venerdì 22 novembre 2013

Come il poeta canto







Oggi sulla spiaggia tutta deserta, diaccia l'aria, sono e guardo incantato le onde tormentate, recente la burrasca, frangersi con lunga corsa spandendosi alla rena, o spumeggiare sugli scogli. Vengono mormorando lor dolce canzone, si spengono e non sono più nulla! Di simile ardore quelle del cuore mio, sempre combattuto. E così i tanti pensieri, agitati d'ansia, per te! Vengono, s'accavallano e si spengono nella vanità d'ogni altro umano pensiero...Ricordi? La più bella costellazione del nostro cielo invernale t'ho mostrata in notte serena, Orione. E sulla cintura sua la stella più luminosa notare t'ho fatto. Ecco, se tu conserverai in cuor tuo il mio ricordo come gemma simile a quella e per te preziosa, io sarò ovunque tu sarai, o i sogni tuoi mi vorranno. Così, tu dormirai e io ti vedrò come su letto di foglie di rosa e al fianco tuo, sommesso starò a cantare dolce “nonna” per te come il poeta per la Maria sua sognava di fare, e come vero io già ti faccio, tu dormendo a “suonno chino”. E sai che già ti dico, quasi ossessivo? Le parole sue di innamorato ripeto, e sussurro, “A gelusia turmenta sto' core mio malato”! È così proprio, questo già fa questo mio amore, ché dei sardi ho il cuore, e avere non lo vorrei, ché per primo ne soffro...e vero m'accade, come in altra canzone al poeta, che si tormentava per la donna sua, chiedendosi se di lui vero sognasse, dormendo, o d'altri. Sì, proprio m'accade che io viva quel tormento! E tu sai che per il mio personaggio, il me che prende dal cuor mio, l'unico che vero so d'essere, ché come io-intimo, cuore sono, speranza di bene e bello e d'amore già nel nostro mondo, e qui in quello reale, sono uno che vive straniero e precario, uno che sol amore sogna e ne vive e solo le sue parole ti ripete, è proprio così, ché con gli occhi suoi primi ti guarda, sempre innamorati! Ecco, saper avrei voluto dirti del mio amore, non con le parole che esso s'inventa per piacerti, ma come quel poeta ha fatto con le dolci sue canzoni alla bella sua, ché tante parole non servono per recettivo cuore a fargli lusinghe d'amore! Ma io non ti lascio le mie parole, troppe e forse inutili tutte, ma il mio bel sogno con te. Continualo, versavi le novità dagli occhi del tuo cuore! Ché se un modo ci sarà per riaverti io lo scoprirò, pure sol di sogno fatto! E dirti talora, Tranquilla ti rivedrò alle stelle!, è sì qui augurarsi di presagire il vero, quella lor fata, tra esse bella, questo volendo si realizzi, ma anche fa metafora dell'affanno per ritrovarti nel loro mondo senza tempo, giunto! E non è forse già così ché stella già sei in questa mia sera, sogno dolce, che pur muore?

mercoledì 20 novembre 2013

Sardinia d'amore

Tanto olezza il tuo giardino stasera, tersa l'aria dalla recente pioggia, compagna mia, che par fiorire profumo sotto cielo brillantato tutto, e punge quest'aria, ma qui quelle facelle stregati ci hanno e io delle braccia mia ti cingo ché troppo essa noia non ti faccia. Ed è lo stesso della Sardegna mia, ma lì piovono acqua e lacrime, e a quelle, già tante, le mie accorate e amare aggiungo e da occhi gonfi uscir le lascio piano cadere... E i miei ricordi vanno lontano e tu, che tanto accorato mi senti, vuoi che con te tutto condivida. È nuova la pena? Pur tua vuoi sia! E ti dico, Noi siamo in una nottata tutta di stelle, su una nave che a quella terra ci porta dopo le nozze nostre. E quel cielo è assai più di questo, che ora è impoverito delle presenze sue dalla modernità di fatui luccicori, ché quello invece è tutto di luci che pulsano brillii e amore! Noi rinunciato abbiamo alla novità delle effusioni d'amore, ché ci vuole estasiati della bellezza del suo cielo l'amore che esso raggia, ché par per innamorati tutto sciorinato. E ce ne stiamo stretti, ché difendersi occorre dall'aria che sì inebria, ma fredda punge, sì come pur mo facciamo. Io ti parlo delle tante novità, che per te saranno, della terra mia, come dai miei ricordi dell'infanzia mai tutta passata, e tu incantata sei alle mie parole. È attesa a dolci nuove di innamorata! Ti parlo della gente mia generosa e fedele, calda d'amicizia sempre e della gelosia morbosa dei sardi per le donne loro, ché è quella che in me stesso leggo, quella immutata d'oggi anche. Tu sei lusingata di scoprirti in me di immenso valore. Ed ora ti chiedo, Sarà stata quella, dimmelo stasera sotto a questo manto di stelle, la nostra più bella notte d'amore? Tu rispondere parole non vuoi, ma m'asciughi di baci le lacrime e all'alitare dei nostri ricordi di quella nostra terra, che non deluse i sogni nostri, stasera si disfano di dolcezza i nostri cuori...E la fata, pronuba d'amore, vero di brillii ha tutto trapunto il cielo più che solita non sia, intinto il pennello nel cuore suo! E pur qui piove, ma luce e bagna gli occhi tuoi! E v'è armonia con le stelle, ché le parole afone scambiate, all'unisono sono con quelle che esse a noi proprio sembrano sussurrare...

