Quando
ci troviamo in condizioni di necessità o disagio e chiediamo
all'altro, la risposta può mancare. Ma se c'è, potrà essere
deludente, ché non soddisfa il desiderato. Allora se non adeguata,
senza finzione occorre far sì che l'altro non avverta la delusione
nostra e si rammarichi dell'incapacità sua a far meglio. È atto
d'amore. Di simile, non dobbiamo insistere con Dio, che dà sempre il
possibile. Perché? Noi, forse sbagliando, lo pensiamo onnipotente.
Ma noi perché esistiamo, se non per operare il bene? Solo le nostre
sono le sue mani, se la nostra diventa completa sua volontà! Sì,
egli forse agisce solo per tramite nostro. Allora ciascuno si
preoccupi almeno di chi ha accanto, di chi può raggiungere, e
impegni tutto di sé nel soccorso, affinché assicurata sia un po' di
serenità, se non di gioia, all'altro! Ci riusciamo? Chiediamo
altrimenti a chi disse di sé, < magnificat anima mea dominum>.
Sì, perché <dominae sumus>!
mercoledì 29 aprile 2020
martedì 28 aprile 2020
Il mio grazie a Dio
Quale
quella forza che talora tutti uscir fa dalla consueta mediocrità,
per farci apprezzare bellezza e bontà, che qui pur ci sono? Io penso
che sia l'amore di chi tutti guarda e attende, e che chiamiamo Dio.
Ecco in me pur nasce qualcosa d'analogo e nei momenti migliori,
belli, apprezzo lo stellato e il cielo tutto, sereno o nuvolo, sopra di
me e gli alberi e i fiori e le erbe che lor fanno corona. E ricordo
ho delle persone buone, da cui ho sempre ricevuto qualcosa, che
arricchito m'ha l'anima. E sono parole, talora nitide voci, occhi che
guardar benevoli me proprio hanno voluto e vogliono. Ecco allora il
mio grazie a Dio, che spero incontrare anche oltre le cose, le
situazioni, le persone, questa stessa donna, per le quali ha voluto
conoscessi e conosca l'amore e così lui stesso, pur malandato il
cuor mio dei sentimenti al pari del fisico!
giovedì 23 aprile 2020
Anima e spirito.
Il pentimento mi ha dato la possibilità di chiedere
la grazia del perdono e sono certo del sì divino dal momento che ho
quasi completa la libertà dai condizionamenti di qui, durati forse quanto tutta questa mia età. Infatti a chi va chiesto il perdono? Anzitutto
a se stessi, riconosciuti i propri errori, così, se si ha il dono
di credere, che per tutti sarà almeno postumo, lo si chiede anche a
Dio. Per me la certezza dell'ascolto suo e del concesso sta nella
misura della pace che ho raggiunta. Quello di cui l'anima mia
soffriva ne è restato ricordo, ma attenuato e sparirà pur del
tutto! Quando? Quando l'anima, il nocciolo della mia psiche, che fa
che mi percepisca persona, tutta qualcosa di assai diverso diventerà
. E io che ricordi ho? L'aver privilegiato me stesso, il mio ego. In
tutto poca generosità, come medico anche, come insegnante perfino,
e, nel rapporto con gli altri, con le donne anche. Certo tutti devo
aver deluso dalla mia cautela e pochezza nell'offrire, e questa mia
donna ne deve aver sofferto, pianto forse! Ora però la mia anima, la
coscienza che ho di me, ha iniziato a tornare spirito, assai diverso
dal mero psichismo di appena ieri, quello spirito che sicuro avevo
bambino, certo illuso d'affacciarmi a un mondo di sole meraviglie, ma
con manifesta gioia di viverci, amandolo tutto e, pur senza più mio
fratello, sotto a un cielo buono. Non è questa confidenza col mondo
propria di Dio? E se questa ritrovata essenza fosse completa in
quest'ultima età sentirei di possedere qualcosa con una sua grande
positività. Quale? Quella di dirmi vero credente, convertito alla
fede, alla speranza di un “oltre”, ma avvertito già qui. Cioè
saprei, toccherei che Dio c'è per me pure! E quanto ho penato per
percepirne qualcosa! Direi che mi sta davanti, accanto, sta dentro di
me soprattutto, in quella parte della mia psiche, che allora
chiamerei a ragione cuore o spirito. Che ha questo? Ritrova il
fratello, la madre, il padre perduti! E se questa donna sorride,
scordati i suoi crucci e le ansie sue per me, è la madre mia o
addirittura la bella del cielo che lo fa, scusando quello che non le
piace di me. Vedrei tutto diverso! Non più per candore di bambino
con l'illusione di bene da inesperienza, ma per certezza di sentire e
veder giusti. Direi allora che mio fratello è Gesù che per me
invoca la sua dolce madre, proprio come lui faceva con la madre
nostra alle mie intemperanze di bambino, pregandola di perdonarmi.
