martedì 28 luglio 2015

Il ritorno




Ho sempre pensato di essere al cristo debitore per molti falli e che, non bastandomi il pentimento e il perdono per interposta persona a simile ufficio deputata, ché sempre mi ritorna il ricordo del malfatto e mi grava sul cuore il peso delle mie manchevolezze come lì lì operate, a lui direttamente ne dovrò render conto. Credo che lui perdonarmi vorrà, tanta la sofferenza che mi avrà condotto a dirgliele. Ha fondamento questa mia speranza? Forse le dà consistenza di essere uno che non ha semplicemente creduto alla storia del cristo, ma per fede di più ne ha ritenuto, ché tanto profusa vi ha l’attenzione sua compassionevole, da riviverla. Così io non ho alla vicenda del cristo terreno tramandata semplicemente assistito, come a una sacra rappresentazione su una finta scena rievocante il passato, ma v'ho preso parte, ci sono entrato dentro, tanto sono stato in quel dramma coinvolto. Non sono forse stato uno dei vociferanti che a morte lo si dovesse condurre? E lui morendo non ha perdonato a quella folla? Questo mi dà il diritto che mi sveli e con la mia faccia dalla mia bocca gli spieghi il perché vi presi parte, cioè quale peccatore ero e da quale peccato forza avevo allo scherno, e a farmi sbrigativo giudice di presunte malefatte simili alle mie. Insomma ho perfino odiato, me stesso detestando in segreto e credendo di leggermi sulla faccia del prigioniero. Vicario così facendolo con la colpa, della pena a me dovuta, ché gettato gli ho addosso pure il mio pesante fardello, a lui già gravato della croce. Lo vedevo barcollando procedere per le viuzze cittadine dileggiato da quelli come me e dalla soldataglia che gli gridava che s’affrettasse, come se il supplizio definitivo non potesse attendere, e tra due ladri allo stesso condannati. Così, illudendomi, sentirmi libero. Ma se tutto questo è fondato, dal momento che quell'accaduto non è solo un evento del passato, cioè non è affatto trascorso, ma sempre si rinnova, oltre che nel memoriale eucaristico, anche nell'attualità della vita di ogni credente, cioè non è semplicemente immedesimazione mistica la mia, allora già pentito sarò al suo cospetto al momento della verità. Allora tutti saremo perdonati purché pentiti, essendo a noi fornita oltre all'occasione postuma per esserlo, la capacità, ultimo dono, della comprensione del torto fatto subire al cristo. Ci si pente nell'amarezza di quello che si comprende come peccato, torto al dio. E l'inferno, quello metafisico voglio dire? E' bene rimanga minaccia, perché nessuno avrà pianto abbastanza per scongiurarne il pericolo di cadervi. E nessuno è abbastanza puro per passare indenne per la cruna d'ago, che all'altra vita mena, ad anima nuda, come dice sant'Antonio. Tutto va lasciato in questo mondo di triviali apparenze, anche il buono e il bello fatto a vantaggio di pochi o di molti da persone sante, ma che il cristo certo non scorderà. Allora io penso al cristo, che perdonare dovrà. Io come moltissimi sono al cospetto suo, tremante, e lui, che è stato invisibile presente nella persona che io ho offeso quaggiù, rivive l'ingiuria o il danno o cos'altro di brutto gli avrò fatto. E allora credo che sia proprio vero, tutto si riconcilia al dio per la sofferenza rinnovata del suo cristo. E' stata duemila anni fa, è stata attualizzata da me nella mia disgraziata vicenda di misero peccatore con la sofferenza, ingiusta sempre, dell'ingiuriato, è da lui rivissuta nel momento del mio perdono, ché l'offesa proprio a lui fu recata. Questi quand'era in questa vita con destino tragico che lo portò alla croce, anche del mio peccato morì. Ma ne fu ridestato dallo spirito del dio che vi risoffiò la vita, lo stesso che richiamerà ciascuno dai luoghi in cui saranno dispersi i resti miei e di ogni altro dall'incuria umana. Così egli ha anticipato nella sua morte la resurrezione di tutti, che sarà completa, linda tornata l'anima dopo il perdono anche postumo. Ecco con queste convinzioni arreso mi sono completamente al cristo e già da ora la mia vita e quella della compagna, gentile di cuore, ho messo nelle mani della madre sua, ché garante sia del destino nostro là dove col figlio suo vive. Facciano tutti di simile, ché dolce assai e buona è la madre nostra, lascia alle nostre richieste una scia odorosa di fiori di primavera tra i suoi sì, che per chi ama sono tanti! Perché avrei scritto di quel che penso a tutti dovrà accadere? Io non ho lo scopo di mettermi in mostra scrivendo di me e di altri cose ben misere o anche edificanti, più o meno originali, ma di confortare. E lo faccio da sprovveduto, disarmato di fronte al male qui imperante, per altri sprovveduti. Nessuno alla leggera minacci l'inferno a chi vive già questo mondo malvagio con orrore, quella bocca orrenda potrebbe aprirsi e prendere lui per primo! Io sarò felice se convincerò che tutti sono candidati alla vita col cristo e la madre sua dolce. Cerchiamo di evitare il peccato che ce ne allontana e renderà più disagevole e contorta la strada del ritorno!




domenica 26 luglio 2015

Cuori aggiunti a cuore



Tanto brillano gli occhi tuoi nel buio sotto questo cielo di mille e mille fiammelle, che distrarmene più non me ne vorrei, ché mi si slarga il cuore, e ne vivo come in sogno, quello del ragazzo che ancora vorrei essere, riconoscente a chi ogni innamorato protegge, dell’oscurità sopraggiunta, e tu la mia prima e unica fortuna, cui dire le favole mie da cuor che ne trabocca in attesa che spontanee ne vengano desiderate tenerezze! Allora se tento di stringerti e trattenerti non ti meravigliare. Anche se la vita è corsa in avanti, inutili i tentativi di trattenerla, facciamo ora in innocente tenerezza quello che ripetere potremo tra le stelle, con l’assenso compiacente della fata che là eletti ci avrà e qui pronuba d’amore è stata, che nato, più non si è spento. Eppure qui quanti contrasti, quante prove, quante lacrime, tue, prima che anche mie le facessi, ché ogni cosa finiamo con lo spartire da sempre! Tu ora che fai? Fai come fa falena, attratta dalla luce e respinta dal calore di un lume. E come? Se quella è saggia, e quanto in materia d’amore anche tu poco sei, capirà e volerà via, ma non vi sono che stelle troppo lontane che non si raggiungono che solo col desiderio, e tu lo potresti e non vi indugi! E allora quella torna alla luce sua di qui e tu alle tue illusioni. Ma presto tanta passione le ali le brucerà e misera e negletta giacerà chiedendosi il perché di quell'epilogo triste. Ignara, ha in verità troppo amato. Così tu alla fiamma del nostro amore finita sei, ma io raccolta t’ho e non ho permesso che ne morissi. Così tu più che farfalla senz'ali sei ora per me angelo, che le sue ha dovuto perdere troppo avvicinatosi a un amore, sì forse bello e attraente, ma solo umano, che le ali sue ha bruciate, per eccesso nella risposta dell’altro, da non parergli mai adeguata, per suo egoismo, che fa la miseria d’un amore di qui. Ecco, è questa la mia favola di stasera e, se piaciuta, spero ti predisponga all'accoglienza di richieste da questo cuore innamorato, che si crede di ragazzo ancora, e forse davvero lo è rimasto nonostante le tante amarezze e delusioni, e pretende l’epilogo d’amore, che nostro fu per la prima volta, forse proprio in una notte a questa simile, di mille e mille intermittenti fiammelle. E non ti deluderò, ché so che il cuore tuo un’attesa simile alla mia ha. Ma se poco accadrà nella concretezza, completiamolo con quel tanto che invece offrono i sogni. Tanti d’amore ci sono stati e ci sono, che uno comune, che gratifichi entrambi, troveremo! Sì, provvidi sono i sogni e noi mai li lasceremo cadere, anzi anticipando il più bello, proveremo ad entrare nel desiderio della bella signora che tra le lucciole sue ci vuole, innamorata del nostro amore. E sai chi avalla questa possibilità? L’amore appunto! Il nostro proprio! Allora chiudi gli occhi, forse staserà proprio, i nostri cuori al suo aggiungerà, sorpresi abbracciati! Ascolta! Cuori innamorati cantano lontani e assai simile sarà canzone d’altri innamorati domani e così in mille altre sere a questa simili. Sai che dicono parole tanto diverse, ma che a noi con la stessa passione giungono sussurrate, anzi sospirate? L’amore pur piccolo e appena bastevole a cuori tanto innamorati di qui, garante è di ciò che non muore più, che? La vita, quella che tra le stelle proprio esso farà come la loro, anzi più ancora, poiché la bella del luogo al suo l’aggiungerà, la farà eterna!

