venerdì 22 novembre 2013

Come il poeta canto







Oggi sulla spiaggia tutta deserta, diaccia l'aria, sono e guardo incantato le onde tormentate, recente la burrasca, frangersi con lunga corsa spandendosi alla rena, o spumeggiare sugli scogli. Vengono mormorando lor dolce canzone, si spengono e non sono più nulla! Di simile ardore quelle del cuore mio, sempre combattuto. E così i tanti pensieri, agitati d'ansia, per te! Vengono, s'accavallano e si spengono nella vanità d'ogni altro umano pensiero...Ricordi? La più bella costellazione del nostro cielo invernale t'ho mostrata in notte serena, Orione. E sulla cintura sua la stella più luminosa notare t'ho fatto. Ecco, se tu conserverai in cuor tuo il mio ricordo come gemma simile a quella e per te preziosa, io sarò ovunque tu sarai, o i sogni tuoi mi vorranno. Così, tu dormirai e io ti vedrò come su letto di foglie di rosa e al fianco tuo, sommesso starò a cantare dolce “nonna” per te come il poeta per la Maria sua sognava di fare, e come vero io già ti faccio, tu dormendo a “suonno chino”. E sai che già ti dico, quasi ossessivo? Le parole sue di innamorato ripeto, e sussurro, “A gelusia turmenta sto' core mio malato”! È così proprio, questo già fa questo mio amore, ché dei sardi ho il cuore, e avere non lo vorrei, ché per primo ne soffro...e vero m'accade, come in altra canzone al poeta, che si tormentava per la donna sua, chiedendosi se di lui vero sognasse, dormendo, o d'altri. Sì, proprio m'accade che io viva quel tormento! E tu sai che per il mio personaggio, il me che prende dal cuor mio, l'unico che vero so d'essere, ché come io-intimo, cuore sono, speranza di bene e bello e d'amore già nel nostro mondo, e qui in quello reale, sono uno che vive straniero e precario, uno che sol amore sogna e ne vive e solo le sue parole ti ripete, è proprio così, ché con gli occhi suoi primi ti guarda, sempre innamorati! Ecco, saper avrei voluto dirti del mio amore, non con le parole che esso s'inventa per piacerti, ma come quel poeta ha fatto con le dolci sue canzoni alla bella sua, ché tante parole non servono per recettivo cuore a fargli lusinghe d'amore! Ma io non ti lascio le mie parole, troppe e forse inutili tutte, ma il mio bel sogno con te. Continualo, versavi le novità dagli occhi del tuo cuore! Ché se un modo ci sarà per riaverti io lo scoprirò, pure sol di sogno fatto! E dirti talora, Tranquilla ti rivedrò alle stelle!, è sì qui augurarsi di presagire il vero, quella lor fata, tra esse bella, questo volendo si realizzi, ma anche fa metafora dell'affanno per ritrovarti nel loro mondo senza tempo, giunto! E non è forse già così ché stella già sei in questa mia sera, sogno dolce, che pur muore?

mercoledì 20 novembre 2013

Sardinia d'amore

Tanto olezza il tuo giardino stasera, tersa l'aria dalla recente pioggia, compagna mia, che par fiorire profumo sotto cielo brillantato tutto, e punge quest'aria, ma qui quelle facelle stregati ci hanno e io delle braccia mia ti cingo ché troppo essa noia non ti faccia. Ed è lo stesso della Sardegna mia, ma lì piovono acqua e lacrime, e a quelle, già tante, le mie accorate e amare aggiungo e da occhi gonfi uscir le lascio piano cadere... E i miei ricordi vanno lontano e tu, che tanto accorato mi senti, vuoi che con te tutto condivida. È nuova la pena? Pur tua vuoi sia! E ti dico, Noi siamo in una nottata tutta di stelle, su una nave che a quella terra ci porta dopo le nozze nostre. E quel cielo è assai più di questo, che ora è impoverito delle presenze sue dalla modernità di fatui luccicori, ché quello invece è tutto di luci che pulsano brillii e amore! Noi rinunciato abbiamo alla novità delle effusioni d'amore, ché ci vuole estasiati della bellezza del suo cielo l'amore che esso raggia, ché par per innamorati tutto sciorinato. E ce ne stiamo stretti, ché difendersi occorre dall'aria che sì inebria, ma fredda punge, sì come pur mo facciamo. Io ti parlo delle tante novità, che per te saranno, della terra mia, come dai miei ricordi dell'infanzia mai tutta passata, e tu incantata sei alle mie parole. È attesa a dolci nuove di innamorata! Ti parlo della gente mia generosa e fedele, calda d'amicizia sempre e della gelosia morbosa dei sardi per le donne loro, ché è quella che in me stesso leggo, quella immutata d'oggi anche. Tu sei lusingata di scoprirti in me di immenso valore. Ed ora ti chiedo, Sarà stata quella, dimmelo stasera sotto a questo manto di stelle, la nostra più bella notte d'amore? Tu rispondere parole non vuoi, ma m'asciughi di baci le lacrime e all'alitare dei nostri ricordi di quella nostra terra, che non deluse i sogni nostri, stasera si disfano di dolcezza i nostri cuori...E la fata, pronuba d'amore, vero di brillii ha tutto trapunto il cielo più che solita non sia, intinto il pennello nel cuore suo! E pur qui piove, ma luce e bagna gli occhi tuoi! E v'è armonia con le stelle, ché le parole afone scambiate, all'unisono sono con quelle che esse a noi proprio sembrano sussurrare...

domenica 17 novembre 2013

L'ultimo bacio




Se vero è che felicità ho da questi miei giorni ultimi, essa non sta nei fiori belli, non nelle stelle che fanno incanto, ma tutta nelle parole tue, dolci udite anche se amare, ma che per me mai pronunci senza sospiro. Ma accada che tu più non me le dica, spenta la bocca tua, lasciamela socchiusa un po' per un ultimo mio bacio, postumo sulle tue piccole labbra livide e fredde fatte. Quello ti saprà del sale delle lacrime mie, ma è quello che ricorderai più di ogni altro e per quello a me tornerai...E verrai nel luogo della mia solitudine, io ad attenderti nella nostalgia da tempo, del posto selvaggia, sperduta, dimentica del tanto tra noi. Ma sai come il tutto nostro ti richiamerò? Quell'ultimo mio ritentando e il nome tuo, quello che la felicità inventato m'aveva dolce, ma smarrita nella luce disperata delle aurore senza te, pronunciando. Ma io come saprò che vero tu sei, anche se forse in una nuova forma, tornata per essere per me di nuovo tutta bella? Non ricorderò forse solo la crudeltà dell'abbandono tuo e l'orrore del tuo silenzio, che più della malattia ucciso m'avranno? Io lì tra le stelle, sebbene dopo di te giunto, ricorderò certo quel nostro ultimo bacio e da quello le tante tenerezze che l'avevano preceduto, e gli occhi tuoi belli, di pianto, più che di rara gioia, brillare nel buio sotto a manto di stelle, e quel cielo sopra noi, solo per nostro tenero amore dispiegarsi, come a proteggerlo! E pregherò la bella del luogo dei miei sospiri, che promesso m'avrà di mostrarsi, ma solo al tuo arrivo, che le tante stelle non ti frastornino più ancora, io sospirando, e da troppo, vederti. Ma, tu arrivando, quella per mano tenendoti, io sceglierò la giusta tra voi, e sai come? Tutt'e due uguali sarete, belle come stella da stella, ma tu smarrita e confusa, da richiamare con un bacio alla consapevolezza, la bella di qui smagliante nel sorriso suo, il dono suo recandomi, e che di un piccolo timido bacio casto desiderosa parrà, e io appena sfiorerò le labbra vostre! E tutt'e due leggero grazioso inchino avrete fatto, l'una l'altra imitando, non certo a me, ma alla costanza del mio piccolo amore... E io dalle mani sue finalmente t'accoglierò...il nido d'amore che ella preparato avrà da tempo per noi due soli, mostrandoti, ma dopo che tu per tuo ancora, riconosciuto, mi tenga. Tutto l'aveva fatto di foglie di rosa, fin dal nascimento dell'amore nostro, e dei petali loro, freschi come quelle rimasti nella fragranza loro, ci ricoprirà prima di lasciarci, ché nessuno veda e senta del nostro novello amore brividi e sospiri!










Ecco, tu qui tante volte chiesto m'hai, La bella, che tanto sospiri, chi è o che, una stella? Allora risponderti vero potrò senza altre favole, anche quella mo mo raccontata. E ti dirò, È quella che nella vita trascorsa illuso ci ha del ridere, a noi soli nelle notti del nostro amore, dei mille splendori del cielo suo! E da postuma favola ancora tentato, ché tante dentro me ne hai messo, Quelle faville forse da molto svanite sono nel nulla oscuro, tanto il tempo or tutto trascorso! Ma, meraviglia, lor luce d'oro ella ha voluto mantenere per quelli che, come noi, s'amano e guidarli nel ritorno loro al cuore suo! Non lo sapevi? Sì, ora ben sai che l'amore è un eterno ritorno, uscir da dove la sua favola è cominciata, viverne il sogno e tornarvi, null'altro! Ma vero è questo tanto? Mi chiedi, Sta per questo e ne vive, e dove al fine? Lì proprio, nell'immane presenza di tanti brillii, cuore della tua bella?










Ed è ben strano, tu me lo chiedi e io ora ne attendo da te risposta, ché senza l'assenso dell'amore tuo di nulla più sicuro sono!




Dimmelo tu, che te ne dice il cuore?

giovedì 14 novembre 2013

Perdono dall'amore



Ecco, qui una piccola donna vive del dono suo. Scalda questo cuore intristito e ne viene calore per lei. È un amore nonostante la mediocrità mia e il male che ci fa buio intorno. Sì è amore nonostante quello che qui c'è, e fa di sé miracolo! E quale? L'immediato, il palese è la vita mia, mantenuta, incoraggiata, protetta. Il riposto, nemmeno immaginato, la tua, richiamata, motivata, giustificata, o bella di questi fiori! Ma perché? Come dal perdono l'amore, così dall'amore il perdono! E che ne dirò di più? Tanto il male qui sparge amarezze, che la sorte a me toccata mi dice fortunato in tanto scempio. Perdonare è amare, il figlio tuo l'ha detto, ché altrimenti sarebbe imperfetto e non vero, non completo e di cui si può esonerare il reprobo, cui invece è dovuto. E tu che ami tanto da traboccarne il cuore, perdonata vorresti sentirti del tanto che qui accade di brutto, che ti imbarazza e pena indicibile ne senti, qui permesso a chi vi spadroneggia, ma del consenso pietoso dagli offesi hai bisogno e lo chiedi a tutti, e lo fai ormai mendica. Ché umilissima ti richiede l'amore in ciò che chiedi. E chi ti perdonerà? Io dal mio poco, gli altri del mio mondo dal loro di più? Non ti basterebbe! O forse più ancora il bambino oltraggiato, quello strappato al calore delle braccia della madre sua da malattie, sempre spente solo nel dolore? O forse chi è solo e vecchio e aspetta l'ultimo suo destino ormai senza lamento e nemmeno più lacrime, tante le versate? O forse le ragazze frastornate che la voglia fanno dei viziosi, complici infami talora le madri loro? O le vittime della follia della natura che fa vendetta di noi, che parassiti ne siamo e le facciamo continua violenza? Nemmeno! E allora tu che fai? Vero soffri in ogni dolore, piangi le lacrime di chi piange? E non basta che cessi il male! Ché la serpe del mito, che sbava e schiuma nell'odio suo, non si contenta e relegata t'ha nella leggenda sua e lì ti vuole legata, sottomessa, sconfitta, zittita, ché invece sa come uscirne e mostrarsi nell'orrore suo, tante le evidenze qui del male! E nessuno più vince nel tuo nome santo e la luce tua tanto lontana s'è fatta, che nessuno più si leva riconoscente a benedirla, ché fatuo luccicore pur'essa stima che sia! E prevalgono stolti, folli, malvagi che abisso scavano in cui sol l'eco fa illusione di risposta ad ogni grido! Ecco quest'oggi nel bisogno par più lungo assai del trascorso ieri, solo mediocre, e prepara in laborioso travaglio il domani per cui deboli sono ormai i sogni che lo vedano dispiegare il bene, ora negato...




