giovedì 5 gennaio 2012

Il porto della salvezza

Quando il buon Archita, l’arte di condurre una nave
insegnava, e di politica e di vita anche parlava,
spesso indulgeva su racconti, che sempre
l’attenzione di noi ragazzotti, così amava definirci,
colpivano e la mia, rapita, talora eccitavano.
Così, egli sosteneva, persino nel nostro bel golfo,
se inesperti marinai, a pericoli si può andare incontro.
E talvolta accadeva che, all’epoca dei maestosi
velieri, l’ingresso al nostro antico porto, per il vento
da est, fosse loro impossibile. Allora occorreva star 
alla cappa, a volte per giorni, finché fosse cessato
il nostro “ Garigliano”, gagliardo, come talora spira.
Così il vento sulle vele ridotte, bracciate in modo
da equilibrare spinte contrarie, non permetteva
alla nave, praticamente ferma, che di spostarsi lateralmente, di scarrocciare nel linguaggio
del mare, e poteva allontanarla dalla meta 
di miglia e miglia. E talvolta accadeva che 
il vento radente, lambente l’acqua, vero preoccupasse,
ché di marosi disturbava la nave, che carica di mercanzie,
pericolosamente rollava, e peggio era a nave scarica...
e non restava talora che affidarsi all’olio e pregare...
Prezioso olio veniva custodito, da servire nell’emergenza,
geloso, ché modico versato in acqua, ne assicurava 
calma locale, ma di miglia, ché un velo, così facendo, 
si stende e rende impossibile l’appiglio ai refoli di vento.
Così una calma locale vorrei possibile per il cuore
mio, carico di pensieri tanti, che, nel porto sicuro
dell’amor tuo, tenta l’ingresso tra i marosi 
della tempesta che tutt’intorno s’è fatta, per chi, 
molto o poco, darmi potrebbe, e non l’amaro d’oggi.
Allora a chi, se non a te, chiederò dell’olio prezioso
a proteggermi il cuore tormentato? E san Tommaso
non ti fa dire, in me omnis spes vitae et virtutis?
E non è in pericolo la vita mia dall’assedio al cuore
mio fisico, ché lotta sostiene in un mare ostile,
grosso, come mai, per vento forte, e non sa e non può
difendersi? E ora anche il metaforico soggiace,
in un mare non meno avverso, e non se ne sa, non se
ne può districare... E, come antica nave alla cappa,
se ne sente minacciato e forse perduto, tanto è carico
di tutto ciò che ha considerato geloso possesso,
da stipare nelle latebre sue, per dirti l’amor suo
con mille e mille parole...Ma peggio sarebbe se
ne fosse vuoto, nulla nelle stive sue per te,
ché più improbabile ne sarebbe la sopravvivenza,
come nave a vela, che poteva perdersi, appena in vista
della meta, porto tuo salvo, che sant’ Erasmo,
appena dietro al promontorio nostro, ancora
protegge. E non dice di te sant’ Ireneo, causa
facta est salutis? Sì, che rigeneri salvo ogni uomo?
E allora io ti grido dalla disperazione mia, festina,
festina, ne permittas me separari a te! Non m’hai
nascosto tra le ferite del figlio tuo? E se sì, allora
perché mi sento perduto? E non deve essere per
sempre che la donna cinga di sé, l’uomo suo 
a proteggerlo? Foemina circumdabit virum, dice
la scrittura...e com’è che la donna, che dato m’hai,
e tu stessa, se lei falla, ignorarlo sembrate?
Sì, come tu rinchiudesti il verbo nel seno tuo,
a proteggerne la primissima vita, e poi tra gli uomini
insipienti, tentasti disperatamente di mitigarne 
l’amarezza per l’incomprensione della missione sua,
e poi di preservarlo dalla ferocia degli aguzzini,
così lui stesso ti invitò a un comportamento
simile per ogni uomo, costituendoti madre.
 Vero è, il tuo cuore racchiude ancora
completamente il suo, tanto è l’amore tuo
per lui, e per te nostro anche! Allora lascia che anch’io,
che piccolo mi son fatto, bambino, indovi il mio
nel tuo cuore. Ti sarà più facile, così celato, proteggerlo!
Sì, lascia, cuore mio, che la mia piccola nave, di vele
provate e stanche, raggiunga il porto dell’amor
tuo! Ma, se qui su questo guscio sballottato,
proprio con me vuoi essere, dammi allora dell’olio
prezioso ché io ne calmi l’acque tutt’intorno,
tanta rabbia hanno per noi. O se ora di me
piangi accorata, lascia che una lacrima
dal tuo bel viso, cada su quest’acqua perigliosa!
Ma tu già sorridi dell’ingenuità mia,
e mi fai cenno che in su guardi aprirsi le nuvole,
un raggio dal cielo soccorrerci vuole! E chi può
perdersi se te ha? Sì, si squarciano queste nuvole,
ci indora il sole e si cheta il mare... Di nuovo
la nave mia può avanzare e già solerte equipaggio,
forse d’angeli, spiega tutte le vele, ché capo Orlando
è di nuovo in vista e io grido di gioia!
Presto lo doppieremo e al sicuro porto
del nostro golfo, mitigato, saremo…
Sì, finché gli occhi miei i tuoi guarderanno,
non potrò perdermi o morire!
E già la donna mia mi cerca... e piange ora, perché? 
E’, come or ora nel sogno mio, pur ella di me pietosa?
Di baci il suo dolce volto asciugo... Non è bello, quest’amore, te orante, rifiorito per noi, 
fragili nelle paure nostre?
San Bernardino diceva che nessuna
grazia viene dal cielo, che non passi dalle mani tue!
E chi ho io, se non la fonte di ogni grazia?
Da te viene, per te scorre ogni felicità.
La nostra pure!
 

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