venerdì 24 luglio 2015

Matelda
















Tanto ho dentro di sempre taciuto e di bello pure, che dir non so, come paura abbia di condividerlo! Anche se ambivalente è certo che io lamenti di non sapere o poterlo fare, perché vorrei sì esprimerli nella mia vanità d'essere ascoltato e stupire, almeno quello che v'ho di bello, ma anche temo che, sforzandomi a trovarne il modo delle parole adeguate, male lo renda a pure attente, indulgenti e perciò pronte a scusarmi orecchie. Pur a tentar ora sono spinto, che l'anima affannata ne avrà sicuro diletto, che spero contagi. Quando vecchi, o se così il cuore prematuramente, dopo la lunga lotta della vita, si sente, molti ricordi affollano la mente e sono pure di sogni e chimere. Così passeggiate in luoghi solatii, di erbe e fiori in primavera lì lì sortiti, con compagna dolce, timida all'apparenza un po', o al tramonto quando ombre s'apprestano maliziose, complici del desiderio di stringer la bella, all'apparir delle prime stelle, sono del mio tempo di ragazzo, lontane. Eppure quanto ancora vivide! Oh quanto ho creduto d'amare e quanto illuso mi sono che sentimento assai simile fosse dell'altra, e disilluso quasi sempre ne sono restato! Io potrei dir così, Le donne tutte sono mistero, ché nemmeno questa piccola donna, mia da sempre, riesco a leggere nel cuore e negli occhi suoi amorosi quasi sempre o severi! E della bella del cielo che dire? Non la conosco che per enigmi. Ma tanto ho desiderato sognarla, che è accaduto più volte, ma perplesso in quei vissuti sono restato. Ma benché tutti un po' simili, uno assai bello voglio rivedere nel ricordo. Ella v'è giovane e bella, e come una Matelda la vedo andare, ma in bianco serpiginoso stradello salir su verso di me, e coglier fiori e scegliere certo i più belli prima di raccoglierli sul seno. È bianco vestita come signora di tempi andati, lunga la veste, ma all'apparenza anche quasi diafana in volto come a dirmi che d'altro mondo venga, eppure io tutta la rivedo nell'armoniosa figura sua farmisi incontro distratta nell'ufficio suo e come amorosa armonia dolce sussurrare. E neri gli occhi e i capelli suoi da farmi incanto. E poche le parole scambiate, ma molte le taciute eppure dette da cuore a cuore, dopo la manifesta meraviglia di trovarmi lì ad aspettarla, ma sorrisi anche, ammiccamenti d'intesa perfino, più che per l'espresso, per il trattenuto a stento, ma intuito. Io ora più non la sogno, perché forse vuole che sua icona viva ne sia la mia piccola donna che m'ha dato e vuole che la ami per lei, dopo la promessa che sempre amata l'avrei, fatta nel mio sogno e ripetuta in altri. Sì, le dissi forse così, Tanta la gioia nel mio petto che son certo di essere così innamorato che sempre lo sarò! E lei lì volle che la baciassi a suggellarne il patto e io, il cuore in tumulto, lo feci sfiorando le piccole labbra sue che, dischiuse appena, attendevano piccolo bacio. Così di simile ho baciato appena, ma teneramente, donna vero amata! Sono solo sogni da vecchio ricordati, mi sono sempre ripetuto, ma ora in questo mondo che col mal suo spezza nella noia o nel dolore ogni tenero amore, mi ritengo fortunato ché tra le braccia non stringa l'evanescente sublime donna dei sogni, che più non vogliono tornare, ma una sua concretezza. E cerco di serbare le sue parole dolci o amare che siano, perché sono certo d'amore sempre e anche vengono, penso, dalla nostalgia sospirosa della bella del cielo. Oh quanto tornar vorrei ragazzo e credere alle favole, ché questa mia storia, che coinvolto ha la certo più bella del cielo, sa di recitato per ignari bambini e così vorrei essere rimasto, perduta la madre e un primissimo amore! Ma son dovuto crescere. Tutto mi saprebbe d'amaro se questa mia non l'addolcisse della presenza sua di quello che fa e sa dirmi. Sopporta perfino che in lei altra cerchi e che talvolta abbia illusione di trovarcela! Ma che la bella del cielo ella esprima, forse le fa lusinga o ne resta perplessa, perché vecchio deluso mi sa, forse innamorato dell'impossibile, e mi vede fare come fa vecchio lume che manda suoi guizzi di luce, come tema di spegnersi. E io son così, uno che in pochi attimi condensar vuole una vita d'amore. Sì, questo m'accade con la bella del cielo e l'ho daccapo vicina. È questa compagna , senz'altro, è in un giorno tra erbe novelle e freschi fiori di prima estate, pure. È in notte incantata di mille e mille brillii, sì ancora. È qui e là, anche nelle cose piccole e insignificanti, ma or ora scoperte, ché lor do osservazione adeguata, voglioso che alcuna sfugga allo stupore mio. Sì, è in tutto, e tutto mi fa meraviglia e amo, ché mi fa speranza di rivederla come Dante vide Matelda andar per una landa cogliendo fior da fiore. Sì, perché se questi occhi hanno visto il bello tra troppe brutture e se assaporato hanno l'amore che donna innamorata sa dare, il bello c'è e l'amore, forse racchiusi in cuore di donna del cielo, che un po' se ne lascia sfuggire e cadere su questa assetata terra. È proprio quella sognata, che sta da molto attendendo, forse solo mia dolce illusione, un piccolo ma irrinunciabile uomo, oltre le scure apparenze e follie di quaggiù.

martedì 21 luglio 2015

Una favola nell'oggi


Oggi una favola a questo mio cuore raccontar voglio. Non a quello che ho dentro, che già la sa, ma a quello che accanto ho, paziente e attento a ogni sussulto dell'altro. Forse a questa mia donna piacerà e le farà tenerezza, che, se innamorata, ha come di bambino il cuore. Tutte le favole hanno una morale e questa pure, mai si lasci solo un amore, non v'è solitudine più triste! Questa mia non inizia con, c'era una volta, perché son d'oggi i protagonisti suoi. Ecco immagina, a lei dico, ombre lunghe annunciare la sera, che s'appresta desiderata, sì, tutti, uomini e lor animali e piante e cose sembra l'aspettino, ché si spenga di un altro giorno con la luce, tra questi vissuti, l'affanno loro. Perché questo? Se anche fosse sensazione solo del nostro protagonista, che vivendo, assai ne lamenta la fatica, a cose che gli sono, anche solo muti testimoni, l'estenderebbe coinvolgendole tutte. Sì, pensiamo vero lo faccia. Solo così assopirsi può, sapendo che tutto ne partecipa noia e dolore, nell'attesa del ritorno, ormai improbabile, della gioia sognata ragazzo o poco più, intravista, e poi sfuggita. Ma nel segreto del cuore ora ne teme perfino il ripresentarsi della speranza, ché daccapo deluso ne potrebbe ancora restare o, incontenibile, proprio dal cuore venir fuori la felicità e sulle cose riversarsi, che assetate egli ha mantenute tanto da temere ne venga rapita! Sì, è davvero triste quest'uomo solo, e proprio tutto quel che gli vive accanto deve aver intristito che perfino della mediocrità di quanto gli accade ha fatto, paradosso, una ragione per restare, ché aspetta e teme a un tempo, un giorno assai diverso. Non che la luce gioconda in cielo terso non venga a ridere, indifferente a quanto gli accade, il sole non risvegliatosi addirittura, o che, più consona al suo sentire, soffusa non appaia almeno dietro a nubi minacciose, ma che le cose, che nel buio ha sentito stranamente sussurrare stanotte, gli corrano incontro tutt'altro che malinconiche o addirittura ridendo di lor facezie e chiedendogli insistenti a loro d'unirsi. E perché dovrebbero comportarsi così fuori dell'abituale noia? Annunciano a lui incredulo, che sulla strada bianca, stanca la ragazzina d'un tempo ritorna e chiede ai pochi in cui s'imbatte, ma più spesso agli alberi e alle cose che ala le fanno, Sapete dell'amor mio? E quelli, Un poco ristai ché fretta non hai, tanto il tempo trascorso a cercarlo! Ma a quell'invito, pur suadente, ella non cede ché intuisce che assai poco manca all'incontro dai palpiti del suo cuore, che in petto le fanno tumulto. Anzi ora corre e il nome dell'amato suo affida al vento, che veloce a lui porti il richiamo del suo cuore...E quello lo fa e lui dapprima frastornato è restato incredulo, immobile, senza osare nemmeno guardare lo stradello di tanta attesa sospirosa. Ora ridestato dalla meraviglia che proprio a lui il tanto desiderato stia per accadere, accorre e la vede e le braccia sue distende ad accoglierla. E' daccapo l'amore! E ora spero, dico a questa donna, che tu capito abbia questa breve storia, siamo noi quei due, le preciso, ché l'un verso l'altro corriamo da sempre! Non capisco, ella perplessa mi chiede, e non sono da sempre con te, fin da quasi ancora bambina? E io le replico, questo cuore è già nel posto delle stelle. Là tanto il bene e l'amore, che il luogo e quei fortunati di lassù ispirano, che la lontananza dal proprio piccolo bene, se poco anche duri, nel tempo è lunga come mille anni e soffrire fa. Ed è allora che s'intenerisce e vuole che tra le braccia mie ancora l'abbia...

