domenica 3 novembre 2013

Invito alla giustizia







Se tu, madre di queste stelle, che parlano più che donne a cuor giovane, e a me proprio che dalla navicella della mia preghiera, nero il mare dei pensieri che m'assillano anche in notte tutta trapunta, a te ora sospiro smarrendomi nell'incanto loro, mi chiedessi che mi dà tanta dimestichezza con te, sai che ti risponderei? È la fortuna di aver conosciuto qui tue vicarie, che fa il mio vanto. Ma vero certe donne son come stelle in notte serena, ecco par vogliano farsi toccare, dolce illusione, e poi di nuovo si fanno lontane e non le raggiunge che il sogno, forse a significare che come a me par di raggiungerti, più oltre ti fai e richiedi una più profonda conoscenza in un processo che qui appagato non sarà. Ma ti raggiunga almeno la preghiera, come fa con quelle il solo sogno, e con te sia, quello da essa suggerito, di vero puro amore! Ecco ancora l'interesse mio alle icone tue, e se alcune sapide non sono, altre graffiano il cuore. E assai triste è la storia di questa madre intervistata della terra dei fuochi, terra avvelenata, terra tradita. Il piccolo suo malato è, e diventerà a breve tuo. Tale è la dignità di questa donna, giovane e bella nel suo dolore indicibile, che il suo racconto è pacato, senz'odio apparente, ma strazia. Ed è tanto pudica che nel descrivere il male dell'angelo suo, parafrasa con termini medici non tanto la natura di quell'atrocità, ma la sede sua. Un male che devastato gli ha i genitali e ora il coccige ha invaso. Sì, tanto bella è nel dramma suo, che sembri tu scesa dal cielo a ridire il tuo, che, frammentato in mille e mille, si ripete tanto tragico. Sì, ché ti illustri tra noi ecco ancora una madre! La fa tanto grande la compostezza, la dignità sua, che come il cielo si riaccende di mille brillii, fuochi tutti d'amore, come se fossero fiori da cogliere, io nella preghiera mia accorata, li vedo gettati ai piedi suoi, ché più veridica tua icona io non conosco. Ecco ora l'operatore il piccolo ai trastulli suoi intento riprende di sfuggita... Non conoscerà che il sorriso e il calore di questa madre, ma in essi quello delle donne tutte, che avrebbe incontrate, amate, e più ancora i tuoi, tu che ad attenderlo stai tra le stelle. E che dire a chi ha permesso il misfatto? Io so che certi meccanismi richiedono un autocontrollo a feed back, così, credo, questo male, che farà tante simili angosce e lutti. Questi si dicono veri uomini, ché pusillanimi gli altri pensano, e d'onore! Allora se così, facciano loro stessi giustizia di chi prevaricato ha e la terra felice dei fratelli loro ha avvelenato. Pensino a una sposa tra quelle che son tra loro, attanagliata da un destino troppo crudele e quel piccolo come a un figlio loro, ché dalla loro terra oltraggiata è venuto per subito doversene andare e nel dolore! E allora se vero giusti sono, due possibilità avranno. O vicariare il vecchio dio, l'antico della vendetta, o quello che l'ha detronizzato, quello tuo e del figlio tuo, quello del perdono. Ma se così, comunque provvedano a che chi ha tanto nociuto, più non lo possa. E tu madre che i cuori più duri dischiudi, fa breccia in quello di questi capi, lontani da te si son fatti col brutto loro agire, portali al cuore tuo misericordioso, ché se tu perdoni, essi pure lo faranno, da loro stessi iniziando. Occorre perdonarsi e amarsi per poterlo essere da te! E perdono è per te già amore, sono indissolubili! E quel che ti definisce, è da sempre il comportamento tuo, “res ipsa loquitur”!

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