giovedì 5 gennaio 2012

Liberi dalla paura

Quanta paura è qui nel mondo!
Come talvolta gruppi numerosi di pesci gregari,
si vedono subitanei cambiar direzione,
e fianchi argentei ne mostrano, quando
poco prima, se da sopra visti, appena
apparivano e così anche, se vanno a chi li osserva
o ne fuggono; e questo se qualcosa di nocivo
avverte chi, ignorato da chi osserva, guida
il destino dei compagni tutti, o quando, insidiati,
per scampare a un predatore, come un tutt’uno
si muovono, quasi minaccioso unico essere, 
ché talora scoraggi l’aggressività di quello;
e quali ancora stormi di numerosi, vocianti
uccelli vengono dalla campagna romana,
lì tutto il giorno dispersi, e si radunano, 
a cento e cento, per far ritorno insieme,
se talora un falco predarli voglia, alla città,
che più li difenderà dai nemici loro
con i suoi tanti rumori, e vanno ondeggiando,
quasi nube, che or più chiara e poi in scura 
cangia e poi ancora sembra mutare, nel coordinato
volo, forse per intesa con chi di loro lì per lì li guida;
e come ancora i giovani nostri fanno gregge, 
nei frenetici raduni ai preferiti ritmi assordanti,
forse a esorcizzare la loro insicurezza, esasperata
dall’incomprensione degli adulti, che non affatto
li proteggono dai fascinosi pericoli da sballo,
anzi più ne fanno, a dir d’essi, noiosa la vita,
mortificando le aspirazioni loro; ma già quel mondo,
che contestano e che a loro par ostile, si prepara
a farne altrettanto noiosi pedanti adulti,
per annoiare i giovani loro, impauriti
dal dover vivere in questo mondo d’angoscia...,
così noi tutti, gli insicuri qui, quale sia la nostra
epoca di vita, tentiamo di fare con lo stare 
in un gregge, a esorcizzare un pericolo,
allontanare un’angoscia, mitigare un’ansia...
Ma forse, solo illusione di protezione ne riceviamo,
quand’anche con empatia, accetti da quelli, cui
tentiamo di somigliare, e  così vestiamo allo stesso 
modo, facciamo gli stessi gesti, le stesse parole,
senza convinzione, diciamo, per non essere esclusi
e risentirci soli. Ma, anche in una folla amica,
possiamo scoprirci nella solitudine, sebbene
impegnati a non dover pensare, ma di nuovo saremo
soli, nella latebra della coscienza, a dover scegliere,
e nessuno suggerirci potrà. Eppure c’è tanta forza
in noi e potenzialità tutte da scoprire. Quale sarà
l’occasione che ne promuoverà la coscienza?
Credo solo l’incontro con te. E allora cercarti
dobbiamo. Dove, come, quando?
San Tommaso ha detto:
intellectus intelligendo fit omnia.
Perciò capire ciò che è perfetto, buono, bello,
non permetterà forse una più aderente somiglianza
con l’oggetto dell’attenzione nostra? E chi più di te
affascina mente e cuore? E capire, profondarsi
nel mistero tuo, sarà somigliarti... Sì, vero è, coloro
che si assorbono nella contemplazione della bellezza
tua, id fiunt quod vident, con gli occhi della mente
e del cuore. Tu, diversamente, non puoi essere
vista, ma talora miopi son gli occhi,
e te sfocata vedremmo se, pietosa la lente 
per  contemplarti, non fornissi a vederti,
qual sei, bella e desiderabile, e sarà chi 
soccorrerci saprà nell’amore... Solo così,
specchio di te, per altri esser possiamo,
riproducendo in noi quello che contempliamo.
Sì, specchi davanti a te, ché ne vedano,
quello che percepire ancor non sanno.
E non mero fatto intellettuale trasmetteremo,
ma esempio di vita, atteggiamento giusto
e santo di fronte alle cose tutte. E compito
avremo di santificare il mondo, cioè proporlo
all’amore, proporlo come amore...
E noi proprio, gli antichi pusillanimi, i quasi
senza voce, oggi pregni di te, mimi di te,
ché tu, da flebili, astri ci hai reso, tu inter
siderea sublimis!
 E molte sono state le cose della vita nostra 
nell’ombra, che tu vera Igea, vera Panacea,
sanato hai, riscaldato e vivificato, e le cattive,
quelle che l’anima hanno corroso, abbiamo
negletto per te e non gelidi e abominevoli come loro 
diventati siamo. Sì abbiamo visto l’abisso... 
e quell’orrore ci attraeva irresistibile, ma tu,
amorevole, presi da quell’orlo, altrove ci hai condotto,
al caldo dell’amor tuo. Fa allora che, per sempre
rinfrancati dal bene tuo, liberati dalla paura 
di esistere, degli altri, a trasmettere l’amore,
che ci inonda, avviciniamo l’angoscia in questa vera
valle di lagrime in cui tu sola dolcezza sei e vita.
E quando tanto ci avrai donato, attingendo
all’inesauribile tuo cuore, davvero il traboccante
amore vorremo donare, te, il dio, donando,
e allora convincerci potremo che, con noi proprio,
deus stat in synagoga deorum.
Perché tu capaci ci avrai reso e saggi della
sua scienza e amanti dell’amore con che ama,
e splendenti del suo splendore, e animati
della vita sua. Sì tanto farà restarti vicino!
Ego dixi dii estis!
Ma allora ancora chiedermi devo dove, come,
quando trovarti? Fa che il mio abbaglio non sia!
Che suggerirò, se non quello che io di te ho
toccato? Niente è stato facile nella vita mia,
nemmeno l’amore, solo mio, di una vera donna.
Ma in lei t’ho trovata, quando, come, tu hai voluto.
Forse, oltre che sicuro nella madre cara, già
nelle altre eri, in quelle amare, che giurare
m’han fatto di null’altra donna fidarmi 
fuor della madre, ma in quelle vederti 
non ho potuto, troppo ammalato d’orgoglio!
Io scoperta t’ho, quando abbandonato
mi sono a questa, che invitato m’ha per anni 
all’amor suo vero, ché la lente, agli occhi 
miei miopi, è stata per vederti. 
E che dirò agli altri,per invitarli all’esperienza 
mia bella, io, assolutamente inesperto 
dell’ars amandi, forse la banalità che per tutti
c’è una donna? Ma un fiore ho da partecipare,
l’aver visto un assai sfortunato nel corpo suo,
accompagnarsi, nella gioia sua, a una bella,
come molte sono nell’est, e felice donna!
Allora rischierò una banalità, si cominci 
con l’apprezzare per com’è, quella che ci sta 
davanti, c’è molto di bello e buono in ogni
donna, e quello verrà fuori, perché gelosa nasconde
le perle ché talora porci non le calpestino...
Ma occorrerà imparare ad amare e in modo,
oserei dire, esaustivo, tutto includendo di quello
che sta sotto al sole, solo se predisposti
all’amore, lo troveremo! E la scoperta tanto
dolce sarà, da ripagarci dell’attesa!
E io tanto t’ho attesa in quest’amore,
che pur da tanto mi vive accanto!
La vita sia scuola d’amore, ma tu insegnaci
ché insipienti siamo, se solo, dice il tuo
poeta, nel piacer della carne siamo involti.
Tu, che l’amore sei, insegnaci una via breve
per averti, ché vero felice sarà quel cuore,
cui diceris esse!

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