lunedì 20 luglio 2015

L’amore di qua e di là



Quando dall’altra parte, ovunque sia, la vita promessa vivremo, a quella chiamati dopo il perdono divino, ricorderemo i fatti di qui come accaduti in un sogno. Saremmo forse stati poco solerti a viverli pienamente, stretti dal male, e pigri nel sollecitare il bene, tutto il possibile, ma tutto apparirà vago, come immerso in una nebbia, ché dalle cose brutte di qui ci saremo definitivamente affrancati. E le belle di qui, e tante altre novelle, forse di vivere nella completezza ci sarà concesso. Così, tanto m’è dolce sperarlo che ritrovarvi vorrei questo piccolo amore! E con i nostri ricordi! E affinché lacunosi non le sembrino pregherei la bella che là regna e ha protetto l’amore nostro, non solo di riviverlo nella pienezza che il luogo consente, ma di ritornare in un sogno comune in questo mondo per dirle le parole mancate e le carezze ridonarle, allora trascurate, o altre effusioni desiderate, ma negate. Oh potessi di simile sanare tutte le numerose manchevolezze mie verso le poche donne della mia vita! Allora io comincerei da mia madre, che forse abbastanza non ho protetto dall’ira con cui talvolta qui s’esprime il male. E poi le altre cui chiedere perdono dovrei per non essere stato secondo le giuste aspettative loro. Sì, spesso qui le donne vogliono il meglio di quanto loro venga offerto o proposto, e io nelle mie prime esperienze mi sono portato dietro i problemi della mia infanzia infelice e questo ha compromesso forse l’armonia dello stare insieme e il vaglio lor severo non ho superato… E un po’ o tanto li porto pure ora, ché certe cose mai si dimenticano, ma questa mia donna peso loro non dà. Ecco va via questa vita, il fiorellini che la corolla han disteso al primo sole ora richiuderla rattrappita vogliono e lunghe ombre distendono, ché, stanco il sole, addormentarsi vuole e loro con lui e io con loro. Ma poi sempre qui mi ritrovo, trascorso è solo un altro giorno. Ecco sto qui, dolce la compagna, tutto il giorno accompagnati dal frinire delle cicale in un’afa soffocante e tra poco i grilli verranno e faranno sonore le nostre notti, l’unica lor nota stridula ripetendo ossessiva. Ora questa donna accanto mi dorme e serena è dopo tanto avvicendarsi alle richieste di casa e orto. Io dormir non posso, ho il cuore in tumulto. Non la sveglierò, ma domani le dirò di aver pensato al nostro futuro tra le stelle e che la bella, che brillare per noi le fa, forse ci consentirebbe, richiesta, di ritornare qui come in un sogno a completare ciò che umanamente manca a quest'amore. E le dirò, Dimmi che senti di più manchevole e vi rimedierò subito! E lei spallucce farà, come dire che non son cose importanti o così non ne ricorda. Ma daccapo è ora notte, una che rara s’annuncia tranquilla, e le dico, Ascolta, dei grilli non c’è ancora lor musica insistente da far noia, ma avvertire puoi un brusio diffuso come se tutte le cose ci dicano, Amatevi! E non dovremmo tentarne la completezza anche con ciò che fisicamente è dolce e bello, sebbene l’età non l’incoraggi? E lei a me fattasi più vicina, sorride maliziosa, e sussurra, Ma i nostri cuori sì!

domenica 19 luglio 2015

Occhi di donna


Perché se tutto questo è sogno, e che così me lo dicono questi occhi di donna che teneri sempre accolgono i miei, io dentro sempre mi ci risveglio? Perché nonostante la dolcezza di un piccolo amore scopro di stare in una condizione affannosa e stringere mi sento dagli altri, cose, uomini e lor fatti e parole, e soffocare? Perché devo proprio accettar questo vissuto, che pure ha del bello, in cui sempre mi ritrovo come in una realtà angusta, perché sempre simile a sé si ripresenta a serrarmi, che nemmeno l’immaginazione slarga, ma solo il nero di questi occhi di donna? Ma essi che suggeriscono, se uno vi si abbandona lasciandosene cullare? Che forse c’è dell’altro oltre le stelle? Ma benché tutto bello e buono lo si congetturi, è possibilità che non fa ora conforto, non quanto la presenza loro, di quegli occhi che, innamorando, ne fan nascere la speranza. Ed è proprio di donna svelare e velare il sublime cui invita, liberare lo spirito e trattenere il cuore, ché da lei non fugga. Allora dico a questo piccolo amore, che tanto mi libera e mi lega, ingiusta però, ché se fuggir voglio alle stelle non è senza lei, Ascolta s’è fatto così silenzio in questo buio incipiente che sentir potresti il respiro della terra! Ed ella, Ma a me pare di più, che le cose tutte, non più carezzate dalla luce, paura abbiano di star sole e se ne lamentino… Tu cogli il vero, osservo, ché parlano queste cose di prima sera sotto a sparute stelle, dicono sì di loro e di lor condizione, ma anche la storia di noi uomini, esse i testimoni di ogni lor accaduto, raccontano. Una storia di poveri sogni, i soli che, se anche delusi, gran danno non fanno, ché altri se ne presentano e vi suppliscono più vividi, più verosimili, almeno finché un brutto sogno si faccia nel sogno. È assaporare l’amaro del male, in sì un brutto, ma pur sempre sogno, se occhi di donna innamorati ne confortano lo smarrimento. E io so che subito svegliarsene non è possibile, anche se donna insistente chiami col nome che la sua tenerezza abbia inventato e nemmeno sapere che occhi simili ai tuoi sorriderebbero al risveglio. Io questo ho vissuto bambino e gli occhi e la voce, quelli di mia madre. E poi d’analogo con le donne, che pur mie s’erano dette, al loro abbandono e niente a risvegliarmi, né melliflua voce, né dolce nomignolo che donna innamorata avesse inventato. Ma poi venuta sei tu e il mio bel sogno con te continua, e riprende dopo brevi duri apparenti risvegli a questa realtà, ma sempre confortati dalle tue due piccole stelle briose in tanto buio, perciò come in cattivi sogni svanenti in ben altro sogno. Ecco, ora c’è armonia, c’è dolce accordo in tutte le cose in loro piacevole brusio, sì, fanno sinfonia, e invitano, sotto a stelle, molto più numerose e brillanti, a ballare lenta una danza. Allora chiudi gli occhi e lascia ti conduca in questo ballo dolce, e sorridi reclinando il tuo bel capo sulla mia spalla, e sogna con me di non risvegliarci più!