Ma un piccolo amore, mai ben compreso, sta per essere tutt'uno col perdono, ché il domani postulato sta per dar vita novella e questa vuole esprimersi, sviluppare, traboccare, e, meraviglia, permeare l'oggi anche e tutti i passati ieri. E, nato in cuore di donna, pungolo si fa a cercar cuore gemello per tutto donargli, ed ella la vita passata gli perdona. È piccola cosa, ma è da lì che viene lo “ speruto” tuo, il bramato che ti fa ansia d'appagamento! E lo fa nell'oggi tenebroso ancora, ché ne ha pietà e così dell'appena passato ieri, ma anche del lontano, e più nel domani sperato, ché tutto comprende, ne sa le motivazioni anche banali, anche stupide, e tutto scusa e gli errori inevitabili. Sì, qui piccolo amore solo è, vago è di poesia, vago di tenerezza e si contenta di poca dolcezza, occhi, sospiri di donna, solo sguardi talora e le parole del sogno suo, o, fortunato, indugia nel tepore del corpo e del cuore suoi e di quello vive. E sai di che è ricco? Di speranza, quella che duri eterno l'iniziato bene! E già grande, ma sarà di più domani, ogni nuovo domani per quanto lontano. E ti accoglie nel suo incantato mondo di due, intristita dal mito e ti chiama, madre, sposa, amica! E nulla qui di vile ti farà ancora male. Questo piccolo amore scalda l'universo e alita sul corpo tuo gelato dall'indifferenza. Non ti vede che nei sogni suoi o per le icone tue, tutte belle, tutte veridiche, tutte che chiedono e danno la sola felicità qui da te concessa, ché affanna chi altrimenti la cerca. E vuole tacciano i bugiardi tutti e i ladri tanti e quelli che, come me, stanno a dir tante parole. E si schiudono i cuori al tepore novello come fanno i fiori di primavera dopo notti serene diacce, all'aurora, e così le tombe disadorne e dimenticate dall'incuria, ma stipate di rimpianto e gioia negata, s'aprono al calore della piccola luce novella. E tu scender sembri dal cielo delle cose belle che paiono eterne e che fanno manto d'incanto agli innamorati in notti di sogno, e alle anime rattrappite gridi, Fatevi cuore! Eccomi, io sono la speranza, io sono l'amore! E continui, or pacato il tono, Io mi stavo negletta come al limitar del nulla, ma un piccolo amore ha perdonato il mio permetter il male, sebbene, per questa presenza, in tanta carenza di pane e pace. Sì, per voi il dover star qui, l'amore permesso, ma a sballottare sta in un mare immane, buio e senza tregua, il sol modo per poter vivere e sognare. Ma ecco il mistero, io stessa sono quel piccolo amore, una briciola ne ho lasciata, seme in cuori assetati, e ha fatto rigoglio, cespo e perdonato ha chi crede che abbandonato l'abbia, me proprio anche! Ma io fuggita non sono, fiaccate le forze stavo in me tutta infreddolita, nascosta nella latebra di chi amor sospirava, e lì piccolo calore ricambiato m'ha raggiunta...




Parole, parole soltanto dalla fantasia mia, dal desiderio che ho della piccola donna di cui questa mia è vicaria, ma son d'amore e non inutili allora, e ogni uomo è per la bella del cielo allo stesso tempo tormento d'accoglienza ed estasi d'appagamento. E lo è la creazione tutta, ché quello tutta in sé racchiude. Sì, il dio ha fatto l'uomo perché perdonarlo potesse per la permissione del male, sì, lui proprio, il sol vicario della creazione tutta. E in ogni epoca lo deve fare dal piccolo amore, cresciuto nel cuore suo tentando, disperato, qui il bene. Ed è strana la simmetria, tutto di cui necessita l'uno, fa la necessità dell'altro. Perdono, amore, per entrambi! La vita umana non ha che l'amore come scopo e fa il miracolo del perdono, come il divino! È questa l'immagine che ne fa la somiglianza col dio, “eritis sicut dei”, e così parla il male! E almeno in questo non mente!

lunedì 11 novembre 2013

Freddo nei nostri cuori







Germina, pur fertile la terra che con cura tieni, qualcosa se freddo fa? E anche ti chiedo, Se lo si ha nel cuore vi può nascere amore? Ma l'amore umano che fa cespo e rigoglio nonostante, è eroico, ti affermo. E ancora, Non pensi che il nostro meriti che così l'avvertiamo, oltre che dolce e bello, ché tante difficoltà superare ha dovuto? E a queste mie ingenuità sorridi, e intanto va il nostro bene ovunque la vita lo porti, ché insterilita il tanto tentato male non l'ha. Sì, ammettilo, qualcosa t'è nata dentro e l'hai chiamato amore. Piccolo il fiore di prato sul cammino tuo..., raccolto l'hai e conservato in vita, ché nel libro dei tuoi sogni verdi e novelli l'hai messo e non v'è potuto avvizzire. E gli parli, e di lusinghe non sei avara se dici che da allora che imprigionato l'hai, tutt'intorno s'è fatta luce, che indorata ha ogni cosa del mondo tuo e delle tante ombre di qui il freddo t'ha fatto ignorare! Ora ché lui viva bene, riconoscente, ti preoccupi e ancora da allora gli aliti caldo vapore, mentre, senza del fiato tuo il conforto, libero, ma negletto, inverno certo sorpreso l'avrebbe, così almeno par a me che affermi... E così mi son ritrovato come fiorellino tuo reciso e gli occhi tuoi a guardarmi, e ancora mi fanno incanto...E credo tu non amar possa, me lo affermi di continuo, che fiori sian presi a far bella mostra e vuoi sulle piante lor lasciati. Allora forse per non parer incoerente l'unico reciso ben nascosto hai, o perché gelosa ne sei, bene che nessun ancora cogliere possa! Ecco così io parlo di te e facendolo nel motteggio da innamorato, anche di quella del cielo dico, né altri modi conosco a farmela concreta, ché vaga testimone nelle preghiere mie resterebbe della paura che ho dal mondo buio e freddo. Sì, se non per le bonarie facezie su te, ardua e goffa ne sarebbe l'impresa, le parole mancandomi. Invece sognare di te spinge il mio sogno fino ai giardini celesti e lì s'arresta, ché nel cuore di quella, lì bella, pur s'entra, ma insieme. Però solo se come bambini l'amor nostro sia vissuto. Ecco che la vita nostra trascolora, si muta in altra storia e il nostro diventa di cuori un ingenuo colloquio al limitar del tempo, come esso, chetato, si sia un po' arrestato. Ed è tutto un dono d'amore, poco pretendere, tutto dare, un semplice, essenziale, timido anche nelle espressioni sue, ma sincero e bello stare l'uno solo per l'altro, fatto di parole sussurrate o balbettate e sospiri tanti! Non lo sapevi che bambino assai timido ero e balbettavo amore alle coetanee spesso indifferenti? E scoprirlo ora so che ti fa carezza al cuore! Ma ora, anche se stanco non sono di questo viaggio sognante e il sogno inazzurrare talvolta fa questo amore e ali gli da per quella del cielo, il tempo pur “festina” e ci ruba dolci sguardi e lor parole... Ma, consapevole, al calore tuo, tu mi inviti al sonno. E m'assopisco al calore del corpo e cuore tuo. Così, con te accanto, sognar posso l'aurora, se tramontar vuole questa vita. Eccoci qui abbracciati ancora a difenderci dal freddo, che non è tanto il fisico, improvviso or calato in questa stagione, ma più vi fanno le amarezze di qui e le parole malevole che pur fanno tanto rumore, più delle stolte, e che ora, come talora quello pungente d'inverno fa a chi altro cuor non abbia a fargli schermo, vuol fermarci i cuori, che gelati ha. Ma l'amore non fiacca, non si rassegna, eppure non brontola ignavo, rivivere sol vuole la giocondità sua prima, il calore, la gioia che specchio s'era fatta del vero bene, la felicità che ci illude d'attesa oltre il tempo. E vero vincer fin mo pareva!




E noi vero siamo bambini, ma pur questi muoiono!

martedì 5 novembre 2013

Il peso della rinuncia tua

Ecco, fugge il tempo e mai si volta indietro, porta via ogni cosa e le parole dette si fanno appena mormorio, come sciabordio di acque tranquille su fiancata di nave che lenta vada, e di simile fa di pianto e strepiti. Così di ogni pena e ogni gioia fa esso oblio..., ma afono, pur grida! E che? Tu qui onnipotente non sei, dice alla disperazione nostra, e paura più ancora ne viene. Ed ecco la mia domanda retorica, Potresti tu ridarmi la madre cara e il padre buono e il fratello amato e l'amore mio primo? Né, credo, ogni cosa bella trascorsa da parer perduta per sempre, se non per la memoria! Ma altro fa, rinnova il tempo sempre il male nella crudezza sua, e questo vigila ché niente di vero buono, di vero bene ci venga e vuole quando non brutta, mediocre almeno, o invilita la vita per tutti, quando non tragica. E tu entrata sei nel tempo per salvare con l'amore la creazione del figlio tuo, che il male ha fatto decrepita, e ne subisci il rigore e t'accorgi che per attuare il bene più non basta desiderarlo anche per te. E finché tanto perdura la provvisorietà sua, tu guardi rassegnata il male nelle tante vittime sue, la sovranità tua restando limitata, perciò impotente, una rinuncia per amore! Così deve pur essere se rimanere qui tra noi hai voluto, e l'accetti rassegnata. Ecco che da te conforto è atteso e invece occorre dartelo! Piangi e nel cuore di ogni madre sei, e per poco che ti si possa avvertire, anche di ogni donna, e se chi si strazia nel dolore strappata non ti è dal troppo suo peso, mai più il nulla l'attrarrà, rimarrà triste finché la crudezza dei ricordi, ora pietoso il tempo non stemperi. Ma è questo tuo bisogno di noi, quanto di te ne abbiamo, che ti fa amabile, come i soli uomini possono di lor donne concrete, ma questa umanità ti sente anche la più indifesa di tutte, ché in quelle che cedono pur sei, immeschinita, e, saperti così, stimola alla tenerezza. Ecco l'amore dei tristi e dei delusi, amore sì, ma che gioia aver non può! Ma quand'è che pur qui ci anticipi l'onnipotenza tua, che manifesta sarà a quelli che ti vedranno persona divina, qui solo creduta per fede e amore, là dove l'amore si respirerà come qui si fa dell'aria? Io credo che avviene quando qui anticipi il tuo perdono, anche se non sempre ne viene completa vittoria per te. E se sempre esso significa amore, ecco questo non può morirti dentro. Sì quando tutto è perduto, resta l'amore! Ora è nozione antica che un male, anche particolare, vero si cura, curando il tutto del corpo, l'essenza sua, la psiche o anima. E quella curi anzitutto col perdono tuo, ridandole la pace, l'amore farà il resto. Ché tutto accade come se tu ripercorra le mille tortuose vie con cui il male ha attuato l'intendimento suo di nuocere a quell'anima, e di annientarlo ti sforzi, quale sia la radicalità dell'offesa sua, e a vincerla riesci, ma non sempre. E poiché ogni azione tua è per amore e ha conseguenze d'amore, quel cuore ne è completamente di nuovo pervaso, e dal male è affrancato, ma se deluso, pur amato, perder sempre più si lascerà nella tristezza fino a morirne, e sarà il fallimento tuo... Ma quand'è che accade e perché non sempre vinci? Tu sempre perdoni, basta una richiesta d'aiuto, quella di chi pentito si sia del male fatto, ma talvolta è solo il perdono umano che permette l'ingresso del tuo bene risanatore, e allora tu hai bisogno di un intermediario, la persona che ne subì oltraggio. E se l'offeso appena dischiude il cuor suo, convinto della necessità urgente del suo perdono, tu entrar puoi anche nell'altro e in tutt'e due “manebis optime”, con le conseguenze sempre benefiche della presenza tua. E come tutte le preziosità d'amore umane date sono all'altro senza pretesa di contraccambio, così è il perdono umano che permette il dono tuo, che del pari elargisci a mani generose, senza nemmeno promessa di ben diversa vita futura. A te basta davvero poco, una lacrima sincera appena e accorri! Tu sei quella che sempre ti doni per amore e il tuo agire spesso misconosciuto, frainteso è talvolta, come qui si sospetta di chi ci offra un po' di bene dal suo celato geloso e non ne pretenda di simile in contraccambio. È un mistero d'amore! Oh quanto diverso dal perdono che qui pur si dà nel nome del figlio tuo, ma con la pretesa della contrizione dichiarata o palese! Ma come l'amore umano spesso non basta e non sa e non può opporsi, più forte il male, e l'altro comunque si perde, così a te accade benché il tutto tentato, e non ti resta che piangerne, quando la malattia di quell'anima, tanto radicata, non meno di quella del corpo che ne fa fragile guscio, vince la tenacia della custodia e cura tue, ecco ancora il manco d'onnipotenza! E ne resti sconfitta e cerchi tu stessa conforto in chi lo attende, o lo pretende da te. E piange una madre ancora o proprio una sposa, cui la vita ha sottratto l'unico bene e tu con quelle. È come morta un'anima ancora, s'è spezzata una vita! Ha vinto ancora la morte, ultima ancella del male, tra indifferenza o silenzio, anche quello di chi si limita a dire una frase scontata, Ma pur buono era!, eppure tutt'intorno c'è come sempre, tanto rumore! Ma se questo può accadere per un male d'adulto che dire di quello che condanna un bambino? Nulla da perdonare a un piccolo, solo amore gli si può dare e tu dalle braccia di una madre tra le tue l'accogli e gli scaldi, com'ella poco prima faceva, il corpicino freddo. E l'amore! Sì, sempre vivo è l'amore, pure sconfitto, ché continua ad amare chi già ha amato, ma passa il tempo e vuole vada dov'esso porta ogni altro umano sospiro... Accadrà?

