sabato 20 aprile 2013

Mare e altre tue metafore







Triste del dolore la pianta se le radici sue in cuore annida, ché affondandovi vi fanno groviglio. Ed è l'età che amplifica il poco o molto che vi fa il male di qui. E i pensieri, quelli che vi nascono per voi due solo, languono nel loro intrigo, incapaci di venirne fuori, belli pensati. Sarà per questo che più amor non dico a questa donna, che ne è assetata, e per te solo sospiri. Ma vi sarà rimedio? Non credi tu che come non v'è valle ampia e profonda abbastanza da contenere l'acqua del mare, ché questa comunque tracimerebbe, così fa il tuo amore entrato nel tempo mio? Ecco, vi si spande fino ad esaurirlo tutto, del passato alleviando la pena e ne trabocca. E per dove? Se non, come dice speranza, verso l'eternità! E io e questa donna, piccolo amore, siamo come oggetti di poco peso, or uniti or disgiunti a flottare sull'acqua e ne seguiamo il destino. La corrente la nostra vita tutta attraversa e sospinge per portarci oltre il tempo. Sfocerà in te, oceano d'amore, e ci porterà o insieme, ché il nostro amore umano tenterà di non scioglierci, o, se separati dal troppo impeto di quella, tu ci permetterai di riconoscerci nella nuova forma donataci. Noi siamo quel che siamo, poveri non più giovani amanti smarriti, e ci geme nel cuore la nostalgia di te, ché questo esilio di dolore avvertiamo, sottoposti alla tirannia del male. Ma se di te abbiamo consapevolezza, intristirci a lungo non potranno le amarezze di qui e ci disancoreremo dalle secche cui egoismo condanna e più non saremo chiusi nell'angustia di un orizzonte limitato. E ora vele siamo che vento fresco fa scivolare su questo mare, anzi amore ha unito i nostri scafi come in un catamarano. Le nostre prore solcano appaiate le onde e da sotto il ponte, che ci unisce, spumeggia l'onda ferita. Sì, più non ci stringe la cerchia dell'attimo, non ci stordisce più il piccolo bene realizzato nel mondo nostro di due in cui tutto è sicuro e vogliamo perfetto. Sì, ninnoli non ci vagheggiano più le ore e la confidenza nostra non ci dà più l'illusione di essere esentati da ciò che angustia quelli di fuori. Gli immeschiniti dal frastuono di tante insulse parole, a star dietro ai luccichii del mondo, che, inconsistenti, pure irretiscono per deludere e intristire nel non amore. Tu per noi altro vuoi! Sì, che il nostro povero amore pure esondi, tracimi oltre i nostri cuori, che procedono appaiati, per cercar di coinvolgere tutti. Sì, gli sballottati da mare iroso spumeggiante tutto da venti contrari combattuto, il periglioso oceano dell'effimero. Questi, portati verranno da amor simile al nostro, di cui lor compito è innamorarsi e imitare, alle acque sicure del tuo amore, che chiama con parole ineffabili le creature sue tutte. E se la nostra missione d'amore avrà successo, cambierà l'immagine, la metafora. Ecco, l'orizzonte si slarga, non è più terra terra, non navighiamo più a vista, or siamo come una nave d'altura e allo stesso tempo suoi marinai operosi in semplicità e schiettezza. Gonfie son le vele e fiduciosi d'un approdo lontano, una terra nuova di solo amore, il tuo. Ci saranno per questa ciurma composita, tutta di coppie di innamorati d'amore simile al tuo, ancora pericoli e sofferenza, ma una gioia indicibile la attende, e ne spera a ragione. Appaiono ai nocchieri nostri due stelle in notti serene più luminose delle altre tutte e dicono la rotta. Come non credere che siano gli occhi tuoi?

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