domenica 17 novembre 2013

L'ultimo bacio




Se vero è che felicità ho da questi miei giorni ultimi, essa non sta nei fiori belli, non nelle stelle che fanno incanto, ma tutta nelle parole tue, dolci udite anche se amare, ma che per me mai pronunci senza sospiro. Ma accada che tu più non me le dica, spenta la bocca tua, lasciamela socchiusa un po' per un ultimo mio bacio, postumo sulle tue piccole labbra livide e fredde fatte. Quello ti saprà del sale delle lacrime mie, ma è quello che ricorderai più di ogni altro e per quello a me tornerai...E verrai nel luogo della mia solitudine, io ad attenderti nella nostalgia da tempo, del posto selvaggia, sperduta, dimentica del tanto tra noi. Ma sai come il tutto nostro ti richiamerò? Quell'ultimo mio ritentando e il nome tuo, quello che la felicità inventato m'aveva dolce, ma smarrita nella luce disperata delle aurore senza te, pronunciando. Ma io come saprò che vero tu sei, anche se forse in una nuova forma, tornata per essere per me di nuovo tutta bella? Non ricorderò forse solo la crudeltà dell'abbandono tuo e l'orrore del tuo silenzio, che più della malattia ucciso m'avranno? Io lì tra le stelle, sebbene dopo di te giunto, ricorderò certo quel nostro ultimo bacio e da quello le tante tenerezze che l'avevano preceduto, e gli occhi tuoi belli, di pianto, più che di rara gioia, brillare nel buio sotto a manto di stelle, e quel cielo sopra noi, solo per nostro tenero amore dispiegarsi, come a proteggerlo! E pregherò la bella del luogo dei miei sospiri, che promesso m'avrà di mostrarsi, ma solo al tuo arrivo, che le tante stelle non ti frastornino più ancora, io sospirando, e da troppo, vederti. Ma, tu arrivando, quella per mano tenendoti, io sceglierò la giusta tra voi, e sai come? Tutt'e due uguali sarete, belle come stella da stella, ma tu smarrita e confusa, da richiamare con un bacio alla consapevolezza, la bella di qui smagliante nel sorriso suo, il dono suo recandomi, e che di un piccolo timido bacio casto desiderosa parrà, e io appena sfiorerò le labbra vostre! E tutt'e due leggero grazioso inchino avrete fatto, l'una l'altra imitando, non certo a me, ma alla costanza del mio piccolo amore... E io dalle mani sue finalmente t'accoglierò...il nido d'amore che ella preparato avrà da tempo per noi due soli, mostrandoti, ma dopo che tu per tuo ancora, riconosciuto, mi tenga. Tutto l'aveva fatto di foglie di rosa, fin dal nascimento dell'amore nostro, e dei petali loro, freschi come quelle rimasti nella fragranza loro, ci ricoprirà prima di lasciarci, ché nessuno veda e senta del nostro novello amore brividi e sospiri!










