sabato 27 aprile 2013

Tu senso della vita







La pressante preghiera di richiesta del bastevole, rivolta al padre di tutte le cose, certo risposta dal figlio tuo ha avuto, ché il pane essenziale e il vino giulivo, quindi l'appena e il di più, lui santificò nel corpo e nel sangue suoi.


Se questo mistero d'amore comprendessimo appieno forse il mondo più fame non avrebbe. Quelli, veri simboli operanti sono diventati, cioè non solo significano, ma fanno la sua presenza ora e qui. Cioè fanno la sua funzione di corpo immolato e sangue versato per la salute di tutti, che deve continuare, protrarsi, attualizzarsi. Allora spezzando il pane e bevendo del vino dovremmo tutti tentarne la condivisione. Noi abbiamo tra le mani una preziosità, ciò che può diventare sacro, se il direttore di mensa, che per il figlio tuo agisce, appena ripete, con gli stessi nostri gesti, le parole da lui dette lontane. E noi? A noi la possibilità di ripetere il gesto d'amore come dono, ché è l'amore che a persona consacrata rende efficace quello di trasformazione. Cioè noi, i semplici, le pecore, mimiamo il pastore, il figlio tuo, nelle premesse, abbiamo il suo amore.


Guai non avere l'amore!


E' l'ora, è questa proprio, che se non si comprende che la vita è servizio per amore, essa è inutile, ché ci attende il nulla! Se non capiamo la necessità della condivisione che detta amore, quello che deve essere sopratutto per il nemico, abbiamo perso la battaglia, ci attende il nulla! Fuor dell'amore la vita è non senso e voi due siete persone buone che la cattiveria ha annientato, inghiottite dal male come ogni altra parvenza di bene. Io non so meglio dirlo, ho rammarico di aver sprecato la vita limitando l'amore. L'amore è fiumana che non può avere argini, li deve rompere. Io non posso limitare l'amore alla donna mia e ai pochi cari che le stanno intorno, sì come rivo in piena devo esondare. Sì, se affetti nella vita ci sono, questi non devono diminuire, ma amplificare l'esigenza di partecipare quel che è nostro. L'egoismo è tentazione, regressione, tua negazione e del figlio tuo. Rinchiudersi nel proprio limitato orizzonte è navigare a vista entro la cerchia del noto e del prevedibile, ma serve scegliere l'avventura del mare senza coste, aperto. Sì, rischio è la vita, o il nulla o l'amor tuo, o il niente o il tutto, o il buio o la luce! E io mi chiedo, se tu non stai ad attenderci, da dove viene, filtra l'afflato tuo? E' dell'aurora cenno, barlume nel buio, è frescura nella calura che affanna, è calore nel gelo che attanaglia, è amore nella solitudine che opprime. E allora mi chiedo. Se tu sei l'ultimo inganno, perché la perfidia anche questa illusione ci darebbe? Perché tanto accanimento, non bastano le brutture di qui? C'è addirittura una volontà di far peggio! Ma, paradosso, allora questo mondo avrebbe un senso, uno scopo. E se costretti siamo per l'evidenza, ad ammettere che la sua ragione è l'affermazione del male, abbiamo riaffermato la possibilità del bene. Perché? Cos'è che contrasta il male, se questo vincer vuole e cosa esso combatte? Perché un che, che gli fa fatica, resistenza alla sua completa affermazione? Allora c'è qui proprio il suo contrasto, il suo antagonista, la sua opposizione. C'è il contrario suo, c'è il bene, almeno qui, quindi il bene ontologicamente è. E tu chi sei mia sconosciuta? Bella e femmina buona ti sogno non dalla scarsa comprensione della mente mia, ma più dal cuore, che sente di appartenerti e che tu sua sei. Io poco o nulla di te so e che dirò? Sei il senso della vita, sei l'amore!







PS: Sarà maggio a breve, il mese della madre nostra. Rosario quotidiano raccomando ai devoti, possibilmente in latino, nella comunione dei santi.


Eccone uno schema: Signum crucis.


Ad crucem: symbolum apostolorum.


Ad grana maiora: oratio dominica.


Ad grana minora: ave Maria.


Ad finem decadem: gloria patri, oratio Fatima.


Ad finem rosarii: salve regina.


Da non omettere: ave maris stella.


Grazie!

venerdì 26 aprile 2013

Cielo stellato







Ricordi la notte di stelle sulla nave che in Sardegna, appena sposi, ci portò? Quelle di prima grandezza tanto lucenti e grandi apparivano, che tentata di toccarle avresti potuto esserne. Fu la notte d'amore più bella, sebbene casta. Abbracciati a lungo rimanemmo, incerti se continuare quell'esperienza fascinosa o ripararci dal freddo notturno, ma quasi senza parole a lungo, credo, sostassimo incantati, stretti a tenerci caldi e nulla perdere di quell'incanto.


