mia, certo giovane ed inesperto delle cose del mondo ero, e m'affacciavo a una vita di tante promesse che il tempo poi per lo più mantenute non avrebbe. E conobbi anche l'amore. Andargli incontro, assecondarlo, fare che vivesse delle attenzioni mie, era una sensazione di vita degna, sebbene tanto altrimenti carente, e di procedere verso il bene. Ed era come poter far miei i valori, che dall'oggetto del mio interesse venivano, apprezzandoli, e divenire, realizzandomi, sebbene ragazzo, come già uomo e migliore di tanti. Insomma io constatavo che tutto m'accadeva come se dal processo di identificazione col l'oggetto del mio desiderio, risultasse un arricchimento del mio stare a questo mondo, consapevole divenendo di tutto ciò che di bello può esservi e anche che l'anima mia più ricca diventasse, essendo sollecito dell'altrui bene, sebbene forse solo agognandolo. Fui vero ricambiato? Fu solo sogno, illusione? Non so dirlo. C'è chi dice, malevolo, d'aver incontrato nella sua vita prima, solo persone mediocri, forse essendolo lui stesso, e che dal rapporto sempre ne sia risultato un disvalore. Per me non è stato così, se molto ho dato generoso, forse più ancora ho avuto. E che? Nel dialogo, nello scambio di sensazioni, nel guardare verso una stessa direzione di speranza, ne è risultata una umanizzazione, che frutto avrebbe fatto nel tempo. Sono come sono, un uomo che osa sperare d'essere buono un po', anche per le persone incontrate e più per le amate! Sicché io voglio ricordare quei fatti, quelle donne lontane, amare per loro il mio passato. Ecco fremiti ci sono di ricordi, un po' attenuati per la lontananza nella bellezza loro, ma dolci sempre e come attuali rivivo attese, speranze e ne ho palpiti di nostalgia ed ebbrezza tenue come da felicità rievocata... E tutte vorrei avessero continuato l'amore, quello iniziato con me e dovuto interrompere, e toccata la felicità, stretta l'avessero ché non sfuggisse, la stessa che io ho sempre rinnovata se tra queste braccia stringo la donna mia. Allora io devo ricordare e sperare che benevolo destino abbiano avuto e qualcuno con cui spartire gioia e dolore. Che vi può essere di più, che cosa fa più completa la vita? Se non avessi questo augurio in me sincero, s'annullerebbe l'umanità mia e, credo, vuota, deserta si farebbe la vita interiore. E io invece la sento e voglio stipata di “pietas” del passato e per il futuro, di speranza! Il mio sarebbe altrimenti un microcosmo da egoista disperato, un rimescolare una poltiglia di sola vanità. Invece se ho l'amore per il passato, l'ho per il futuro e posso dire a questa donna, che sempre accanto da quando l'ho sfiorata è voluta rimanermi, dal cuore, Abbi con me fiducia in questo momento, che è nostro, e speranza nel poi, mai ti lascerò sola e se quanto ho di mortale sparire dovrà, sarà pur riassorbito nella vita, questa, e nell'altra sperata ogni altra peculiare cosa che mi fa qual mi vedo! E questi discorsi un po' le fanno tristezza, ma voglio che, consapevoli di quanto dovremo perdere, viviamo ogni istante che rimane come unico, irrinunciabile, perché nuovo e bello, irripetibile! E continuo, Resterò nelle cose vive e belle e se fiore accarezzerai ricordandomi e a me che carezza offerto avrai e l'avvertirò. E sarò il vento tra i tuoi capelli e la luce per i tuoi occhi... La nostra felicità qualcuno, è la signora dei nostri cuori, sta per ricostruire altrove... Tutto è apparenza qui, sì non più che apparenza, fuggevole la felicità, sì effimera sempre, ché il male sempre la minaccia o la divora. Nei cieli la vera felicità, e la spero con te. Qui molto buio e lotta, fatica, tormento e poco amore. E il nostro piccolo amore, che lontano s'è accesso e s'è fatto fiamma, e ci ha fatti come una cosa sola in fusione anche d'anime, permetterà ci ritroviamo, quale la nuova forma, per un sogno perenne e uno spasimo dolce in un mondo nuovo e senza ombre. Allora non piangere! Ma tu scendere fai queste tue lacrime piano e il sole le fa rugiada indorata, nell'aurora che ancora con te vivo. Perché t'accori? E ora che ti sono lontano, romba sommesso il mare dabbasso qui dove a te penso col cuore gonfio. Ma ora io lo sento come un canto unico, un solo inno d'amore, per me, per noi. E credimi, inaridite non sono le fonti della gioia nostra e la nostra è storia di ogni tempo e di ogni luogo, altri s'ameranno come noi, ancora e ancora, e sicuro vivremo anche nel loro amore. Che sia vero che eterno è l'amore, almeno così? E la vita tutta se ne fa rigoglio, e non c'è vita senza amore, non c'è amore senza vita...E so banali questi miei pensieri, forse anche male espressi, ma non meno veri! E pur ora l'universo tutto palpita per noi e in noi non c'è che amore, e diciamo divino, quello che crea ad ogni istante per gli occhi nostri e per i cuori nostri, questo mondo di meraviglie, da cui certo viene la gioia nostra, che in questo tutto smarrirsi vuole, stemperarsi in un aere muto, ma recettivo e attento, come vi fa ora la canzone del mare. Ecco la fonte viva della gioia! No, non muore l'amore nell'indifferenza delle cose, non muoiono quelli che amato hanno! Ben ci sei, bella signora dei cento e cento sospiri, tu sei l'amore, come ci sono gli occhi di questa donna che aperto m'hanno il cuore!

