sabato 7 gennaio 2012

Manda la rugiada tua

Quando il dio qui venne per l’umanità sua,
tanto tempo era passato dal mito del
paradiso, che questa perduto aveva. Mito
che voleva il male, che forse già in nuce era
nella distinzione tra il suo sé e la vita
donata alla creatura sua, accresciuto e
dilagante, dacché essa, con lo svincolarsi
dalla custodia del creatore suo, una sempre
maggiore distanza da lui aveva voluto da
colmare della libertà sua. E questo mito
ancora spiegar potrebbe quella venuta come
intesa a iniziare nel tempo il recupero della
creazione tutta, che l’uomo assoggettato
aveva alla vanità sua. Sì, questo, al male
già presente nella natura ostile, che
frapposta s’era nella distanza scavata, dal
suo dio, altro sempre più ne aveva
aggiunto, entrato nel tempo, compulso dalla
crescente perfidia sua. Sicché per il mito ne
era risultato un abisso vorace e senza fondo
da minacciare per ogni cosa il ritorno al nulla,
da cui il dio tratta l’aveva. Così fu che
egli sacrificarsi per tutti e tutto dovesse,
quasi novello espiante capro, assumendo su
sé la malvagità nelle conseguenze estreme
dell’orrore. E il dio fattosi carne ne morì.
Ora,credo, dietro tutti stia, carco della soma
del male, di quello del tempo suo, che
vittima visto l’ha, di quello fin allora
accaduto e per ogni dove sparso dal pianto
umano e dal dolore di ogni altra creatura, di
quello che pur dovrà accadere finché  lui,
sospingendo tutti a te, ti avrà raggiunto,
ché meta di pace sua sei e dei flebili uomini
tutti. E gli occhi tuoi più della stella guidino
la volontà sua a colmare, nel tempo più
breve, la distanza che gli uomini tanta
hanno interposta dall’amor tuo,
riempiendola della follia dell’egoismo
loro,quante le parole che da sempre
spendono a giustificarla. E non v’è epoca
esente, ché è sempre triste la vita qui,
gravata dall’arroganza, che mai arrendersi
vuole, nemmeno all’evidenza del danno per
tutti, che decisioni insensate producono, e o
mascheralo vuole o negarlo comunque. Così
ora da noi, che già attuammo la follia del
nucleare, tornarvi si vuole. E qui, nella
nostra terra, dove, per la presenza di un
fiume insicuro che spesso esonda, si è già
vista la realizzazione incauta di uno di quei
mostri, che centrali d’energia chiamano,
qualcuno vuole lo stesso errore...Ma forse
che non si veda il versante meridionale dei
nostri Aurunci che al mare s’affaccia, al sole
quasi tutto l’anno? Esso è ormai da secoli
spoglio degli alberi che pur lo rivestivano
nel lontano tempo dei padri nostri romani,
tanto vi ha depredato da allora il vivere
nell’oggi precario, nel buio che seguì la
caduta del loro impero. E lì io vedevo, nella
giovinezza mia, l’aere sempre attoscato di
fiamme e fumo a procacciar novella erba
alle mandrie in transumanza, ma questo
oggi, grazie alla sorveglianza nel parco, non
accade quasi più, e allora perché qui non
sfruttare le potenzialità inesauribili del sole
con cui il dio questa terra ha baciato?
Avremmo al più un danno estetico! 

Spero allora che ancora non sia l’arroganza
e miopia degli sciocchi a prevalere!

Ma sembra che neppure l’immane terremoto
che, nel paese più tecnologico, l’imprevisto
ha fatto accadere, forse farà desistere i
politici dalla follia della caparbietà loro!

E allora vedi, domina, quanto l’agognato
per-dono del figlio tuo invocato è necessario
oggi, ché tanti pericoli ci minacciano! E ben
deve egli sospinger a te questa umanità,
che sempre nientifica il bene e per sé
e le cose tutte l’abisso scava! 

Allora manda la rugiada tua su tanta aridità!
Sì, riga quod est aridum,lava quod est
sordidum, sana quod est saucium, ché c’è
tanto in questo mondo di arido, di sudicio,
di già leso! Fletti la rigidità di coloro cui mai
sfiora il dubbio di poter sbagliare, riscalda
la mancanza voluta di comprensione e di amore
per gli altri, correggi con la dolcezza tua chi ostinatamente devia dalla via del bene comune!
Libera nos a malo!

Nessun commento:

Posta un commento