giovedì 10 marzo 2016

Conoscere il cristo è amare il dio


Per amare dio e il suo cristo occorre imparare a conoscerli, ma è apprendimento di tutta la vita. Chi, sfogliando nel ricordo le pagine che ha scritto nel libro della sua vita può vero dire, Io l'ho conosciuto? Sì, occorre sempre rinnovare la domanda a se stessi, Il cristo chi è? Mia madre mi fece conoscere, quella che lei riteneva una sua auto-definizione, Sono un povero dio! E lei poteva affermarlo dalla sua personale sofferenza, vero senza scampo. Sì, non si conosce il cristo se non attraverso la sofferenza e scoprire le motivazioni del dolore in persona cara, significa farle proprie, acuendo le personali, se presenti. Mai venne meno la sua fede nel dio sofferente attraverso quello che a lei capitava! Non le fu possibile vedermi medico, e la sua perdita unita alla sensazione di aver corso invano per esserle di più aiuto, fu la più terribile delle mie prove. Tentato fui ancora di dire di no a lui e al suo dio, a cui avevo rinnovato il pugno chiuso, quello contro il cielo tutto nero, che già avevo veduto bambino, dopo la perdita di mio fratello di me poco più grande! Ma non ero solo, una piccola donna avevo accanto e i nostri due bambini! Ripresi i miei studi, ebbi successo! Ma a quanto dolore e a quanta nuova sofferenza dovetti assistere! E cercai di alleviarla come potevo! Poi mi scoprii fisicamente fragile, il mio cuore fisico aveva troppo a lungo sofferto più del metaforico, del lavoro portato avanti a denti stretti, dei miei studi ostinati. Mi ritirai nel mio lavoro di insegnante e ricercatore di matematica, mai scordando il poco che avevo potuto dare e il molto ricevuto dall'umanità di chi fidente era stato dei miei consigli. Spero di essere stato all'altezza del mio compito, quand'anche dovuto essere breve! E ora che alla mia età posso guardare anche indietro, riconosco che la mia vita è stata meravigliosa, ho amato e lo sono stato e lo sono tuttora! Fortunato? Senza questa piccola fragile donna non sarei stato che un mediocre negatore del cristo. Invece ho toccato, palpato la sofferenza e sono certo che è lui, che ascoltava paziente i miei consigli, spesso da un onesto sprovveduto, troppo grande il male! E questa sensazione di averlo toccato nella sofferenza mi fece scemare l'ostilità, il rancore verso di lui. E ho scoperto che se lui aveva conservato l'amore per me, io glielo dovevo. E come? Con quello che lui consiglia, comanda per tutti, dovendo essere tentato l'amore, senza stancarsi, per i nemici anche o soprattutto! Ripeto con maturata convinzione, Vuota è la fede senza amore e non serve a nulla frequentare una chiesa, una congregazione, se mancano le parole, vero sentite nel cuore, dell'amore verso tutti, non limitate ai soli frequentati fratelli, spesso vero illusi come noi! E per chi? Per ci vive accanto, anche poco familiare o sconosciuto addirittura, o che con noi condivide anche solo un piccolo tratto della via dura e tortuosa che fa la vita di tutti, fosse anche chi resiste alla nostra offerta di bene, la fraintende, o è pronto a ricambiare col male quanto pur chiaramente offerto, o l'anticipa malevolo se nuovi tentativi pur con maggiore cautela e gradualità verranno fatti, ché l'accetti! È necessaria la tenacia, quella proprio il cristo domanda (sic!), lui che mai desistette dall'amore ai nemici nell'abbandono di tutti, del padre anche! E sentirsi nel bisogno estremo e nell'abbandono di tutti è già difficile da sopportare, e più ancora se si unisce la perdita del dio dialogante attraverso quanto di bene si sia tentato di realizzare! E' quello che accadde al cristo tra la sua gente cruda, è quello che avverte il pur buono nell'abbandono alla desolazione di una miseria o di una malattia senza scampo! Via gli amici e perdita, nell'incomprensione delle persone, degli affetti