venerdì 18 ottobre 2013

Un luogo chiamato amore







Luogo v'è in questo mio cuore chiamato amore e tu quello sei. Ora se vero è che
tutto ciò che facciamo e diciamo ha un suo universo rappresentativo, questo nostro sentire, reagire, patire, questo star compagni a tenerci per mano, dove si rappresenta, dove scrive ogni accadimento per la memoria e la speranza? Certo noi viaggiamo con la mente tra le stelle sperando della bella di lì l'incontro, e lì mi conduci come qui fai e come qui mi distraggo tra queste cose belle, che anche di questa stagione alla vista mi si offrono occhieggianti, ché la bellezza ne apprezzi, così certo lì
faccio di simile tra quegli splendori. Ecco la corrispondenza!Sicché tu sei i miei occhi, tu il mio ascolto, tu le mie parole di meraviglia, qui come lì, ché, anche se assente sei, è come se fossi con me e io non m'appaghi se non ti rendiconto tutto al mio ritorno, anticipato avendotelo nel pensarti presente alle mie passeggiate per lo più solitarie. E ti dico, dicendomi, Osserva questo e quell'altro non ti sfugga, di fiori ed erbe e funghi! Ma mi potrà accadere, forse anche a breve, o rimaner solo tra le stelle senza guida, qui tu rimasta, o star qui solo per un poco ancora, tu a quelle evaporata. Ma pensarti sempre con me e attendere d'aver tanto da dirti, mi farà sopportare quella solitudine? Uguale certo la mia pena nelle due eventualità. Ma forse la bella signora, tanto sospirata, verrà e avrà l'aspetto tuo dolce e la voce tua e il tuo star solo per me, gli occhi mai distratti! Eppure rimarrà se stessa e io la percepirò te e come altro da te a un tempo, rimanendone smarrito...Sarà come qui
talvolta m'accade di veder di te qualcosa con quelle che qui incontro e con cui converso, quelle indugiando nella compagnia mia per breve avventura, ma poi sempre mi sconcerta che a parte
quel piccolo particolare di felice riscontro, tanto da te diverse siano. E poiché la signora è in tutte, sicuro fa che tutte rechino di te qualcosa e io lo riconosca, ché ella tutto, di te gelosa, conserva per
ridarti completa, quando che sia, a me come qui sei. Ma quell'intravederti appena, certo mi fa desiderare più ancora il ritorno a te, ché di te tutto mi senta appagato. Così sarà solo rimanendo, tra le stelle la presenza tua ella mimando, qui col vederti in tutte attraverso lei ancora, che graziosa lo
permetterà. Ma scoprirmi in una bella finzione non accentuerà il mio dolore? Forse non tra le stelle, lì la bella di tutto appagandomi dello stesso tuo amore, ma qui non sarò ridicolo e frainteso, nulla le altre sapendo di quello che di te cerco in loro, quello solo rasserenandomi, ogni altra grazia inutile
orpello avvertendo? Allora se dovrà accadere che per breve ora saremo vero lontani, lascia sia io ad attenderti là dove la signora vive. Prega che questo mi avvenga, ché tu sai la fragilità mia. Forse tentato sarei d'abbreviare la separazione, allora davvero aumentandola, dovendo ravvedermi del
troppo osato. Ma sempre saprò come ritrovarti, ché in questo cuore luogo v'è che si chiama col tuo nome, e chi non lo sa lo chiami pure solo amore!

