giovedì 12 gennaio 2012

Mostra gli occhi tuoi

Quando per mare s'andava e l'oceano sosteneva dei grandi velieri le rotte, numerose a incrociarsi a tutte le latitudini,
sulla posizione della loro nave molto perplessi e incerti erano quei marinai, perdurando da giorni il cielo coperto, manco di stelle. Non trovo altra metafora a significarti la mia incertezza, ché io ho come la sensazione di non esser più in rotta, così come accadeva ai grandi velieri da apparenti venti amici portati sotto cielo velato. Oggi questo mi fa il vero peccato di credere d'averti, e io non ho riferimenti luminosi amici in cielo, che è buio ora. Temo che la distanza da te vero più si sia fatta e troppa se non mi soccorri, e percorrere tutta la devo in un tempo assai breve, quello che mi resta. Ma nella navigazione antica, quando d'improvviso uno squarcio s'apriva e scorgere si poteva stella conosciuta che a sfavillare stava con le compagne d'una costellazione ben nota, d'intima gioia erano felici quelli della nave, ché la distanza dall'equatore poteva essere determinata dall'altezza sull'orizzonte di più stelle, quattro, nel numero ottimale. Quanto alla distanza dal meridiano fondamentale, sole permettendo al mattino, che confortasse cielo rasserenato, il tempo locale si paragonava a quello del meridiano, che apposito orologio sempre segnava.
Così con buona precisione i marinai dell'epoca conoscevano la posizione del legno loro e la rotta ne correggevano, desiderando l'approdo nel tempo più breve. Ora sotto questo cielo mi hai messo ad attenderti da molto tempo... e il mio sole, l'amore di donna che con me hai voluto, mi conforta e mi dice quanto esso, amore solo umano, si sforzi nell'imitazione del tuo e ne cerca minimo il divario. Io di questo amore vivo! Ma ora è come notte, che improvvisa si sia fatta, e solitari vi brillano gli occhi suoi...Ma io dove sono? Il santo tuo, accorato nella sua preghiera, ha detto che mai a questo mondo s'è inteso che tu lasci derelitto chi ti invoca... E io non lo faccio da mane a sera? Sotto questo cielo, che buio è fatto, vedi la mia navicella sperduta se non perduta e se questi occhi di donna, intensi e dolci, brillano nella notte mia da parermi le sole stelle amiche, sai che non bastano se a quelli gli occhi tuoi non accompagni!
Quattro è il numero di stelle che conoscere farebbero la posizione di questo guscio che la vita sostiene in questo mondo, che come immane oceano sento, tanto tormentata è la psicologia mia. Mostrerai gli occhi tuoi, li aggiungerai a quelli della donna mia, umile e buona come tu sei? Fa che non pensi disperato nel tuo abbandono:I myself am the Heaven and the Hell. No, tu solo sei il mio bene e se non mi soccorri, questo è il mio inferno, ché la rotta corregger non potrò sospinte le vele mie, chissà dove, da questo vento sotto troppo povero cielo!

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