più cari, che talora colpevolizzano non la mala ventura, ma chi ha dovuto sottostarvi, succubo! Ma io, conscio di quello che tanto spesso accade e mi accade, so che nella mia vita, tanto sofferta e travagliata, c'è uno che non ha mai cessato d'amarmi, e lo ha fatto anche attraverso quelli che mai allontanati si sono dalle mie vicende tristi! E lo ritrovo in molte pagine del libro della mia memoria, seppure mai evidente, ma discreto presente! E allora per quell'uno che sempre ho avuto accanto, posso ben dire, Non basta muoversi verso la verità e il bene, perché se ne può rimanere lontani, se non lasciamo che il sia il cristo a guidarci! Allora anche il mondo con tutto il male che accumula e rinnova, è un prezioso tirocinio d'amore. Perché il vero amore non è mai vistoso, è appena evidente, sommerso da mille ragioni, messe in atto per contrastarlo e vincerlo, e da chi? Dagli irriconoscenti senz'altro, ma più ancora dallo stesso uomo vecchio, che permane in ciascuno in una latebra del proprio cuore tormentato, e che del mondo e le evidenze sue è ben conscio e ne vorrebbe esenzione! E torna la domanda di sempre, il male perché? Sì, quella a cui tento rispondere da anni, è perché il dio-amore abbia permesso il male da sempre. Io recentemente ho tentato una risposta, che ho altrove condiviso, a questo problema, che resta aperto, Il male c'è perché l'uomo, in ogni sua epoca di vita, possa dir di no all'amore, al dio, al suo cristo! La libertà dall'amore è pagata a caro prezzo, non solo col travaglio della natura fino a noi e quindi dai viventi, che sono stati e sono, e dalle cose tutte, che io, convinto francescano, comincio ad avvertire sorelle, ma anche dall'uomo che tenta di essere buono, spendendosi perché l'amore esista e s'affermi! Ed è ben strano che il male ci sia affinché qualcuno possa decidere di non avere necessità d'amare, e che sia proprio l'amore negato diventato l'unico mezzo per affrancarsi da esso, i presunti liberi dall'amore pure coinvolti! Quelli che con la loro pretesa di libertà dal dio-amore arrivano, presi dal male, che per il loro diritto alla libertà è stato chiamato ad essere, ad accusarlo di indifferenza! Sì, l'amore costa sempre dolore, dacché il male è stato permesso, anche perché non sosti, limitato alla donna che s'ama, alle meraviglie dell'arte, della musica in particolare, al bello che, in momenti di recezione privilegiati, offre la natura, e a quant'altro di godibile c'è sotto al sole e le altre stelle! Il male è onnipresente, vigile, occhiuto! Lo stesso dio ne è rimasto coinvolto nella persona del suo cristo. Perciò il comandamento dell'amore non è pretesa non vagliata da chi lo propone, sul dove e quando e come! Anche nelle conseguenze sue possibili per quanto estreme, essere traditi dai beneficati! È perciò proposta sofferta, rinnovata nella sofferenza, patita a causa di essa! Allora vero invito a una libertà nuova, sebbene condizionata dal dovere amare i detrattori anche, quindi qui proprio, in un ambiente psicologico che accoglie, mantiene, incrementa il male. E solo se sapremo vedervi il cristo come il povero dio, che mendica amore, anche da un pitocco, qual io sono nel tentare il bene, il nostro stare per lui sarà stato fruttuoso! E invece che accade? Noi assai spesso, sfiduciati, in navigazione col nostro “vasello” nelle acque perigliose del male, ci sentiamo poveri cristi smarriti e chiediamo al vero cristo, pitocco per amore, aiuto! E lo darà purché non rinunciamo all'amore, non appena più fiduciosi, pronti ancora a invertire i ruoli, ché è lui in ogni vero bisognoso e gli dobbiamo aiuto! È questo l'amore, benché stanchi e poveri, non ignorare chi lo è più ancora. C'è appena dietro un ancora più insicuro e appena davanti un falso sicuro, entrambi chiedono muti, per dignità il primo, per alterigia l'altro! Come fare?