Ma perché è fondata la speranza che la bontà, il bene, si possano
già qui raggiungere? Perché finalmente saprei di amare, come da
sempre desiderato, non più condizionato nell'esprimere quest'amore
sentito dentro, ma libero, come solo Dio lo ha e lo dona. Ed è per
questo che vedrei in tutto e in tutti la bellezza, quella che ho
conservata nel cuore, nella latebra che allora ben chiamerei spirito.
Sarei certo che l'amore, che ne promuove la trasformazione, ne
sarebbe anche espressione, anzi sarebbe tutto il mio spirito, mutata
l'anima, l'intimo della mia psiche fattasi solo cuore, spirito
appunto da somigliare a quello che penso il Dio voglia diffuso ora e
qui, il suo! Esso sa che il Bene m'attende appena oltre e che ora
non ben percepisco, troppo ancora l'assillo del male che fa cisposi
gli occhi miei ancora, pure ora nella luce. Sì, nella misura
dell'amore, sentito e donato dal cuore, è prossimo Dio, che è
amore!Chi pregare? Ma non mi ripeto, <dominae sum>?
martedì 14 aprile 2020
L'oltre promesso è già qui nel nostro cuore.
Cristo
è davvero risorto. Ma questa “sua pasqua” non può essere
fondamento della mia fede, ma lo è la croce sua e mi basta. A tutti,
come dice di sé Simone Weil, deve bastare, ché la fede non può
fondarsi sulla meraviglia e lo sgomento d'un tale splendido miracolo,
la resurrezione! Ché la croce sua parla di per sé! Dice quanto da
questo mondo e chi lo impera, ha il Cristo patito per essere accolto
in ogni cuore ed esservi fonte d'amore e di speranza. Sì, la risposta
dalla sua e ogni croce, è d'amore. Ché, dalla sua fa propria
l'invocazione da ogni croce. Allora è quella che noi dobbiamo a
tutti e che il mondo combatte con gli allettamenti suoi, le lusinghe,
e turbamenti e i tanti suoi pericoli subiti. Perché lo fa? Per far
tacere pure la speranza. Quale? Quella che chi ci occupa il cuore,
flebile ormai la voce del Cristo. Che dice? Il Padre suo e nostro un
“oltre” per noi, per noi proprio, mantiene. Proprio l'”oltre”
che a molti da qui deve apparire quello che certo era prima che il
mondo fosse e il Padre si mostrasse attraverso la creazione sua, e il
Figlio si staccasse da lui per il compito affidatogli. Cioè prima
che attraverso il Figlio lo generasse per far sì che tutti intendano
che l'amore e il bene vanno raggiunti e occorre farlo nonostante il
mondo brutale, che pur sorregge la vita! Sì, l'assoluto nulla,
quello di prima che questo tutto fosse chiamato a esistere. Perché
allora quelli che pur sentono il Cristo dentro devono aspirare a un
“oltre” e dove sperarlo? Il Cristo desidera ricongiungersi al
Padre, annullarsi in lui, finita, conclusa la missione sua d'amore,
essere cioè come prima che per lui il mondo fosse, e vi era
indistinto. Se lo amiamo a lui dobbiamo la risposta che l'amore
detta. Come? Col pentimento d'aver ceduto, aderito al mondo, con i
suoi fittizi beni che si fondano sul dolore di troppi, così com'è
bella la natura sua, che però ha la leggiadria fondata sul pianto di
innumerevoli sue creature. E col pentimento otteniamo il perdono. Il
perdono che fa? Ci rende l'”oltre” della speranza già nel cuore,
dove il mondo è partecipe e torna casto, sgombro della sua
peccaminosa materialità e finalmente daccapo buono, torna pensiero
di Dio! Il Cristo il nostro cuore fa santo, immacolato da diventare
il luogo e il tempo in cui il Padre ritrova il Figlio. Cosicché il
Figlio s'annulli nel Padre e noi nel loro Spirito. Ecco il più
grande miracolo della fede, l'umanità tutta, anche gli immorali,
resi puri dall'amore dei santi imitatori del Cristo, e il mondo tutto
fa tornare allo Spirito. Sì, tutto nel suo amore, e io non mi
stancherò di ripetere, << Veni (Sancte Spiritus) et in nobis
absume quicquid impedit ne nos absumamur in te>>.