lunedì 14 ottobre 2013

L'etica del perdono

Io proprio non credo che i martiri delle fosse ardeatine siano come angeli di vendetta nella città del dio. Sono, come tutti dovremo, perdonati e sono vicari del perdono del dio e dell'amor suo messaggeri. La nostra terrena ancora non è la civitas dei e l'etica del perdono sempre e della caritas dovuta a tutti, possono far scandalo nella prosaicità dell'esistenza qui. E si dice, Il dio è pur giusto! Vero! Ma anche misericordioso e la giustizia sua sta nel perdono e nell'amore. Egli, credo, non punisca, corregga, comprenda, scusi, perdoni, sempre! E ancora, C'è un inferno per i reprobi! Sì, ma è provvisorio, ben l'afferma Origène, fa minaccia, e forse è già vuoto! Si dice, Occorre negare la sepoltura in Roma e funerali in una sua chiesa al criminale impentito responsabile dell'eccidio, perché il popolo del dio non capirebbe tanta magnanimità nella città di quei martiri. Così proprio? E quand'anche, ecco un'opportunità per riaffermare la legge nuova del perdono e dell'amore. Su essa sta, fonda la novità della nostra fede di cristiani, altrimenti non più di una setta dell'ebraismo sarebbe la religione che vuol dirsi nuova. Invece ha vanto di superamento e compimento. Saremmo altrimenti fermi all'ama il tuo prossimo, correligionario, e odia il tuo nemico. Ma noi crediamo che una persona divina è venuta a dirci, Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano! Amare, pregare ecco la novità della fede nostra. Ben dice Paolo, la carità è più della stessa fede e della speranza che suggerisce, perché l'amore mai avrà termine. Ma occorre anticiparlo qui, ed è istanza ben difficile!

sabato 12 ottobre 2013

La gioia nostra

Io potrei consigliare, Egoismo e viltà fanno la soma nostra di uomini. Se vogliamo spesantirla smettiamo la corsa nella vita, come eterni cercatori del forse solo superfluo, contentiamoci del bastevole appena, altrimenti penso diventi vano l'arrovellarsi per la ricerca della salute che da te solo può venire... Ma ne ho fatta io norma di vita? Solo tardiva, credo, e per questo quasi inutile ormai. E come cerco di vivere l'oggi? M'è cara l'immagine del mio continuare a camminare la mia mano nelle mani di questa donna, ché sia ella a guidarci per la meta comune, l'incontro con te. Lo facciamo forse illudendoci della predilezione di figli, ché il futuro sembra, da non molto lontano, palpitarci amore, il tuo. E intanto dispare nuova alba, viene rapida e va, e così le cose tutte del nostro mondo, che ci chiamano con i loro murmuri dolci, vanire vogliono nonostante ci sorridano ancora, e così le ombre del passato che ci vorrebbero forse ospiti inquieti dell'oggi. Ma quale oggi? Sicuro anche quello di appena ieri e quello del domani che già s'affaccia, ma insieme ogni fatica più lieve diventa e l'aria fresca ci invita a godere delle tante erbe e fiori che tuttora colorano il nostro mondo e ne fanno ricchezza. E a breve gli uccelli canteranno ancora e staranno a inseguirsi nel giardino nostro e le tortore più ancora competeranno per il cibo offerto alle gallinelle, ché novello uovo depongano, e faranno il dispetto di questa donna, che nuovo pollaio vorrebbe, ma non sa decidersi sul progetto, che il meno dispendioso sia. Ecco il piccolo mondo della gioia mia da vivere tutta all'aperto, ché non fa cosmesi, inutile alle anime nostre, lo stare al chiuso, ma le apre il sole novello e ne fa vera salute. Sì alla luce sua si riaccende la speranza, dispaiono le ombre paurose avide, che esose impossessarsene vorrebbero col buio dell'ieri e il nebuloso dell'appena domani. Ed è così che del vivere sentiamo leggera ormai la fatica, certi che il più dell'erta abbiamo insieme guadagnato, ché perpetua è l'ascesa nostra e il domani più non fa paura, ché dell'oggi sereno s'alimenta. Conservaci questa serenità, fa che l'oggi, ponte al domani, non ne trasmetta che l'amore, che fin qui legati ci ha. Spira un vento fresco, lascia che la navicella nostra poggi la prua sua e che le vele tutte dispiegate se ne gonfino, ché salva sia prima del nuovo buio imminente. E tutta tua sia la gioia nostra, ché ora sappiamo, nell'amore la gioia dell'altro è la propria!