Ecco, tu qui tante volte chiesto m'hai, La bella, che tanto sospiri, chi è o che, una stella? Allora risponderti vero potrò senza altre favole, anche quella mo mo raccontata. E ti dirò, È quella che nella vita trascorsa illuso ci ha del ridere, a noi soli nelle notti del nostro amore, dei mille splendori del cielo suo! E da postuma favola ancora tentato, ché tante dentro me ne hai messo, Quelle faville forse da molto svanite sono nel nulla oscuro, tanto il tempo or tutto trascorso! Ma, meraviglia, lor luce d'oro ella ha voluto mantenere per quelli che, come noi, s'amano e guidarli nel ritorno loro al cuore suo! Non lo sapevi? Sì, ora ben sai che l'amore è un eterno ritorno, uscir da dove la sua favola è cominciata, viverne il sogno e tornarvi, null'altro! Ma vero è questo tanto? Mi chiedi, Sta per questo e ne vive, e dove al fine? Lì proprio, nell'immane presenza di tanti brillii, cuore della tua bella?










Ed è ben strano, tu me lo chiedi e io ora ne attendo da te risposta, ché senza l'assenso dell'amore tuo di nulla più sicuro sono!




Dimmelo tu, che te ne dice il cuore?

giovedì 14 novembre 2013

Perdono dall'amore



Ecco, qui una piccola donna vive del dono suo. Scalda questo cuore intristito e ne viene calore per lei. È un amore nonostante la mediocrità mia e il male che ci fa buio intorno. Sì è amore nonostante quello che qui c'è, e fa di sé miracolo! E quale? L'immediato, il palese è la vita mia, mantenuta, incoraggiata, protetta. Il riposto, nemmeno immaginato, la tua, richiamata, motivata, giustificata, o bella di questi fiori! Ma perché? Come dal perdono l'amore, così dall'amore il perdono! E che ne dirò di più? Tanto il male qui sparge amarezze, che la sorte a me toccata mi dice fortunato in tanto scempio. Perdonare è amare, il figlio tuo l'ha detto, ché altrimenti sarebbe imperfetto e non vero, non completo e di cui si può esonerare il reprobo, cui invece è dovuto. E tu che ami tanto da traboccarne il cuore, perdonata vorresti sentirti del tanto che qui accade di brutto, che ti imbarazza e pena indicibile ne senti, qui permesso a chi vi spadroneggia, ma del consenso pietoso dagli offesi hai bisogno e lo chiedi a tutti, e lo fai ormai mendica. Ché umilissima ti richiede l'amore in ciò che chiedi. E chi ti perdonerà? Io dal mio poco, gli altri del mio mondo dal loro di più? Non ti basterebbe! O forse più ancora il bambino oltraggiato, quello strappato al calore delle braccia della madre sua da malattie, sempre spente solo nel dolore? O forse chi è solo e vecchio e aspetta l'ultimo suo destino ormai senza lamento e nemmeno più lacrime, tante le versate? O forse le ragazze frastornate che la voglia fanno dei viziosi, complici infami talora le madri loro? O le vittime della follia della natura che fa vendetta di noi, che parassiti ne siamo e le facciamo continua violenza? Nemmeno! E allora tu che fai? Vero soffri in ogni dolore, piangi le lacrime di chi piange? E non basta che cessi il male! Ché la serpe del mito, che sbava e schiuma nell'odio suo, non si contenta e relegata t'ha nella leggenda sua e lì ti vuole legata, sottomessa, sconfitta, zittita, ché invece sa come uscirne e mostrarsi nell'orrore suo, tante le evidenze qui del male! E nessuno più vince nel tuo nome santo e la luce tua tanto lontana s'è fatta, che nessuno più si leva riconoscente a benedirla, ché fatuo luccicore pur'essa stima che sia! E prevalgono stolti, folli, malvagi che abisso scavano in cui sol l'eco fa illusione di risposta ad ogni grido! Ecco quest'oggi nel bisogno par più lungo assai del trascorso ieri, solo mediocre, e prepara in laborioso travaglio il domani per cui deboli sono ormai i sogni che lo vedano dispiegare il bene, ora negato...




