sabato 7 gennaio 2012

Il nome tuo

Oggi su questa costa le prime orchidee di
montagna..., singole nella radura ai bordi
dello stradello, che dalle polveriere antiche
sale alle postazioni, che il nostro porto
difendevano con cannoni minacciosi, che
però inutili furono nell’assedio, che all’unità
dell’Italia frammentata portò. Ora che vi
troneggia una tua bella statua con bambino,

che guarda la città e il bel golfo sereno, è
un luogo di pace, che il cuore invita, se del
buono v’è, alla preghiera, ché tutto è un po’
mistico  qui, con velati rintocchi di campana
che salgono di tanto in tanto dal santuario...

E già le prime rondini, come la Filomela del
mito, mute, a sfrecciare per questo cielo
che, nel tiepido scirocco, oggi di mille
fragranze odora, e qualunque iperbato, che
la semplicità e la musicalità  della lingua
latina imiti, in una frase che scritta fosse,
inutile sarebbe a meglio rendere tanta
bellezza, ché essa è così come è, semplice
quanto unica, e basta venire qui ché se ne
riempiano occhi e cuore! E’ quindi
primavera, la stagione pur bella, che mai
smala però il cuore, se duro è dell’uomo, e
cos’altro lo potrà se indifferenti si può
rimanere a tanto incanto?

E come un bombo va felice alla rara
orchidea, che preparata s’è all’inganno, già
appena dischiusa, con colori e odore,
credendola ben disposta compagna, così nei
rapporti umani, simil cosa può accadere se
ignaro, puro cuore ne cerca uno consimile. E’
buffo, è triste, è grottesco? Ma è quello che
spesso è, qualcosa di questo o tutto a un
tempo! Così incauti innamorati la donna loro
cercano fuori dai sogni, e spesso la realtà
dismaga le illusioni loro, ché niente è più
fragile del rapporto che fondar si vuole sul
bello, da allietar i sensi tutti, se trascurata è
la semplicità e la bontà, ed è duro gli occhi
aprire a una realtà tanto deludente! E talora
l’illusione non solo scema, ma bruscamente
crolla se a un cuore poco degno s’è il proprio affidato...,storie comuni e tristi!

E’ il rischio che un cuore puro pur correre
deve, se trovarti vuole qui, negli occhi d’una
donna. Sì, ben strana pretesa avrebbe
quest’amore umano, se un animo
tormentato dare ad esso volesse un
significato sublime, oltre il bel gioco nel
prologo suo, simile a quello che questi
volatili gai, tutti con diversi canti, a seconda
della specie, significano oggi a primavera.
Ma non escludendo il meraviglioso prologo,
che all’eros conduce, talora pur accade che
il bombo fortunato,  anziché l’orchidea
ingannatrice, nella agognata compagna si
sia imbattuto e allora, fuor di metafora, è
l’amore autentico tra cuori nella
complementarietà loro, che per la vita ed
oltre quel legame spereranno duri...Allora a
siffatti teneri amanti tu puoi svelarti come
veramente sei, e il tuo vero nome dire,
chiamandoli con quello loro, che solo la
tenerezza tua inventar può. Ecco il perché
l’amore umano è talora più complesso di
quello di altri volatili, se vero è che i sogni
d’amore tutti desiderosi uccelli ci rendono, e
che alle sole schermaglie, al bel gioco che
prelude l’accoppiamento, fermarsi talora
non vogliono. Tu sei questo speciale amore
umano, quello scambiato, quello agognato,
quello che ancor più sarà dopo la morte,
nella vita che tu sei! Sì, corre questo tempo,
tutto s’affretta al nome tuo, all’autentico tuo
significare per noi, poveri umani uccelli
nei sogni nostri...

E che sarà di me e di questa compagna
dolce? Noi di te soltanto viviamo! E il mio
nome quale sarà? Oh quanto vorrei che
tutto significasse per lei! Quello che le ho
realizzato, quello che, pur desiderato,
potuto non ho, quello che inutile da me
sempre ha atteso, e la dolcezza, la
tenerezza che darle voluto avrei e che
invece questa vita sempre un po’ ha
mascherato, o negato le ha...,ché altre cure
me ne hanno distratto, mentre il cuore
traboccante per lei sola pur avevo... Oh
quante cose vorrei che il mio nome
significasse per lei sola! E ancora che le
ricordi la dolcezza del nostro stare insieme
nel nostro prologo d’amore, e quel dire,
quel dirci, che mai ci saziava...in quei
tramonti che il nostro mare tranquillo
rosseggiavano, quando l’onda veniva
a frangere piano, quasi non volesse nuocere
alla rena, col suo incessante battere e
ritrarsi, risacca, al sopraggiunger della nuova,
alla riva della spiaggia nostra.
Sì, quei ricordi tutti, noi che
stavamo a guardarci come d’attesa, mentre
le ombre s’allungavano al sole che dormir
voleva, quando nel buio incipiente più non
osavamo parole, ma pensavamo alle timide
effusioni che presto venute sarebbero...Sì,
vorrei che quel tempo passato non le
sembri del tutto trascorso, e che ancora
mi veda nella penombra gli occhi suoi
cercare...Ma poi è veramente passato quel
tempo se tu fai lieta la giovinezza nostra
che in te sola abbiamo? E poi il nome suo
quale mai potrà essere se già bello è, se
tutto significa per me, se tutto m’ha dato e
in niente m’ha deluso? E il tuo da svelarci,
che sarà se super mel et omnia, tua dulcis
praesentia? E il nostro cuore che farà in
tanta gioia? Sì, dolcissimo tu, dicci  il nome
tuo, dicci il nostro! Ma c’è altro nome a
significarci l’amore, più di quel nome che ora viviamo?

Passa il tempo, stagioni, sospiri, illusioni,
tutto come scritto sulla sabbia che la risacca
visita e cancella...Parole muoiono, parole si
rinnovano, solo parole! Verrai mai a dirci
perché tutto questo accade? Qui pace,
languori forse, di là dal mondo il terremoto
ha sconvolto vita e sogni...Finirà il dolore
umano e quello tuo, mio solo dio, quale sia il tuo nome?

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