domenica 19 luglio 2015

Occhi di donna


Perché se tutto questo è sogno, e che così me lo dicono questi occhi di donna che teneri sempre accolgono i miei, io dentro sempre mi ci risveglio? Perché nonostante la dolcezza di un piccolo amore scopro di stare in una condizione affannosa e stringere mi sento dagli altri, cose, uomini e lor fatti e parole, e soffocare? Perché devo proprio accettar questo vissuto, che pure ha del bello, in cui sempre mi ritrovo come in una realtà angusta, perché sempre simile a sé si ripresenta a serrarmi, che nemmeno l’immaginazione slarga, ma solo il nero di questi occhi di donna? Ma essi che suggeriscono, se uno vi si abbandona lasciandosene cullare? Che forse c’è dell’altro oltre le stelle? Ma benché tutto bello e buono lo si congetturi, è possibilità che non fa ora conforto, non quanto la presenza loro, di quegli occhi che, innamorando, ne fan nascere la speranza. Ed è proprio di donna svelare e velare il sublime cui invita, liberare lo spirito e trattenere il cuore, ché da lei non fugga. Allora dico a questo piccolo amore, che tanto mi libera e mi lega, ingiusta però, ché se fuggir voglio alle stelle non è senza lei, Ascolta s’è fatto così silenzio in questo buio incipiente che sentir potresti il respiro della terra! Ed ella, Ma a me pare di più, che le cose tutte, non più carezzate dalla luce, paura abbiano di star sole e se ne lamentino… Tu cogli il vero, osservo, ché parlano queste cose di prima sera sotto a sparute stelle, dicono sì di loro e di lor condizione, ma anche la storia di noi uomini, esse i testimoni di ogni lor accaduto, raccontano. Una storia di poveri sogni, i soli che, se anche delusi, gran danno non fanno, ché altri se ne presentano e vi suppliscono più vividi, più verosimili, almeno finché un brutto sogno si faccia nel sogno. È assaporare l’amaro del male, in sì un brutto, ma pur sempre sogno, se occhi di donna innamorati ne confortano lo smarrimento. E io so che subito svegliarsene non è possibile, anche se donna insistente chiami col nome che la sua tenerezza abbia inventato e nemmeno sapere che occhi simili ai tuoi sorriderebbero al risveglio. Io questo ho vissuto bambino e gli occhi e la voce, quelli di mia madre. E poi d’analogo con le donne, che pur mie s’erano dette, al loro abbandono e niente a risvegliarmi, né melliflua voce, né dolce nomignolo che donna innamorata avesse inventato. Ma poi venuta sei tu e il mio bel sogno con te continua, e riprende dopo brevi duri apparenti risvegli a questa realtà, ma sempre confortati dalle tue due piccole stelle briose in tanto buio, perciò come in cattivi sogni svanenti in ben altro sogno. Ecco, ora c’è armonia, c’è dolce accordo in tutte le cose in loro piacevole brusio, sì, fanno sinfonia, e invitano, sotto a stelle, molto più numerose e brillanti, a ballare lenta una danza. Allora chiudi gli occhi e lascia ti conduca in questo ballo dolce, e sorridi reclinando il tuo bel capo sulla mia spalla, e sogna con me di non risvegliarci più!

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