Ma un piccolo amore, mai ben compreso, sta per essere tutt'uno col perdono, ché il domani postulato sta per dar vita novella e questa vuole esprimersi, sviluppare, traboccare, e, meraviglia, permeare l'oggi anche e tutti i passati ieri. E, nato in cuore di donna, pungolo si fa a cercar cuore gemello per tutto donargli, ed ella la vita passata gli perdona. È piccola cosa, ma è da lì che viene lo “ speruto” tuo, il bramato che ti fa ansia d'appagamento! E lo fa nell'oggi tenebroso ancora, ché ne ha pietà e così dell'appena passato ieri, ma anche del lontano, e più nel domani sperato, ché tutto comprende, ne sa le motivazioni anche banali, anche stupide, e tutto scusa e gli errori inevitabili. Sì, qui piccolo amore solo è, vago è di poesia, vago di tenerezza e si contenta di poca dolcezza, occhi, sospiri di donna, solo sguardi talora e le parole del sogno suo, o, fortunato, indugia nel tepore del corpo e del cuore suoi e di quello vive. E sai di che è ricco? Di speranza, quella che duri eterno l'iniziato bene! E già grande, ma sarà di più domani, ogni nuovo domani per quanto lontano. E ti accoglie nel suo incantato mondo di due, intristita dal mito e ti chiama, madre, sposa, amica! E nulla qui di vile ti farà ancora male. Questo piccolo amore scalda l'universo e alita sul corpo tuo gelato dall'indifferenza. Non ti vede che nei sogni suoi o per le icone tue, tutte belle, tutte veridiche, tutte che chiedono e danno la sola felicità qui da te concessa, ché affanna chi altrimenti la cerca. E vuole tacciano i bugiardi tutti e i ladri tanti e quelli che, come me, stanno a dir tante parole. E si schiudono i cuori al tepore novello come fanno i fiori di primavera dopo notti serene diacce, all'aurora, e così le tombe disadorne e dimenticate dall'incuria, ma stipate di rimpianto e gioia negata, s'aprono al calore della piccola luce novella. E tu scender sembri dal cielo delle cose belle che paiono eterne e che fanno manto d'incanto agli innamorati in notti di sogno, e alle anime rattrappite gridi, Fatevi cuore! Eccomi, io sono la speranza, io sono l'amore! E continui, or pacato il tono, Io mi stavo negletta come al limitar del nulla, ma un piccolo amore ha perdonato il mio permetter il male, sebbene, per questa presenza, in tanta carenza di pane e pace. Sì, per voi il dover star qui, l'amore permesso, ma a sballottare sta in un mare immane, buio e senza tregua, il sol modo per poter vivere e sognare. Ma ecco il mistero, io stessa sono quel piccolo amore, una briciola ne ho lasciata, seme in cuori assetati, e ha fatto rigoglio, cespo e perdonato ha chi crede che abbandonato l'abbia, me proprio anche! Ma io fuggita non sono, fiaccate le forze stavo in me tutta infreddolita, nascosta nella latebra di chi amor sospirava, e lì piccolo calore ricambiato m'ha raggiunta...




Parole, parole soltanto dalla fantasia mia, dal desiderio che ho della piccola donna di cui questa mia è vicaria, ma son d'amore e non inutili allora, e ogni uomo è per la bella del cielo allo stesso tempo tormento d'accoglienza ed estasi d'appagamento. E lo è la creazione tutta, ché quello tutta in sé racchiude. Sì, il dio ha fatto l'uomo perché perdonarlo potesse per la permissione del male, sì, lui proprio, il sol vicario della creazione tutta. E in ogni epoca lo deve fare dal piccolo amore, cresciuto nel cuore suo tentando, disperato, qui il bene. Ed è strana la simmetria, tutto di cui necessita l'uno, fa la necessità dell'altro. Perdono, amore, per entrambi! La vita umana non ha che l'amore come scopo e fa il miracolo del perdono, come il divino! È questa l'immagine che ne fa la somiglianza col dio, “eritis sicut dei”, e così parla il male! E almeno in questo non mente!

