domenica 5 luglio 2015

Tragico è l'amore


Qui nel nostro mondo di molte ombre e poca luce, in cui prevalgono le apparenze, di cui c'è chi cura ha di mantenere, proprio quello che ai buoni fa noia e talvolta dolore e che perciò sperano provvisorio e ormai rapidamente transeunte, difficile è star dietro all'amore richiesto, comandato dal cristo, anzi pungolo della stessa bontà, ma incompreso quando non dileggiato, o non ne resti ridicolizzato per ingenuità il proponente. Sì, tutto l'amore, quello verso un generico tu o uno particolare ha qui la sua tragedia. Serve ripetere a se stessi, Ecco io sono col cristo e la madre sua, vivo il loro amore e amo loro negli altri, anche se star per questo è spesso inseguire il vento? L'uomo che ci sta di fronte, il tu che chiamiamo prossimo, perché creduto raggiungibile dall'azione nostra generosa, ma spesso colpevolmente timida e inadeguata, è e rimane mistero. Perfino gli occhi della propria donna, quand'anche a lungo osservati celano quello che quel cuore racchiude geloso. E compito è di chi ama, intuirlo e soddisfarlo! Ma comunque vista abbiamo corta e guardando per lo più non osserviamo e capiamo e restano più o meno deluse le aspettative dell'altro anche del poco che s'aspetta nella prudenza del giudizio sull'interlocutore suo, di cui è sospettoso per tanta apparente generosità. Sì, è così, noi non sappiamo come rendere l'altro felice. Nulla sappiamo su ciò che lo contenterebbe, a cosa aspira nel segreto dei sogni suoi e cosa gli fa angoscia nella vita reale. E saperlo gli attenuerebbe la pena di star qui a desiderare, se non a chiedere nel bisogno, e capirlo significherebbe dargli almeno un po' del bene atteso nella vita sua. Ecco mi trovo a soccorrere chi inciampa in questa via lunga o breve dell'esistenza. E piccolo successo diventerebbe simbolo delle mie possibilità e lo cerco e desidero. Ma nulla lo garantisce, la mia vita attiva nel bene non è punto guidata. Piano si muove, eppure affanna! E davvero poco sa dell'essere che ingenuo pare che di fronte ha, ma che di richieste stenta a parlare lasciando l'onere di intuire a chi è, come me, uno sprovveduto. E allora è chiaro che amare il prossimo è una mera pretesa di successo, possiamo sì avere un atteggiamento di benevolenza che l'altro percepire dovrebbe e fidarsene, ma raro accade di soddisfare pienamente attese e bisogni, i veri, taciuti per lo più per orgoglio o per pudore. Ma se insuccesso ho, cadere non devo nella sfiducia e nel rammarico di occasione perduta. Io non ho il compito gravoso di capire il mondo e raddrizzarlo, impresa che fallì al cristo perfino. Ma qualcosa rimuovere del male sempre invitto e restare nello spirito del cristo, spirito d'amore. E se così sto appena, severo il mio giudizio, nella sua sequela, basta per lui se tutto me stesso impegno. Parlano di questo spirito divino molto le parabole. Rimanervi è aver tentato l'amore con dolce benevolenza verso chiunque, anche i recalcitranti, gli orgogliosi perfino che dicono bastare a se stessi, cui necessario talvolta sarà far piccola violenza, ché se ne attenui la contumelia. Tentare qui l'amore è realizzarlo col dio. Altro non chiede che poco, ma tutto ciò che un cuore può dare. Sta come un uomo povero e malconcio sul bordo della mia via, posso ignorarlo, tirar dritto, ma è occasione da non perdere, ha fame ora e d'amore! Ecco arpeggia il vento tra queste frasche. Che dice? Forse, lamentoso, un'esortazione soltanto ripete ossessivo, Ama! E va la vita, va come il vento, non sfugga io le opportunità, non lasci io proprio deluso il cristo, è poco che posso, ma sarà dono del mio tutto e ne sarà felice. Ed è ben strano, non so bene che fa felice il prossimo mio, ma scopro di saperlo per il cristo del suo cuore! E tornerà il vento e racconterà qualcosa della mia storia a orecchie incredule. Quella di un piccolo tragico uomo di scarse possibilità, ma che ha tentato disperatamente di piacere al dio e alla madre sua.

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