Io ricordai le notti briose dell'infanzia mia lontana, quando erano scarse e fioche le luci dell'allora piccola cittadina e la vista del cielo non disturbavano. E mio fratello era ancora con me e giovani e innamorati i nostri genitori...Ma tu mai avevi visto di simile e incantata più di me ne rimanesti, piccole e scialbe le nostre stelle divenute nell'infanzia tua. Solo anni dopo, una notte sugli Aurunci ci offrì negli sprazzi tra le cime scure degli alberi una visione del pari appagante. Come scordarla? Ricordi? L'alba insonni attendemmo, il fiato mio fatto bolso dall'altezza in cuore sofferente. E tu rannicchiata a cingermi del corpo tuo, nella mia più confortevole posizione seduto sul letto. Ma oggi mi chiedo, v'è in natura qualcosa che così parli della bella del cielo, come l'immediata illustrazione che esso ne fa di miriadi di occhi briosi che stanno a inseguirsi fin dove lo sguardo può perdersi? Son forse le essenze del chinale tutte fiorite e profumate che vaghe farfalle richiamano, ora a primavera? Anche, ma non migliore dello star sotto cielo stellato. E io così so per certo che come amore ti fa bella, più questo suo miracolo vuol farti stella. Vedi lassù la più lucente? Credo sia l'immagine sua, che ad innamorati come noi, amor consente e detta. Quando vi sarai nel cielo sua, marinai attoniti ne resteranno, ché accanto alla più lucente e bella, nuova facella si sarà aggiunta, e pulserai per loro a farne sicura la rotta. Ma meraviglia ne avranno anche gli astronomi che a scrutar con gli strumenti loro il cielo di notte la vita spendono. Ché la stellina che il cielo avrà aggiunto a far da ancella della assai più luminosa, si rivelerà doppia. Una starà a gravitare intorno ad altra. Sì, come nella vita primigenia io ti vivevo accanto prendendo del tuo, continuerò a viverti nella novella forma, assorto nel brillio tuo. Tu ora in questa notte l'astro d'amore guardi innamorata e io da voi ho luce e vita. E così estatico ancora sarò, ché quando stella divenuta dello stesso amore brillerai, così io del vostro.


Ho parole ancora ma vogliono tacere, i nostri nasi all'insù e io a sbirciarti gli occhi. Della luce della stella s'accendono pur essi!

mercoledì 24 aprile 2013

Relatività d'abbandono







Quando nell'abbandono uno rimane e l'altro va via, il lasciato lo vede farsi sempre più piccolo in una prospettiva sempre mutevole col tempo, ma di continuo impiccolimento, finché un insignificante punto diventi. E' un effetto relativo apparente e di simile accadrebbe per chi s'allontana se, improbabile, a guardar indietro stesse. Tutto ciò fa metafora di un amore finito, chi nuova prospettiva guadagna, subisce, tempo trascorrendo, diminuzione di interesse fino all'oblio, così di dolore, da chi ne ha sofferto dipartita. Così tu sai che m'è accaduto, rondinella partì ai primi freddi sul nostro affetto. Solo che, anche guarito dalle conseguenze, e non per i tanti anni trascorsi, tristezza sempre me ne fa il ricordo e pena a un tempo, se me lo richiama analogia nell'ora di altro disagio psicologico sofferto, se non il dolore, l'amarezza allora rinnovandosi. Io così tutto vorrei ricordare di lei e mi prende smania di rivederla, ma nulla ne so e forse non la riconoscerei anche se mi vive qui, nella stessa cittadina. Allora mi sforzo di richiamarla, ma solo gli occhi suoi, che neri, al buio s'accendevano, ben ancora so. Il viso, pur assai bello, sfugge e il corpo suo leggiadro è tanto da farsi diafano. L'ha perduta pure la memoria!


Ma non è stato il tempo a guarirmene il cuore, bensì altro affetto, nuovo sorriso, occhi altrettanto belli, voce più calda di donna, questa piccola mia. E le insulsaggini che dicevo e ciò che goffo facevo, e forse un po' a dispetto ripetevo, meritandone i prematuri suoi rimbrotti, a questa nuova, analoghe facezie, e, a dire il vero, di più da allora inventate ne ho, sono sempre state motivo di sorriso ilare nel sogno suo. Ma oggi deve appena preoccuparsene, un po' faceto divenuto anche con altre donne. E ancora ella sogna di noi, ché esaustiva questa vita insieme non considera, e vuole di più. Ed è giusto che più gioia sia per lei, buona quanto bella, e l'avrà certo quando uccelli del tuo cielo diverremo! E io me ne sto tranquillo, riposando il mio cuore nel suo? No, temo che l'interesse tuo per me finisca denunciato dallo sfiorire del suo. Io non oso nemmeno pensare allo scoramento che mi farebbe il suo, a significarmi il tuo abbandono, centuplicato sicuro rispetto all'antico. Chi me lo guarirebbe se pur il tempo, inefficace nell'altro, allora fuggir con questo amore vorrebbe? In questa nuova metafora non solo fantastico l'impiccolimento della figura dell'altro che s'allontana, quella di questa anzi sarebbe pronta a subito svanire, ché ella piccola è già di per sé, ma di più. Il tempo è pur esso variabile, s'allunga di simile all'accorciarsi delle dimensioni, in questa più complessa relatività. E pensar potrei che se tu tornassi indietro con velocità limite, ché tu luce sei, tutto troveresti cambiato. Io non più qui ad aspettarti, ché dilatato sarebbe il tempo, il mio di gran lunga trascorso, e forse, ridotto appena, persa la mia fisicità, a piangervi starei su balza di purgatorio, lì dall'angelo del perdono negletto. E allora fa non mi lasci questa tua donna, sia sempre la mia! Ella mi dice se vicina mi sei e quanto, l'affetto suo mimando il tuo. E' lei la tua orma sul mio cuore, è lei la concretezza, la tangibilità tua. Non temo blasfemia se dico, ecco quest'amore come sacramento m'è del tuo!