lunedì 11 novembre 2013

Freddo nei nostri cuori







Germina, pur fertile la terra che con cura tieni, qualcosa se freddo fa? E anche ti chiedo, Se lo si ha nel cuore vi può nascere amore? Ma l'amore umano che fa cespo e rigoglio nonostante, è eroico, ti affermo. E ancora, Non pensi che il nostro meriti che così l'avvertiamo, oltre che dolce e bello, ché tante difficoltà superare ha dovuto? E a queste mie ingenuità sorridi, e intanto va il nostro bene ovunque la vita lo porti, ché insterilita il tanto tentato male non l'ha. Sì, ammettilo, qualcosa t'è nata dentro e l'hai chiamato amore. Piccolo il fiore di prato sul cammino tuo..., raccolto l'hai e conservato in vita, ché nel libro dei tuoi sogni verdi e novelli l'hai messo e non v'è potuto avvizzire. E gli parli, e di lusinghe non sei avara se dici che da allora che imprigionato l'hai, tutt'intorno s'è fatta luce, che indorata ha ogni cosa del mondo tuo e delle tante ombre di qui il freddo t'ha fatto ignorare! Ora ché lui viva bene, riconoscente, ti preoccupi e ancora da allora gli aliti caldo vapore, mentre, senza del fiato tuo il conforto, libero, ma negletto, inverno certo sorpreso l'avrebbe, così almeno par a me che affermi... E così mi son ritrovato come fiorellino tuo reciso e gli occhi tuoi a guardarmi, e ancora mi fanno incanto...E credo tu non amar possa, me lo affermi di continuo, che fiori sian presi a far bella mostra e vuoi sulle piante lor lasciati. Allora forse per non parer incoerente l'unico reciso ben nascosto hai, o perché gelosa ne sei, bene che nessun ancora cogliere possa! Ecco così io parlo di te e facendolo nel motteggio da innamorato, anche di quella del cielo dico, né altri modi conosco a farmela concreta, ché vaga testimone nelle preghiere mie resterebbe della paura che ho dal mondo buio e freddo. Sì, se non per le bonarie facezie su te, ardua e goffa ne sarebbe l'impresa, le parole mancandomi. Invece sognare di te spinge il mio sogno fino ai giardini celesti e lì s'arresta, ché nel cuore di quella, lì bella, pur s'entra, ma insieme. Però solo se come bambini l'amor nostro sia vissuto. Ecco che la vita nostra trascolora, si muta in altra storia e il nostro diventa di cuori un ingenuo colloquio al limitar del tempo, come esso, chetato, si sia un po' arrestato. Ed è tutto un dono d'amore, poco pretendere, tutto dare, un semplice, essenziale, timido anche nelle espressioni sue, ma sincero e bello stare l'uno solo per l'altro, fatto di parole sussurrate o balbettate e sospiri tanti! Non lo sapevi che bambino assai timido ero e balbettavo amore alle coetanee spesso indifferenti? E scoprirlo ora so che ti fa carezza al cuore! Ma ora, anche se stanco non sono di questo viaggio sognante e il sogno inazzurrare talvolta fa questo amore e ali gli da per quella del cielo, il tempo pur “festina” e ci ruba dolci sguardi e lor parole... Ma, consapevole, al calore tuo, tu mi inviti al sonno. E m'assopisco al calore del corpo e cuore tuo. Così, con te accanto, sognar posso l'aurora, se tramontar vuole questa vita. Eccoci qui abbracciati ancora a difenderci dal freddo, che non è tanto il fisico, improvviso or calato in questa stagione, ma più vi fanno le amarezze di qui e le parole malevole che pur fanno tanto rumore, più delle stolte, e che ora, come talora quello pungente d'inverno fa a chi altro cuor non abbia a fargli schermo, vuol fermarci i cuori, che gelati ha. Ma l'amore non fiacca, non si rassegna, eppure non brontola ignavo, rivivere sol vuole la giocondità sua prima, il calore, la gioia che specchio s'era fatta del vero bene, la felicità che ci illude d'attesa oltre il tempo. E vero vincer fin mo pareva!




E noi vero siamo bambini, ma pur questi muoiono!

