lunedì 16 gennaio 2012

Sognaci aquile

Chiamano altrove la caduta questa stagione triste, ché foglie tante accumula, e qui per i sentieri e per le vie, ai margini, che tutto traversano questo bosco. Mi piace il loro crepitio sotto i miei passi solitari e vani. Sento che tutto qui celarsi vuole e dormire...Che sognerà? Presto verrà freddo e pioggia anche, e già quella caduta rinverdisce il muschio e qua e là piccoli steli spuntano a raggiunger la luce e il bosco è ormai tutto capolini di leggiadri ciclamini prima venuti che dai bulbi ne spuntino foglie...Tanto è qui che vengo da percepire le minime variazioni della natura nelle cose sue, tutte belle! E' così che ne ricevo la sensazione arcana che ogni sua creatura è un me stesso, sì, io in tutte e loro in me, sono. Sento qui solo, te palpitare e gemere e pregare e attendere me e queste compagne tutte,ansiosa, e qui proprio sento d'amarti in tenerezza e gelosia. Sì, questo mi suggeriscono le piccole creature di qui e mi fanno dire degli altri uomini che caduta è la distinzione delle parole amico, nemico. Tutti qui sento compagni di uno stesso lungo esilio, e in ogni pupilla so che c'è lo stesso sorriso o la stessa nostalgia o la tristezza, ché tu stessa li hai di vederci in angustie tante e poca gioia. Sì, vivere è il supremo anelito delle creature tutte, e in te. Ma io viver non vorrei senza chi con me condivide speranza tanta e poca gioia. E ha caricato sulle sue spallucce gracili la mia pena e me l'ha resa più lieve...Anche ora che qui non è, la guardo negli occhi belli e mi chiedo, la porterò dove vado? Sì, laddove sei o nel baratro del niente, fatti indistinguibili per il cielo o per il nulla, tanto è quest'amore! E io a pensare di perderla, ora mi sento smarrito, non in questo bosco, ma in selva ignota di cose tutte nere, che non è un posto, sta dentro! E si fa notte nel cuore mio, senza lumi e senza echi. E allora per non smarrirla, ora che è lontana, mi fingo di tenerla per mano. E finché sento la sua piccola mano nella mia, ché tante volte l'ho tenuta così, la speranza dell'alba non m'abbandona...E vieni tu al fine, sola nostra luce, e io la stringo cuore a cuore, sogno a sogno, e gli occhi suoi sono i tuoi proprio. E se le braccia ho piene di lei, è te che stringo e non ti lascerò fuggire ancora! E pur verrà vero questo tempo, solo or ora sognato nella mia preghiera muta, a inghiottire la superbia di qui e le parole vane dei saccenti e il luccichio dei loro orpelli e la loro tronfia insipienza delle cose tue. Si, divina, tacciano tutti, parla muta tu sola, fallo per le cose tutte di qui. Guarda, è bella quest'ultima pace, si cheta l'infelicità dell'attesa e scema il dolore delle cose nell'oblio e tutte addormentarsi vogliono tra le braccia tue. Sono stanco, busso alla porta del cuore tuo...Se mai aperto m'hai e detto, ecco, io ho scordato, fallo ora! Sono povero, sono solo. Non è qui la compagna dolce a farmi sognare, altre cure ha e il mio sogno trascura... Prelude ad altro la mia preghiera? E a che potrebbe? E' lei sola il tutto di te che posso avere! E qui murmure ora c'è di sospiri, è la voce delle cose tutte di te innamorate. Verrai per noi, creature tutte sole? Nella cappelletta, detta della solitaria, nella parte antica della città, alla seconda sua porta, l'autore dell'icona, che tutta sola t'espone alla devozione o all'indifferenza, ha aggiunto una tredicesima stella a quelle che ti inghirlandano il capo...Chi sarà mai? Tutti siamo qui, l'uno nell'altro, comune dolore, comune speranza, comune piccolezza... Ecco qui due piccoli tuoi, quella del mio cuore e io stesso. Voglia abbiamo di venirti incontro...Ma tu dove sei? Qui solo lo scricchiolio di foglie morte sotto i miei passi grevi... E daccapo mi prende la tristezza e lo smarrimento nella selva del mio stesso cuore. Ma verrà pur qualcuno a parlare delle solite banalità, stamattina, e di donne! Mi contenterei! Ma io di tutt'altro bisogno avrei, aprirmi al miracolo della natura e vanirvi, essere, e da te, condotto al miracolo della fede e restar sicuro nella speranza sua, e, con la convinzione del cuore fatto puro, postulare il miracolo che tu illusione non sei e attendi me e lei, la sola mia, al di là della superbia del tempo. Oh quanto vano e crasso è il pensare di qui e quanto ora grossolana e povera avverto anche la preghiera mia! Madre, destami da questo sogno da incubo! Trasforma me e la compagna mia in aquile che osano guardare il sole e andar verso la sua luce. Sì, dacci occhi puri da penetrare cielo e inferno, sognaci vanire in te! Che ci facciamo, uccelli per il tuo sogno, ancora in questa forma greve? 

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