giovedì 10 ottobre 2013

Come un male nuovo


La miseria mia non è parlarti, sapendo disattesa una chiara risposta, ché da sempre con me afona sei, ma non saperti dire questo vissuto nella certezza che mi parlerai in qualche modo o attraverso le poche persone del mio mondo, o le altre creature che lo abitano, o la recezione delle cose tutte che lo fanno. E la sua misura è non aver più parole, né di ira né di pianto, a parteciparti la paura che ho di questo, che mi sembra un male tutto nuovo, ché temo, io inascoltato, rimanga. E mi sento come solo in una via tutta di indifferenza o di odio e che si sparli di me e dei timori miei, infantili certo, ma per questo più penosi. Ecco sono alla spiaggia, tutta ormai deserta, e pigre onde vengono alla battigia a stemperare il loro scarso vigore. Mimano l'insistenza mia di vuota preghiera o raccontarmi vogliono la favola tua bella da cui sempre m'albeggia un po' di pace, ma io ora non ne resto consolato, ché non mi sembra ventilare dalle nuvole una qualche speranza. Anzi queste nere si accumulano da occaso minacciando pioggia imminente, ma io non me ne curo, tutto preso da pensieri più che al colore loro, consoni al rumoreggiare di lontano con bagliori che non ha libertà di desistere, ma solo di esaurire l'impeto suo. Ché ora più sento follia la carità in un mondo succubo d'egoismo, coi vincoli di fratellanza spezzati, dove l'umanità, che buona si sente nonostante, non può non annegarvi oltraggiata dalla viltà, come di recente è accaduto ai migranti. E per me febbrile s'era fatta l'attesa del nuovo e del diverso e invece mi scopro stretto nello stantio del buio, senza da te appunto un segno di pace. Ma ecco una novità, donna viene col suo cane vociante. Sarà quell'amica? Oh fosse! Sorrider la farei alle facezie mie, sebbene stentate, da cacciar fuori da cuore triste, e quella lusingata dall'attenzione mia proseguirebbe il cammino suo solitario dopo graziosa sosta... Accetterei la presenza tua per lei come risposta ai dubbi miei, ché fitto ho nel cuore l'orrore alla notizia di una migrante annegata partorendo il nato suo, mentre sicuro messaggero di vita è questa donna strattonata dal cane suo abbaiante, giovane e bella attesa, ma che ancor bene non distinguo...

venerdì 4 ottobre 2013

Una provvida Francesca


Timida oggi è nata l'aurora, incerta se venir fuori da tanto famelico fattosi mare, a tinger d'arancio questo cielo triste. Tante anime esso, loro corpi trattenuti o ceduti dalle acque, hanno raggiunto e tra quelle anche novelle o mai nate, ché per i corpicini loro, utero di madre ha fatto per sempre latebra. E io, che ho visto piangere una soccorritrice di pur scampati, ho pensato che il pianto tuo abbia liberato. Qui tutti peregrini siamo, precari in una stessa attesa, e se pur fossimo solo nel groviglio degli interessi terreni distratti, altri sordi ai richiami delle cose eterne, altri ancora, sonnecchianti in un ignavo sonno..., tutti saremmo allo stesso modo colpevoli, ché omettiamo l'amore! Disgraziati! Quanto Mammona ci ha accecati d'egoismo e fatti schiavi, tanto la matta bestialità dell'indifferenza ci tenta e alziamo le spalle o siamo addirittura sprezzanti nel dileggio vile di chi, scampato, si scopre tra noi diverso e anche più bisognoso, ché prima tra i suoi era solo povero e non anche insolentito, e tra questi scortesi, ingrati di quello che la tua bontà divina assicura loro, anche c'è ancora chi becero insiste sui respingimenti dei migranti in mare! Orrore! Ché quelli non cercano miglior vita, ma la vita stessa, il suo minimo! E per noi, che ci pensiamo fortunati, il domani vero sarà più dell'oggi? O invece sostenere più non vorrà la speranza nostra, e pur noi raminghi andremo tra gente vero fortunata e indifferente o sprezzante quali ora molti tra noi sono? Ma sperare il meglio e il più non è troppo osare da te, quando tu apparentemente abbandoni questi tanti poveri? Avranno essi compenso? E perché scelto hai di dover dar tanto, mentre forse qui sarebbe bastato poco, anche se da noi, cupidi ingordi, nudi di giustizia e carità, occorreva venisse? Perché la regale dignità tua sacrifichi alla nostra miseria, e permetti la libertà di peccare a febbrili ricercatori dello star meglio e del volere sempre più ancora, qui nel frastuono del mondo, qui abbrutiti adoratori del denaro, erranti della miseria morale quanto quegli sfortunati della materiale? Io proprio non so capacitarmi e darmi pace, e annego pur io, ma nella tristezza, anche questa forse solo egoistica, come compiaciuto ne sia. Eccomi peccatore più ancora! Cuor mio, io da te nuovo ardore avere vorrei a farmi dentro fiamma viva d'amore, necessaria più del calore che benevolo mi fa quello di piccola donna innamorata, e accendere la vorrei sul candore della fede mia in te rinnovata, ma in gelo e buio più povero mi scopro e più che mai non datore, ma mendico d'amore! Ma tu così accorato non mi vuoi ed ecco Francesca, che con arguzie di eterna bambina, mi desta ingenua meraviglia nell'anima e al riso perfino mi tenta!

