venerdì 3 aprile 2020

Perdono

Nella vita ho cercato di star dietro al grande medico, imitandolo nella pietà e soccorso dei meno fortunati. Talvolta rammaricato mi sono sentito di non poter che parole difronte al male vincente, ché, medico, la mia è stata parola che non sana, diversa da quella del maestro. Ma mi sono chiesto quale per me la vera imitazione. È credo, la capacità di perdonare non solo se stessi, ma gli altri da cui male si sia avuto. Sì, tanto ho sofferto per cattiveria di taluni, parole seguite da atti malevoli, eppure qui anche bene ho avuto e tanto! Ma il male sempre più guasta la memoria e occorre rasserenarla col saper perdonare come fece il cristo morente, quando nell'atto d'amore estremo ci affidò tutti alla amorevole madre, e lei al discepolo amato. Da allora chi dileggia, minaccia, attua malvagità, è perdonato se lui ravveduto, o l'offeso, generoso dimentico, lo chiedono. Ecco io l'ho chiesto, lo chiedo. Esauriremo noi, umiliati magnanimi, mai il perdono del cristo? No, non possiamo noi tutti esaurire quella capacità, briciola restando la nostra, ché non è possibile essere più benigni del dio, illimitata, senza misura la sua. Se tutti saranno perdonati dove più la giustizia divina? E la punizione degli ostinati e il luogo dove tenerli in disparte? Ecco, giusto non è chi abbia meritato il bene, ma chi lo dona all'immeritevole, ché si ricreda. La vita qui va concepita come ripensamento di chi, e noi fedeli non siamo esclusi, si fa giudice dell'altro, anche pensando di migliorarlo, punendolo. Invece giusto è chi rende col perdono, il reprobo consapevole della miseria sua, incitandolo a venirne fuori. E poi l'inferno è qui con tutte le angustie sue, e il purgatorio anche, da cui uscire alla beata visione del Cristo e della madre sua. Nulla potrà sopravvivere se non l'amore accanto al dio-amore!

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