domenica 3 novembre 2013

Invito alla giustizia







Se tu, madre di queste stelle, che parlano più che donne a cuor giovane, e a me proprio che dalla navicella della mia preghiera, nero il mare dei pensieri che m'assillano anche in notte tutta trapunta, a te ora sospiro smarrendomi nell'incanto loro, mi chiedessi che mi dà tanta dimestichezza con te, sai che ti risponderei? È la fortuna di aver conosciuto qui tue vicarie, che fa il mio vanto. Ma vero certe donne son come stelle in notte serena, ecco par vogliano farsi toccare, dolce illusione, e poi di nuovo si fanno lontane e non le raggiunge che il sogno, forse a significare che come a me par di raggiungerti, più oltre ti fai e richiedi una più profonda conoscenza in un processo che qui appagato non sarà. Ma ti raggiunga almeno la preghiera, come fa con quelle il solo sogno, e con te sia, quello da essa suggerito, di vero puro amore! Ecco ancora l'interesse mio alle icone tue, e se alcune sapide non sono, altre graffiano il cuore. E assai triste è la storia di questa madre intervistata della terra dei fuochi, terra avvelenata, terra tradita. Il piccolo suo malato è, e diventerà a breve tuo. Tale è la dignità di questa donna, giovane e bella nel suo dolore indicibile, che il suo racconto è pacato, senz'odio apparente, ma strazia. Ed è tanto pudica che nel descrivere il male dell'angelo suo, parafrasa con termini medici non tanto la natura di quell'atrocità, ma la sede sua. Un male che devastato gli ha i genitali e ora il coccige ha invaso. Sì, tanto bella è nel dramma suo, che sembri tu scesa dal cielo a ridire il tuo, che, frammentato in mille e mille, si ripete tanto tragico. Sì, ché ti illustri tra noi ecco ancora una madre! La fa tanto grande la compostezza, la dignità sua, che come il cielo si riaccende di mille brillii, fuochi tutti d'amore, come se fossero fiori da cogliere, io nella preghiera mia accorata, li vedo gettati ai piedi suoi, ché più veridica tua icona io non conosco. Ecco ora l'operatore il piccolo ai trastulli suoi intento riprende di sfuggita... Non conoscerà che il sorriso e il calore di questa madre, ma in essi quello delle donne tutte, che avrebbe incontrate, amate, e più ancora i tuoi, tu che ad attenderlo stai tra le stelle. E che dire a chi ha permesso il misfatto? Io so che certi meccanismi richiedono un autocontrollo a feed back, così, credo, questo male, che farà tante simili angosce e lutti. Questi si dicono veri uomini, ché pusillanimi gli altri pensano, e d'onore! Allora se così, facciano loro stessi giustizia di chi prevaricato ha e la terra felice dei fratelli loro ha avvelenato. Pensino a una sposa tra quelle che son tra loro, attanagliata da un destino troppo crudele e quel piccolo come a un figlio loro, ché dalla loro terra oltraggiata è venuto per subito doversene andare e nel dolore! E allora se vero giusti sono, due possibilità avranno. O vicariare il vecchio dio, l'antico della vendetta, o quello che l'ha detronizzato, quello tuo e del figlio tuo, quello del perdono. Ma se così, comunque provvedano a che chi ha tanto nociuto, più non lo possa. E tu madre che i cuori più duri dischiudi, fa breccia in quello di questi capi, lontani da te si son fatti col brutto loro agire, portali al cuore tuo misericordioso, ché se tu perdoni, essi pure lo faranno, da loro stessi iniziando. Occorre perdonarsi e amarsi per poterlo essere da te! E perdono è per te già amore, sono indissolubili! E quel che ti definisce, è da sempre il comportamento tuo, “res ipsa loquitur”!

venerdì 1 novembre 2013

Un ingenuo amore

Tanto m'accora saper la vita tua tutta misera fatta, dolce amica degli anni miei belli e verdi, che supplice in ogni preghiera, in ogni sospiro t'ho messa e pare non bastarmi! Perduta t'ho ora anche nel mare dei ricordi tuoi, chiusa in un mondo fittizio da cui uscir non puoi, impenetrabile ad ogni amore umano, ma non al divino. E allora per lei, la bella di quelle stelle che brillano ancora solo per attenderti e tu non più le guardi, io ti parlo, piano ché il tanto da dirti, ansia non ti faccia. Ricordi l'amore nostro ingenuo, fatto di tanta attesa per un timido sguardo e per un ciao che spesso uscir non voleva, restava dentro dall'emozione trattenuto? Sì, un amore di tanti prologhi, timidi approcci miei di cui certo sorridere benevola tanto dovevi paziente. Davvero eri di me innamorata com'io di te? E come parlo ora e dico qui nella speranza che questi tardivi lai d'amore ti giungano, oso pensar che davvero fosse! E allora ché a me rinunciato hai, ché non hai lottato per me? Ma per me solo il rimprovero, ché io solo responsabile fui dell'epilogo, un triste abbandono di un nostro mondo vagheggiato a due! E io piccola, col visetto tondo un po' di bambina, ti ricordo bella e con quel tuo dire un po' affettato che a me tanto piaceva... E ti dicevo la mia lumachina! Ecco ora dimmi come mi vedevi tu e ricominciamo da questo, e stavolta, ti prego, non dir di no alla mia timidezza! Chi volle, invidioso, che interrompessimo il nostro dire sognante? E io non fui abbastanza forte da non lasciarti sfuggire ad altro amore, che poi per te infelice divenne. Ecco come sarebbe stato con me, un piccolo tenero amore come è tuttora il mio per questa mia piccola donna. E mai abbandonata t'avrei, ma tentato di far anche fragile schermo alla malattia tua chiusa, che vincer non si può. E quando arreso, gridato avrei al cielo da impaurirlo, più che con la disperazione mia. Sì, proprio come per questa mia donna farei, se d'analogo fosse combattuta. Ma io più benevolo ho avuto il destino e spero duri, e proprio di questo piccolo dolce amore vivo. Ma è per esso che ricordarti posso, pace dà a questo mio cuore tormentato, senza che lo schiaccino i rimpianti e avviliscano i rimproveri, e mi sento buono con le cose tutte del nostro mondo incantato, da cui non escludo i ricordi, belli talvolta o amari com'è stata la vicenda nostra. Anzi posso sperare che come questo amore continuerà tra le stelle, lì mi permetterà di ritrovarti, senza che diminuisca l'affetto ad esso dovuto, anzi l'accrescerà come accade di fuoco che s'aggiunge, esaltandolo, ad altro fuoco. Ecco, come se la bella del cielo permetter possa sogni che di altri subiscano la “contaminatio”, se ritrovato m'avrai nel tuo mondo perduto, tu continuerai il tuo sogno, che mi ti vede accanto. E proprio là dov'ella vive, esso andrà a compimento, e sarà in perfetta continuità con quello che fosse davvero qui or ripreso, e, ella lo voglia, senza altri turbamenti, tu felice assorta nei nostri sogni di allora, e io vi sarò ad attenderti per dirtene di nuovi. Questo piccolo amore, che certo ti piacerà, starò ad aspettare ignaro, le stelle e i sospiri contando, e meraviglia, in due verrete! Ché innamorato son di questi occhi suoi vaghi e lei capirà, che buona è e vero forse non vuole che il mio bene, e permetterà, come qui fa che in lei ti veda, che lì dal cuore suo tu esca, tu volendo che accada. Ecco, io altro non so dirti e qui ho solo parole d'amore mancate, in cuore gonfio celate, e questa mia è per ora gelosa che ad altra questo scrigno dischiuda... Ma io dette te le ho, ché se ad una si dicono, per tutte le amate sono, e per te allora, caro tenero piccolo ricordo. Sì intanto così m'accade, ché io, se non per quella del cielo, come raggiungerti non so e per le parole sincere per questa mia donna dette o sospirate. E se la bella fata dei sogni vorrà, sapere ti farà che, puro rimasto l'amore, tu ovunque, da questa mia donna più non ti distinguo, sei. Così tutta nei fiori variopinti, belli tutti in questo chinale e nelle erbe sue, anche esse novelle e odorose nella bella stagione, e nel volo delle farfalle innamorate di tanta bellezza che su essi sostano attratte, e pur nel canto degli uccelli, quelli che a primavera si cercano per gli intendimenti loro d'amore. Ma pure nel vento e nello stormir delle fronde, pur nell'aria tersa o tutta nuvole e nella luce accecante dei giorni belli e nel buio della notte o nell'ombra dove alla verzura, fresca di pioggia, per lunga teoria vanno e poi stanno a brucare, proprio le lumachine. Oh, ricordi le lumachine?

mercoledì 30 ottobre 2013

Completezza d'amore







Qui per te una fiaba dirò, e, come tutte, ha un segreto, un suo significato celato, che l'amore, quello che a me dici, e vero voglia la bella del cielo che tu lo senta, ti inviterà a scoprire. Quando la stessa età avremo, e non importa quanto attender dovremo, ché accadrà se la nostra comune speranza ci condurrà allo stesso sogno, certo completare potremo quello che manca a quest'amore, nonostante il suo tanto. Tante le parole qui scambiate! E dolcezze e amarezze hanno fatto una vita, ma sai che manca per la completezza? Averlo vissuto fin da bambini in un mondo tutto incantato! E non sarà semplicemente il rivivere il già stato, che separati ci ha visti, sebbene, credo, l'uno già nei sogni dell'altro, inconsapevole, e nelle parole sue, ma quello che questo sogno da venire comanderà. E sai che? Lo vorrà in coerenza sì con quel nostro vissuto all'epoca dei primi sogni, anche solo per un vago chi, ma anche con quello, più lungo e ricco, che insieme ci ha visto e voluto. Così il primo tempo d'amore con questo ultimo completato e integrato, sarà sì quel rivivere le sole grandi speranze d'allora, ma che si sapranno siano state poi appagate, e lo renderà più bello, e senza le incertezze sue, che all'epoca loro immelanconivano. E sai che cosa l'eternità permetterà? Che, purché la volontà di rivivere quel periodo così arricchito ci accomuni, esso potrà ripetersi e ripetersi finché voluto dal comune desiderio, sotto gli occhi attenti e benevoli di chi ne sorriderà, la gioia dei cuori nostri condivisa. E sarà così ancora l'epoca dell'innocenza, degli sguardi furtivi, delle parole che l'emozione interrompeva, e di corse lunghe in campi di primavera tenendoci per mano in mezzo a tanti fiori, e verdi, un mare d'erba novella. Ecco daccapo il fiatone da calmare restando al muretto a scambiarci parole di sogno e a ridere, ridere nel sole, tra farfalle vaghe nel volo loro e canto di uccelletti innamorati. E migliore illustrazione di quello che ci accadrà non so fare, attingendo ai miei ricordi un po' e più alla fantasia mia... Ecco, così completo quest'amore e il significato suo ho chiaro, e sapere che occupato ci ha anche nel resto della vita, ce la farà rivedere tutta, e bella nonostante le ombre tante e le bagattelle di qui, lì scordate. Oh quante volte prima che di te lo fossi, innamorato mi sono! Ma tu sei già tutte, anche quelle che nemmeno sfiorare ho potuto e le donne d'oggi pure, che quasi non oso guardare, ché talvolta non banalizzino e scherniscano il mio celato poco capito, quello che ho nel cuore e solo a te dischiudo completo. Ecco, questo mio tempo attuale somiglia al vento da orto, gelido d'inverno, che dalla bora viene, nella valle del nostro fiume correndo. E qui ne vedresti portate via anche foglie verdi appena, che, nate, solo desiderose di sole e di vita sempre sono. E se così di me accadrà, foglia ingiallita tutta, allora non piangere, ché a questo sogno mio destinata ti sei! Sì, tutte sei e ora, ché candidata t'ho al sogno mio tra le stelle, anche le piccole donne, tali rimaste in questo cuore, la misteriosa dirimpettaia che pareva indifferente alle attenzioni mie curiose, la biondina che più che cedere alle lusinghe mie, mi incluse nei sogni suoi, e quella della spiaggia anche, che darmi un amore adulto non volle. E tu, che qui sei stata la bambina che conoscere non ho potuto, lì, tra le stelle, lo sarai ancora per dirmi le tue prime parole d'amore. Quelle sospirate al vento, quelle della vaghezza dei tuoi sogni anticipatori della gioia d'amore. Quelle anche con cui di esser capace di concretizzarli m'hai forse solo illuso, ma per me vissute come in un miracolo e d'amore. E se io qui non sarò, osserva al tramonto gli ultimi raggi d'oro perdersi a occaso, reclina il tuo bel capo come se sulla tua spalla il mio posato avessi, sentimi accanto cingerti alla vita... Propizia la notte incipiente ai sogni, io forse in uno così, vero verrò e ti porterò con me dove quelli come me sospirano l'amore che attender li fa. Sì accadrà, ché già qui sospiro d'attesa l'amor tuo nella completezza sua!