martedì 5 novembre 2013

Il peso della rinuncia tua

Ecco, fugge il tempo e mai si volta indietro, porta via ogni cosa e le parole dette si fanno appena mormorio, come sciabordio di acque tranquille su fiancata di nave che lenta vada, e di simile fa di pianto e strepiti. Così di ogni pena e ogni gioia fa esso oblio..., ma afono, pur grida! E che? Tu qui onnipotente non sei, dice alla disperazione nostra, e paura più ancora ne viene. Ed ecco la mia domanda retorica, Potresti tu ridarmi la madre cara e il padre buono e il fratello amato e l'amore mio primo? Né, credo, ogni cosa bella trascorsa da parer perduta per sempre, se non per la memoria! Ma altro fa, rinnova il tempo sempre il male nella crudezza sua, e questo vigila ché niente di vero buono, di vero bene ci venga e vuole quando non brutta, mediocre almeno, o invilita la vita per tutti, quando non tragica. E tu entrata sei nel tempo per salvare con l'amore la creazione del figlio tuo, che il male ha fatto decrepita, e ne subisci il rigore e t'accorgi che per attuare il bene più non basta desiderarlo anche per te. E finché tanto perdura la provvisorietà sua, tu guardi rassegnata il male nelle tante vittime sue, la sovranità tua restando limitata, perciò impotente, una rinuncia per amore! Così deve pur essere se rimanere qui tra noi hai voluto, e l'accetti rassegnata. Ecco che da te conforto è atteso e invece occorre dartelo! Piangi e nel cuore di ogni madre sei, e per poco che ti si possa avvertire, anche di ogni donna, e se chi si strazia nel dolore strappata non ti è dal troppo suo peso, mai più il nulla l'attrarrà, rimarrà triste finché la crudezza dei ricordi, ora pietoso il tempo non stemperi. Ma è questo tuo bisogno di noi, quanto di te ne abbiamo, che ti fa amabile, come i soli uomini possono di lor donne concrete, ma questa umanità ti sente anche la più indifesa di tutte, ché in quelle che cedono pur sei, immeschinita, e, saperti così, stimola alla tenerezza. Ecco l'amore dei tristi e dei delusi, amore sì, ma che gioia aver non può! Ma quand'è che pur qui ci anticipi l'onnipotenza tua, che manifesta sarà a quelli che ti vedranno persona divina, qui solo creduta per fede e amore, là dove l'amore si respirerà come qui si fa dell'aria? Io credo che avviene quando qui anticipi il tuo perdono, anche se non sempre ne viene completa vittoria per te. E se sempre esso significa amore, ecco questo non può morirti dentro. Sì quando tutto è perduto, resta l'amore! Ora è nozione antica che un male, anche particolare, vero si cura, curando il tutto del corpo, l'essenza sua, la psiche o anima. E quella curi anzitutto col perdono tuo, ridandole la pace, l'amore farà il resto. Ché tutto accade come se tu ripercorra le mille tortuose vie con cui il male ha attuato l'intendimento suo di nuocere a quell'anima, e di annientarlo ti sforzi, quale sia la radicalità dell'offesa sua, e a vincerla riesci, ma non sempre. E poiché ogni azione tua è per amore e ha conseguenze d'amore, quel cuore ne è completamente di nuovo pervaso, e dal male è affrancato, ma se deluso, pur amato, perder sempre più si lascerà nella tristezza fino a morirne, e sarà il fallimento tuo... Ma quand'è che accade e perché non sempre vinci? Tu sempre perdoni, basta una richiesta d'aiuto, quella di chi pentito si sia del male fatto, ma talvolta è solo il perdono umano che permette l'ingresso del tuo bene risanatore, e allora tu hai bisogno di un intermediario, la persona che ne subì oltraggio. E se l'offeso appena dischiude il cuor suo, convinto della necessità urgente del suo perdono, tu entrar puoi anche nell'altro e in tutt'e due “manebis optime”, con le conseguenze sempre benefiche della presenza tua. E come tutte le preziosità d'amore umane date sono all'altro senza pretesa di contraccambio, così è il perdono umano che permette il dono tuo, che del pari elargisci a mani generose, senza nemmeno promessa di ben diversa vita futura. A te basta davvero poco, una lacrima sincera appena e accorri! Tu sei quella che sempre ti doni per amore e il tuo agire spesso misconosciuto, frainteso è talvolta, come qui si sospetta di chi ci offra un po' di bene dal suo celato geloso e non ne pretenda di simile in contraccambio. È un mistero d'amore! Oh quanto diverso dal perdono che qui pur si dà nel nome del figlio tuo, ma con la pretesa della contrizione dichiarata o palese! Ma come l'amore umano spesso non basta e non sa e non può opporsi, più forte il male, e l'altro comunque si perde, così a te accade benché il tutto tentato, e non ti resta che piangerne, quando la malattia di quell'anima, tanto radicata, non meno di quella del corpo che ne fa fragile guscio, vince la tenacia della custodia e cura tue, ecco ancora il manco d'onnipotenza! E ne resti sconfitta e cerchi tu stessa conforto in chi lo attende, o lo pretende da te. E piange una madre ancora o proprio una sposa, cui la vita ha sottratto l'unico bene e tu con quelle. È come morta un'anima ancora, s'è spezzata una vita! Ha vinto ancora la morte, ultima ancella del male, tra indifferenza o silenzio, anche quello di chi si limita a dire una frase scontata, Ma pur buono era!, eppure tutt'intorno c'è come sempre, tanto rumore! Ma se questo può accadere per un male d'adulto che dire di quello che condanna un bambino? Nulla da perdonare a un piccolo, solo amore gli si può dare e tu dalle braccia di una madre tra le tue l'accogli e gli scaldi, com'ella poco prima faceva, il corpicino freddo. E l'amore! Sì, sempre vivo è l'amore, pure sconfitto, ché continua ad amare chi già ha amato, ma passa il tempo e vuole vada dov'esso porta ogni altro umano sospiro... Accadrà?