lunedì 22 aprile 2013

L'olio tuo







Inaspettata dignità venne a questa umanità quando tu e il figlio tuo entraste nel tempo. Tutto lo riempiste dai primordi della creazione alla proterva civiltà nostra, che i popoli tutti d'allora soggiogava. E vi rimaneste a riempirne il futuro. Ma come in un canale irriguo l'acqua che vi si immette nella stagione arida, tutto trascina e piccole cose, rametti, fili d'erba e piccoli insetti vi galleggiano, altri vi fanno detriti rotolanti al fondo, così tu. Sì, una corrente d'amore fai nel tempo per portar fuori i pochi di leggero peso e quelli tanti gravati da colpe loro, ché spinger tutti nell'eterno vuoi per esaltarli al di sopra degli angeli tuoi. Ma nessun merito aveva l'umanità fin alla discesa vostra in questo basso inferno a condividere il destino nostro, ma da allora il dolore conta tutto, e dell'innocente specialmente, da quando il male voi due pure ha afferrato per farne, al pari degli altri tutti, strazio. E sai quale ne è ancora la metafora più idonea, l'illustrazione più espressiva? E' questo mondo un mare di procelle che vi creano scompiglio, lottando contrarie. E in verità mai da sé requie ha, né tenta valide opposizioni, ma si lascia agire succubo. Ma talvolta accade che i galleggianti abbiano pace da te che li culli in superficie rasserenata. Perché? Il mare che fa il mondo, seconda i venti gagliardi che spirano capricciosi e le onde contrastate vi spumeggiano tormentate e noi con loro. Quelle i nostri dolori sono, ma tu le attenui ché olio versi sulla superficie. Allora l'iroso vento del male più presa non vi fa, ma vi scivola inefficace, ché più non può incresparsi la resa compatta acqua col velo suo provvidenziale che sopra vi si spande. E' il segreto dei marinai dei velieri antichi che una fiasca di prezioso olio serbata tenevano da usare all'occasione per sedar l'ira delle usuali procelle. E tu, provvida madre, da dove fai gocciolare l'olio tuo, se non dal cuore? Oh sì, ne stilla, ne geme e fiasca tutta sei pregna d'amore, ché generosa versi del tuo a lenirci le pene! Vieni allora a versarmi dell'olio, ché io ad altri lo doni profumato ancora per riconciliarteli in una lunga catena d'amore. E da questa pur fragile, d'apparenza forte, donna iniziar vorrò senza fermarmi, se tu me ne fornisci generosa. Oh come vorrei odoroso medicamento poter versare sulle tante ferite e piaghe, se tu me ne donassi! Ecco, tutto intristito mi fa il ricordo del male e le parole mie farsi vogliono pigolio e poi zittite lacrime, e queste solo verso su chi assetato è di conforto. Ma la muta preghiera è più accorata e ti raggiunge e tu non puoi non guardare a questo cuore. Allora stipalo dell'olio tuo, gonfialo fino a farne otre tutto pieno e non temere si schianti o se vero cederà somiglierà questa morte alla dolorosa del figlio tuo, ma quanta felicità da breve atroce dolore! Merito così tanto?

sabato 20 aprile 2013

Mare e altre tue metafore







Triste del dolore la pianta se le radici sue in cuore annida, ché affondandovi vi fanno groviglio. Ed è l'età che amplifica il poco o molto che vi fa il male di qui. E i pensieri, quelli che vi nascono per voi due solo, languono nel loro intrigo, incapaci di venirne fuori, belli pensati. Sarà per questo che più amor non dico a questa donna, che ne è assetata, e per te solo sospiri. Ma vi sarà rimedio? Non credi tu che come non v'è valle ampia e profonda abbastanza da contenere l'acqua del mare, ché questa comunque tracimerebbe, così fa il tuo amore entrato nel tempo mio? Ecco, vi si spande fino ad esaurirlo tutto, del passato alleviando la pena e ne trabocca. E per dove? Se non, come dice speranza, verso l'eternità! E io e questa donna, piccolo amore, siamo come oggetti di poco peso, or uniti or disgiunti a flottare sull'acqua e ne seguiamo il destino. La corrente la nostra vita tutta attraversa e sospinge per portarci oltre il tempo. Sfocerà in te, oceano d'amore, e ci porterà o insieme, ché il nostro amore umano tenterà di non scioglierci, o, se separati dal troppo impeto di quella, tu ci permetterai di riconoscerci nella nuova forma donataci. Noi siamo quel che siamo, poveri non più giovani amanti smarriti, e ci geme nel cuore la nostalgia di te, ché questo esilio di dolore avvertiamo, sottoposti alla tirannia del male. Ma se di te abbiamo consapevolezza, intristirci a lungo non potranno le amarezze di qui e ci disancoreremo dalle secche cui egoismo condanna e più non saremo chiusi nell'angustia di un orizzonte limitato. E ora vele siamo che vento fresco fa scivolare su questo mare, anzi amore ha unito i nostri scafi come in un catamarano. Le nostre prore solcano appaiate le onde e da sotto il ponte, che ci unisce, spumeggia l'onda ferita. Sì, più non ci stringe la cerchia dell'attimo, non ci stordisce più il piccolo bene realizzato nel mondo nostro di due in cui tutto è sicuro e vogliamo perfetto. Sì, ninnoli non ci vagheggiano più le ore e la confidenza nostra non ci dà più l'illusione di essere esentati da ciò che angustia quelli di fuori. Gli immeschiniti dal frastuono di tante insulse parole, a star dietro ai luccichii del mondo, che, inconsistenti, pure irretiscono per deludere e intristire nel non amore. Tu per noi altro vuoi! Sì, che il nostro povero amore pure esondi, tracimi oltre i nostri cuori, che procedono appaiati, per cercar di coinvolgere tutti. Sì, gli sballottati da mare iroso spumeggiante tutto da venti contrari combattuto, il periglioso oceano dell'effimero. Questi, portati verranno da amor simile al nostro, di cui lor compito è innamorarsi e imitare, alle acque sicure del tuo amore, che chiama con parole ineffabili le creature sue tutte. E se la nostra missione d'amore avrà successo, cambierà l'immagine, la metafora. Ecco, l'orizzonte si slarga, non è più terra terra, non navighiamo più a vista, or siamo come una nave d'altura e allo stesso tempo suoi marinai operosi in semplicità e schiettezza. Gonfie son le vele e fiduciosi d'un approdo lontano, una terra nuova di solo amore, il tuo. Ci saranno per questa ciurma composita, tutta di coppie di innamorati d'amore simile al tuo, ancora pericoli e sofferenza, ma una gioia indicibile la attende, e ne spera a ragione. Appaiono ai nocchieri nostri due stelle in notti serene più luminose delle altre tutte e dicono la rotta. Come non credere che siano gli occhi tuoi?

martedì 16 aprile 2013

Che dire al male?