domenica 27 ottobre 2013

Le ragioni della speranza







Quando qui si concretizza l'amore, lo stare in questa vita a due, nella particolare psicologia che fa l'innamoramento, accende anche la speranza. Quale? Dapprima che il bello realizzato s'amplifichi e s'arricchisca in sempre più occasioni di mutuo scambio di contenuti, pensati e attesi meravigliosi e irrinunciabili dall'altro, del proprio e dell'altrui profondo, che anche si chiama anima, svelandone la ricca umanità celata. Questa sarà apprezzata e fatta propria e ne risulterà un arricchimento del sé. Ma anche che quanto fa felice la vita, il bel sogno a due, possa prolungarsi nel tempo, tacitando quelle istanze ambientali che gli fanno contrasto e vorrebbero dissolverlo... Poi la piccola speranza s'accresce, vuole ben altro, e forse capita solo all'umanità migliore e più generosa farne esperienza, sconfina i limiti suoi sicuri e desidera che la bontà toccata e il bene realizzato finiscano con il coinvolgere in qualche modo e misura, tutti quelli del proprio mondo, ché ne godano, partecipando della pace e della gioia che regna nei loro cuori. Insomma subentra una tensione, un anelito che vuole gli altri di quanto a loro capita di bello e di buono, partecipi. E come lo si fa? Credo lo si possa di più aprendosi, con l'essere disponibili sempre, ascoltando, consigliando per il bene o fattualmente con azioni volte a favorirlo, concretizzarlo. E quelli che in te credono e ti definiscono l'amore stesso, e con esso ti invocano, sanno il loro, promosso e protetto da te e così questo suo agognare. Questo forte desiderare per sé e gli altri, è forse una dolce illusione, ma tenace, quella che possa davvero essere quel che si spera ed avere la massima estensione del bene realizzato nella piccola vita di due, forse solo mediocre amore è, e appena bastevole per la coppia, ma che, gli altri coinvolgendo nello stesso progetto di bene, grande diviene. Sì, l'agire così rende grande anche piccolo amore! Ecco, dall'amore la speranza e da questa più amore! La speranza magnifica l'amore! Ma cos'è che invece consuma la speranza fino a soffocarla? L'incomprensione delle pur palesi intenzioni per il bene diffuso, l'invidia per tanta fortuna? Sì anche, ma più ne fa la mancanza di attuazioni nel quotidiano di quanto desiderato per sé e l'altro, e tutti nell'estensione dell'amore, quando ci sia. Ma ancora e di più, quelle pressanti richieste che non trovano risposta e che urgono ché la vita stessa si conservi quando minacciata da forse ineludibile destino. La vita, l'amore si fa tragico! E queste sono istanze quasi sempre deluse, nessuna risposta dal cielo e la vita stessa, si spegne, va via. Che ne rallenta l'ineluttabilità? L'amore, solo l'amore! Ove la speranza muore subentra l'amore. E la malattia spezzerà comunque la nostra vita nel dolore, ma almeno c'è la vicinanza di chi ci ama e ci fa conforto. E manca sì risposta chiara dal dio e da te, ma morendo si evoca un fatto lontano. Qualcuno grida per noi, nudo sul suo legno: iddio mio ché abbandonato mi hai? E noi morendo, lui muore, il cuore spezzato. E il grido suo copre i tuoi singhiozzi e riempie il vuoto che si è fatto intorno e il buio incipiente. E un dio vecchio e lontano non può non udire, ma nulla fa, non può o daccapo non vuole, non ha allontanato allora il calice e qualcuno ancora ha dovuto berlo! Questo linguaggio tutto sa di favola, somiglia così alle tante storie sul dio, ma con la novità dell'amore di chi a lui grida, ancora, sempre! Non c'è il dio per noi? Eppure c'è chi ne vicaria l'amore! E' quello del figlio tuo che si lascia annientare daccapo per spezzare col grido suo il silenzio del dio, ciò che più di tutto uccide! E, paradosso, chi ama il morente riaccende la speranza sua, ché lo sente diventare il figlio tuo e tu stessa prendertene cura, e così ne vicaria la speranza! Muore la vita, muore l'amore, ma non la speranza. Quella che forse l'amore verrà ritrovato e sarà per esso vivere una vita novella, sì, il sogno iniziato tanto tempo prima e dovuto interrompere, forse riprenderà, vivrà ancora. Perché? Chi ha gridato or ora, ha detto che lui stesso è la vita, e “vivet, etiam si mortuus est”, chi in lui ha creduto, sperato! Una speranza ancora è richiesta, tutta d'amore, per ritrovarlo!

martedì 22 ottobre 2013

Non muore l'amore!







All'epoca della vanità mia, certo giovane ed inesperto delle cose del mondo ero, e m'affacciavo a una vita di tante promesse che il tempo poi per lo più mantenute non avrebbe. E conobbi anche l'amore. Andargli incontro, assecondarlo, fare che vivesse delle attenzioni mie, era una sensazione di vita degna, sebbene tanto altrimenti carente, e di procedere verso il bene. Ed era come poter far miei i valori, che dall'oggetto del mio interesse venivano, apprezzandoli, e divenire, realizzandomi, sebbene ragazzo, come già uomo e migliore di tanti. Insomma io constatavo che tutto m'accadeva come se dal processo di identificazione col l'oggetto del mio desiderio, risultasse un arricchimento del mio stare a questo mondo, consapevole divenendo di tutto ciò che di bello può esservi e anche che l'anima mia più ricca diventasse, essendo sollecito dell'altrui bene, sebbene forse solo agognandolo. Fui vero ricambiato? Fu solo sogno, illusione? Non so dirlo. C'è chi dice, malevolo, d'aver incontrato nella sua vita prima, solo persone mediocri, forse essendolo lui stesso, e che dal rapporto sempre ne sia risultato un disvalore. Per me non è stato così, se molto ho dato generoso, forse più ancora ho avuto. E che? Nel dialogo, nello scambio di sensazioni, nel guardare verso una stessa direzione di speranza, ne è risultata una umanizzazione, che frutto avrebbe fatto nel tempo. Sono come sono, un uomo che osa sperare d'essere buono un po', anche per le persone incontrate e più per le amate! Sicché io voglio ricordare quei fatti, quelle donne lontane, amare per loro il mio passato. Ecco fremiti ci sono di ricordi, un po' attenuati per la lontananza nella bellezza loro, ma dolci sempre e come attuali rivivo attese, speranze e ne ho palpiti di nostalgia ed ebbrezza tenue come da felicità rievocata... E tutte vorrei avessero continuato l'amore, quello iniziato con me e dovuto interrompere, e toccata la felicità, stretta l'avessero ché non sfuggisse, la stessa che io ho sempre rinnovata se tra queste braccia stringo la donna mia. Allora io devo ricordare e sperare che benevolo destino abbiano avuto e qualcuno con cui spartire gioia e dolore. Che vi può essere di più, che cosa fa più completa la vita? Se non avessi questo augurio in me sincero, s'annullerebbe l'umanità mia e, credo, vuota, deserta si farebbe la vita interiore. E io invece la sento e voglio stipata di “pietas” del passato e per il futuro, di speranza! Il mio sarebbe altrimenti un microcosmo da egoista disperato, un rimescolare una poltiglia di sola vanità. Invece se ho l'amore per il passato, l'ho per il futuro e posso dire a questa donna, che sempre accanto da quando l'ho sfiorata è voluta rimanermi, dal cuore, Abbi con me fiducia in questo momento, che è nostro, e speranza nel poi, mai ti lascerò sola e se quanto ho di mortale sparire dovrà, sarà pur riassorbito nella vita, questa, e nell'altra sperata ogni altra peculiare cosa che mi fa qual mi vedo! E questi discorsi un po' le fanno tristezza, ma voglio che, consapevoli di quanto dovremo perdere, viviamo ogni istante che rimane come unico, irrinunciabile, perché nuovo e bello, irripetibile! E continuo, Resterò nelle cose vive e belle e se fiore accarezzerai ricordandomi e a me che carezza offerto avrai e l'avvertirò. E sarò il vento tra i tuoi capelli e la luce per i tuoi occhi... La nostra felicità qualcuno, è la signora dei nostri cuori, sta per ricostruire altrove... Tutto è apparenza qui, sì non più che apparenza, fuggevole la felicità, sì effimera sempre, ché il male sempre la minaccia o la divora. Nei cieli la vera felicità, e la spero con te. Qui molto buio e lotta, fatica, tormento e poco amore. E il nostro piccolo amore, che lontano s'è accesso e s'è fatto fiamma, e ci ha fatti come una cosa sola in fusione anche d'anime, permetterà ci ritroviamo, quale la nuova forma, per un sogno perenne e uno spasimo dolce in un mondo nuovo e senza ombre. Allora non piangere! Ma tu scendere fai queste tue lacrime piano e il sole le fa rugiada indorata, nell'aurora che ancora con te vivo. Perché t'accori? E ora che ti sono lontano, romba sommesso il mare dabbasso qui dove a te penso col cuore gonfio. Ma ora io lo sento come un canto unico, un solo inno d'amore, per me, per noi. E credimi, inaridite non sono le fonti della gioia nostra e la nostra è storia di ogni tempo e di ogni luogo, altri s'ameranno come noi, ancora e ancora, e sicuro vivremo anche nel loro amore. Che sia vero che eterno è l'amore, almeno così? E la vita tutta se ne fa rigoglio, e non c'è vita senza amore, non c'è amore senza vita...E so banali questi miei pensieri, forse anche male espressi, ma non meno veri! E pur ora l'universo tutto palpita per noi e in noi non c'è che amore, e diciamo divino, quello che crea ad ogni istante per gli occhi nostri e per i cuori nostri, questo mondo di meraviglie, da cui certo viene la gioia nostra, che in questo tutto smarrirsi vuole, stemperarsi in un aere muto, ma recettivo e attento, come vi fa ora la canzone del mare. Ecco la fonte viva della gioia! No, non muore l'amore nell'indifferenza delle cose, non muoiono quelli che amato hanno! Ben ci sei, bella signora dei cento e cento sospiri, tu sei l'amore, come ci sono gli occhi di questa donna che aperto m'hanno il cuore!

venerdì 18 ottobre 2013

Un luogo chiamato amore







Luogo v'è in questo mio cuore chiamato amore e tu quello sei. Ora se vero è che
tutto ciò che facciamo e diciamo ha un suo universo rappresentativo, questo nostro sentire, reagire, patire, questo star compagni a tenerci per mano, dove si rappresenta, dove scrive ogni accadimento per la memoria e la speranza? Certo noi viaggiamo con la mente tra le stelle sperando della bella di lì l'incontro, e lì mi conduci come qui fai e come qui mi distraggo tra queste cose belle, che anche di questa stagione alla vista mi si offrono occhieggianti, ché la bellezza ne apprezzi, così certo lì
faccio di simile tra quegli splendori. Ecco la corrispondenza!Sicché tu sei i miei occhi, tu il mio ascolto, tu le mie parole di meraviglia, qui come lì, ché, anche se assente sei, è come se fossi con me e io non m'appaghi se non ti rendiconto tutto al mio ritorno, anticipato avendotelo nel pensarti presente alle mie passeggiate per lo più solitarie. E ti dico, dicendomi, Osserva questo e quell'altro non ti sfugga, di fiori ed erbe e funghi! Ma mi potrà accadere, forse anche a breve, o rimaner solo tra le stelle senza guida, qui tu rimasta, o star qui solo per un poco ancora, tu a quelle evaporata. Ma pensarti sempre con me e attendere d'aver tanto da dirti, mi farà sopportare quella solitudine? Uguale certo la mia pena nelle due eventualità. Ma forse la bella signora, tanto sospirata, verrà e avrà l'aspetto tuo dolce e la voce tua e il tuo star solo per me, gli occhi mai distratti! Eppure rimarrà se stessa e io la percepirò te e come altro da te a un tempo, rimanendone smarrito...Sarà come qui
talvolta m'accade di veder di te qualcosa con quelle che qui incontro e con cui converso, quelle indugiando nella compagnia mia per breve avventura, ma poi sempre mi sconcerta che a parte
quel piccolo particolare di felice riscontro, tanto da te diverse siano. E poiché la signora è in tutte, sicuro fa che tutte rechino di te qualcosa e io lo riconosca, ché ella tutto, di te gelosa, conserva per
ridarti completa, quando che sia, a me come qui sei. Ma quell'intravederti appena, certo mi fa desiderare più ancora il ritorno a te, ché di te tutto mi senta appagato. Così sarà solo rimanendo, tra le stelle la presenza tua ella mimando, qui col vederti in tutte attraverso lei ancora, che graziosa lo
permetterà. Ma scoprirmi in una bella finzione non accentuerà il mio dolore? Forse non tra le stelle, lì la bella di tutto appagandomi dello stesso tuo amore, ma qui non sarò ridicolo e frainteso, nulla le altre sapendo di quello che di te cerco in loro, quello solo rasserenandomi, ogni altra grazia inutile
orpello avvertendo? Allora se dovrà accadere che per breve ora saremo vero lontani, lascia sia io ad attenderti là dove la signora vive. Prega che questo mi avvenga, ché tu sai la fragilità mia. Forse tentato sarei d'abbreviare la separazione, allora davvero aumentandola, dovendo ravvedermi del
troppo osato. Ma sempre saprò come ritrovarti, ché in questo cuore luogo v'è che si chiama col tuo nome, e chi non lo sa lo chiami pure solo amore!