domenica 3 novembre 2013

Invito alla giustizia







Se tu, madre di queste stelle, che parlano più che donne a cuor giovane, e a me proprio che dalla navicella della mia preghiera, nero il mare dei pensieri che m'assillano anche in notte tutta trapunta, a te ora sospiro smarrendomi nell'incanto loro, mi chiedessi che mi dà tanta dimestichezza con te, sai che ti risponderei? È la fortuna di aver conosciuto qui tue vicarie, che fa il mio vanto. Ma vero certe donne son come stelle in notte serena, ecco par vogliano farsi toccare, dolce illusione, e poi di nuovo si fanno lontane e non le raggiunge che il sogno, forse a significare che come a me par di raggiungerti, più oltre ti fai e richiedi una più profonda conoscenza in un processo che qui appagato non sarà. Ma ti raggiunga almeno la preghiera, come fa con quelle il solo sogno, e con te sia, quello da essa suggerito, di vero puro amore! Ecco ancora l'interesse mio alle icone tue, e se alcune sapide non sono, altre graffiano il cuore. E assai triste è la storia di questa madre intervistata della terra dei fuochi, terra avvelenata, terra tradita. Il piccolo suo malato è, e diventerà a breve tuo. Tale è la dignità di questa donna, giovane e bella nel suo dolore indicibile, che il suo racconto è pacato, senz'odio apparente, ma strazia. Ed è tanto pudica che nel descrivere il male dell'angelo suo, parafrasa con termini medici non tanto la natura di quell'atrocità, ma la sede sua. Un male che devastato gli ha i genitali e ora il coccige ha invaso. Sì, tanto bella è nel dramma suo, che sembri tu scesa dal cielo a ridire il tuo, che, frammentato in mille e mille, si ripete tanto tragico. Sì, ché ti illustri tra noi ecco ancora una madre! La fa tanto grande la compostezza, la dignità sua, che come il cielo si riaccende di mille brillii, fuochi tutti d'amore, come se fossero fiori da cogliere, io nella preghiera mia accorata, li vedo gettati ai piedi suoi, ché più veridica tua icona io non conosco. Ecco ora l'operatore il piccolo ai trastulli suoi intento riprende di sfuggita... Non conoscerà che il sorriso e il calore di questa madre, ma in essi quello delle donne tutte, che avrebbe incontrate, amate, e più ancora i tuoi, tu che ad attenderlo stai tra le stelle. E che dire a chi ha permesso il misfatto? Io so che certi meccanismi richiedono un autocontrollo a feed back, così, credo, questo male, che farà tante simili angosce e lutti. Questi si dicono veri uomini, ché pusillanimi gli altri pensano, e d'onore! Allora se così, facciano loro stessi giustizia di chi prevaricato ha e la terra felice dei fratelli loro ha avvelenato. Pensino a una sposa tra quelle che son tra loro, attanagliata da un destino troppo crudele e quel piccolo come a un figlio loro, ché dalla loro terra oltraggiata è venuto per subito doversene andare e nel dolore! E allora se vero giusti sono, due possibilità avranno. O vicariare il vecchio dio, l'antico della vendetta, o quello che l'ha detronizzato, quello tuo e del figlio tuo, quello del perdono. Ma se così, comunque provvedano a che chi ha tanto nociuto, più non lo possa. E tu madre che i cuori più duri dischiudi, fa breccia in quello di questi capi, lontani da te si son fatti col brutto loro agire, portali al cuore tuo misericordioso, ché se tu perdoni, essi pure lo faranno, da loro stessi iniziando. Occorre perdonarsi e amarsi per poterlo essere da te! E perdono è per te già amore, sono indissolubili! E quel che ti definisce, è da sempre il comportamento tuo, “res ipsa loquitur”!