Bene e male sono stati contraddittori che si postulano a vicenda. Sono in questo mondo, sono nell'ora, sono per noi uomini. Ma saranno ancora nell'altro? Sì , fuori del tempo, nell'eterno in cui speriamo di entrare?


Intanto un inferno è concretezza di qui, tutti coinvolge anche animali e altre cose della creazione decaduta. Sì, siamo immersi nel male e crediamo in un mondo nuovo di solo bene. Ed essere stato il male nel tempo garantirà che il nuovo sia per sempre, ché il ritorno del tempo recherebbe la minacciosa sua possibilità. Io, madre cara, non so meglio dirlo, ma non voglio nemmeno pensare alla possibilità di un nuovo inferno per i soli reprobi, che la persona che alimenta il male ha irretiti, non consentendone l'affrancamento. Sarà per un tempo limitato finché non torni nel trionfo il figlio tuo, sì solo provvisorio e in questo aderisco alla congettura di Origène. Lo pensava così, poi il solo bene, tuo figlio, te e il padre suo nello spirito che v'è comune. E intanto qui il male è operato, viene da persona!


E' l'escluso dall'amore, prima che il mondo fosse in questa forma, e requie non ha. Ché ha coinvolto voi due pure, tuo figlio con l'orrenda morte di croce, te nel dolore immane di assistervi. E non è bastato che si fermasse. Ma così tutto il male che c'è stato, c'è e sarà, ha un senso. Da allora ognuno è come l'altro, sì tutti siamo l'altro e l'altro è noi, tutti siamo chiamati al bene, ci accomuna il dolore, ce lo dice il tuo amore. E io vedo tutti come uno sterminato gregge dietro a un pastore e la meta sono i pascoli del cielo! E io che direi a quella persona se mistico furore mi concedessi? Qualcosa di simile a questo. Desisti dal tuo compito ingrato, aspetta, vittima tu stesso, il ritorno del pastore, lascia ti prenda con noi ultimi. Perdonerà te pure! Sì, smettila di calpestare la dignità umana, non vedi i segni dei tempi nuovissimi? Ecco, sudore e lacrime hanno bagnato i solchi dell'immane fatica d'un sol villico. Il campo è tutto arato, e ora da seminatore egli vi getta semi di pace e di vita novella. Tutte le cose ne spunteranno fuori benedette, ricreate nella melodia della nuova natura. Non c'è più posto per te! La gioia di tutti sta per esser piena, ché tutti apparterremo all'amore e tu pure. Ora tu ci separi dal pastore e noi nulla di vero bene possiamo, nemmeno pregare ché ti converta anticipando i tempi, affrettando ché queste apparenze si dissolvano in faville, ma quando egli verrà tutto sarà possibile. Pure che queste mie parole ingenue, che la madre buona ha permesso, di cui qualcuno sorriderà, abbiano un senso. Sì, tu ritroverai quel candore con cui egli suo ti creò, prima che questo mondo fosse. Nessuno sfugge all'amore!

sabato 13 aprile 2013

Incanto di donna







La donna mia sempre avara di lusinghe è stata, ma oggi, prima che la lasciassi per la solita passeggiata, mi ha detto d'essere stata, tutta la scorsa mattinata, come in pena per qualcosa che le era mancato e di non saper che e di averlo capito solo al mio ritorno. Le ho sorriso ammiccando e l'ho rassicurata che omesso oggi non avrei il bacio dell'arrivederci. S'è mostrata meravigliata e felice dell'intuizione e io non l'ho poi ancora delusa. E' fatta così, dice e non dice, ma lusingato ne sono rimasto che un po' penato abbia per la mia dimenticanza. Eppure, quando solo, vi avevo ripensato, sperando non le avesse dato importanza... Ma oggi non ho scordato il gesto d'affetto e ora che le sono lontano tutto a me di lei manca! Ecco io le vorrei dire le cose novelle e belle che qui, immerso in primavera, sento per lei, ma le parole, che pur sono da cuore sempre innamorato, ho solo quando m'è lontana, come una timidezza eccessiva mi induca la presenza sua da farmele scordare. Possibile? Sì,e con te non è diverso! E accontentarvi del poco dovete, come vero bambino tornato, quando per timidezza un po' o troppo balbettavo con le coetanee, esposto al sorriso di scherno, ma non così faceva la piccola Or. Ella molto fantasticava di noi e le bastavano poche parole stentate per dirmi le tante sue. Così in sogni recenti fortunati io ti vedo e tu mi parli e tanto, dopo le poche parole mie, ma io nulla ritengo, incantato dagli occhi tuoi e dai capelli neri e dal viso candido neve come la veste tua. E tu, che mi sai tanto distratto, sorridi benevola. E io non so dirti le vere mie parole, che pur mi gonfiano il cuore, vinto da tanta bellezza. E con te pure scambio un bacio, timido, breve, ma vero bacio e tu ne sei contenta, come lo è questa donna e come lo era la piccola Or. Ecco ora, allo stesso modo mi comporto con le donne mie e di tutt'e due ne ho incanto. E sai cosa me ne fa di questa? Sì, la calda tenera voce anche nei rimbrotti, che merito sempre più frequenti, il suo sorriso, gli occhi suoi belli da orientale e poi tutto quello che la fa donna, la mia. Delle altre che conosco, di me assai più giovani, evito l'incontro, ché non ne sembri imbambolato,così esposto al motteggio, a meno che sole non siano alla passeggiata, psicologia indifesa allora, e ne ho dolci conversari. E questa mia subito mi interroga al ritorno e io le rendiconto tutto per tranquillizzarla, ché mi sospetta troppo sensibile al fascino delle pargolette, ché più deluso veder non mi vuole, come triste m'accadde di diventare al rifiuto ancora della brunetta della mia infanzia, incauto avvicinata. E' preoccupazione esagerata, ma io lusingato sono pur dalla sua gelosia, che appunto non si ferma alle donne di oggi, ché non vuol sentire di alcuna altra donna del passato, solo i sogni di te ascolta. Ecco, è di tutte gelosa, ma non che io pensi continuamente a te e se mi chiede da che è nata la mia devozione, cosa alimenta la mia speranza d'amore ricambiato, io le dico il vero. Tu da sempre hai visitato i miei sogni, anche di bambino e lì bambina con me sei stata. E poi che è proprio lei che m'hai detto d'amare per amarti. L'ho fatto? Sono riuscito a vero amare, essendo amato? Voglio tentar per l'eternità tutta, se questa vita non è bastata. E sai lei che fa, più tenera si fa e me ne fa incanto!

