domenica 29 gennaio 2012

Un mattino radioso

E’ bello al mattino, svegliandosi, accorgersi dell’aria che si respira, così fresca e benefica, e ritrovare le cose del consueto e toccarle a riavvertirne la solidità o la cedevolezza, e riscoprire che hanno un colore peculiare e bello, più deciso alla luce novella. E fuori le piante rinverdite già e primi fiori, e già solitari bombi e il tutto indorato all’incanto del sole. Oh quanto vorrei saperne dire una lode! No meglio, un inno cantare a quello del mattino che raggia e tutte le cose soffonde e scalda, a quello che sale superbo e che poi declina e infine vedi scemare colorando di rosso le rare nuvole di questi giorni, per addormentarsi sotto l’orizzonte del nostro mare. E fugge presta innanzi, a occaso, quest’ora dell’alba e io chiamo la donna mia, che levata s’è già da tempo. Venuta, tocco le sue mani e tra i capelli suoi indugio il mio respiro, ma quella sfugge il mio abbraccio, che talora tentato sia a cosa che m’avacci il cuore,che stanco e dalle bizze facili sa, pur avendo desiderio di mille carezze, e m’annuncia che qualcosa di buono, di quello che ella sola sa fare, mi recherà, credo a conforto di più profonde effusioni negate. E così di nuovo so, deluso un po’, che per riaverla tutti i giorni, parole, sorrisi, il suono dolce di quelle, riscoprirla piacevolmente diversa da me eppure a sé uguale, devo ora per ora riconquistarne l’amore. E poi mi lascia andare per una passeggiata ai soliti luoghi. E qui percorro gli stessi sentieri, saluto e scambio parole con le stesse persone e lascio di gioia che l’aria fredda m’inondi. Ma presto dal bosco proprio per quella uscir dovrò a cercare del sole il tepore. E c’è un stradello antico, luminoso tutto, che mena alle polveriere inferiori, da cui il mare pare così vicino da illuderti di poterne carezzare il gioco di luci sulle onde tranquille di questo mattino di bonaccia. E’ un posto in cui sostare un po’, a lasciarsi intristire dalla nostalgia e dai ricordi. E anche questo fa la mia gioia di vivere, ché qui tutte le cose paiono sognare il mio stesso sogno. E la mia fede meglio capisco, certezza nell’essere che si parcella in queste cose tutte e viver d’amore le fa e palpitarne e suggerirne capaci le rende a chi interrogare le può. E io tremo commosso di questa consapevolezza, ché ormai tutte spirituali le so, piene di saggezza e bellezza e ne lodo con voce casta e piana l’esistermi accanto, l’unisono rispondere ai sospiri miei, e certezza ho, ché me ne parlano, d’un luogo al di là dei sogni, tra le stelle. Ma più che un posto è uno stato delle anime che di cercarsi si studiano e ritrovarsi vogliono per rispondere all’amore mancato o continuarlo, magnificandolo, se qui già stato. E quando lì, sarò a innamorarmi ancora e più e più
di chi ricambiato qui me l’ha, riempiendomene il cuore, sì, di questa piccola donna, e di quelle anche che me l’hanno negato, lì ricredute, vinte dall’afflato delle cose, tutte lì ritrovate, cui disattente qui sono state. Ché parlano queste cose tutte una lingua arcana, mormorano e sospirano amore e per loro proprio, e quelle non le sentono o capirle non sanno! Oh quanto da me, una particolare distratta hanno i luccichii di qui, e non volevo! Vero è che d’amor talvolta non si conforta chi pur ne chiede, pur ella raggiungerà quel posto tra le stelle e lì a magnificare il suo amore a chi qui amato ha, s’occuperà, ma, paradosso, a chi qui pur negato l’ha, ne dovrà un po’, e a me proprio! Vero il destino di tutti è l’amore! Sei tu proprio, bella fata dei sogni, regina delle stelle, che centuplichi amore e nascer lo fai anche in duro cuore!

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