mercoledì 15 luglio 2015

Maria ha nome il mio sogno


Prigioniero sono degli occhi tuoi belli, che in questa tua icona tu pudicamente avvalli. Non rende questa la bellezza loro, né del volto, né della persona tutta, a me che vista t'ho in sogni anticipatori, spero, del mio destino, tu garante. Ma anche la sognata non è che imperfetta icona, come lo sono quelle di Raffaello, Michelangelo e di frate Angelico, ché c'è pur sempre un divario incolmabile tra la realtà inaccessibile ad occhio mortale e l'immaginato. E fin qui so bene cosa ho fatto, ho iniziato con la lusinga, tipico di ogni maschio innamorato che tenta approccio alla bella sua. Ma pure le donne di qui ben altro s'aspettano da chi le sospira, vogliono capire se fa proprio sincero incanto l'affermata unicità e la preziosità della loro persona. Ma tu leggi il mio cuore e ne sai la verità . Allora tento con te un approccio diverso, anche se alla bellezza tua tornare il cuore vuole. Sant'Atanasio afferma che il figlio tuo fu generato dal padre prima che il tempo fosse e da te nella carne, di cui dono gli hai fatto, che conserva da quando, dopo la morte, lo spirito divino lo ridestò restituendotelo. Allora io, che ti appartengo, anche se chiamato alla vita di qui da altra madre, spero in un destino analogo, che, ridestato, tra le braccia tue mi ritrovi. Io non oso pretenderlo dalla figura che ti vicaria visitando i miei sogni, ché temo, toccandola, che svanisca, ché già quasi diafana è, ma quando sarò realmente a te vicino, fa quello che madre fa, è questo il mio sogno! Io di te altro non so, ma so che vedere appena te è intravvedere tuo figlio, il dio. E capire appena di te è capire un po' del dio, ora e dopo, da una mente che, come la mia, sarà limitata anche nella ulteriore capacità donata. Ma fin da ora essa congettura che se il dio ha scelto te come sua manifestazione, non vuole essere capito che nel cuore, nell'amore, e tu qui parli con la bellezza tua sognata. E sognarla coglie il vero, quello che qui quasi mai è, specchio dell'anima è la bellezza esteriore, e tanto bella t'avverte cuore innamorato, come qui e di là nessuna! Nient'altro ha la stessa importanza, sarò nel dio se sondare col mio amore ne potrò, un po' almeno, il cuore, il tuo stesso, che il mio accoglierà. Sì, sei tu il cuore e l'amore del dio! Capirò allora quanto m'è stato vicino il figlio tuo già qui, terra in cui molti piangono, e che fin da bambino tu al cuore m'hai stretto e baciato le mie lacrime. Sì, mai capirò le ragioni del dio, le potranno forse un po' capire le menti già qui sublimi, così quella che egli tutti vuole oltre, ma attraverso una cruna, quella del male di qui, per la quale, sant'Antonio lo dice, a stento passa l'anima nuda, lasciato al di qua il fardello dei peccati e dei presunti meriti. Ma la mia passerà fremente d'amore! Sì, io di lui non so che per te, così già lo amo e molto, sì proprio innamorato di quell'amore che tu di lui svelarmi vuoi, ché pure io ti amo anche per quello che questa mia piccola donna significa di te. E poco importa se dovrò essere perdonato dei falli miei per vederti, sa attendere l'amore!

lunedì 13 luglio 2015

Il dio, il cristo



Ma il dio chi è e c’è qui ora? Io arriverò a rispondermi, Egli è persona, cioè un io che esiste di per sé, senza dipendenza da alcuna cosa o fatto o individuo e qui è colui al quale ognuno è prossimo, cioè raggiungibile dal suo amore. Intanto se egli ama qualcuno per me, e io ne ho coscienza in qualche modo, non resistendo all’impulso di essere per l’altro, il mio compito è quello di aiutare, quelli che raggiungo, ad amare anch’essi allo stesso modo. Così diffondendo l’amore anche se per i più resterà solo umano, di persona buona verso chi è nella necessità d’aiuto. E il processo viene reiterato dalla venuta del cristo e sta coprendo l’umanità tutta, ché diventi come un sol individuo consapevole di un amore che è diverso dal sentire di ogni singolo, che in una comunità d’amanti stia, ma proprio perché abbraccia tutti, è più che umano, è del dio, cioè di uno che non ama molti uomini, ma l’umanità intera e la sente come un altro da sé, cui dare amore per una risposta d’amore. Il dio è uno che ama, ma per raggiungere ogni amato necessità di tutti quelli che l’amore loro, apparentemente solo umano, diffondono, affinché non tanto il singolo coscienza ne abbia, ma la collettività dei tutti amati. Così il cristo fondò la sua comunità d’amanti amati e la intese come suo stesso corpo, animato dal suo stesso spirito divino, affinché riamasse il padre suo, come lui stesso, morto per tutti, l’amava. E come l’amore unisce non solo il singolo al dio, ma la comunità del cristo, fatta oggi di quanti sperano nell’amore diffuso all’umanità tutta, così l’umanità amata, tutta coesa dovrà diventare difronte al male imperante e distruggerlo. Ma la tragedia dell’amore è che il processo espansivo mai sembra completarsi e col trascorrere del tempo, nuovi soggetti, nuovo male s’aggiunge e quello che c’era si rafforza! Ora il male indubbio c’è, l’ambientale ostile e quello che deriva dalla volontà perversa dell’uomo di nuocere ad altri. L’amore che contrastare vuole il perdurante successo del male, perciò volontà apparentemente ancora perdente, c’è pure, e non è solo umano, perché persiste, non s’arrende e rinnova la sua fiducia di finale vittoria. Allora del dio che so di sicuro? È qui tra noi l’individuo, la persona, che ama per me e per quelli come me, che sentono in se stessi impulso irresistibile ad amare tutti. E non importa se così facciamo del dio un’illustrazione patetica, ché è pur sempre doloroso scoprire che c’è un ampio divario tra il poco realizzato e quello, molto di più, che l’amore farebbe se più forza avesse, ma pur fiducia abbiamo che il cristo, presente anche se inapparente, colmerà lo iato e intanto guidi, promuova, voglia il nostro agire affannoso per il bene, e che attraverso noi sconfiggerà ogni male, sì questa è la speranza del fedele al cristo del dio. Perciò è il fedele che lega del dio la volontà a sostenerlo nonostante la penosa scarsità di successo personale. Insomma il dio resta nella lotta se io e gli altri tutti continuiamo la nostra, egli sta qui anche per me, per quello che proprio io faccio! Ed io, vinto da questo amore contagiante, rinuncio alla curiosità di congetture su che egli farebbe se tutti ci arrendessimo al male e come egli potrebbe realizzare la fine di questo mondo, se questo non significa distruggerlo, a questo intento basta l’uomo, ma farne un ambiente redento, spirituale, che accolga il trionfo dell’amore. Allora il dio qui non è senza l’uomo, è per lui, è questi che lo sostiene o lo abbatte, tradendolo. Al dio per star qui serve ogni singolo uomo, io anche! È un privilegio che il singolo sappia di essere amato da lui attraverso un povero amore umano, di una piccola donna per me, ma quando la comunità avrà coscienza di essere un solo individuo amato, saprà che quest’amore non le viene da ogni singolo suo membro, ma da fuori, da uno che già l’amava da oltre le sue stelle prima che il tempo fosse!

sabato 11 luglio 2015

Amare divinamente



Quando la sera viene e il sole gli ultimi rossi bagliori a occaso spande, mentre ad orto tenui stelle già appaiono, mi dico, Ecco un giorno va e una notte di stelle s’appresta. Com’è per ora serena la vita al suo termine ed è dolce sorpresa a sera sentirsi innamorato e non delle sole stelle! Perché richiamano dolcezze le cose belle tanto prima trascurate? E occhi di donna incanto mi fanno? Sì, sono quelli della donna mia, assetati d’amore ancora. Ci porti insieme alle sue stelle quel re che vi regna! Cercato l’ho nella religione dell’amore verso tutti e della fedeltà... e lui mi dirà, Sei stato tanto tempo con me senza riconoscermi! Non so dov’altro cercare, se non in questi occhi che mi guardano sempre innamorati e tanto mi ci profondo da smarrirmi. Ma mistero sono di donna e impenetrabile. Allora ben posso dirli immagine del dio, per me mistero, e suoi messaggeri, cui devo ascolto anche senza comprendere, e suo amore, sua volontà d’avermi per sé solo, più chiari questi ultimi messaggi, ché questa mia donna sa come interpretarli. Ella, volendomi per sé, esprime del dio il desiderio che io sia per lui solo e non mi perda tra i tanti falsi luccichii di qui, che stelle cadute proprio non sono. Sono un fortunato, il dio può parlarmi di sé, dell’amor suo e lo fa per una donna. Io solo un po’ capisco d’amore e solo dell’umano e le sue parole, ma quelle del dio che mi darebbero autocoscienza d’essere individuo morale da lui piaciuto, pur trasmesse, io non so capire, rimango uno che cerca di piacergli, ché non so ciò che da me egli voglia. Sono certo parole per me, ma confuse tra le tante che questa donna vuol dirmi, sì, quelle del dio sono ad esse frapposte, poche, tra tante e non so quali. Immagine che mi suggerisce il vento perché viene ora come brezza dal mare e mormora tra le frasche, e se dice parole sono come quelle della donna mia che, assorto e incantato dagli occhi suoi, odo come dolce lontano chiacchiericcio. Sì, parla il vento il suo strano linguaggio, forse racconta drammi e amori lontani, ma io nulla ne ritengo. Non sapendo la volontà del dio, ho compassione delle cose tutte, perché sofferenti tutte le riconosco, e questo mi viene certo da animo sensibile, che del mondo fa illustrazione patetica al cuore suo. È un porsi in atteggiamento d’amore per tutti e tutto di fronte al mondo, che piace a questa donna e che quindi penso al dio gradito. Ma è il credere nel trionfo finale del cristo, che farà giustizia di ogni male, che forse lo sostiene e rinnova. Così io prendo parte, anticipandolo al trionfo divino, che muove dalla pietà per le cose tutte e che tutte sanerà, ché tutte ama. Sì, così anticipo la finale vittoria sul male e questa coscienza rafforzata è da questa mia donna, che mi fa capire che l’amore non è amabile tolleranza della sua fragilità, compassione o pietà addirittura, e sentirlo così per ogni altro uomo, fragile nel suo sapere più che nella sua ignorante follia. È molto di più, è anticipare l’amore divino che a tutti diverrà manifesto dopo il perdono. Sì, siamo nel male, siamo nella necessità d’amore, ma ci ama qualcuno per la nostra donna, di un amore che trionferà nonostante la nostra debolezza, quella che ci fa ora peccare. E accadendo, egli restituirà a usura il poco bene fatto, eroico in tanto squallore. Sì, al dio, a un uomo qualsiasi abbiamo prestato del nostro, una piccola sua necessità abbiamo soddisfatto, ed egli ce lo restituirà centuplicato. E torno agli occhi della mia donna e la bocca sua ora tace. Mi chiedo come facciano a conoscere il significato profondo dell’esistenza, ché di questo ora mi parlano senza parole. E dicono, Ama e considera irrinunciabile per il bene ogni singolo uomo! Ama divinamente!