venerdì 12 aprile 2013

Tempo d'amore







Non t'accorgi quanto quest'aria mattutina porti un tepore insolito? E se sosti con me, ché pacata ci riprenda la lena, su per i sentieri del bosco sentir puoi canti diversi di frementi piccoli cantori, invito alle compagne loro che ancor scelto non abbiano. Sì, son note diversificate e gorgheggianti talora, ma altrove, più lontano, la stessa nota acuta ripetuta è come bussar voglia insistente e chiedere ascolto a distratto cuore. Sono tutti modi di richiesta supplice d'amore...E io, che così te ne chiedo, ti invito ad avvertir la dolce fragranza di fiori novelli portata tra gli alberi dalle radure esposte alle falesie. E' da lì che brezza dolce sale dal mare, si impregna ai cespugli di ginestra ed erica, carezza asfodeli già dischiusi, dove già stanno a ronzare primi sonnacchiosi bombi e, pigre nell'indugio loro su questo o su quel fiore, prime farfalle. Sì, è proprio tempo di sogno, è d'amore, è tempo di primavera! Sapertelo dire vorrei efficace, ché tu scenda per essere tutt'uno con la donna mia e lasciarti per lei amare. Oh quanto ella è già tenera di per sé! Come accorgermi allora potrò se venuta sei ad abitarle il cuore? O se vi stai da sempre ed ella è per questo così com'è per me? Hanno gli occhi suoi in questo tempo come una luce nuova e melliflua ne più la voce e freme amore alle carezze mie. E dice parole nuove, come cuor pieno n'abbia...E il ricordo suo ora mi fa smania di rivederla presto! Ma forse nulla di questo mi dirà della presenza tua. Sarà quest'amore che ignora l'età a richiamarti dal cielo, non può essere che amore che ti spinge, innamorata dei nostri cuori. Ma simili pensieri tanto consoni a quest'ambiente, che profuma sonoro e li suggerisce, vengono or ora distratti da una meraviglia. Noto una schiuma bianca che tutto ricopre un tronco e giù si versa a lambire il suolo. Tante limacce vi pasturano...E' un fungo che non conosco, all'apparenza soffice come lo è muschio, anzi vaporoso come la veste tua nei miei sogni fortunati, ma al tatto poco o nulla cede. E' davvero strano fungo ne chiederò a chi so ne sa, ma intanto vorrei me lo suggerissi panacea al male che qui ingordo spadroneggia. Sai, medico sono e pungolo mi fanno drammi senza rimedio che nemmeno i piccoli tuoi risparmiano... E ancora ho qui occhi, orecchie, tatto, un tutto per la meraviglia, manca l'intuizione! E sospira questo vecchio che tu gli annuisca. Sì, proprio vecchio sono, ma ancora bambino per la preghiera... e per te è ora accorata, e le immagini mi si fanno tremule! Sai è luce che vorrei, prima che notte completa sia per questa vita! Ma è giovinezza di speranza che m'aleggia primavera nel cuore e tutto è possibile, il miracolo perfino, in questo tempo d'amore!

mercoledì 10 aprile 2013

Quanto può amore







Amore è gioire della gioia dell'altro, ma anche rattristarsi se l'altro ne manca. Allora, ché tu non intristisca, devo non più oltre rattristare questa donna e comincio col mostrarmi sereno, come l'anima avessi francata dal male e il corpo pure, ché è voi due che amo. Sì, così ne misuro l'efficacia, come? Dalla piccola contenuta gioia che ne ha questa piccola donna mia, ché ne lascia sgorghi ineffabile dalla dolcezza sua di donna ancora innamorata. E me lo dicono questi occhi e me lo dice il suo sorriso. Così l'aria vero ci profuma in questo primo tepore primaverile, come vero i cuori ci azzurreggi la pace, ma riso e pianto vogliono sgorgarmi a un tempo. Perché? Come è strano il cuore umano! Comincia dalla serenità un po' voluta per amore dell'altro, e finisce nella felicità di saper che nell'altro freme la gioia, un po' almeno o tanta! Sì, io la vedo tuo vero specchio, assai poco basta a farla felice, e solo così so che è anche per te. Ella non chiede che stare nel suo giardino a piccoli mestieri intenta, sapendo che finalmente un po' di pace ho nel cuore e così ne può fiorire nel suo provato. Ma c'è di più! Il male fisico, che tanta parte fa della nostra miseria, e che ci fa goffi nell'impresa, sempre ardua, di vincerlo nell'ansia e nella tristezza, freme, e ora quasi vorrebbe essere superato, vinto dallo spirito forte fatto nella gioia, quella piccola indotta nell'amato, quella aumentata tornata a slargarci il cuore, sapendo l'altro un po' felice. Sì, è l'anima che s'era rattrappita nella infelicità, forse ancor prima che il corpo ne subisse conseguenze amare di sofferenza, ma ora sa di poter lottare ancora! Ché ora c'è come una forza nuova, che s'è immessa nella vita e la solleva e la trasporta fin dove amore la sogna. E se è troppo tardi ché il male dispaia completo, ecco l'assopimento per la stanchezza di questo viaggio, ecco il sonno, ecco la morte sorella, perché ora c'è pace vera in cuori che tanto s'amano e dal tramonto dell'uno, quello dell'altro, ma subito fiorirà aurora novella! Sì, tu vieni a coglierci, fiori di campo, per i giardini celesti!