lunedì 14 ottobre 2013

L'etica del perdono

Io proprio non credo che i martiri delle fosse ardeatine siano come angeli di vendetta nella città del dio. Sono, come tutti dovremo, perdonati e sono vicari del perdono del dio e dell'amor suo messaggeri. La nostra terrena ancora non è la civitas dei e l'etica del perdono sempre e della caritas dovuta a tutti, possono far scandalo nella prosaicità dell'esistenza qui. E si dice, Il dio è pur giusto! Vero! Ma anche misericordioso e la giustizia sua sta nel perdono e nell'amore. Egli, credo, non punisca, corregga, comprenda, scusi, perdoni, sempre! E ancora, C'è un inferno per i reprobi! Sì, ma è provvisorio, ben l'afferma Origène, fa minaccia, e forse è già vuoto! Si dice, Occorre negare la sepoltura in Roma e funerali in una sua chiesa al criminale impentito responsabile dell'eccidio, perché il popolo del dio non capirebbe tanta magnanimità nella città di quei martiri. Così proprio? E quand'anche, ecco un'opportunità per riaffermare la legge nuova del perdono e dell'amore. Su essa sta, fonda la novità della nostra fede di cristiani, altrimenti non più di una setta dell'ebraismo sarebbe la religione che vuol dirsi nuova. Invece ha vanto di superamento e compimento. Saremmo altrimenti fermi all'ama il tuo prossimo, correligionario, e odia il tuo nemico. Ma noi crediamo che una persona divina è venuta a dirci, Amate i vostri nemici e pregate per coloro che vi perseguitano! Amare, pregare ecco la novità della fede nostra. Ben dice Paolo, la carità è più della stessa fede e della speranza che suggerisce, perché l'amore mai avrà termine. Ma occorre anticiparlo qui, ed è istanza ben difficile!

sabato 12 ottobre 2013

La gioia nostra

Io potrei consigliare, Egoismo e viltà fanno la soma nostra di uomini. Se vogliamo spesantirla smettiamo la corsa nella vita, come eterni cercatori del forse solo superfluo, contentiamoci del bastevole appena, altrimenti penso diventi vano l'arrovellarsi per la ricerca della salute che da te solo può venire... Ma ne ho fatta io norma di vita? Solo tardiva, credo, e per questo quasi inutile ormai. E come cerco di vivere l'oggi? M'è cara l'immagine del mio continuare a camminare la mia mano nelle mani di questa donna, ché sia ella a guidarci per la meta comune, l'incontro con te. Lo facciamo forse illudendoci della predilezione di figli, ché il futuro sembra, da non molto lontano, palpitarci amore, il tuo. E intanto dispare nuova alba, viene rapida e va, e così le cose tutte del nostro mondo, che ci chiamano con i loro murmuri dolci, vanire vogliono nonostante ci sorridano ancora, e così le ombre del passato che ci vorrebbero forse ospiti inquieti dell'oggi. Ma quale oggi? Sicuro anche quello di appena ieri e quello del domani che già s'affaccia, ma insieme ogni fatica più lieve diventa e l'aria fresca ci invita a godere delle tante erbe e fiori che tuttora colorano il nostro mondo e ne fanno ricchezza. E a breve gli uccelli canteranno ancora e staranno a inseguirsi nel giardino nostro e le tortore più ancora competeranno per il cibo offerto alle gallinelle, ché novello uovo depongano, e faranno il dispetto di questa donna, che nuovo pollaio vorrebbe, ma non sa decidersi sul progetto, che il meno dispendioso sia. Ecco il piccolo mondo della gioia mia da vivere tutta all'aperto, ché non fa cosmesi, inutile alle anime nostre, lo stare al chiuso, ma le apre il sole novello e ne fa vera salute. Sì alla luce sua si riaccende la speranza, dispaiono le ombre paurose avide, che esose impossessarsene vorrebbero col buio dell'ieri e il nebuloso dell'appena domani. Ed è così che del vivere sentiamo leggera ormai la fatica, certi che il più dell'erta abbiamo insieme guadagnato, ché perpetua è l'ascesa nostra e il domani più non fa paura, ché dell'oggi sereno s'alimenta. Conservaci questa serenità, fa che l'oggi, ponte al domani, non ne trasmetta che l'amore, che fin qui legati ci ha. Spira un vento fresco, lascia che la navicella nostra poggi la prua sua e che le vele tutte dispiegate se ne gonfino, ché salva sia prima del nuovo buio imminente. E tutta tua sia la gioia nostra, ché ora sappiamo, nell'amore la gioia dell'altro è la propria!

giovedì 10 ottobre 2013

Come un male nuovo


La miseria mia non è parlarti, sapendo disattesa una chiara risposta, ché da sempre con me afona sei, ma non saperti dire questo vissuto nella certezza che mi parlerai in qualche modo o attraverso le poche persone del mio mondo, o le altre creature che lo abitano, o la recezione delle cose tutte che lo fanno. E la sua misura è non aver più parole, né di ira né di pianto, a parteciparti la paura che ho di questo, che mi sembra un male tutto nuovo, ché temo, io inascoltato, rimanga. E mi sento come solo in una via tutta di indifferenza o di odio e che si sparli di me e dei timori miei, infantili certo, ma per questo più penosi. Ecco sono alla spiaggia, tutta ormai deserta, e pigre onde vengono alla battigia a stemperare il loro scarso vigore. Mimano l'insistenza mia di vuota preghiera o raccontarmi vogliono la favola tua bella da cui sempre m'albeggia un po' di pace, ma io ora non ne resto consolato, ché non mi sembra ventilare dalle nuvole una qualche speranza. Anzi queste nere si accumulano da occaso minacciando pioggia imminente, ma io non me ne curo, tutto preso da pensieri più che al colore loro, consoni al rumoreggiare di lontano con bagliori che non ha libertà di desistere, ma solo di esaurire l'impeto suo. Ché ora più sento follia la carità in un mondo succubo d'egoismo, coi vincoli di fratellanza spezzati, dove l'umanità, che buona si sente nonostante, non può non annegarvi oltraggiata dalla viltà, come di recente è accaduto ai migranti. E per me febbrile s'era fatta l'attesa del nuovo e del diverso e invece mi scopro stretto nello stantio del buio, senza da te appunto un segno di pace. Ma ecco una novità, donna viene col suo cane vociante. Sarà quell'amica? Oh fosse! Sorrider la farei alle facezie mie, sebbene stentate, da cacciar fuori da cuore triste, e quella lusingata dall'attenzione mia proseguirebbe il cammino suo solitario dopo graziosa sosta... Accetterei la presenza tua per lei come risposta ai dubbi miei, ché fitto ho nel cuore l'orrore alla notizia di una migrante annegata partorendo il nato suo, mentre sicuro messaggero di vita è questa donna strattonata dal cane suo abbaiante, giovane e bella attesa, ma che ancor bene non distinguo...

venerdì 4 ottobre 2013

Una provvida Francesca


Timida oggi è nata l'aurora, incerta se venir fuori da tanto famelico fattosi mare, a tinger d'arancio questo cielo triste. Tante anime esso, loro corpi trattenuti o ceduti dalle acque, hanno raggiunto e tra quelle anche novelle o mai nate, ché per i corpicini loro, utero di madre ha fatto per sempre latebra. E io, che ho visto piangere una soccorritrice di pur scampati, ho pensato che il pianto tuo abbia liberato. Qui tutti peregrini siamo, precari in una stessa attesa, e se pur fossimo solo nel groviglio degli interessi terreni distratti, altri sordi ai richiami delle cose eterne, altri ancora, sonnecchianti in un ignavo sonno..., tutti saremmo allo stesso modo colpevoli, ché omettiamo l'amore! Disgraziati! Quanto Mammona ci ha accecati d'egoismo e fatti schiavi, tanto la matta bestialità dell'indifferenza ci tenta e alziamo le spalle o siamo addirittura sprezzanti nel dileggio vile di chi, scampato, si scopre tra noi diverso e anche più bisognoso, ché prima tra i suoi era solo povero e non anche insolentito, e tra questi scortesi, ingrati di quello che la tua bontà divina assicura loro, anche c'è ancora chi becero insiste sui respingimenti dei migranti in mare! Orrore! Ché quelli non cercano miglior vita, ma la vita stessa, il suo minimo! E per noi, che ci pensiamo fortunati, il domani vero sarà più dell'oggi? O invece sostenere più non vorrà la speranza nostra, e pur noi raminghi andremo tra gente vero fortunata e indifferente o sprezzante quali ora molti tra noi sono? Ma sperare il meglio e il più non è troppo osare da te, quando tu apparentemente abbandoni questi tanti poveri? Avranno essi compenso? E perché scelto hai di dover dar tanto, mentre forse qui sarebbe bastato poco, anche se da noi, cupidi ingordi, nudi di giustizia e carità, occorreva venisse? Perché la regale dignità tua sacrifichi alla nostra miseria, e permetti la libertà di peccare a febbrili ricercatori dello star meglio e del volere sempre più ancora, qui nel frastuono del mondo, qui abbrutiti adoratori del denaro, erranti della miseria morale quanto quegli sfortunati della materiale? Io proprio non so capacitarmi e darmi pace, e annego pur io, ma nella tristezza, anche questa forse solo egoistica, come compiaciuto ne sia. Eccomi peccatore più ancora! Cuor mio, io da te nuovo ardore avere vorrei a farmi dentro fiamma viva d'amore, necessaria più del calore che benevolo mi fa quello di piccola donna innamorata, e accendere la vorrei sul candore della fede mia in te rinnovata, ma in gelo e buio più povero mi scopro e più che mai non datore, ma mendico d'amore! Ma tu così accorato non mi vuoi ed ecco Francesca, che con arguzie di eterna bambina, mi desta ingenua meraviglia nell'anima e al riso perfino mi tenta!

giovedì 3 ottobre 2013

Noi, le tue parole


Ecco, è tornato un altro giorno e la bellezza sua è tutta nei miei occhi... C'è di più? Per saperlo capacità dovrei avere di vederlo con gli occhi delle creature tutte di qui. E passerà quest'ora di incanto, tanto serena, e verranno le comuni del quotidiano, che s'accavalleranno a far rumore o silenzio, mentre questo cuore attende dita divine che vibrar lo facciano di riconoscenza e d'amore, ché mai mi senta escluso dalla benevolenza tua. Ma chi suggerirmi ora vorrà la presenza tua, forse occhi di donna? Schivi quelli che incontro, incerti quelli del mio ricordo, ché pur quelli della donna mia sfuggirmi vogliono... Ma di più forse lo possono le note che qui spande, fuori del tempo suo d'amore, uccelletto, forse per ancora sconosciuta compagna. Così invano faccio io, sebbene non canoro, cercandoti tra queste cose belle! E come quello dice col linguaggio suo melodioso, così tenta d'analogo questo cuore con parole sue, nuove, mai dette, mai espresse, eppur tanto comuni a chi preso sia d'amore, e belle le trova e ne sospira! E forse tu ascoltarle vuoi in quest'ora, che all'innamoramento di te sollecita le creature, che se ne incantano e me anche, come o più di tutte! E mi si illanguidisce il cuore come il sole, che così fa in questo tempo, un po' si vela. Io, che saper non posso quanto ancora qui al mondo mi stia e ne viva, ma sento che rapidi mi vengono incontro i giorni e subito muoiono, così paura un po' ne ho, ho pace solo in momenti come questo d'abbandono tra queste cose. Ecco, altrimenti io ti grido anche da essa, ché vi sto come in un deserto in cui eco non c'è, che illudermi possa di tua risposta rassicuratrice che tutto m'avverrà in dolcezza d'amore, questa mia donna volendolo. Sì, dura è questa realtà e irrevocabile, tutto, tu stessa vi puoi essere illusione, inganno o mito. Non è possibile imparare da altri come viverci, non ci sono esempi, atteggiamenti da ripetere, ogni dramma è analogo, ma diverso! E come è impossibile ormai per me vestire un abito qual sia seguendo, come fanno i giovani, il capriccio dell'ora, così la mente mia non può farsi schermo di qualunque mito, che si interponga tra questa realtà e l'esser mio che viverci deve. Solo vi può l'amore e se tu, voglio disperatamente crederlo, solo amore sei, sebbene afono, ecco tu sei la preziosità che mi riempie la vuotezza che scavar mi vogliono dentro, la banalità del quotidiano e la mediocrità che vi sta ad agio suo. Voglio qui davvero rimanere, sebbene confortato da questo mio piccolo amore? Io qui nel mondo di tante parole, poche d'amore, più a lungo stare non vorrei e nel male suo che uccide i bambini, attoscati dai veleni che dalla terra nostra, pur felice nel tempo passato, spuntar li fanno fiori già malati. Qui il male ora sempre profitta per far cespo dell'assenza d'amore e della cupidigia diffuse. E allora facciamo esistere l'amore! E tu, se mito non sei, scendi dalle stelle e grida, prova a farlo con noi, contro a sordo cielo. Ma se noi stessi siamo la risposta tua invocata, aiuta quelli che capacità hanno di più amore, così penso delle donne tue, dà loro forza, coraggio contro i prepotenti, e siano essi le parole tue, quelle sole capaci di tacitare l'inutile vociare e rompere il silenzio, sempre complici del male con gli scandali suoi!