venerdì 10 luglio 2015

Al tempo delle altre stelle



La nostra è religione della cordialità verso tutti e perciò chiamata può essere universale. Nulla pretende di più e i dogmi potranno attendere, se si decide d’aderirvi. Quando la cordialità verso il cristo viene infranta, ché verso il prossimo s’è trascurata, è il peccato. E lui ha illimitata pazienza e quante volte vi ricorriamo, vero pentiti di averlo trascurato nell'altro, anche occasionale compagno, senza riconoscerlo, ebbene lui perdona. Ma perdonare non è cancellare, non è come indultum sull'azione mancata o sbagliata, ma piuttosto suo nascondimento, perché la sua memoria è conservata. A noi potrebbe servire ad evitare ricadute, ma è difficilmente d’aiuto, ché questo peccato ha tante sfaccettature. E quand'anche ci pare far bene, ecco si sbaglia ancora e il prossimo resta deluso! Tutto quanto è ora carente e quello che la volontà cattiva prevalente inventa per il proprio danno spirituale e di altri, anche o soprattutto materiale, sarà scordato solo all'avvento del regno, donata la capacità di rivedere la vita passata e pentirsi del male, comunque incrementato sulla terra lasciata, anche senza volerlo. Ma ogni azione, anche solo malvagia, è complessa e non è tutto male quello che si opera, e il bene accaduto, anche piccolo, anche appena, anche non voluto, non sarà scordato nel regno che viene. Ora del regno che sarà, che dire posso? Sarà una comunità concorde, degna dell'amore reciproco scambiato e di quello del re che là governa con la sola memoria del bene. E altro non so! Ma è possibile già ora anticiparlo in tutto o parte degli effetti suoi? Ed è detto che quando due o tre s’uniscono nel nome del re in una vera unità spirituale lui sta tra loro. Se questo è possibile, anche per poco scordare potremo di star qui coi nostri affanni e il peso delle cose passate non limpide tutte, sì avere un anticipo di cielo. Piccola era e gentile nell'aspetto suo e questa a me vicina è simile, piccola dal cuore grande. Potessi con loro, la prima solo virtualmente presente, anticipare il mio cielo! Ma ciò che commuove il cuore, costituire così proprio un’unità spirituale che il re richiami, agita l’anima e questo basta a fugarne il sogno. Sono sempre qui, nemmeno ho potuto allontanarmi un poco con un’illusione forse, sto pur sempre tra la mia mediocrità e l’atteggiamento sospettoso, quando non apertamente ostile degli altri. E nemmeno aver limitato la possibile unità spirituale a donne sicure nell'amor loro, passato o tuttora operante, di questo mio cuore tormentato, ha prodotto l’effetto desiderato. Il tempo non s’è fermato, il re non s’è manifestato. E io il male non ho potuto scordare un attimo nemmeno. E il tempo della poesia pronta a descrivere l’ineffabile non c’è stato. Questo è e rimane il prosaico tempo della colpa…Ma il mio è atteggiamento sì d’amore per quanto fa il tutto, che ogni mattina sfiorano nella luce novella questi occhi innamorati, ma di fiducia anche e c’è un me dentro che arrendersi non vuole. Dice, Questo sogno concretizzerò, quando non importa, fosse anche al tempo scandito dalle sole altre stelle!

mercoledì 8 luglio 2015

Quale è oggi il nome del cristo?



Il cristo nome più non ha, è noi, è gli altri. Né il nome con cui lo chiamano gli angeli sappiamo. Quando qui tra noi chiamato era Gesù, era venuto a insegnare l’amore. È da allora dovuto a tutti gli esseri, non solo agli uomini. Ecco, mi chiedo, è questo il mio prossimo cui devo l’amore comandato? Il cristo, me lo dipinge ad ogni istante come bisognoso, uno che ha fame d’attenzione e di quello che tace. Non è più il separato in questa vita di divisioni, quello che ha sorte sua propria, disgiunta dal mio destino, non è più il potenziale nemico con cui usar cautela, né uno che minaccia o opprime, da cui star alla larga. È solo uno che chiede aiuto anche senza parole, ma anche è più ancora, come tenterò di dire. E se lo fa, quanto dice equivale sempre alla richiesta del cristo, Ho fame, dammi cibo… È quanto il giudice del mondo esplicitamente dirà alla fine di tutte queste apparenze e diversità, Venite prediletti dal padre mio, ché le mie necessità avete riconosciute e soddisfatte! E dove? nel suo regno, nella comunità di quelli che a lui si son fatti simili. Hanno dato del loro, non il superfluo, ma spesso l’essenziale, nell’umiltà, dicendosi, Quanto capita a questo sfortunato è mio già, un episodio della storia mia di qui, io quindi sono lui, benefico me stesso! Sì occorre, perché il poco che possiamo abbia efficacia, identificarsi con l’altro, come dire, Do il mio con una mano e l’altra mia riceve. Perché? Ho il cristo dentro e lo stesso è fuori nell’altro. Sono lo stesso cristo! Faccio all’altro apparentemente, ma, sto cibando quel cristo che dentro ho. Solo se, dopo una riflessione semplice, banale come questa, io più non separo me stesso dal fratello e lo considero un me stesso poco più in là, potrò sentirmi dire, Vieni! Quando il giudice del mondo tutto, verrà palese. Ma c’è un altro argomento che accomuna il mio agli altri destini. Io nel tempo sono uno tanto lontano dal Gesù risorto, che da allora più nome noto non ha, ma la sua memoria, tramandata è giunta fino a me e ho creduto. Cosa ho per fede? Risorto, è rimasto nella sua comunità terrena, questa è da allora il suo corpo, animato dal suo spirito divino. Questa comunità però rimane sempre appena abbozzata, non è mai definitiva. Tutti quelli che operano per la pace e il bene diffusi, vi entrano, e, senza dubbio, anche quelli che sete hanno d’amore. Ma l’essere soprannaturale, il cui corpo era ai primordi limitato a una comunità d’adepti, che vivevano del suo spirito divino, oggi ancora più allargato ha la presenza sua e tutti include nel corpo suo mistico. Proprio tutti? Sì! Anche gli assassini dei fratelli nel nome di un dio, che stoltamente pensano così di far grande? Sì proprio anche quelli, essi impareranno a conoscere il vero fine della vita, l’amore, e inconsapevoli già vivono un doppia esistenza, quella abominevole di fare l’altrui male, e quella che soffocano. In quest’altra c’è il cristo che grida loro da dentro, come a sordi cuori, Io per primo t’ho amato, ho sofferto e sono morto anche per il pentimento tuo e perché tu possa amarmi negli altri tutti, che invece uccidi! Tutti allora viviamo una vita, quella di qui, buona, cattiva o solo mediocre, ma anche già quella, inconsapevoli, del regno promesso, ma in cui entreremo solo dopo il pentimento di aver comunque mal speso la prima vita. Tutti saremo allora giudicati e piangere dovremo molte lacrime, che lo stesso giudice però ha fatto efficaci a lavarci di ogni pena, d’ogni dolore, d’ogni colpa. Ma già qui si può pregare e piangere per quelli che non lo sanno fare o non vogliono, o non possono, stornata mente ed anima, ma così anche lo facciamo per noi stessi. Perché? Essi sono proprio noi stessi, ma in una spiritualità distorta, non consapevoli che il dio è di tutti ed è amore. Allora se fede abbiamo, noi siamo a un tempo noi stessi e l’altro, chiunque, buono o cattivo al nostro umano giudizio, che non sarà quello definitivo del cristo. Anticipare possiamo qui il nostro e l’altrui pentimento per entrare insieme nel regno del solo amore. Luogo è che ci attende, ma in cui si entra appunto insieme, buoni, mediocri e reprobi, tutti pentiti, non solo del poco personalmente omesso o fatto male o incompleto, ma anche del molto male del fratello deviato. La redenzione è di tutti, il cristo rinnova e completa la sofferenza che l’ha permessa con quella di tutti. E la vittima dirà, Pensi, signore, che abbia sofferto con te abbastanza, anche per il nostro carnefice? Io entrerò con chi ho conosciuto, m’abbia amato od odiato, ho solo il privilegio di saperlo, sono essi gli altri me dispersi o smarriti, anche se io più non li riconosco, né ricordo, quelli oltre il me stesso che questa carne racchiude, che preparano con il loro, l’ingresso mio, che s’ottiene solo con il pentimento e il dolore! Già ora il padre fa piovere su tutti e a tutti il regno del figlio suo donerà, tiepidi già buoni e quelli che lo diventeranno completamente, quando pentiti. Ma sta qui e fa rigoglio la malerba e le altre tutte asseterebbe, simile follia ha l’uomo del male che spegner vorrebbe pure le stelle! Ma il grande medico tutti guarirà, chiediamolo già ora per noi stessi e anche per quegli altri, i noi stessi apparentemente più malati.