venerdì 10 aprile 2020
Scrigno è il cuore
Se più immaginare non potessi te star ad attendermi
tra le stelle, dove sei regina, e, forse non lontano il giorno, lì
davvero trovarti, motivo ora del mio sospirare, sarebbe forse
desiderare un amore negato? Oppure lo star lieve per questo prato a
sorridermi, i tuoi passi alcun fiore offendendo, non potessi sognare,
sarebbe che nel cuore più non t'ho? Se questo, pur grazie ti direi.
Di che? D'esserti lasciata amare per le poche donne della mia vita!
Ché, seppure fatto di briciole talora quest'amore ricambiato, come
passerotto fa ogni mattina delle molliche da me offerte, tu sempre lo
raccogli e lo fai tuo, purché sincero. Dolci di tutte ho ricordi,
ché son ricordi di te. E più lo è la prima, ché poco più che
bambini iniziò il nostro sospirare, e appena adulti la desideravo
mia compagna per la vita tutta, ma erede sardo, prevalse la mia
ingiusta gelosia. Poi a lungo so di averti amato per questa mia
donna. Ed è proprio in questo amore che contraddizione ci sarebbe!
Io continuerei ad amarla e a trasmetterti questo mio sentire e tu a
rimanerne indifferente. Può essere così? Può mentirmi un
sentimento che trovo sublime, ché so che dono fai, e d'amore, per
ogni cuore che sogni di coltivarne la leggiadria? No, se lei m'è
nel cuore, anzi nell'anima del cuore, la più recondita parte, che
conserva le cose più pure, non è possibile manchi il dono tuo. Ne
viene il mio sentito per lei, quindi per te. Ché ti ridò,
impreziosito dell'amor suo, quello che tu per prima m'hai donato, la
possibilità d'amare, di trovare il bel fiore dischiuso per me solo.
Se grande o piccolo l'amore aggiunto non so, ma fa di ogni altro
contenuto del cuore preziosità da tener gelosa come in uno scrigno!
Sì ho tesori nel cuore, il tuo e il suo amore e li metto nel cuore
della mia anima!
martedì 7 aprile 2020
Amore, la bella del cielo amando
Quando
ci si inebria d'un prato fiorito, ché è tempo di primavera, si è
forse dimentichi di mandorli e ciliegi in fiore e dello stellato di
queste notti serene? Tutti scenari che suscitano analoghe ebbrezze!
Così per un amore dell'oggi scemano forse tutti i ricordi che il
cuore ha gelosi? Vuota non diventa la memoria delle lusinghe, che
amore dettava e delle dolcezze avute in risposta! Ma che accade se è
quella del cielo che ci parla d'amore? Tutto è vissuto o rivissuto
sotto una luce nuova, tutto è impreziosito e reso candido, perfino
innocente, e io ho ancora nel cuore parole rotte d'emozione da
balbettare a questa mia donna! E delle cose passate e loro interpreti
non c'è più il poco e il molto, ma sicuro sono d'aver donato tutto
l'affetto richiesto. Sì, solo lasciando si inumidiscano gli occhi
alla visione di questi fiori o dei brillii che di essi farà stanotte
specchio il cielo, sono sicuro che nessuna occasione d'amore ho
perso, che amo oggi quanto e come occorrerà che ami ancora!
lunedì 6 aprile 2020
Contagio
Tempi
tristi di contagio. Ma io ben altro contagio vorrei diffuso,
guardando questo cielo sereno trapunto di fiori di luce. V'è una
bella che tra quelli passeggia e la stessa passeggerà nel mio prato
al sole, ché è già primavera. Sì, parlano di primavera questi
fiori che nuovo sereno giorno bacia, in questo paese dove l'amore
diffuso canta tutto l'anno lodi alla bella sua, pur meste d'accento
oggi. E quella sorride ai progressi d'amore, proprio come l'imita la
donna mia che cura ha delle piantine novelle, che ha seminato e tutte
a giudicarne i progressi ispeziona. Ecco, ora ondeggiano bianche
leziose farfalle che qui o più in là, fiori, vero tutti invitanti,
sembrano scegliere per effimera sosta. E ho occhi di pianto per
quello che a tanti accade di tragico e la tutta bella prego. E forse
lo fanno altri cuori innamorati ed ella ne avverte dolce fremito al
cuore, ché leggiadre son le parole loro, anche nella richiesta
accorata di un po' di pace. Tutte uguali, ma ella diverse le avverte
da saper riconoscere chi le sussurra. E allora povere son le mie,
dette a fil di voce, ma pur dicono d'amore.