domenica 29 settembre 2013

Parole afone







Quando qui scende la sera, sale dal mare fresca la brezza e corre tra gli alberi antichi il soffio suo e le foglie fa tutte canore. E a far melodia non diresti che alcuna inessenziale sia. Così io, quasi piccola foglia gemmata sull'annoso albero della vita, cui ormai debole legame mi lega, ché tante le altre foglie venute e poco m'indora ormai la luce, sento la precarietà tutta del rimanere a questo mio ramo appiccicato. Ma come quelle del bosco tutte tremule si fanno, contribuendo alla canzone del mare, così l'anima mia, come mossa da invisibili dita, sta con quelle sollecitate dall'amor tuo a far armonia della preghiera loro corale che a te va, sole calando, inebriandosene loro per prime. Sì, è l'ora delle anime, che accorate ti sospirano, affidandoti la loro speranza d'amore. Ecco, i miei sogni tutti coagulati si sono su piccolo amore. Tu entrar vuoi in questo unico mio sogno per vederla con gli occhi miei e anche del mio amore amarla, e finalmente dirle, forse solo con essi, tutte le mie parole mai pronunciate. Tutte quelle che il suo cuore intuisce e tu anche così per esso sai, ritenendo ingiusto che restino taciute. E forse vero ella palese le attende, me lo dice il suo ormai raro sorriso, e come se la vita, quasi tutta con me, delusa un po' l'avesse, gli occhi che le tradiscono, velandosi, la tristezza, che in sere come questa, forse l'anima sua prende, intrisa della stessa melanconia cui tutte le cose, ormai stanche, arrese, assopirsi sembrano. Ma forse solo da te ormai le attende e potranno essere solo afone, come afono tenta comunicarle il mio cuore, ma se da te, vero capite saranno e forse le inebrieranno il cuore come fa all'anima mia questa brezza dal mare salita. Dille per me, No, la vita tua sciupata non hai, tu hai amato!

martedì 24 settembre 2013

Candida la sposa va







Come va la sposa, bella nel suo candore ritrovato, a far promessa di fedeltà nell'amore dovuto a chi il suo le abbia offerto, così di simile vorrei saper fare a voi due, ché l'amor vostro divino, come luce fa improvvisa dai nembi, la via mia, che con questa dolce compagna percorro fidente, lampeggiando, m'ha indicato slargandomi il cuore, che da molto alla pace vera anelava. Dove tu mi guidi ora, insieme a questa donna fiduciosa vado. Ma qui io vorrei che quanto dico per amore sia rivolto anche a quelli che altra fede hanno e che mai dirò infedeli, convinto che molti ci siano di noi migliori e più vicini al dio. Io convincere d'essere nel giusto perciò non voglio, ma mostrare l'alternativa, che suggerito avete con la venuta vostra tra noi, al male dilagante che sempre si rinnova. Perché è di oggi notizia di nuovo eccidio in Nairobi di gente ignara, sembra di altra o nessuna fede per gli assalitori, ma anche di bambini, innocenti come alcun altro può esserlo. Allora non ai buoni, ma ai deviati dalla loro fede vorrei saper dire.






Prima però occorrerà che mi chieda, di ciò che accade vero non v'abbiamo colpa, cioè solo candide vittime siamo? Non hanno taluni cristiani, vere meretrici dell'amore, come altro potere agendo, gravato di più il popolo succubo e credulone, nei secoli fino all'oggi più scaltro e disincantato, e così contribuito alla degenerazione, che rabbia fa da sempre ai veri pii, con l'indegnità loro? Non si sono forse accordati perfino col Mammona? È vero, ma è per questo che dobbiamo tornare all'originario e unico maestro nostro e non ascoltare i parolai dell'amore, a quello che ci ha raccomandato e forse, rinnovati, anche l'odio, sempre ingiusto però, verso noi s'attenuerà o svanirà con speranza di rispetto reciproco... Penso ora anche a quello che i cristiani subiscono in Pakistan, in un mare di ostilità, là forse solo perché diversi. Allora che dirò? Se è vero che l'umana convivenza spesso si fa sospettosa e riemergono antiche rivalità separatiste, se chiaro non si pratica la legge del perdono e dell'amore, noi ci vedremo non gente, non popoli affratellati, come l'unico padre certo vuole, ma in accozzaglia di lupi mutati. Cos'è che tutti palpitare fa in un mare di luce, se non la fede? E che è la fede? Vorrei saperlo dire ai fratelli tutti, anche a quelli, insensati certo, che nel nome forse del loro dio feroce, non del vero, che essi solo fanno qui esistere, continuano a uccidere. La ha solo chi vive perdonando ed amando, ché niente fa miglior condotta di vita, e uno, almeno uomo santo, è venuto a dircelo, con la madre sua diletta e ha sofferto dai malvagi testimoniandone la validità, come verità senza tempo e luogo e gente, tutti potendo convincersene e far propria. Ecco, per quanto siano state vaghe e insondabili nei millenni la volontà e l'attesa dall'umanità sua del dio, una madre col figlio suo l'ha manifestata chiara e chiunque esclude da sé la norma dell'amore, credo s'allontani dal dio vero più di quanto lo sia il cielo da questa terra amara e selva oscura di belve resa dai fanatici tutti, quale il loro deviato credo. Quelli che non capiscono che il male dilagante in questa società umana, certo corrotta ed edonistica, dominata dal dio denaro, non si vince con altro male. Così si scava l'abisso per sé e tutti, da cui perfino al vero dio misericordioso difficile sarà liberare e rinsavire vittime e carnefici. Ecco è vero, qui si lotta per accaparrarsi posti di lucro, di prestigio e di comando, per farsi avanti e avere ingresso sicuro alle classi dominatrici dei senza dio, anchilosati nell'egoismo loro, che arraffano onori e compensi, mentre quasi sempre è gente indegna di una qualche lode, ché calpestato ha nell'ascesa frenetica i fratelli tutti. È giusto averne sdegno, ma se a un tale, uomo o donna, si vede in volto diaccia la morte dell'anima sua, non è giusto anticipargli la fisica! Nessuno, nemmeno il più virtuoso può farsi giudice del fratello, il dio solo sa quando prendere una vita, anche la più sconsiderata e orribile! Solo il demonio gioca a scimmiottare il dio! È solo l'amore, preceduto dal perdono che può ancora sperare in un ravvedimento e promuoverlo. Quel peccatore palese non lo avrà? Noi, che crediamo di peccar meno, forse non abbiamo per lui pregato e sofferto abbastanza! Lo attenderà un altro più arido esilio. E noi? Preghiamo la misericordia divina di non veder nulla di simile! Sperare, sempre sperare occorre per finalmente poter dire, “Erravi sicut ovis”, ma obbediente all'unica legge tua, l'amore nonostante, t'ho al fine trovato, e l'angoscia mia e l'ansia tua d'avermi, estinte ora sono, o solo dio di tutti! È giusto però anche difendersi da chi belva a noi voglia farsi, pensandosi superiore ed esente dalle nostre debolezze, egli, che uccider vuole, si macchia di un peccato ben più orrendo di quelli che a noi attribuisce. Ma mai offendere, mai prendere l'iniziativa, mai anticipare la lotta, ché noi siamo quelli del perdono e dell'amore, e solo la difesa proporzionata è giusta e la oculata prevenzione del danno agli innocenti, bambini, donne, vecchi. Abbiamo fatto professione aperta di giustizia e questa vuole il bene, la gioia per tutti, non appunto il danno, non l'offesa, non la morte! Occorre farsi operatori instancabili di bene, solo così la si ama e nostalgici si può essere della vera patria intravista, e si può riattendere fiduciosi il ritorno palese e in gloria dell'unico dio e per noi anche della madre sua, ché altra verità non c'è, e mai niente più ci sarà raccomandato di più sublime e niente più così paziente sarà del suo ripetere da sempre a sorde orecchie, “ diligite inimicos vestros” , il solo comportamento che permetterà l'ingresso nel cuore suo, con vita novella, sicura da questo male immane, che fa questo mondo. Amarla si deve questa verità e la si vedrà ogni giorno più bella e più grande e ai soli che capirla possono, s'impenneranno le ali, gli altri attender dovranno il perdono degli offesi e da essi, i soli ascoltati, l'amore implorante per loro la misericordia del dio, che certo verrà per una umanità rinsavita, liberata dalla suggestione del male, se non qui nel mondo nuovo sicuro. Altro non so e pregherò sopratutto per quelli dalle orecchie dure, che sentir non vogliono, e i più sono tra noi! E forse anch'io così le ho! Qualcuno preghi per me!










E sì, va la sposa bella nel candore suo...Attende solo bene e l'avrà da chi sta per prometterle di amarla e volerla la vita qui durando, e oltre, come il dio vorrà, e io promessa a te rinnovo. Non hai, cuor mio, il cuore tuo a questa donna prestato? E a te dicendo non è anche a questa che dico? Ci attende solo amore, povero, contrastato qui, ma sublime di là dove sarai tu, bella sposa!

venerdì 20 settembre 2013

L'amore balbettato







Ripeto spesso di sentirmi una nullità. Perché lo faccio, forse ché dolce è sentirsi comunque amati? Vera o presunta questa bassura psicologica, ne ho un vantaggio. Da essa ti invoco, ché immedesimarmi posso in chi forzato è nella sua, perché il male ve lo ha spinto. Quando poveri si diventa di tutto e di ciò con cui una vita protegge se stessa, e niente conforto, né parola amica e tu sembri ancora più lontana! È una penosa sensazione di incapacità a venirne fuori, apparente mancando aiuto da te perfino, ché pregare nella disperazione fa ritenere inadeguate tutte le parole, che inutili si fanno e vuota ogni preghiera formale. Dopo un po', anzi, niente più fuori vuol venire, e bassi si fanno gli occhi di chi questo subisce, quasi vergognosi di aver chiesto, ché non si ha più speranza e, sentendosi abbandonato, s'acuisce in lui la motivata tristezza, che non è contingente, ma si radica, fa cespo scuro in animo tanto provato. Perché la desolazione anchilosa lo sventurato, lo fa inerme, esposto a ogni insulto dal male ed egli ne ha coscienza e paura...Oh veramente povero chi su sé sperimenta il dolore d'avvertire inutile perfino la preghiera, ché nella disgrazia tutti stanno a guardare altrove e si teme anche il disinteresse tuo, se la risposta dal cielo, in cui la disperazione ti relega, tarda! Io mai ho vissuto tanta radicalità, ma mi ci sono affacciato e tornare da quel confine è stato ben penoso, ché nessuno m'ha detto, Ecco fa così e ti sentirai meglio! E accanto ho avuto questa donna, che tanto non espresso m'ha letto dentro, m'è rimasta vicina, ma tanto discreta, come in un cantuccio e senza osar parole, timorosa della nostra sorte e del nostro amore, eppure fidente e vista l'ho porgermi la mano sua piccola e sicura, come volesse dirmi, vivi per me, vivi di me! Cos'è che donna spinge a far così, la pietà per il maschio suo scoperto pur fragile? Penso invece derivi da una ricchezza interna al loro mondo tenuto celato e da insospettata volontà e che in speciali occasioni s'esaltino e venir fuori vogliano e agire, specialmente se amor le spinga. E quanto allora più sono le risorse tue! E io non per me chiedo la mano tua soccorritrice e amica, ma per quelli che più di quanto io abbia fin qui pianto, piangono vessati ora, ché pur sempre qui sono solitudine, precarietà, miseria, malattia! Ecco dalla mia nullità pur viene del buono, una positività mi fa dentro, capire, immedesimarmi nelle vittime del mondo d'oggi e dalla fiducia nell'amor tuo chiederti per loro, forse così imitando la donna mia, che certo lo ha fatto per me nei miei tanti momenti bui. Ma a volte tanto rattrappito, tanto chiuso in me mi sento che quasi ho vergogna che dalla miseria mia ne venga scialba preghiera, come se solo balbettare ti potessi, timido bambino tornato di fronte a tanto sentito compito, vicariarti la necessità, l'urgenza d'aiuto dei tanto meno fortunati. Eppure è bello il babillage dei bambini con cui essi esprimono il bisogno di confidenza con la madre loro e di protezione! Ecco ora quant'è dolce lo stare nell'amore di vere donne, vorrei saper dire... E come m'accade? La preghiera in alto ti vuole, e supplice vuol essere, e la cattivante lusinga par non disdegni, mentre quest'amore piccolo e solo umano mi ti fa avvertire in basso accanto a me, ché in questo cuore che mi palpita tanto vicino, sicuro sei e ti bastano sincere parole di comune umanità e perfino i miei silenzi o il mio babillage di eterno bambino. Non parli forse, sorridi o piangi col linguaggio di questa donna? E non è forse l'amore tuo che aumenta il suo? E non è a lei che mi stringo se paura rinnovata ho da questo mondo? Tu la esorti a darmi sicurezza e ascolto e a volte, proprio come te, ella non parla, eppure mi rassicura, come o madre io la veda o lei il suo bambino. Forse che troppo cresciuti siano i figli suoi? Ecco il tanto che ho da questo sentirmi misero, ma dell'amore di due donne fidente! Sì, rimango talvolta in questa mia età da tristezza vinto, anche immotivata, e mi ci sento stretto, chi m'aiuterà a fuggir via? Ma tu, anzi ma voi amate anche quelli come me, che bambini vogliano tornare ad essere e balbettino al loro amore e quello capisca il non potuto bene esprimere e provveda al richiesto, anche se tutto taciuto! Così m'accadeva con la piccola Or, talora il mio dire rotto era dall'emozione d'averla tanto vicina... Era allora che ella parlava per tutti e due e le sue belle favole diceva, da piccolo cuore venute. Allora fa così per me, trasmetti la richiesta mia accorata e balbettata al figlio tuo. Ecco digli, Fa per questo così, e per quell'altro più ancora... E sai bene che e a chi specialmente io pensi! Intanto come saprò che m'annuisci? Fallo ancora e ancora per la donna mia, la Or mia di sempre, la sola da tutta la vita, a cui da sempre balbetto amore! Se della tristezza mia l'amaro non assorbirà, o vedendomi più sereno alla rassicurazione che sempre accanto l'avrò, sorriderà o riderà per un nonnulla, come accade a donna spensierata o lo farà delle piccole bagatelle che fanno sapida la vita a due, allora capirò che è il tuo sì!

mercoledì 18 settembre 2013

L'amore ritrovato







Se dolce è innamorasi di donna, più lo è scoprirti nel cuore! Qui simulerò di perderti e ridirò la gioia del riscoprirti.