martedì 7 luglio 2015

Lasciare questo mondo



Viviamo in un mondo ostile di miserie e di mali. Il male peggiore non sta tutto nelle cose della natura con le quali siamo in continua lotta, ma viene anche da dentro l’uomo, da dentro tutti. Sì, esistono crudeltà e malizia e fanno molto di tutto il male che c’è. C’è un luogo di liberazione da tutto questo? Provvisorio ciascuno lo ha dentro e fa la parte buona dell’anima sua, che può prevalere e allora buono diciamo quell’uomo, buono il suo cuore. Lo vediamo impegnato, sempre in un atteggiamento di benevolenza, prediligendo i deboli agli occhi del mondo, che spesso sono i soli puri di cuore, se questo è rimanere qui, tra tanta malizia come bambini ignari. Ma i malvagi egli non vuole escludere, spera che si ravvedano, fatti consci della miseria del loro atteggiamento verso gli altri, tra i quali devono proprio scoprirlo, c’è chi non li disprezza, ma tenta di comunicar loro una novità per l’anima loro anchilosata, qui possibile è anche l’amore. Così l’uomo buono va per la sua via, qui soccorre, lì indirizza al bene, che crede meta dell’umanità e delle cose tutte e lo spera e lo dice con ogni suo gesto. La vita sua così trascorre e attende di passare nel luogo che ha sempre tenuto dentro e ora proietta fuori e se lo finge oltre le cose di qui e il loro tempo, e lo spera liberazione per l’anima sua stanca in tanta lotta. Ma uscir da questo mondo spesso non è facile e c’è un corpo che trattener vuole, vecchio, logoro, deve proprio ammalarsi prima di cedere. E la malattia può essere penosa personalmente e per quelli che ne sanno le angustie, perché gli sono accanto per amore, ma non v’è altro modo di uscir dal mondo. E il dio che fa, ascolta la preghiera che da loro viene e può qualcosa dal cielo in cui s’è relegato? Muta è ogni icona per l’implorante e chi raffigura è in atteggiamento non consono con quel sentire senza ormai speranza, salvo il cristo sulla sua croce per chi sa capirlo. E gli occhi e i cuori sono gonfi e c’è chi, disperato, anticipa il suo pianto. Tutto dovrà precipitare in un dolore senza soccorso, senza conforto, che immane pare! Questo proprio per chi affetto abbia verso colui che il mondo lascia. Ma se fede si ha, si è certi che quello che accade è già accaduto al cristo morente e a chi bene gli voleva. Ora è il sopravvento delle ostilità in cui si è vissuto e lottato, un aspetto del male, allora fu lo spietato volere, quello d’una umanità sorda alla novità di bene annunciata dal cristo, il suo annientamento sulla croce infame. Così lui entrò nel suo regno attraverso il dolore e altro modo non v’era. Perché? In quel dolore ogni altro, in quella croce ogni croce, nel pianto della madre sua e degli astanti ogni pianto! Ecco, schianta questo dolore, c’è a ogni malattia estrema e a ogni morte, è stato e sarà ancora, ma nessun dolore è nuovo e più radicale di quello che fu strumento di salvazione e di grazia. Ma quel dramma si ripete, muore il cristo ancora d’ogni morte. È come vento freddo in una notte buia, ma che gela dentro i cuori anche se alita sui corpi. Così la trasformazione dell’io avviene. Lasciar deve per questo la carne, che pur ormai misera e corrotta l’anima racchiude, niente deve trattenerlo più qui e alienarlo dalla vita che il cristo ha promesso nel suo regno e la via passa per le strettoie del dolore. Così l’individuo va per eternare l’anima sua e continuare la sua nella vita senza fine che fa la comunione dei santi. Sia di conforto al pianto di chi l’ama e qui resta! Così il dolore scrive l’epilogo d’una vita ben spesa in cuori recettivi. Ma di gioia è anche la vita e scriverà su quanto già scritto le parole sue assai diverse e il ricordo dell’uomo si farà rassegnato e scialbo. È giusto così.

domenica 5 luglio 2015

Tragico è l'amore


Qui nel nostro mondo di molte ombre e poca luce, in cui prevalgono le apparenze, di cui c'è chi cura ha di mantenere, proprio quello che ai buoni fa noia e talvolta dolore e che perciò sperano provvisorio e ormai rapidamente transeunte, difficile è star dietro all'amore richiesto, comandato dal cristo, anzi pungolo della stessa bontà, ma incompreso quando non dileggiato, o non ne resti ridicolizzato per ingenuità il proponente. Sì, tutto l'amore, quello verso un generico tu o uno particolare ha qui la sua tragedia. Serve ripetere a se stessi, Ecco io sono col cristo e la madre sua, vivo il loro amore e amo loro negli altri, anche se star per questo è spesso inseguire il vento? L'uomo che ci sta di fronte, il tu che chiamiamo prossimo, perché creduto raggiungibile dall'azione nostra generosa, ma spesso colpevolmente timida e inadeguata, è e rimane mistero. Perfino gli occhi della propria donna, quand'anche a lungo osservati celano quello che quel cuore racchiude geloso. E compito è di chi ama, intuirlo e soddisfarlo! Ma comunque vista abbiamo corta e guardando per lo più non osserviamo e capiamo e restano più o meno deluse le aspettative dell'altro anche del poco che s'aspetta nella prudenza del giudizio sull'interlocutore suo, di cui è sospettoso per tanta apparente generosità. Sì, è così, noi non sappiamo come rendere l'altro felice. Nulla sappiamo su ciò che lo contenterebbe, a cosa aspira nel segreto dei sogni suoi e cosa gli fa angoscia nella vita reale. E saperlo gli attenuerebbe la pena di star qui a desiderare, se non a chiedere nel bisogno, e capirlo significherebbe dargli almeno un po' del bene atteso nella vita sua. Ecco mi trovo a soccorrere chi inciampa in questa via lunga o breve dell'esistenza. E piccolo successo diventerebbe simbolo delle mie possibilità e lo cerco e desidero. Ma nulla lo garantisce, la mia vita attiva nel bene non è punto guidata. Piano si muove, eppure affanna! E davvero poco sa dell'essere che ingenuo pare che di fronte ha, ma che di richieste stenta a parlare lasciando l'onere di intuire a chi è, come me, uno sprovveduto. E allora è chiaro che amare il prossimo è una mera pretesa di successo, possiamo sì avere un atteggiamento di benevolenza che l'altro percepire dovrebbe e fidarsene, ma raro accade di soddisfare pienamente attese e bisogni, i veri, taciuti per lo più per orgoglio o per pudore. Ma se insuccesso ho, cadere non devo nella sfiducia e nel rammarico di occasione perduta. Io non ho il compito gravoso di capire il mondo e raddrizzarlo, impresa che fallì al cristo perfino. Ma qualcosa rimuovere del male sempre invitto e restare nello spirito del cristo, spirito d'amore. E se così sto appena, severo il mio giudizio, nella sua sequela, basta per lui se tutto me stesso impegno. Parlano di questo spirito divino molto le parabole. Rimanervi è aver tentato l'amore con dolce benevolenza verso chiunque, anche i recalcitranti, gli orgogliosi perfino che dicono bastare a se stessi, cui necessario talvolta sarà far piccola violenza, ché se ne attenui la contumelia. Tentare qui l'amore è realizzarlo col dio. Altro non chiede che poco, ma tutto ciò che un cuore può dare. Sta come un uomo povero e malconcio sul bordo della mia via, posso ignorarlo, tirar dritto, ma è occasione da non perdere, ha fame ora e d'amore! Ecco arpeggia il vento tra queste frasche. Che dice? Forse, lamentoso, un'esortazione soltanto ripete ossessivo, Ama! E va la vita, va come il vento, non sfugga io le opportunità, non lasci io proprio deluso il cristo, è poco che posso, ma sarà dono del mio tutto e ne sarà felice. Ed è ben strano, non so bene che fa felice il prossimo mio, ma scopro di saperlo per il cristo del suo cuore! E tornerà il vento e racconterà qualcosa della mia storia a orecchie incredule. Quella di un piccolo tragico uomo di scarse possibilità, ma che ha tentato disperatamente di piacere al dio e alla madre sua.

