giovedì 5 gennaio 2012

Omaggio al beato Jacopone da Todi

Né parola, né scritto può dirlo efficace,
ma l’esperto solo, chi, colpito, ha sopportato
l’estremità del dolore della morte di una parte
minima del cuore suo, pensando la morte algida,
poco più. Ma chi del cuore suo, in un insulto
assai grave, ne ha avuto la rottura, mai è tornato
a parteciparne la radicalità ad empatici amici.
Ed io non oso neppure immaginare il dolore
estremo del cristo, già nelle pene dell’ agonia sua, 
ma so, per certo, che quella radicalità 
ne ha determinato la morte improvvisa. Ché dal lato trafitto sangue e poi acqua uscì. E penso che gli umori suoi, raccolti nel sacco, che racchiude il cuore, dopo la morte, si separarono, la componente più pesante, 
per prima uscì, sedimento descritto sangue,
al colpo di lancia, e poi la liquida, ché sovrastava,
che sembrò acqua... 
E chi ha veduto, ne ha scritto nel vangelo suo,
in testimonianza della veridicità dell’accaduto,
ché lì stava col dono, per lui meraviglioso,
avendo ricevuto te, madre, dalla volontà
del morente e, stupito, se ne inondò con te,
che stavi lacrimosa e straziata ai piedi
di quella  croce, che anche tua sentivi.
Ma non passa giorno che non mi chieda
cosa egli disse, afono nel suo tormento, a te sola.
E ciò m’accade nell’emozione, che sempre
mi dà recitare il lamento tuo, descritto
sublime nell’ineguagliabile preghiera con cui,
il tuo devoto tenta d’entrarti nel cuore,
e noi oranti con lui, ché quelle parole fascinose
nella lingua sacra, speriamo ogni volta siano la chiave,
che al cuore tuo, apra. Stabat mater dolorosa...
io reciterò accorato finché vivo qui con te.
E il figlio tuo morente, afono comunicò
con te, come quando l’uno nell’altra eravate,
e disse: Madre carissima, tu che m’amasti
prima che il mondo fosse, e poi quando
ero informe nel seno tuo e quando, appena
formato in figura umana, vedevo con gli occhi tuoi,
ché i miei al buio erano, mi nutrivo di te, non sentivo
che con le orecchie tue, ché le mie nel silenzio erano,
e respiravo per te, ché tutti i miei organi,
tu preparavi alla vita tra questi uomini,
da te amati, tanto che ne avvertivo l’afflato,
ora, ti prego, nel cuore tuo ascolta ancora il mio.
Tu fiore meraviglioso della femminilità, tra le donne
tutte la prima, la vera che ogni cuore sogna,
tu che acconsentisti a lasciarmi uscire da te,
ché io amassi questi uomini come già tu,
e che andassi al mio sacrificio perché
più li amassi, e tu con me or qui sei, per quelli che sono
sotto al sole e quelli che verranno, ché per tutti 
do la vita, quella donatami in te, che della carne 
tua s’è rivestita, e quella già prima del mondo, 
ché io già in te e tu con me nel padre eri,
e tra noi solo l’amore, come ancora sarà 
e per l’eternità. E già declina questo sole, 
che, presto, s’oscurerà, ma che fulgido rivedrò
a breve... e or più non può riscaldarmi. Io parte
non ho, che non sia dolente..., e la morte il suo freddo
m’ha messo dentro, e te trafigge di spada,
lasciandoti senza me, ma non piangere, non disperarti,
ché ancora un poco e di nuovo con te qui sarò.
O piangi per le cose tutte, che con te s’accorano
e qui sii forte ancora, eroica, come tutti devono
nella fede nel dio dell’umiltà, che per noi
fin qui è voluto scendere fino a ciò che mi accade
e ti addolora, tanto che pensi poco più morte sia.
Spingi gli uomini alla devozione al mio e al tuo
cuore trafitti, così a quel padre, impronunciabile 
santo, che qui ci ha voluti, te madre e io figlio, nel dolore, tanta la sua sete d’amore, oggi finalmente placata,
che l’antica Eva e i figli suoi tutti gli han negato. 
Ma la nostra umanità, sublime in te, tutta, nel pianto 
e nel dolore l’ha estinta, ché da oggi, chi piangerà quanto
ci accade, accenderà per sé di nuova stella quel cielo,
che fatto ho per te, e tanti sono i lumi da accendere
e tu ne sei la gioia di cui ridono! E l’umanità tutta al dio ricondurrai, in ogni epoca, ché l’aspetta... e quanti 
ne nasceranno da te, tanti i posti dal padre mio!
E ti diranno stella del mare, tanta dolcezza 
e speranza di vita sei, in questo immane dolore!
Allora lascia che vada, sono e rimarrò nel tuo cuore. 
Sì, cuore in cuore, cuore per cuore...
Ecco, cuore di cuore, tuo figlio da amare!
Lui saprà proteggerti, or ora lo hai generato
nell’immensità del tuo dolore e, nell’oceano
dell’amarezza tua, anche l’umanità tutta! 
Io ho amato come tu hai amato, non più che tu,
anche se muoio di e per quest’amore, e ben diranno
me redentore, te co-redentrice, ché noi, veri sciamani, 
su noi abbiamo preso la malattia dell’uomo, superbia 
e indifferenza, tu ne sei straziata e io ne muoio!
 Amerò sempre chi tu ami!
Questo forse ti disse, afono...
Poi emise un forte grido, ché il cuore si spezzò,
e  morì...
E io gli grido, dalla mia nullità, da per matrem 
me venire ad palmam victoriae!
Ho amato, ho sofferto, basterà?
E amo questa preghiera e l’autore, quanto 
tu stessa li ami...
E voglio ripeterla accorato..., dirla con la donna mia,
così voglio questo nostro amore appassionato,
lo stesso tuo!
O mater christi carissima,
suscipe depraecationem meam!
O Jesu, dulcis memoria,
dans vera cordis gaudia!
O Jesu, fili Mariae,
misere mei!
O Jesu!

                                          

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