Se ora certezza avessi che solo un sogno fin qui sei stata, pur questo ingenuo cuore ringrazierei per avermelo fatto così tanto durare, avendolo vissuto nella pace un po' e in gioia talora, sempre consapevole della unicità e preziosità sue. Solo ne avrei rammarico di non averlo condiviso con molti altri, ché d'analogo ne vivessero, anche per la vita tutta, con quelli che amano. E poi alle antiche immagini, che in sogni da sonno venuti, mi t'hanno fatta vedere, direi, Tornate, ché ancora veda l'illusione mia, tanta dolcezza mi dareste ancora! E a questa fin qui creduta tua icona, per la quale da ora in poi forse solo vivrei, per illuderla d'amore, per darle comunque un po' di felicità, Sai, direi, da dove prende l'amor suo il tuo cuore, sì, da dove l'attinge, se tutto è apparenza e inganno? E forse ella risponderebbe, Dal cuore tuo! Sì, forse ella lo vede con occhi restati puri, come un fiore che dischiudere ella solo può al suo calore, all'alitare suo, come quest'ultimo sole fa baciando le corolle dei rari ormai fiori di questo chinale, chiusi e tristi al mattino, il capolino chinato dal freddo notturno, quando li indora e li riscalda... E cos'altro ancora potrei dire di te, di questa donna e di me, poco o nulla rimasto dell'antica dolcezza? Che trarrei per noi tre da questa triste possibilità in cui spingermi vuole il dubbio di correre vano, che talora m'assilla? Perché tu votata, impegnata qui sembri a che l'umanità sia salva, mentre singoli continui a perdere all'amor tuo rubati, immane questo male! Ecco qui due che perder potresti, esso vincendo, eppur s'amano, e non sembra bastare! Facci vivere allora tutto l'amor tuo, qui fosse pure solo una nostra illusione, perché sicuri si credano nel tuo, e riposino questi nostri provati cuori! Ecco che ti dico, ma questa temuta vicenda ora tutta vivendo come vera e attuale sia, che vi aggiunge dalla sopraggiunta completa incredulità? O dolce illusione nel meraviglioso mondo nostro di due, di questa mia donna e mio, volto t'abbiamo dato e nome, che angeli esistendo invidierebbero, ti prego rimani! Così mi vedo invocarti, anche se ormai certo che sentirmi non puoi. Sì, tu forse andar via hai voluto da una mente tornata tutta razionale, avida di ciò che solo provar può o che sappia da altri provato o sperimentato. Ma questa che cosa deduce, mi chiedo simulando avvenuta la perdita tua, da che le conclusioni sue, solo da postulati freddi e aridi che ti negano ormai? Sì, essa mi suggerisce, vivi senza la bella signora, vivi senza il dio, illusione, nient'altro sono! E se, così vero tentato, pronto sia a cedere senza sofferenza, non so, solo immaginando l'accaduto, perché vero temo allora s'inaridisca ogni altro mio affetto e interesse, e non senso divenga perfino il brillio degli occhi della donna mia in una notte di stelle, tanto amati! Ecco io già mi smarrisco e immaginare altro non vorrei, eppure continuo! Eccomi a quando la mente morendo, la vita, restata dalla certezza che tu non sia, vissuta tutta umbratile, mi porterebbe in un ultimo sogno per illudere se stessa di luce ancora e calore, allora forse tu torneresti, sogno suo pietoso, e vedrei me stesso seguirti amoroso di nuovo, “in odorem unguentorum tuorum”, e tu negarti e nasconderti in un eterno gioco d'amore, finché, raggiunta e in questa mia donna mutata, amore ad amore rispondessi! Ecco vero è, io viver non so senza te e senza questo piccolo amore che ti vicaria e proprio questo descritto vorrei come ultimo dei sogni miei, concesso, “mortis in examine”, dalla mente mia, che più ad essi non credesse! Ecco la mia bella morte anticipata, il mio andar con un'ultima illusione nel nulla! E se a queste, e lo dico con paura, conclusioni questa mente, tanto acuta e stupida a un tempo, pervenisse davvero, ecco sappi invece che io più viver non vorrei, ché niente è la vita senza quest'amore terreno, e senza te! Ché forse l'una perdendo, anche l'altra perso avrei! E dico, È qui la presenza tua solo un mito, stai tra le stelle? Sia, lasciati prender tutta da questo cuore, lasciami di te vivere, lascia che tu esista almeno per i sogni miei, sì, qui torna e vivi di me! La mente mia dai tanti studi e razionali congetture ed elaborati ha solo aggiunto stupidità alla sua di fondo, e dolore a questo cuore. Nemmeno schermo m'ha fatto all'invidia e alla malizia, che la stupidità diffusa di continuo fa sue qui, il male accrescendo. Ma fatto l'ha questo piccolo cuore di donna! E io di più saper non voglio, e solo che di sé mi illuda chiede il mio, ché se di sé vero così fa pietoso, è tu che lo fai della presenza del tuo illudendomi, che messo avresti nel mio. Dimmi, pur l'interroga questo mio provato cuore, da che ti viene tanto coraggio e forza! E mi risponde, dalle orecchie del mio intesi i palpiti suoi, Dall'amore! Allora pur c'è! Mi grida dentro! Ma dov'è? Eccolo qui in questo cuore, eccolo là, perché altri pur ne vivono! Sì, in questa o quella persona, ché chi vi crede, ne vive e ne fa vivere! È come il bello o il buono, qui rari. Dove e chi li ha? Ecco, qui in tempo di primavera la radura si copre dapprima di fiorellini bianchi di asfodeli, e ondeggiar ne vedresti, vero qui venuta o portatavi da questo cuore, tante infiorescenze, e così cullarsi alla brezza dal mare, e tu forse mi chiederesti, Da dove viene tanto candore, forse dalla triste, nera terra? Così l'amore, non è da questa, io ti risponderei, ché sprovveduti piedi, tanti, la calpestano e la rendono più dura, arida, incapace di esprimere alcunché, sì con l'inutilità degli irrequieti passi loro, non stelo verde, non fiore alla sommità sua, da essa spunta fuori a significare amore a chi sognarlo può...Ecco, l'amore è per me questa piccola donna, l'arida sterile terra se l'è lasciata sfuggire... Se questo, che sa ben esprimermi, è l'amore, io lo vedo, lo sento, lo tocco! E quanto a me viene da questa, fa il tuo stare per me qui. Io altro non so e, imprigionate in questo cuore, più non vi lascerò uscire, troppa tristezza troppo dolore, perdervi! Poco importa se il tempo prender le vuole la bellezza esteriore, con quella di dentro, dalle tue stelle donata, perché tu viva nel suo cuore, esso la stessa fortuna non ha! E io davvero altro non so, vivo di questa donna, vivo d'amore, vivo di te! Sono solo un piccolo insignificante uomo, che l'amor vostro fa vivere! Tu ti lasci vero qui esistere per la gioia di questo nostro amore, e vivere vuoi di noi, dei sogni nostri, ecco quanto grande è l'amore!

sabato 14 settembre 2013

I debiti della signora




Come quando a primavera vedi questa radura tutta di verde novello coperta, che poi pian piano tutta s'infiora e te ne fa maggior gaudio, di simile t'accade quando di scuola vedi uscire al suono della campanella, prima pochi, poi numerosi bambini che sulla via si riversano a farla rumorosa e variopinta tutta. Sono impressioni, estasi d'attimo, ma poi, è esperienza mia, l'animo ne resta a lungo impregnato e più benevolo e tollerante ne diventa l'atteggiamento e la risposta verso cose, fatti, personaggi del quotidiano per quel che sono e valgono, molto, raro, o poco, per lo più. Tali infatti le impressioni che ne riceviamo, che ben pensiamo la personalità nostra, la intima, più geloso debba restar custodita e rimanere celata con le vicissitudini sue e i suoi sogni, affinché nulla trapeli all'incomprensione spesso, se non allo scherno e al dileggio talvolta, della volgarità qui diffusa. Molto diverso è il mondo dei bambini, molto diversa la recezione loro dei fatti, anche i nostri. A loro par sempre poter correre un prato fiorito o a frotte dalla battigia far tutti insieme spumeggiare l'acqua con cento grida di festa al tempo della stagione bella, come certo accadeva all'epoca dell'infanzia mia quando al fischietto della monaca, tutti del gruppo si precipitavano in mare. E che ci trasmettono, cosa insegnano? A guardare il mondo con gli stessi lor occhi, puri! E si dice, ma ben lo possono, ché poco conoscono e di tutto paiono fidarsi, perché ignari della malvagità, quella celata anche dalla mediocrità! Ma non è così, percepiscono bene il mondo nostro e sanno il ruolo che vi svolgono, la mente sveglia è, ma mancano di tutti i nostri pregiudizi e le nostre riserve su gli altri, che possiamo anche giustificato fare, vista la condotta loro, invece essi sono liberi e disponibili sempre, a comprendere, scusare il comportamento degli adulti anche verso loro stessi, e perfino a dar loro oculato consiglio. Ecco, ci assilla un problema, è stupido pensare che i nostri piccoli non lo percepiscano nell'assillo suo e non lo capiscano, ché possono perfino essere buoni consiglieri, se sappiamo porgere i termini di quello e l'apprensione nostra, con linguaggio essenziale e preciso, sapendo parlare con intelligenza, semplicità e purezza ritrovata a chi aperto è alla verità e suoi valori, senza i pregiudizi morali nostri, con i quali spesso mal giudichiamo e operiamo, e rimediar vogliamo a quel che ci capita, sempre da sprovveduti, in un ambiente giudicato di troppa malizia. Eppure questo mondo, che vive accanto e nel nostro è transeunte e talvolta non viene gradualmente dal nostro mutato e assorbito, ma vi viene costretto, deve identificarsi, ché eventi catastrofici ve lo forzano, guerre, sconvolgimenti economici, diffuse malattie, tutte manifestazioni di questo male imperante. Tutto come quando tramonta il sole, e, come l'astro declina, si fa urgente la necessità della fuga e del cercar rifugio per molte vite di piccole e più grandi creature, accomunate dallo stesso destino in questa boscaglia, che per lor pericolosa si fa, ché viene la notte!





E non meno atroce è il male quando un singolo piccolo coinvolga. Ecco tu ne vedi ora una madre al tempio tuo, venuta a questo santuario, quasi a mezza costa sulla collina delle passeggiate mie, avida di compassione, ché le grida dentro la preghiera, che forse da lungo ti rivolge, ma le punge necessità di ripeterla qui, forse sperandola più diretta. È giovane donna, resta dapprima sul limitare della soglia, incerta, poi sospirosa e tremante va decisa all'icona tua...e t'implora desolata, ma fiduciosa, Signora, abbi pietà di mio figlio! Mi par ti mormori. E io che di simile ho fatto, ti chiedo, Dov'è il figlio tuo, che sciolga chi legato è al tocco del dito intinto nella saliva sua? Digli, Ecco qui uno che vuol essere la tua saliva, non potendo essere il tuo dito! Eppur ci deve essere una risposta dalla misericordia divina, ché più amara, anche per una annunciata morte sola, si fa la terra, tutta triste, muore un bambino! Se lui assopito s'è, necessario è si svegli! Non sarà all'orecchio suo attento, ugualmente bello il vociar di bambini nel loro gioco se mancherà anche quell'unica voce! Non piega a sé l'amore ogni cosa? Pieghi ora l'infame male, quello che prender vuole quella vita! Ma questa madre continua la preghiera sua incessante, penosa, lacrimosa. Perché è certa d'ascolto, solo perché ti sa buona? Forse anche sa, intuisce che ella stessa sei tu, ella geme e tu stessa gemi veracemente, muore il figlio suo, è il tuo che sta morendo di nuovo! Ecco quanto io mi senta prossimo a questa madre, sto, ora quasi appiattito, rannicchiato, più discreto ancora, perché coinvolto, nella penombra del mio cantuccio, e a recitare stavo le mie cinquanta ave, ella accorta non s'è di me e siamo i soli oranti nella piccola chiesa, vuota al mattino cessata la funzione, e ora seguito piano piano a pregare, ma per lei, e tutta dentro si fa la mia preghiera... Ne accolgo tristezza e pianto, sì, la mia preghiera si fa tutta per lei, è mia ora l'angustia sua! Ho già vissuto la stessa pena e questa mia piccola donna ha fatto, come ella ora fa, di più. Tornato a casa le dirò la mia occasione di pianto di questa mattina, capirà la tristezza che certo mi durerà! Anche solo partecipando al dolore d'altri aumentano i crediti d'amore presso il dio! Pagherai già qui i debiti tuoi, mia signora?