sabato 4 luglio 2015

Ancora sull’amore postumo




Ho parlato di un sentire che ho definito amore postumo quando mantenere lo si vuole nell'oggi in piccolo posto di ben ampio cuore. Ma ho riconosciuto che indugiare tanto sul proprio passato, ricordandovi il bello trascorso, che abbia significato incontro e amore, costa pena, dolore perfino, incomprensione sicura, da parte di chi dice oggi d’amare ed è riamata. Ma è superabile come cercherò di dire e ne può venire nuova consapevolezza dello stare l’uno per l’altra, in un modo irrinunciabile. Intanto a se stessi pena sapere che se in quell’amore antico bene v’è stato, tutto la vita ha dissolto e quando poi si sa delle pungenti angosce che l'altra amata, assai meno fortunata, vive attualmente, che dire, se fare nemmeno poco è possibile? Sì, è questo che mi capita e certo vorrei che lei sia libera da ogni rimpianto, e sperare che potrà saperlo oggi o nel mondo che viene, per il cristo che in lei continua a vivere e che sa tutto il mio per lei e le parla e saprà come dirlo al cuore suo. Questo è conforto che basta a chi gran fede abbia. L’ho io? Tutto può essere solo illusione, anche l’aver una fede, com'è sicuro il sognarla ancora così com’era! Sì, qualcosa è accaduto, molto s’è perduto, ché tutte le cose via vanno come le foglie che d’autunno porta il vento e ad altro destina. Così certo è stato per me, tutto è passato, tutto è trascorso, nessuno può ridarlo, il dio nemmeno, che spesso guarda impotente il deteriorarsi delle cose, dei rapporti, delle aspirazioni, dei sentimenti e dei sogni. Ed io che ho vissuto questo accadere fatale, senza rimedio, so che tante altre volte ho chiesto che questa possibilità non mi riguardasse, mi fosse risparmiata e risposta non m’è giunta e deluso sono restato nell'amarezza del subìto. È un'esperienza comune e anche al cristo accadde nell'apparente abbandono a un destino tragico. Ed io la mia fiducia in lui ho costruito nel dolore di perdite e di abbandoni, fin da bambino. Ma solo se la fede conserverò avrò saputo imitarlo. Ma oggi v’è più ancora, io nella gioia d'essere anche ora amato, lei stretta nella sua malattia, sola! Allora se arrivo anche a rovesciare le cause dell'accaduto lontano e pensarmi responsabile in qualche misura di ogni conseguenza sua, io scopro questo mio atteggiamento il più largo e coerente atto della mia vita di credente per quanto ingenuo, ingenuità fuori tempo, non compatibile con l'età mia, ma qui necessaria. Io sto addirittura, sebbene limitando il mio atteggiamento a una persona soltanto, imitando il cristo, che prende su di sé la nostra colpa per poter continuare ad amare. Perché io voglio continuare ad amare, chi quasi subito cessò l'amor suo? Chi ha patito le conseguenze d'un amore perduto, cammina sull'orlo di un baratro, tentato perfino compiacersi dell'altrui sorte ria! Non sia io tentato a questa meschinità! Allora per me tuttora amare, un po' o più di un po', è preferibile, è bene che sia, restando lontano da simile peccato. Perciò addirittura opportunità e garanzia di salvezza, io rispondo col bene ad ogni male della mia vita e se continuerò a farlo, e m’aiuti il cristo, certo un giorno lo vedrò con la madre sua starmi ad attendere nel luogo in cui essi manifesti possono essere. Dove? In un luogo di solo amore fuori del tempo oltre lo spazio, che deve pur esistere, come c’è qui il loro amore contagiante. Sì, sono contagiato ed è lei che ho imprigionata giovane nella mente mia, anche se, tanto il tempo trascorso, corro il rischio della confabulazione, perché nella nebbia sono molti miei ricordi, e le parole d’allora e i gesti più non so. Un sentire tuttora, ma muto e confuso, come lo sono volti belli e amati, quelli della madre mia e della ragazzina che poco più che bambino conobbi. Com’erano? Ne ho lacune! E allora questa anche amo oggi, quando perfino il volto suo più bene non so, e lo faccio nel nostro passato di ragazzi fiduciosi e forse un po’ stupidi! E forse solo un'assurdità vivo e sicuro ancora stupido sono. Oh sì, anche ingenuo sono e molto! Ma ripeto sono stupidità e ingenuità necessarie nell'amore mio, povero e innocuo che nulla dar può né avere, ma che tutto del suo darebbe per saperla daccapo felice. Ma è possibile anche che l'altra che ho nel cuore s'agiti, ché vero amando, vero gelosi si diventa, e lei lo è anche di soli pensieri per altra. Corro pure il rischio dell'incomprensione, ma tutto spartisco con lei e se quello che il cuore ha, tentassi celare, ella l'intuirebbe... Ma forse questa mia donna, tanto generosa, bella nella semplicità degli affetti suoi, vero comprenderà che strana malattia m'ha preso, se colpa quasi non ho di eventi passati o attuali e me l'attribuisco, e mi terrà più stretto al cuore suo! E quei fatti trascorsi sento sì come colpa, pensando della bella d’allora a un suo destino insieme diverso, ma assai feconda, m’arricchisce perfino questo, l’amore che ho per la donna mia. Oh quanto di bello e buono può venire per un cuore che tenta d’esser degno dell’amore di un altro cuore con la purezza del sentire suo! Ma se vero è che resto nelle possibilità d'amore, nulla togliendo anzi avvertendo più ricco il sentire per la donna d’oggi, e dando così dignità a questo mio strano sentire, ora confessato, cos'altro dirò? È questo mio solo umano o c'è di più e il cristo stesso quella donna ama anche per me? Non so, è forse attribuirmi troppo! Ma il cristo ama per ciò che un cuore patisce e io il suo lo so oggi nell'angoscia e allora se raggiungerlo egli vuole per aggiungervi del suo ancora, io gli offro una via ulteriore, diritta e breve attraverso il mio sentire, che è troppo chiamare amore? Forse, e se vero fosse perdono chiederei per l’enfasi. E allora mi dico, È amata e molto da lui, e da me un po' e come in sogno per non farle altro male! Nell'amore non c'è però novità alcuna, tutto si compendia in quello che il cristo e la madre sua dolce hanno per ognuno di noi. Amiamo solo se da loro amati e dello stesso amore riamiamo chi ci ama ora o ci ha amato per solo un poco o più, e in fondo l'amore non deve giustificarsi, come io ho tentato di chiarirlo a me, c'è senza perché! Oh felice chi in tutto della vita sua si chiede, Che faccio? E si risponde, Faccio quello che loro fanno, amo!