venerdì 1 novembre 2013

Un ingenuo amore

Tanto m'accora saper la vita tua tutta misera fatta, dolce amica degli anni miei belli e verdi, che supplice in ogni preghiera, in ogni sospiro t'ho messa e pare non bastarmi! Perduta t'ho ora anche nel mare dei ricordi tuoi, chiusa in un mondo fittizio da cui uscir non puoi, impenetrabile ad ogni amore umano, ma non al divino. E allora per lei, la bella di quelle stelle che brillano ancora solo per attenderti e tu non più le guardi, io ti parlo, piano ché il tanto da dirti, ansia non ti faccia. Ricordi l'amore nostro ingenuo, fatto di tanta attesa per un timido sguardo e per un ciao che spesso uscir non voleva, restava dentro dall'emozione trattenuto? Sì, un amore di tanti prologhi, timidi approcci miei di cui certo sorridere benevola tanto dovevi paziente. Davvero eri di me innamorata com'io di te? E come parlo ora e dico qui nella speranza che questi tardivi lai d'amore ti giungano, oso pensar che davvero fosse! E allora ché a me rinunciato hai, ché non hai lottato per me? Ma per me solo il rimprovero, ché io solo responsabile fui dell'epilogo, un triste abbandono di un nostro mondo vagheggiato a due! E io piccola, col visetto tondo un po' di bambina, ti ricordo bella e con quel tuo dire un po' affettato che a me tanto piaceva... E ti dicevo la mia lumachina! Ecco ora dimmi come mi vedevi tu e ricominciamo da questo, e stavolta, ti prego, non dir di no alla mia timidezza! Chi volle, invidioso, che interrompessimo il nostro dire sognante? E io non fui abbastanza forte da non lasciarti sfuggire ad altro amore, che poi per te infelice divenne. Ecco come sarebbe stato con me, un piccolo tenero amore come è tuttora il mio per questa mia piccola donna. E mai abbandonata t'avrei, ma tentato di far anche fragile schermo alla malattia tua chiusa, che vincer non si può. E quando arreso, gridato avrei al cielo da impaurirlo, più che con la disperazione mia. Sì, proprio come per questa mia donna farei, se d'analogo fosse combattuta. Ma io più benevolo ho avuto il destino e spero duri, e proprio di questo piccolo dolce amore vivo. Ma è per esso che ricordarti posso, pace dà a questo mio cuore tormentato, senza che lo schiaccino i rimpianti e avviliscano i rimproveri, e mi sento buono con le cose tutte del nostro mondo incantato, da cui non escludo i ricordi, belli talvolta o amari com'è stata la vicenda nostra. Anzi posso sperare che come questo amore continuerà tra le stelle, lì mi permetterà di ritrovarti, senza che diminuisca l'affetto ad esso dovuto, anzi l'accrescerà come accade di fuoco che s'aggiunge, esaltandolo, ad altro fuoco. Ecco, come se la bella del cielo permetter possa sogni che di altri subiscano la “contaminatio”, se ritrovato m'avrai nel tuo mondo perduto, tu continuerai il tuo sogno, che mi ti vede accanto. E proprio là dov'ella vive, esso andrà a compimento, e sarà in perfetta continuità con quello che fosse davvero qui or ripreso, e, ella lo voglia, senza altri turbamenti, tu felice assorta nei nostri sogni di allora, e io vi sarò ad attenderti per dirtene di nuovi. Questo piccolo amore, che certo ti piacerà, starò ad aspettare ignaro, le stelle e i sospiri contando, e meraviglia, in due verrete! Ché innamorato son di questi occhi suoi vaghi e lei capirà, che buona è e vero forse non vuole che il mio bene, e permetterà, come qui fa che in lei ti veda, che lì dal cuore suo tu esca, tu volendo che accada. Ecco, io altro non so dirti e qui ho solo parole d'amore mancate, in cuore gonfio celate, e questa mia è per ora gelosa che ad altra questo scrigno dischiuda... Ma io dette te le ho, ché se ad una si dicono, per tutte le amate sono, e per te allora, caro tenero piccolo ricordo. Sì intanto così m'accade, ché io, se non per quella del cielo, come raggiungerti non so e per le parole sincere per questa mia donna dette o sospirate. E se la bella fata dei sogni vorrà, sapere ti farà che, puro rimasto l'amore, tu ovunque, da questa mia donna più non ti distinguo, sei. Così tutta nei fiori variopinti, belli tutti in questo chinale e nelle erbe sue, anche esse novelle e odorose nella bella stagione, e nel volo delle farfalle innamorate di tanta bellezza che su essi sostano attratte, e pur nel canto degli uccelli, quelli che a primavera si cercano per gli intendimenti loro d'amore. Ma pure nel vento e nello stormir delle fronde, pur nell'aria tersa o tutta nuvole e nella luce accecante dei giorni belli e nel buio della notte o nell'ombra dove alla verzura, fresca di pioggia, per lunga teoria vanno e poi stanno a brucare, proprio le lumachine. Oh, ricordi le lumachine?