martedì 3 gennaio 2012

Azzarellina

Tempo è di favole!
La maga alle alchimie sue intenta,
distratta ne fu dalla presenza mia,
quando scorto m’ebbe, ché furtivo,
a spiarla da tempo stavo.
Sì, attratto, e bambino ero, da quella strana
donna e incuriosito molto da quel che, piano,
quasi di nascosto, se ne diceva…
Ormai il tempo l’aveva appassita
e piccola era, ma qualcosa
dell’antica bellezza conservava...
e sola, misteriosa, schiva se ne stava,
impegnata in cose strane lì, nella sua
poco più che capanna, al limitare del bosco,
oltre i coltivati. Sì, proprio a macchinare
tra alambicchi, storte e chissà cos’altro,
e tra ragnatele polverose e quasi al buio,
a far filtri, riferiva dei vecchi nostri la fantasia,
sicuro malignando di lei.
Per nulla sorpresa né irata della mia curiosità,
che a tanto m’aveva spinto, mi si avvicinò
piano, cauta a non spaventarmi oltre,
ché desideroso dovevo sembrare di fuggir via.
Ma io né muovermi osavo, né far motto,
stregato dai suoi strani occhi verdi,
immersi in tante rughe.
Sorrise e denti bianchissimi e perfetti,
da far invidia, ne mostrò,
e un po’ stette a guardarmi, e incerta,
dubbiosa mi pareva, ma poi ancora sorrise
e mi invitò dolce a tornare, da solo però,
l’indomani, ché un dono bello e speciale
m’avrebbe fatto. Annuii e fuggii finalmente...
e me ne stetti, nascosto e scosso,
a ripensare alla ben strana vecchia donna,
incerto se ubbidire a quello strano invito.
Mattino già era e pane e lardo,
m’offrì mia madre, pregando di non farmi male
nel mio bighellonare e tornassi per tempo
alla cena, ché al babbo, stanco dopo il lavoro,
non piaceva attendere. Io sgattaiolai verso la campagna,
ma evitare dovetti i coetanei miei e i loro inviti,
a rumorosi, vocianti giochi già intenti.
Aulenti erano e silenziose le fronde e mi rassicurava
quell’aria dolce, di primavera, tra i seminati
e poi il sole, d’aurora senza veli…
Arrivai quasi di corsa per scorciatoie
e piano scostai l’uscio, che semiaperto era,
chiedendo dalla soglia se qualcuno v’era,
e già gli occhi oltre gettando.
E a stento vidi nella penombra,
una piccola bambina, acconciata da donna,
e pareva intenta alle stesse opere
del vecchia signora il giorno prima.
Mi disse che già da tempo m’attendeva,
e io invano tentai di spiegarle
che lì ero, invitato dalla nonna sua.
Ella dolce, ma decisa, per mano
tenendomi, fuori mi accompagnò.
Un circolo mi tracciò tutto intorno,
pregandomi di star cheto e non varcarlo.
Poi cantando, soave, parole incomprensibili
come di strana litania, girò più volte intorno.
E prima gittò petali ai miei piedi,
poi una verghetta trasse dalle numerose vesti sue
e sul capo mi toccò, sempre cantilenando.
Io piccolo mi vidi fare e quella rimpicciolì con me.
Allora, audace, mi strinse e alquante volte mi baciò,
invitandomi a fare di lei allo stesso modo...
e sorrideva intanto e bei denti, proprio come i già visti,
ne mostrava e gli occhi verdi aveva…
Ma già mia madre mi richiamava
dal sonno, in cui oltre non voleva m’attardassi,
e quel sogno vanì, ché già la campana
della scuola i primi rintocchi dava…
Sì, proprio dovevo aver tutto sognato,
e la maga bambina, Azzarellina della bella
storia era, ché quella poesia che ne narrava,
tutta a mente l’insegnante aveva voluto imparassimo,
in quei giorni felici e fortunati dell’infanzia mia.
Io nulla sapevo di certo delle bambine...
e vaghe notizie sull’amore avevo.
Ma una speciale, in un bel sogno,
amato avevo, se quello era l’amore...
Esso voluta l'aveva come la piccola maga della bella storia,
che l’incantesimo sul poeta aveva fatto
per amarlo, in piccola forma, tra erbette e fiori.
E tutta la vita t’ho cercata, piccola maga,
ché l’incantesimo facessi per imprigionarci
d’amore in piccola forma, come nella filastrocca
ai due fortunati accadde.
T’ho trovata?
Oh novella, dolce Azzarellina,
prima che troppo tardi sia, fa l’incantesimo!
Minacciata la storia nostra è qui,
fuggiamo dalle ansie, dai dolori,
dalla vecchiaia che ci insidia l’amore!
Sì toccami sull’occipite con frasca di vermena,
fa che mi veda appena nella nuova forma,
e sotto le stelle su la corolla di un fiore,
lascia t’ami piccoletta fatta, cullati da brezza
dolce e aulente di primavera.
Sì, fuggiamo, fuggiamo da questo mondo
nel nostro sogno meraviglioso,
che tra orrori tanti esso s’è lasciato sfuggire!
 

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