venerdì 3 luglio 2015

L’amore postumo




Voglio qui parlare di un modo insolito d'amare, che chiamerò amore postumo se la bella degli affanni e dei sospiri s’è allontanata nel tempo e nello spazio e l’antico amante la tiene ancora preziosa nei suoi ricordi. Così voglio che molti ritrovino in se stessi di simile come sorprendente preziosità e, sentendosi nell'amore che dal cristo viene, coscientemente lo imitino nel sentimento loro, forse prima confuso o addirittura negato. D'altra parte troppe le cose, che a breve forse, gli chiederemo noi tutti di perdonarci che ben facciamo a chiarircene qualcuna, come un sentire insolito appunto. Nessuno è lettore di anime, si legge e un po’ bene, solo in se stessi e già meno in chi pur si conosce da anni e ci vive accanto, perfino amandoci nonostante tutto. E allora occorre chiedersi subito, Non è di per sé esaustivo quest'amore di donna oggi presente da dovervi aggiungere altro sentimento che sia apparentemente appagante e per persona diversa, anche se ormai vaga e lontana? E forse così si può rispondere a se stessi, Aggiunge forse e ne modifica il livello anche una fiumana che dopo abbondante pioggia riversi acqua più ancora in mare? Così proprio non è, e noi poco possiamo aggiungere al cuore, mare di dentro, calmo a volte o tormentoso spesso. Allora comunque diciamo anche per la donna d’adesso che ci ama, perché rafforzi l'amore suo per il dio, che il nostro reciproco consente, e per la madre sua che davvero è fiumana d'amore per quelli che s’amano, e le chiediamo anche che quello che per noi dice d’avere, accresca, dopo averle chiarito cosa e perché sentiamo per altra donna. Ciascuno dovrebbe poter dire di sé, Io per me sono uno che il dio sempre cerca nel cristo suo, perciò in me stesso e tutti in cui presente è, quindi anche in chi mi è oggi vicina o in chi v’è stata, ora forse ad altro amore fedele. Così qui anche io farò, perché meglio se considerando il tempo presente, incerto e nebbioso, io riesco in questo desiderio se il passato rivedo e rileggo alla luce della fede. Molti di noi avuto hanno anche un altro vero amore lontano, la donna dell’amore ora postumo. Il nostro attuale, così generoso, paziente e limpido, non crediamo d'offendere con simili a queste, riflessioni su ciò che il cuore potrebbe fare o già fa, perché in un piccolo suo posto abiti il ricordo di una piccola come lei, ma creduta sfortunata, uccellino che verso altri lidi preferì volare. Era di tante stelle la notte in cui al cuore stringevo la piccola ragazza di quell'estate... Ma vero è accaduto, mi chiedo, o solo a un sogno attingo, tale rimasto il desiderio d'averla vicina, come sono certo svaniti tanti altri su lei, smarrita anche nelle fantasiose colorazioni di un cuore allora assai giovane e ingenuo o forse troppo innamorato? Tutti, penso si chiedano di simile quando lasciano correre i pensieri che certi fatti rivisitano. E allora mi chiedo, Perché c’è qualcuno tra noi che continua pur ora a sentire l'allontanamento volontario dell’altra, come addirittura suo, e non di quella, tradimento? E perché questa parola forte e non altra, che attenui la responsabilità personale, se esistente? È umano tentarlo se davvero colpevoli! Ma lui è forse eccessivo nel giudizio verso se stesso perché teme di avervi vero contribuito con fatti rimossi su cui tornare non vuole, forse perché assai penosi. Ma forse anche vera pena ha per il temuto non troppo felice destino della bella, e tenta da anni una riconciliazione tragica col suo cuore, sfacciatamente fortunato perché amato, da sentirsene quasi colpevole, tanta la dedizione della donna che ora ha, immeritata come lo sono tutte quelle che vero amano. Sì, è il sentirsi amato, quando, vera o presunta la mala sorte, la fuggitiva forse già ignora quello che significa esserlo! È tentazione di ogni maschio abbandonato, e dice in cuor suo di una situazione di cui ha scarse notizie e la giudica allora mediocre e inadeguata, Io ben altro avrei saputo darle! E perché tragica? Molte altre cose gli saranno accadute oltre l’abbandono e, tradito, sa che sia il tradimento. Ma ormai la sua situazione morale giudica libera da conseguenze di quei fatti passati, ed è forse cosciente, a causa di tutto quanto patito, di essere divenuto migliore, tanto che, se fosse possibile direttamente, ringraziare addirittura dovrebbe i detrattori suoi, quasi tutti, crede, tanti gli anni passati, ora nel perdono del dio. Può farlo, ed io lo faccio, nella preghiera e, quando sarà, nel luogo di ogni perdono alla presenza di chi legge ogni cuore, nihil indultum remanebit, dove e quando tutti saremo. Ma della fine di quella sua storia d'amore, forse troppo frettolosa passata, come lo è notte quando il primo chiarore mattutino da orto e da dietro ai monti, che qui fanno corona alle cittadine che sul golfo s’affacciano, tra le ultime stelle d'occaso si spande veloce e le cancella, perché considerarsi colpevole? È un sentimento inevitabile del sentire che si chiama amore postumo? Forse, ma lo fa come se, brusca cessata la storia, sia quasi per un suo peccato tanto amaro da temere che riscatto non abbia, quando perfino dal tradimento ne può venire del bene e se ne può chiedere perdono! Di ogni peccato ci si sbarazza scaricandolo sul cristo, perché di questo, se vero è, non potrebbe? Perfino la colpa del vero traditore può essere emendata, chiedendo e ottenendo. Ma lui, se vera simile colpa ha, non osa farlo, o non vuole. Perché? Forse la verità è tutt'altra, lui non ha un peccato imperdonabile, nessuno in verità lo è, e in nessun cuore a lungo abita se vero pentito. Lui non ha una psicologia distorta, eppure vuole sentirsi colpevole di quel lontano accaduto, l'allontanamento della bella, per un motivo che il cuore osa solo a se stesso confessare e quando ad altri lo fa, ne è ritroso timido, anche se spera giovi a molti sapere ciò che giustifica questa possibilità d'amore tardivo, postumo, come certo anche in me c'è. Sì, c'è una ragione o più d'una. È il solo modo d'amare ancora quella che smarrì. Ma perché sente che deve? Intanto sa che ad ogni amore un tributo si deve, così lui non può, non vuole dimenticare e per appagare il suo cuore deluso, chiama addirittura l'attribuirsi quello che sente con sicura enfasi come tradimento, almeno delle deluse aspettative su lui della donna ora lontana, suo bene, sua fortuna. Perché? Ha coscienza della possibilità d'averlo davvero attuato in qualche maniera e misura e il saperlo possibile nella crudezza sua, oggi lo esonera dall'odio, meschinità cui gli abbandonati tutti, non importa se e quanto colpevoli, tentati sempre sono. Così mai almeno avrà detto parole brutte su una donna e su quella fuggita in particolare, giudicando ognuna complessa nella sua psicologia, che forte la fa e tanto fragile a un tempo. Sì, ne è vero cosciente, in questo comportamento c'è una generosità insospettata, e per l'antica passione sta vivendo forse solo una finzione, di cui geloso addirittura è il cuore suo, nella condizione di chi sa che quanto gli accade lo permette solo il sogno, eppure v'aderisce tenacemente, perché altro non ha per riviverla. Così lui fa, sì come in sogno, ma con tutto il suo spirito, la sua anima, tutta la sua forza per rivivere, pur nella privazione, il bene perduto. Perdita che è stata, è, e sarà, e lo fa avendo perfino rimorso di aver permesso la bellezza dell’amata sua svanire con la leggiadria di persona e di gesti e nel dire, che gli facevano incanto e che ella ad altri rivolse. Sì, ma l'ha nel cuore così com'era prima di tutto questo, quando era una che bella esser voleva per lui solo. Assurdo? No, forse solo eccessivo come è ogni amore quando autentico, e, libero, vede o rivede quel che vuole, dulce pro corde suo! Ma se da sempre sognatore lui, il suo cuore nonostante tutto è rimasto l’ingenuo di un bambino. E certo è un bene, ma essere così ha la sua pena, anche sentir colpa quando molta non deve averne avuta. E forse rivive così l'allora ingenuamente, e come nella bella canzone napoletana, l'innamorato dalla barchetta del pescatore guarda la casetta dei suoi sospiri e vede la marina animarsi e spera la sua donna ricredutasi fargli cenno, così di simile gli accade. Sì, forse, ma in un sogno e ad occhi aperti. Ma pure la risposta d'amore gli viene ché ad altro sogno passa senza più la ragazza del passato, che cenni d'assenso non vuol fargli, né può, evanescente anche nel suo ricordo. Sì, sono dolci questi occhi della donna sua, gli offrono amore! Forse sanno leggergli dentro e vero vi trovano qualcosa di bello! E non è forse lei con la sua presenza fiduciosa e attenta a ogni pur piccolo moto dell’anima del suo amato che non permette che egli cada nel rimpianto per ciò che più non è e non può essere? E ancora non è lei forse che con la tenacia sua generoso e nobile senza scadere nel risentimento e nell’odio addirittura, mantiene il sentimento dell’altro verso una bella del passato? Non fa sì che tutto scivoli senza nostalgia, senza eventuale colpa ingigantita, dolce e languido un po’, nel trascorso, cui forse è bello a volte tornare, e pregare che la felicità raggiunta pur basti a chi tanto assetata ne pareva da preferire altro al cuore che pur per lei pulsava contro al petto suo nei momenti di tenerezza?