venerdì 3 aprile 2020
Perdono
Nella vita ho cercato di star dietro al grande medico, imitandolo nella pietà e soccorso dei meno fortunati. Talvolta rammaricato mi sono sentito di non poter che parole difronte al male vincente, ché, medico, la mia è stata parola che non sana, diversa da quella del maestro. Ma mi sono chiesto quale per me la vera imitazione. È credo, la capacità di perdonare non solo se stessi, ma gli altri da cui male si sia avuto. Sì, tanto ho sofferto per cattiveria di taluni, parole seguite da atti malevoli, eppure qui anche bene ho avuto e tanto! Ma il male sempre più guasta la memoria e occorre rasserenarla col saper perdonare come fece il cristo morente, quando nell'atto d'amore estremo ci affidò tutti alla amorevole madre, e lei al discepolo amato. Da allora chi dileggia, minaccia, attua malvagità, è perdonato se lui ravveduto, o l'offeso, generoso dimentico, lo chiedono. Ecco io l'ho chiesto, lo chiedo. Esauriremo noi, umiliati magnanimi, mai il perdono del cristo? No, non possiamo noi tutti esaurire quella capacità, briciola restando la nostra, ché non è possibile essere più benigni del dio, illimitata, senza misura la sua. Se tutti saranno perdonati dove più la giustizia divina? E la punizione degli ostinati e il luogo dove tenerli in disparte? Ecco, giusto non è chi abbia meritato il bene, ma chi lo dona all'immeritevole, ché si ricreda. La vita qui va concepita come ripensamento di chi, e noi fedeli non siamo esclusi, si fa giudice dell'altro, anche pensando di migliorarlo, punendolo. Invece giusto è chi rende col perdono, il reprobo consapevole della miseria sua, incitandolo a venirne fuori. E poi l'inferno è qui con tutte le angustie sue, e il purgatorio anche, da cui uscire alla beata visione del Cristo e della madre sua. Nulla potrà sopravvivere se non l'amore accanto al dio-amore!
giovedì 2 aprile 2020
Premessa efficace nella preghiera
È
un po' che questa riproduzione d'antica icona bizantina guardo. La
madre ha lo sguardo come interiorizzato, all'apparenza vago, non
rivolto ad alcun oggetto. Forse beatitudine esprime di chi l'ha in
sé, ma al momento non ne dispone da farne dono. Il figlio, piccolo
adulto, le sta in braccio e guarda in alto a qualcosa di un
improbabile cielo. È sì sacra, fascinosa rappresentazione, ma è
bella per se stessa, penso nulla comunichi, nulla doni, non è per la
preghiera mia, che ha bisogno di sentirsi accolta! Io prego sì per
chi qui ha salvezza minacciata, così per il figlio mio, difficile e
precario il lavoro suo, e per la madre sua, che si consuma d'amore, e
per chi li ama, ma ho bisogno, per farlo convinto, con calore, di
sentirmi perdonato. E allora devo chiedermi se quella del cielo
benigna già mi sia stata, con l'agognato sorriso suo già
preziosità dell'anima mia. Sento d'avere nel cuore qualcosa di
grande con cui avallare il mio desiderio, la possibilità di
perdonare quelli da cui male ho avuto, quelli da cui ho sofferto,
perdono avendo già chiesto fino al pianto per quelli che ho offeso.
Basta? Lo deve! E vi aggiungo tanti sospiri dalla mia sincerità con
gli occhi daccapo velati. Perché? Se così non fosse, una
contraddizione vi sarebbe nella mia fede, io, gli avversari della mia
pace perdonati tutti, più benigno sarei del misericordioso, senza il perdono suo! E allora
sorrido di questa bizzarra congettura, solo logicità della mente, e
cerco la amorevolezza del cuore lasciando i grani scorrere delle mie
“ave”.
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