Mai il realizzato è abbastanza per il cristo! Lo ribadirò per quanto ne ho capito, perché non conoscere l'amore, non averlo fatto proprio, non averlo trasmesso, significa non conoscere il cristo, non averlo mai incontrato, non averlo mai riconosciuto in alcuno! Non conoscere il cristo è ignorare che il dio è il misericordioso, certo pronto al perdono, non solo del malvagio palese, purché pentito dell'altrui danno causato, ma anche del mediocre nell'amore, colui che è vissuto all'ombra del cristo nel suo impegno sofferto, ieri, oggi ancora! Allora, e lo dico soprattutto a me stesso, il vero rischio è vivere sulle spalle del cristo, cioè pur condotto, pur sostenuto, ma senza combinar nulla di fattivo, vero efficace e duraturo, nella concretezza che vuole e fa il mondo, che è pur sempre pronto ad abbattere il realizzato, se poco o non è solido abbastanza! Il mio, lo riconosco, è come un perenne scrivere la parola “amore” sulla rena prossima alla battigia, un'onda lunga viene e la cancella! Allora che vuole il cristo, che pretende, se non quello che lui ha già fatto e io cento e cento volte solo tentato? Non mi stancherò di ripeterlo a me stesso, Questi vuole sì benevolenza, “sollecitudo” per la vita, ma di ogni altro e non ristretta a chi l'attende, la sa apprezzare e spesso la ricambia, con altrettanti, o più ancora, atti di simpatia e benevolenza! Fa così con me la donna amata e lo fanno gli amici, pochi divenuti alla mia età! Ma egli lo pretende per i nemici anche, anzi specialmente, l'ho già detto, lo ribadisco! E chi sono, se non quelli che ci danno dolore? Gli ostinati a non voler capire! E accade nella ripulsa palese, nel sospetto di insidie nella nostra azione, pur chiaro volta al bene, nel rifiuto larvato, celato da ipocrisia, nella maldicenza, che sempre l'impegno onesto riceve da persone che non vogliano capire la necessità del bene offerto, sia alla vita di chi ne fa dono che a quella di chi accoglier lo dovrebbe. E così in cento risposte malevole, o in vere iniziative di danno gratuite! E a questo dolore, innegabile (sic!), si aggiunge l'altro che viene dal ritenersi responsabile dell'insuccesso per una condotta non abbastanza cauta e graduale. Io, mi dico, non sono capace di attualizzare l'amore del cristo, renderlo apprezzato e tangibile! Allora, anche per pacificare il proprio cuore, occorrerà ritentare! Nuovo rifiuto, nuovo dolore? Ma sarà sul grado di questa tenacia, già di per sé fonte d'ansia e quindi di dolore, che il cristo chiederà conto al credente! E costui, compresi i propri manchi, le intenzioni disattese, i propri rinvii a un “farò”, mai attuato, dell'amore comandato, si pentirà e ne seguirà il perdono immancabile! E' favola, è speranza, è solo tutto per chi crede!


mercoledì 2 marzo 2016

Sul perché del male ancora!


Tenterò anche qui una risposta del perché il male, che, se al momento non contrasta molto, come fa d'abitudine, la mia vita, getta nella disperazione quello che mi sta appena accanto, persona cara o non ancora così divenuta, e tutte lo dovranno diventare, secondo il comando del cristo! Inizierò dalla tentazione all'oblio del problema, almeno nella crudezza sua e nella sollecitazione, che esige sempre risposta fattiva non banale per chi ci vive accanto o appena oltre. E qual'è? Quella del particolare rapporto che fa il condividere tutto con una compagna, badando ad esso principalmente e accantonando nel “farò” ogni altra richiesta pur pressante. Per sfuggire a questa debolezza, se vero una donna c'è ad occupare il cuore, occorrerà cominciare a chiarire a sé e all'altra la necessità di una risposta non ristretta al binomio del loro amore, ma aperta alle sollecitazioni che dagli altri vengono, alcune esplicite, altre velate dal pudore di chi tenta, anche nella miseria, di conservare la dignità! E come ho spiegato per la vita insieme, come spiego tuttora la necessità d'attenzione pure agli altri alla compagna mia, ma anche a me stesso? Riferisco solo la più bella delle occasioni.
A tutti sarà capitato soffermarsi a guardare il cielo stellato fuori di città, senza il disturbo delle sue luci, sempre poche a tener lontana la paura del buio, troppe perché apparir possano in tutta lor meraviglia le stelle, come accade sui monti, stretti a chi tutto con noi spartir vuole, o anche stando con lei per mare in notte serena in plancia a sentir fin nelle ossa la pungente brezza dal mare, come vero ci capitò in una notte di sogno, perché appena promessa di fedeltà era stata scambiata all'altare del dio. Ma, le ho osservato allora e le faccio osservare ancora che, propizio lo scenario, che per goderne, qualche disagio pur comporta, invano guarderemmo il cielo stellato, esso non ci farebbe incanto e non inumidirebbe gli occhi, con quegli splendori farsi corona a palpebre strette, che invano tentassero di trattenere le lacrime, se già il senso del bello e prezioso irrinunciabile non ci appartenesse, proprio l'esaltato dallo stare