lunedì 8 aprile 2013

La fede







Timida, supplice la voce mia e neppure so se m'ascolti! Ora s'è imperlata di lacrime, ma cerca ancora la fede, ché muoverti vorrebbe soccorritrice. Per chi? Per chi da me amore ha atteso e ho deluso, per chi da me amore ha avuto e non abbastanza. Ecco, questa la fede che vorrei. Postula il miracolo, lo vuole, lo pretende, ché sa che può accadere, se ne sa necessaria anche se sa che da sola essa non basta. E' richiesto un di più! Che? L'eroicità, forse? Che è? E' forse sgrovigliarsi dai fatti della vita, conservare la speranza nonostante il brutto e l'amaro. E non l'ho fatto! E ne ho pianto, tanto il disagio, tanta l'ansia, la paura, tanto il dolore. Ecco, l'alba è ormai, un pregustare lieve il giorno con la luce sua, ma subito sarà sera.


Nulla molto dura, sfarfalla nell'attimo, non la gioia precaria sempre, non le lacrime amare che la rimpiangono, e così sarà finché per me non taccia l'ala del tempo. Io non posso aver gioia senza te, le cose umanamente più care, più sacre, dissolvono! Ecco qui la vita mia tutta, povertà, rinuncia, dolore. Dove la gioia, sì, la pienezza della letizia, nemmeno nell'infanzia lontana. Sofferenza con le strettoie sue, asprezza di lotta per cui più forza non ho. E più vette roggie di luce non ci sono, indorate dall'astro che sorge, il cielo vuol farsi tutto un grigiore e la notte delle stelle lamenta l'assenza. Se v'è gioia non può essere qui per me, forse occorre che prima la veda in tutti, per non sapermene troppo fortunato! Qui molte illusioni e surrogati anche d'amore. Ecco, io potrei dirti, ho perso tutto per te. Ma non direi giusto, non l'amore, ché molto sono stato amato, come una briciola del tuo donata. Ma più ancora ne pretendo, uno senza misura, uno esclusivo, speciale, che includa la possibilità del miracolo. Ho gelosia ombrosa di te, non ti vorrei distratta altrove, ma tutta per me solo a riempirmi i sogni! Solo prologo ne sento questo amore di donna. Ma ecco, è vero, proprio eroe non sono, non abbastanza almeno. Qui soffre qualcuno, manca di te, manca di me. Nella vita ho toccato, ho palpato, mi sono contaminato di dolore da sbiancarne. Ma mai risposta adeguata dalla mia mediocrità. Allora è questo il miracolo che chiedo, ne ho pretesa forse assurda, ché sento di non poterlo meritare. Vorrei vedere la serenità, la gioia diffuse e le lacrime tutte asciugate nella vita che mi resta! Sì, oso chiederti tanto, lo faccio nella preghiera accorata, lo faccio nelle veglie, lo faccio da questo dolore scuro che m'attanaglia. Salva la donna mia! Salva anche chi amare non ho potuto! Salvaci, esuli siamo in nostalgia di te! E tu già tendi premurosa le mani, mi ravvivi le forze, mi asciughi le lacrime e mi ripeti, abbi fede, la mia!

sabato 6 aprile 2013

Elogio della donna sua







Faticoso è l'ansimare d'ogni giorno, madre cara. E c'è chi decide di morirne, annientarsi nel baratro in questo tempo di crisi. E' d'oggi una tragedia che più persone ha coinvolto, più non potevano lottare nella povertà, che da ogni parte li stringeva, pensa madre, non avevano più l'essenziale, sì, di che mangiare! Nessuno ha pensato a loro, nessuno li ha aiutati! E' a loro che occorre chiedere perdono, sì noi tutti assai più fortunati! E questo dolore mi sconvolge, mi fa piccolo e più bisognoso d'attenzione e la vita tutta riesamino e vi cerco un significato. E mi chiedo. Chi pensa, chi guarda a me? Sì, chi ne ha cura? Oh quanta irosa invidia in questa vita, oh quanto studio e tenacia nel giudicare, condannare, accomunare, calpestare, quando già appena poco lontani nessuno vede più l'altro! Ma a volte per me non è bastato allontanarmi! Vanità, stupidità, malizia ci possono seguire, oh quanto tenaci e insistenti allora, da non dar requie! Ecco tacita è da sempre la piccola lampada mia, consumando quasi solo di sé vive. Disturba? Non dovrebbe! Non è che un puntino in tutta la notte, e a lungo si è chiesta, attrarrò, attrarrò mai falena? Ecco la bella farfalla. Fine è l'anima sua, sa dolorare, sa gioire, coglie le armonie di cui palpita l'universo tutto, forse è per me, se la bella del cielo me la destina! Sì, è del cuor la felicità e contento sarò nel dedicarle delicato amore. Ma ho sbagliato spesso giudizio... Allora sono uscito da me, io verso un tu..., cisposo però, più non distinguevo la verità e la via e più nulla capivo, nulla di limpido dinanzi agli occhi miei..., ma proprio allora questa piccola donna. Ecco, tutta in questa la felicità mia, e, distratto il cuore, più pensato non ha al baratro che pur l'attraeva, troppo occupato con lei, sì, a far sorridere un po' il cuor suo! Sì, per tutti la felicità può consistere in un tu! Forse non altri scopi ha la vita, è altrimenti assurda e le piccinerie, le malizie di cui è disseminata, invitano al baratro, sempre aperto, cattivante. Uno deve ripetersi, ecco oggi è un bel giorno per cadervi. Non lo farà, non vi cadrà, se dell'oggi qualcosa l'attrae e distrae. Niente meglio lo fa di un piccolo cuore di donna! Occhi e sorriso di donna riempiono la vita tutta, bastano a farne la felicità. Limpidi questi occhi, la pupilla non è velata né ambigua, è lo specchio di un'anima, che sa di essere per un tu. Ecco la sola fortuna della vita, incontrarli, attrarli, lasciare abbiano scelto d'essere per un altro sé solo. E questi sono stati per me. Ma se vero con questa sono stato fortunato, è il lavoro ci ha permesso la vita... modesta, poco colpevole, senza spudorata abbondanza, ma sicura. Sì, ma forse non siamo stati appena! Ecco di che pentirsi, ecco di che chiedere perdono! Ma ecco, è passata rapida l'ombra d'alba di cui è fatta questa mia vita. Tutte le cose che l'hanno riempita si son fatte vane, pur la colpa di non essere stato abbastanza per gli altri, troppo per me solo, ma non quel tu che mi è rimasto accanto. Preme l'oblio, preme la morte, ma forse non saranno finché su me questo sguardo d'amore ella poserà, e quando le si stancheranno gli occhi, perdonato, sarà l'incontro con te!