giovedì 3 ottobre 2013

Noi, le tue parole


Ecco, è tornato un altro giorno e la bellezza sua è tutta nei miei occhi... C'è di più? Per saperlo capacità dovrei avere di vederlo con gli occhi delle creature tutte di qui. E passerà quest'ora di incanto, tanto serena, e verranno le comuni del quotidiano, che s'accavalleranno a far rumore o silenzio, mentre questo cuore attende dita divine che vibrar lo facciano di riconoscenza e d'amore, ché mai mi senta escluso dalla benevolenza tua. Ma chi suggerirmi ora vorrà la presenza tua, forse occhi di donna? Schivi quelli che incontro, incerti quelli del mio ricordo, ché pur quelli della donna mia sfuggirmi vogliono... Ma di più forse lo possono le note che qui spande, fuori del tempo suo d'amore, uccelletto, forse per ancora sconosciuta compagna. Così invano faccio io, sebbene non canoro, cercandoti tra queste cose belle! E come quello dice col linguaggio suo melodioso, così tenta d'analogo questo cuore con parole sue, nuove, mai dette, mai espresse, eppur tanto comuni a chi preso sia d'amore, e belle le trova e ne sospira! E forse tu ascoltarle vuoi in quest'ora, che all'innamoramento di te sollecita le creature, che se ne incantano e me anche, come o più di tutte! E mi si illanguidisce il cuore come il sole, che così fa in questo tempo, un po' si vela. Io, che saper non posso quanto ancora qui al mondo mi stia e ne viva, ma sento che rapidi mi vengono incontro i giorni e subito muoiono, così paura un po' ne ho, ho pace solo in momenti come questo d'abbandono tra queste cose. Ecco, altrimenti io ti grido anche da essa, ché vi sto come in un deserto in cui eco non c'è, che illudermi possa di tua risposta rassicuratrice che tutto m'avverrà in dolcezza d'amore, questa mia donna volendolo. Sì, dura è questa realtà e irrevocabile, tutto, tu stessa vi puoi essere illusione, inganno o mito. Non è possibile imparare da altri come viverci, non ci sono esempi, atteggiamenti da ripetere, ogni dramma è analogo, ma diverso! E come è impossibile ormai per me vestire un abito qual sia seguendo, come fanno i giovani, il capriccio dell'ora, così la mente mia non può farsi schermo di qualunque mito, che si interponga tra questa realtà e l'esser mio che viverci deve. Solo vi può l'amore e se tu, voglio disperatamente crederlo, solo amore sei, sebbene afono, ecco tu sei la preziosità che mi riempie la vuotezza che scavar mi vogliono dentro, la banalità del quotidiano e la mediocrità che vi sta ad agio suo. Voglio qui davvero rimanere, sebbene confortato da questo mio piccolo amore? Io qui nel mondo di tante parole, poche d'amore, più a lungo stare non vorrei e nel male suo che uccide i bambini, attoscati dai veleni che dalla terra nostra, pur felice nel tempo passato, spuntar li fanno fiori già malati. Qui il male ora sempre profitta per far cespo dell'assenza d'amore e della cupidigia diffuse. E allora facciamo esistere l'amore! E tu, se mito non sei, scendi dalle stelle e grida, prova a farlo con noi, contro a sordo cielo. Ma se noi stessi siamo la risposta tua invocata, aiuta quelli che capacità hanno di più amore, così penso delle donne tue, dà loro forza, coraggio contro i prepotenti, e siano essi le parole tue, quelle sole capaci di tacitare l'inutile vociare e rompere il silenzio, sempre complici del male con gli scandali suoi!