insieme! E se le fiammelle del cielo vero questo ci fanno fino a rigare le gote, che dicono afone? Io allora vero ancora ne fantastico con la compagna dolce a me stretta, Ecco guarda, le dico, ci sorridono e ci assicurano che disposte già sono alla nostra accoglienza, o, leggendoci il cuore, ci stanno dicendo che la rimanderanno soltanto, affinché dal nostro pianto di commozione inizi il pentimento per aver disatteso la legge dell'amore! Quale? Non il nostro scambiato, quello che tra le sue cose belle ci ha fatto mettere la speranza di novelle a farci felicità anche tra le stelle, ma quello voluto da colui che ci ha qui scelti a star insieme, e che vuole la sollecitudine nostra, tra noi scambiata, anche per la vita di ogni altro! Solo per questa esigenza vivendo, sarà per noi sperabile, continuando il suo favore, dopo il perdono da chiedergli col pentimento di non aver potuto assecondare abbastanza la richiesta sua, che tra i suoi splendori,proprio, egli voglia che ritrovarci possiamo! Perché noi abbiamo scelto, non solo la strada, certo non facile, del nostro personale amore, ma la via tortuosa, aspra e dura nella coerenza dovuta, di quello molto più ampio che lui suggerisce! E lo ha chiesto e lo chiede a noi proprio, che il nostro difendiamo perfino mitigando all'altro la pena dei ricordi non belli, ma che dobbiamo esporre a rischio che bistrattato sia dai nemici, che lo invidino! Tanti, troppi? Ci aiutino le stelle, che ora assistono lontane alla commozione che sempre ci prende guardandole, velandoci e rigandoci occhi e volti, ma che già aspettano di godere la felicità dell'amor nostro! Sì, noi vi saremo come a Dante e alla sua Beatrice apparvero a farsi toccare, innocui e piccoli splendori per loro divenute, faville d'amore divino! Ecco questo dico, con cento varianti, alla donna della mia vita, unica divenuta da tanto, scialbo con la sua dolcezza fattosi il ricordo di altre lontane, che destinate non m'erano e che sempre ho sperato felici, avendomi scordato!
Ma a me chiedo qualcos'altro e con lei non posso condividerlo completamente, nemmeno sotto le stelle, affinché non si rattristi per la pena che ne ho palese! Mi tormenta da sempre la permissione da parte del dio del male, insistente e tenace nella vita di tutti e in questa mia ultima più ancora, anche se pause ne ho! Mi chiedo, Possiamo contentarci constatare che esso permetta il riconoscimento da parte di ognuno dell'opportunità di preferire il bene? Non credo sia per nessuno risposta soddisfacente, ché fuggire il male e corre verso il bene, sono tendenze istintive nell'uomo e in ogni altro animale! Io preferisco parlare di libertà concessa dal dio e di necessità del male ad assicurarla. Infatti ci deve poter essere una libertà assoluta anche dall'amore, perché il dio lo propone come mezzo per raggiungere il bene e la felicità che ne consegue anche qui, nel rispetto del desiderio che ne ha ogni altro, perché alcuno non offende, ma si spende affinché gli ostacoli frapposti vengano eliminati per sé e ogni altro. Negare questa proposta deve essere possibile, e per permetterlo c'è nella realtà il male. Perché? Negando l'amore, nel senso del comandamento nuovo voluto dal cristo, c'è rinuncia a tutte le conseguenze benefiche della diffusione e successo suoi, perciò il male! Il male permette la libertà del no al dio e al suo cristo! Preferire la libertà condizionata dall'amore, non deve essere scelta dovuta dal solo credente, ma aperta, offerta a tutti, che anche se dal male, necessario alla libertà di dir no al dio e al suo cristo, non libera, lo contrasta con efficacia, ché tenace è l'amore! Ma è scelta del nemico dell'amore l'ipocrisia, qui sempre possibile, che solo il dio potrà perdonare, dello “ ut aliquid fieri videatur, di chi goda i benefici dell'amore senza spendersi a diffonderlo! Insomma non basta cullarsi nella dolcezza di braccia che ricevano noi e i nostri affanni, non bastano occhi che ci invitino a guardare accogliente il cielo con le stelle sue, l'amore deve essere molto di più! Per capire la verità sua non basta un tempo lungo di esenzione dal male o di pausa dal tormento suo, ma se la si comprende, e forse è a questa comprensione finalizzata la vita tutta, occorre con le forze residue entrare nelle tortuosità sue e strapparne non solo se stessi, ma chiunque ne soffre, fosse pur il nemico che sempre frapposto si è tra noi e la gioia!

Ma il no al cristo del dio resta colpa grave, perché nuoce con la presenza del male alla propria e l'altrui vita, e giustifica la possibilità che l'inferno oltre l'attuale non rimanga solo minaccia, si apra! Ma se il torto è grave, la misericordia del dio è più grande e farà comprendere, qui o di là dal mondo, quanto si ci è avvicinati all'orlo dell'abisso! E come il male qui è dolore in quell'altrove sperato, il vederlo tutto, con il pericolo corso di cadervi facile, indurrà l'anima l'anima più dura al pianto e il dio al perdono! Il male è anche catarsi!