mercoledì 11 settembre 2013

Paure, speranze







Questa nostra vita, sempre in balia di paure e di speranze! Sì, tante le cose sfuggono alle nostre previsioni e al controllo ed entrano nell'incertezza e rivelano la nostra insufficienza e fanno apprensione, ansietà, ma pur nella precarietà, le belle, pur effimere, sempre sono riattese. Sai chi merita per me il massimo rispetto? Chi vive da molto in sobrietà. Ha vissuto nonostante, nella paura del minaccioso, forse solo tale rimasto, e nella speranza di ciò che forse mai è venuto. Egli sa cos'è vivere fin dalle difficoltà dei primi suoi passi e delle parole scambiate, e dai primi rari piccoli successi, con la speranza di ripeterli o averne di più grandi. Ha forse per noi solo patetici consigli, invita, col significato della vita tutta, a un pur moderato stoicismo, ma conferma in sostanza la tragicità dello star qui pur sotto a miriadi di stelle, che invitano al sogno e a sperare possibile viverlo! E gli altri che fanno per noi? Non accrescono forse la nostra paura? Cercano di liberarsi delle loro paure e hanno così potenza di accrescere la nostra, rinnovando, acuendo il già presente in animo provato, o inducendovi dell'altro a far incertezza e scompiglio. Ecco noi continuiamo ad anticipare il danno, eppure ci dai del tuo amore, molto anche se poco ne avverte cuore distratto! Cos'è poi la auspicata vita d'un uomo? Passare dalle braccia materne a quelle di simile affettuose di altra piccola donna, che ci facciano sentire la protezione, il calore delle tue! Fanno concretezza, conforto, sono braccia di donna! Ma come è instabile la tristezza vissuta che fa la paura, pure lo è la gioia attesa che fa la speranza. Sentimenti, passioni dalla fragilità che ci portiamo dentro, vengono, s'avvicendano, tentano di coesistere, si distruggono, si rinnovano. Sì, tutto passa, cose belle e brutte e i sogni pure, cose credute vere, valori scemati nel nulla, attese disilluse, e ci lascia nello sconcerto, smarriamo il senso di questa vita! Perché star qui, a che scopo ancora, quello che è ora, passerà e non sarà più nulla, e quello che fa sicurezza mostrerà quello che in fondo è, illusione! E l'amor tuo, dolce trasmesso da chi ti vicaria? È e sarà, da celare nel cuore ché nessuno lo invidi sciupandolo, finché ci sarà la presenza o il ricordo delle braccia che hanno accolto questa nostra insignificante vita, facendone un tesoro! E la vita trascorsa? Ricordo che, ragazzo, nessuno avrebbe potuto sapere da chi provenisse l'invito alla condotta di vita che ci accomunava, era come sospeso nell'aria, aveva certo premesse, ragioni oggettive, ma riposte, non certo suggerito dai nostri adulti. Essi di tutto preoccupati, non solo del presente nostro, non solo del futuro che veniva rapido e tutti avrebbe trovato impreparati, noi senz'altro, impegnati in solo giudicati stordimenti per non lasciarci sfuggire l'adolescenza, loro impreparati al mestiere di vero responsabili adulti, ma quel modo di stare al mondo c'era, diffuso, tutti noi disposti ad adeguarci, a recitarlo, forse male e con disappunto dei non più giovanissimi, ma come in una scena, in cui però gli attori tutti non abbiano che una parte e a quella si attengano. Era lo star dietro a certi comportamenti e non si poteva che assumerli, imitare, far quello che altri faceva e invitava a fare e sorvegliava lo facessimo, pena star fuori dal gregge, la solitudine! Continuano oggi certi apparentemente suadenti inviti, ma più non ne siamo sensibili e non sono rivolti a noi, l'età ci esclude, e non sentiamo più la necessità di atteggiarci, vestirci, dire, preferire, imprecare a un certo modo, o anticipare la dissoluzione della mente, pur di non più sentir paura. Adulti ora siamo, quella è restata senza l'illusione di poterla vincere e parla ancora pur senza parole e non si tacita mai, né l'hanno esorcizzata le abitudini del passato, lo stordirsi in assordanti raduni, o le polverine, quanti abusi per una sola fragile vita! Ora non ci crediamo più, né forse ieri, ma almeno non eravamo soli, e pensavamo, Tutto ha un prezzo lo star tra gli altri pure, è seguire, ripetere, imitare l'apparente libero comportamento di tutti! Libero da che? Non certo dalla paura! Forse solo accantonata, assordata, tacitata, relegata in una latebra, ma da lì sempre in agguato, pronta a venir fuori. Ma via la paura, via pure la speranza! Abbiamo vissuto senza speranza, nell'oggi piatto, senza attenderci nulla, senza vero personali sogni! E sempre più fragile s'è fatto l'animo, incapace oggi, in quello che pareva futuro lontanissimo, di controllare la propria esistenza e la vita ci ha lasciati ancora soli! Ci hanno rubato la fiducia in noi stessi, ci hanno mortificato la gioia dei sogni, dovendo vivere solo alla loro maniera, e ci hanno lasciati pur soli! Chi? Sempre e solo gli altri? No, anche noi stessi responsabili, troppo deboli, tra altri, deboli allo stesso modo o più ancora, ma con la forza del gruppo! Siamo sopravvissuti a questo disordinato passato, ma ne è valsa la pena, visto il presente, che non fa presagire futuro migliore? Ma pur c'è una positività nel vivere quest'oggi. Siamo più saggi, anche se forse più tristi, troppo spesso vinti dalla noia! Solo ora siamo in grado di apprezzare il consiglio di Seneca, non preoccuparsi di ciò che non è ancora, forse non sarà, ma, accadendo, avremmo il tempo per rimediare! Perché non abbiamo vissuto così? Perché qualcuno non ci ha trasmesso questa antica saggezza? Ma non serve disprezzare le vecchie abitudini, oggi viste palesemente grossolano errate, il nostro e l'altrui passato, non ne abbiamo il diritto! Non possiamo odiare nessuno, tanto meno noi stessi! Amarci anche nella immagine della stupidità è difficile, come anche semplicemente tollerarne il ricordo, non più che cercare del buono in chi il nostro tempo ci propone, vivendo il nostro mondo, e nemmeno nelle cose dell'oggi, non meno ingannevoli delle passate, buone solo a farci ancora ansia! Almeno tacitata un po' la paura, è tornata la speranza! Proprio benevola e benefica? Io solo so che vi abbiamo affidato le sole cose che ci sembrano meritorie, quelle da quest'amore, che ci viene da piccola donna, sì, da questo tuo amore! Ecco in esso il nostro presente nelle mani sue affidato, ecco il futuro almeno immediato, condivisi i suoi sogni, e non c'è menzogna nel nostro mondo di due, forse solo, ma sincero vissuta, illusione. E poi, non c'è oltre e dopo il buio? Ma per poco, ben albeggerà, ecco la fiducia del credente, e la novella aurora parlerà, dirà con le sue parole di luce alle nostre avide orecchie, quelle di noi poveri cuori amanti, che tu vero sei e noi saremo perché tu lo vuoi, insieme ancora, liberi finalmente da paura, speranza e ombre loro! Sì, qui tutto fa dolore, paura e speranza! L'una punge nel presente, l'altra deluderà quasi sempre! Ma non quella che l'un cuore all'altro rafforza, vivere d'amore là dove nascono i sogni, sì, con te! Ma ora qui si fa notte ancora, ti prego tienici per mano!

domenica 8 settembre 2013

Somiglianze







Ma noi in che ti somigliamo? Posso tentare una risposta? Non certo nel soma, anche se le donne nostre viste sono icone tue, ciascuna conserva i tratti suoi, ma sono, da chi le ama, sublimati nella misura dell'amore che essi hanno per te! Ma qual'è la vera somiglianza, visto che capaci siamo di risponderti amore, poco o molto, per il tanto che da te comunque si riceve? In te c'è di specifico che ami nonostante il poco da noi ricambiato o del tutto negato. Sì, noi possiamo anche perfino farci nemici tuoi, negarti, disprezzarti con parole e fatti, e continuerebbe l'amor tuo e non ne pretenderesti ricambio, pronta a lunga attesta qui, o forse per averlo solo alle tue stelle, se mai prima ricreduti, ingrati ostinati rimasti, incapaci d'amare o te palesemente, o col dovuto a donne, che proprio noi, tanto indegni, pur amino, imitandoti! Tu coerente rimani al comando nuovo del figlio tuo per l'umanità tutta, d'amare perfino i nemici, t'è spontaneo, la mente dei pensieri tuoi gli hai dato e lui restituita te l'ha dei suoi pensieri divini stipata fin dal primigenio momento che nata sei dal figlio tuo! Sì, tu sei figlia del tuo figlio, ti riconosce il poeta nostro, ed è accaduto prima che tu qui gli dessi vita umana. E questa dell'amore comunque, a tutti i costi, mi vien fatto di dire, ora so, è la peculiarità che vi fa riconoscere persone divine, anche dai più sprovveduti, che, saputola, devono far di simile! Ecco la somiglianza vera con te di chi vi riesce, è facile, è arduo, si deve! E la coerenza qui col voluto dal figlio tuo, ha per te significato accettazione del dolore sempre, e all'epoca dei fatti lontani, terribili nell'epilogo, esserne, quando il figlio tuo fu ucciso, straziata. Tu gli hai dato la carne, tu gli hai dato la mente, e lui t'ha ricambiata con la natura divina, ché qui nata eri come semplice donna. Perché mi chiedo? Forse per farci capire che tu hai anticipato, premesso e poi anche completato con la tua, riducendoti a piccola misera insignificante donna, la spoliazione delle prerogative divine del figlio tuo e tue, possedute presso il padre vostro e di tutti, il dio! In te veramente il dio è in “ quarto particulari modo” presente, tanto l'amore per te, ben ha visto il santo tuo, amandoti! E ne sei ora indistinguibile, come lo eri prima della fondazione del mondo nel tempo! Chi appena ti intravede, è della presenza sua, del figlio tuo, che ha sentore, ché vedere appena di te anche solo con gli occhi del cuore, è vedere l'umanità sua e avvertirla sublime! E se questo è vero allora ben ha detto altro santo tuo, Non c'è più né maschio né femmina! Allora perché, mi chiedo, c'è ancora chi diffida delle donne e non le vuole tra chi perdona anche nel tuo nome, vicariando il figlio tuo? T'offende, ché tu sei tutta “pro foemineo sexu”? Forse! Ma tu della stupidità non ti curi e ami nonostante... E donne che amano il figlio tuo se ne sentono riamate per quel che sono per lui e per te. Tutte hanno di te molto o poco, e lo potranno esaltare fino a che tue icone a lui sembrino, e le amerà anche per questa capacità, o, quel poco che ti significa, negligere, non farlo crescere, ma egli comunque risponderà a loro, amore, anche se di te abbiano del tutto trascurato l'innato dono. Non c'è donna che amata non sia dal figlio tuo almeno, quando non da altri, e l'amore s'accresce quanto più ti significano, ti somigliano! E noi che ti sospiriamo del pari delle nostre donne, che finiamo col trovare più belle, ché alla loro naturale aggiungiamo la bellezza che tu ti lasci prendere, sapendo a chi è destinata, te le facciamo più prossime, ché l'amore nostro, facendole icone, riduce la distanza da te e fa sì che tu più e più possa amarle! Ecco il nostro merito, ecco quel che vale l'amore che ad esse ricambiamo, ma non facciamo che imitare il figlio tuo anche in questo, l'amore umano non inventa nulla, imita ciò che vede fare, ché ha sicuro gli occhi del cuore! Eppure ce ne saranno state di ingrate, che neglette abbiano le attenzioni che per loro ci dettava il cuore! Ebbene se nonostante questa risposta, abbiamo conservato stilla di quell'amore in una latebra del cuore celata, o crescere l'abbiamo fatto mettendolo tra il dovuto alla donna, che abbia risposto ai sospiri nostri, o, e non avremmo dovuto, l'abbiamo tacitato, estinto d'odio, pure allora tu le ameresti aggiungendo al tuo il nostro grande sviluppato o piccolo rimasto amore, o comunque, all'intensità del gratuito disprezzo, con un'amore pari aggiunto. Questo tu fai, questo tu anticipi, ma che sarà nostro fare e sentire e donare, tutti noi voluti, gli ostinati pure, nel luogo tuo dell'amore e del perdono. Ecco che l'amore nostro è sempre quello che dai cieli scende apparente, ma sei tu che l'effondi qui col figlio tuo rimasta. Perché fuggiti non siete, e tornati tra le stelle? Forse per seminare d'eterno gli aridi solchi che su terra fatta ingrata dal non amore, il male ha tracciato nel tempo suo, e farvi cadere piogge aulenti, ché le sementi di vita facciano germoglio, tacitato l'avversario, nella misura in cui qui le donne ti somigliano, fatte coltrici di quei seminati, e noi le amiamo dello stesso amore, che ne ha il figlio tuo. Non vedi tu quanto io amo questa piccola donna, che tanto ti somiglia anche qui, ora, sotto le tue stelle, oggi, nel giorno che uniti ci hai reso per questa vita e oltre? Eppure sempre poco, rispetto al tanto d'amore che tu messo le hai per me nel cuore! Oh vero fosse, anche tu di me innamorata, vedendomi con supplici sempre, lacrimosi talora, occhi, i suoi!