venerdì 5 aprile 2013

Cuore mistico







Se misticismo è credere nella possibilità di un'unione con te, intima quanto permetta che tu conosca questo cuore e tu mi lasci leggere un po' nel tuo, ecco questa mia vita ne è stata tutta il tentativo. Ma quanto riuscito? Posso vero dire di conoscerti un po' più di altri devoti? Sì, se ne potessi misurare il grado dalla sofferenza. Da sempre immerso nella banalità del quotidiano a lottare per conservarvi la dignità, nell'apparente stare senza scopo e senza dio a questo mondo. Sì, è stato come continuare a non scordarsi che la luce del sole è più del grigiore scialbo e freddo dei giorni senza gioia, ma tutto indora e riscalda e i fiori lascia sboccino, è stato come continuare a sperare che le stelle non spariscano in notti sempre buie e che i luccichii loro si conservino oltre le nubi grevi del dolore. Ma sai quest'età cosa in più mi dà di questa consapevolezza? Mi dà diritto alla colpa. Una vita deludente o fallita può aver avuto cause occasionali, contingenti, ma occorrerà ammetterne le ragioni, che sono personali, peculiari del soggetto, del suo modo di rapportarsi al mondo e perciò agli altri. Riconoscerlo è il primo passo per potersi perdonare e perdonare. Chi? I personaggi scomodi e tristi della propria vita, di per sé negativi o tali dovuti giudicare a causa di un comportamento non chiaro e apparentemente duro, ingiustificato, gratuito spesso, che possono avervi concorso anche loro malgrado. Perdonarsi è tornare puri nelle aspirazioni e perdonare è il primo passo all'amore che sarà a tutti dovuto. E' questo che fa la peculiarità umana, prendersi cura dell'altro, anche dell'indegno, inserirlo nel proprio destino, povero che sia, di bene. E' questo che avvicina la trascendenza tua e mi fa degno della tua attenzione, aver vissuto per un grande ideale, aver molto amato. Io non sono nulla senza l'amore. Ti faresti, se non amassi, lontana, inafferrabile come certe coetanee dell'infanzia mia e come è giusto siano le donne adesso, troppo giovani e distratte. Ma tu mi sei vicina e sai chi me lo dice? Questa donna, che crede alle favole mie e all'amore ancora. Sì è lei proprio a farmi mistico il cuore. Povero vero sono, ho solo amato, non ho meriti, ho perso tutte le battaglie, ma come Paolo ho conservato la fede e tu sei la mia meta. Vicina creduta, lontana forse ancora. Ma, mi chiedo, può tanto amore di donna non essere prologo al tuo? Sì, tu sei la trascendenza mia!

mercoledì 3 aprile 2013

Piccolo sogno d'amore







C'è, mi chiedo, una possibilità di saperti e non amarti, o conoscere te vuol dire sempre amore? Ecco che dico di me, son uno che sogna d'amarti e non sa che sia l'amore per te, come tu vero non fossi come le altre. Lo sei? Chi t'ha visto, chi t'ha saputo, ne è rimasto innamorato e tu nei sogni miei venuta sei. Da quando? Già da bambino! Sì, sognavo di te e lì v'eri sicuro bambina, e io che quasi non so più nulla di quei sogni lontani, pur son certo che vi eri. Sì, mi piacevano già le favole e sempre te ne volevo la piccola fata. Ma perché e da allora quei sogni? Tu, forse del castello la piccola principessa vi eri e io v'ero di te piccolo innamorato, sempre nell'attesa che ti me t'accorgessi e ti guardavo stare in un giardino incantato... Ma forse perché vero così m'era accaduto! Sì, che la piccola della casa di fronte sbirciassi nel suo giardino, quell'estate lontana, solitaria a palla giocare e sempre con la stessa cantilena avvertirmi della presenza sua, fingendo poi di ignorare la mia. Portava treccine col fiocco e neri i capelli e gli occhi forse vero nero aveva, ché dalla mia parte sempre curava non guardare. E' il mio più lontano piccolo sogno d'amore, ché più non la rividi e forse continuai a vagheggiarla, tu lei diventata, ma piccola fata capace di imprigionare quel tempo a continuarmi la mia piccola prima illusione d'amore. Sai che sul muretto un fiore trovai? Ma ora quest'età tenta di rifarmi bambino. E come lì geloso dovevo pur essere di ogni altro suo interesse, e da allora anche tuo, tu lei interpretando nei sogni miei, ma più bella e lontana, una piccola irraggiungibile principessa appunto, così questi occhi di donna solo per me ora voglio, ché altrove non guardino. E lei fa come cedere possa ancora alle lusinghe mie, me ne concede l'illusione, forse solo pietosa, o se sincera, perché mossa da vero amore, quello che io dico di non sapere e a te e a lei dovrei. Ecco è forse questa la tua risposta, c'è da molto e io mai capita l'ho. Il suo è un continuo inventarsi l'amore, per quest'uomo stupido, che vi cerca ancora nel sogno e voi qui siete! Ed è così, per lei proprio, che certo sono dell'amor tuo: esso è per me da sempre! Tu non sei più la piccola solitaria della casa di fronte, audace finalmente la recinzione del giardino ho scavalcato e con te a palla gioco. Sì, è questa mia, la piccola dirimpettaia è tornata!

