mercoledì 8 luglio 2015

Quale è oggi il nome del cristo?



Il cristo nome più non ha, è noi, è gli altri. Né il nome con cui lo chiamano gli angeli sappiamo. Quando qui tra noi chiamato era Gesù, era venuto a insegnare l’amore. È da allora dovuto a tutti gli esseri, non solo agli uomini. Ecco, mi chiedo, è questo il mio prossimo cui devo l’amore comandato? Il cristo, me lo dipinge ad ogni istante come bisognoso, uno che ha fame d’attenzione e di quello che tace. Non è più il separato in questa vita di divisioni, quello che ha sorte sua propria, disgiunta dal mio destino, non è più il potenziale nemico con cui usar cautela, né uno che minaccia o opprime, da cui star alla larga. È solo uno che chiede aiuto anche senza parole, ma anche è più ancora, come tenterò di dire. E se lo fa, quanto dice equivale sempre alla richiesta del cristo, Ho fame, dammi cibo… È quanto il giudice del mondo esplicitamente dirà alla fine di tutte queste apparenze e diversità, Venite prediletti dal padre mio, ché le mie necessità avete riconosciute e soddisfatte! E dove? nel suo regno, nella comunità di quelli che a lui si son fatti simili. Hanno dato del loro, non il superfluo, ma spesso l’essenziale, nell’umiltà, dicendosi, Quanto capita a questo sfortunato è mio già, un episodio della storia mia di qui, io quindi sono lui, benefico me stesso! Sì occorre, perché il poco che possiamo abbia efficacia, identificarsi con l’altro, come dire, Do il mio con una mano e l’altra mia riceve. Perché? Ho il cristo dentro e lo stesso è fuori nell’altro. Sono lo stesso cristo! Faccio all’altro apparentemente, ma, sto cibando quel cristo che dentro ho. Solo se, dopo una riflessione semplice, banale come questa, io più non separo me stesso dal fratello e lo considero un me stesso poco più in là, potrò sentirmi dire, Vieni! Quando il giudice del mondo tutto, verrà palese. Ma c’è un altro argomento che accomuna il mio agli altri destini. Io nel tempo sono uno tanto lontano dal Gesù risorto, che da allora più nome noto non ha, ma la sua memoria, tramandata è giunta fino a me e ho creduto. Cosa ho per fede? Risorto, è rimasto nella sua comunità terrena, questa è da allora il suo corpo, animato dal suo spirito divino. Questa comunità però rimane sempre appena abbozzata, non è mai definitiva. Tutti quelli che operano per la pace e il bene diffusi, vi entrano, e, senza dubbio, anche quelli che sete hanno d’amore. Ma l’essere soprannaturale, il cui corpo era ai primordi limitato a una comunità d’adepti, che vivevano del suo spirito divino, oggi ancora più allargato ha la presenza sua e tutti include nel corpo suo mistico. Proprio tutti? Sì! Anche gli assassini dei fratelli nel nome di un dio, che stoltamente pensano così di far grande? Sì proprio anche quelli, essi impareranno a conoscere il vero fine della vita, l’amore, e inconsapevoli già vivono un doppia esistenza, quella abominevole di fare l’altrui male, e quella che soffocano. In quest’altra c’è il cristo che grida loro da dentro, come a sordi cuori, Io per primo t’ho amato, ho sofferto e sono morto anche per il pentimento tuo e perché tu possa amarmi negli altri tutti, che invece uccidi! Tutti allora viviamo una vita, quella di qui, buona, cattiva o solo mediocre, ma anche già quella, inconsapevoli, del regno promesso, ma in cui entreremo solo dopo il pentimento di aver comunque mal speso la prima vita. Tutti saremo allora giudicati e piangere dovremo molte lacrime, che lo stesso giudice però ha fatto efficaci a lavarci di ogni pena, d’ogni dolore, d’ogni colpa. Ma già qui si può pregare e piangere per quelli che non lo sanno fare o non vogliono, o non possono, stornata mente ed anima, ma così anche lo facciamo per noi stessi. Perché? Essi sono proprio noi stessi, ma in una spiritualità distorta, non consapevoli che il dio è di tutti ed è amore. Allora se fede abbiamo, noi siamo a un tempo noi stessi e l’altro, chiunque, buono o cattivo al nostro umano giudizio, che non sarà quello definitivo del cristo. Anticipare possiamo qui il nostro e l’altrui pentimento per entrare insieme nel regno del solo amore. Luogo è che ci attende, ma in cui si entra appunto insieme, buoni, mediocri e reprobi, tutti pentiti, non solo del poco personalmente omesso o fatto male o incompleto, ma anche del molto male del fratello deviato. La redenzione è di tutti, il cristo rinnova e completa la sofferenza che l’ha permessa con quella di tutti. E la vittima dirà, Pensi, signore, che abbia sofferto con te abbastanza, anche per il nostro carnefice? Io entrerò con chi ho conosciuto, m’abbia amato od odiato, ho solo il privilegio di saperlo, sono essi gli altri me dispersi o smarriti, anche se io più non li riconosco, né ricordo, quelli oltre il me stesso che questa carne racchiude, che preparano con il loro, l’ingresso mio, che s’ottiene solo con il pentimento e il dolore! Già ora il padre fa piovere su tutti e a tutti il regno del figlio suo donerà, tiepidi già buoni e quelli che lo diventeranno completamente, quando pentiti. Ma sta qui e fa rigoglio la malerba e le altre tutte asseterebbe, simile follia ha l’uomo del male che spegner vorrebbe pure le stelle! Ma il grande medico tutti guarirà, chiediamolo già ora per noi stessi e anche per quegli altri, i noi stessi apparentemente più malati.

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