martedì 2 aprile 2013

Dimmi come amarti







Nell'amore umano cuori amanti finiscono col battere all'unisono e si può dire che c'è un cuore solo per lo stesso amore. Ma nell'amore per te, intenso, appassionato, cos'è che ti fa contenta, se per me è un sentire che potenzia le capacità mie nel bene e mi riconcilia con uomini e cose? Basta? Non v'è mistico che non sappia, eppure non sa dirlo! Ma ciò che è utile ed essenziale nel suo rapporto con te, ciò che lo fa benevolo verso l'esistenza tutta, sapendoti felice del suo stare a questo mondo, forse è solo vedere l'intera sua vita tutta consistere in te che lo riami. Ché l'amore vero è solo quello ricambiato. Chi non è riamato incupisce e si perde la vita sua. Ma è impossibile che tu non riami chi t'ama e allora essere felici di stare sotto alla tenerezza tua è forse la sola risposta che t'è dovuta. Tu vedi e conosci cose di me, forse solo mediocri, eppure mi trovi degno d'amore. Tu scorgi in me cose che, chi è disattento, non sa o non vuole vedere e le trovi belle, e forse vero lo sono un po', ma tu le esalti e le amplifichi, completandole del tuo, e solo tu in fondo trovi bella l'anima mia. Leggi questo cuore e vi leggi soave! Sì, questa passione per te tutto l'ha invaso, polarizza la vita mia, ma non mi fa cieco o indifferente al mondo. Amo sì chi credo m'ami, e questa donna mi dice amore da una vita, e la amo nella sua integrale realtà, che è anche somatica oltre che spirituale. E il mio amore per lei è sì mistico, ma cerca da sempre una comunione completa. Ma se anche fosse già raggiunta chiederei a te sostegno che non scemi. Io non so in che consisterà quest'amore dove vivi, sarà un amore sublimato e desessualizzato e certo non rimpiangeremo il modo d'amarci nella presunta completezza in questo mondo passato, ma non ce ne vergogneremo, puro l'amore nostro sempre. E io so che nella misura in cui avrò conosciuto questo cuore di donna è il tuo che aperto m'avrai. Ma quest'amore non si ferma e se è vero che d'altre donne non pretende l'interesse, pur vuole la felicità di tutte le conosciute. S'angustia di sapere il destino per talune buio. E vorrebbe saper porvi rimedio e non sa, se non con la preghiera. Ma v'è di più, perdonato da te, io so perdonare e prego che dal perdono venga l'amore. Solo così anticiperò qui l'amore nella completezza che ti devo. Aiutami, fa che mai più in me nasca odio o rancore e non resti più indifferente a quanto di tragico quaggiù accade. Sì, sento d'amare me stesso e tutto ciò che v'è fuori di me, e se questo non è amore per te, che è? Sì, se questo amore non è, dimmi come posso amarti, breve è il mio tempo! Dimmelo in un sogno, dimmelo col sorriso della natura tutta, che svegliarsi ora vuole, dimmelo con gli occhi e il sorriso della donna mia!

lunedì 1 aprile 2013

Lazzaro







Lazarus vocatus est a monumento foetido. Ecco il signore viene a richiamarlo alla vita, eppure piange. Perché? Vede forse le innumerevoli morti prima che la sua possente voce tutti richiami alla vita? Verosimile, ma il pianto dell'amore che vince la morte inquieta... Quanto dolore ancora dopo il suo vincere quella morte, quanto dolore ancora alla sua morte, quanto in ogni morte! Sì, innumerevoli le lacrime e i gemiti e le tombe più non si ritrovano vuote. E la vita e l'amore? Forse da allora annichiliti son rimasti in una latebra del tempo, in una fovea dello spazio. Croci, croci, innumerevoli! Ma l'amore vero, il divino, il tuo, è benevolo ancora verso l'esistenza, il dio guarda ancora a questo mondo che l'ha respinto, vede e capisce che tutto è rimasto come in una prigione buia, in cui tutte le brutture rimangono possibili. Perdona. Tutto ha ancora bisogno d'esser sanato e il male vince ovunque. Perdona. E tutti pagano un tributo all'amore e chi più ama più deve, e anche lui ha dovuto per amare quest'umanità triste, che è capace di ogni sciagura. L'innamorato indirizza l'attenzione sua verso valori della persona amata che altri non sa vedere. Una madre sa, conosce del figlio ciò che è amabile, nonostante un'apparenza anche infelice e tu lo vedi in noi, brutti tutti d'egoismo. Noi non vediamo negli altri nulla di degno, cisposi gli occhi. Eppure qualcosa di degno deve pur esserci in questa umanità e io essere vorrei come Francesco che bellezza trovava in tutto. Sì il tuo amore materno è l'amore cosmico, che tutto abbraccia, tutto sospira, tutto vuole per sé. E noi siamo figli! Tu ancora dici al figlio tuo, amiamo quest'umanità nella quale entrati siamo e rimasti. Ecco al grido tuo questi addormentati come Lazzaro usciranno dagli avelli loro trasformati per aver parte nel nostro amore!