giovedì 30 marzo 2017

Chi nutre quel che si dona?


Ho scritto pensandoti come in accorata preghiera,
Se questo piccolo fiore, che ben mi tengo stretto e da molto, ma lieve, ché non lo sciupi più del tempo inclemente e non lo soffochi su avido seno, e piano e dolce lo faccio, ché male non gli rechi, il male tentasse e vero raggiungesse, certo non temerei il ridicolo tentando di distrarti, impegnata come certo sei, donna del cielo, con ben tanti sofferenti! E forse la mia insistenza si farebbe perfino temeraria dopo un tuo apparente rifiuto! Oh sì, pianger ne potrei e tanto e forte, e più ancora gridarti attenzione fino a scuoterti il cuore, ché pietà ne esca per noi! Ecco queste mie mani, hanno cercato di esserti utili, hanno cercato di fare comunque, e, anche se poco, bene ne è venuto, spero più del male indesiderato e involontario, e ora che mani di vecchio si son fatte, son congiunte perché questo mio timore si faccia preghiera ascoltata!
E ancora, rinnovando la mia supplica alla salvezza di altro mio fiore intesa,
Semmai queste mani ormai stanche, tu dovessi fare le operatrici tue, donna delle mie preghiere, certo quanto più bene potessero, tenterei, per essere vicino alle aspettative tue, meraviglioso il dono tuo! E se tu me lo consentissi sai da chi cominciar vorrei? Da quel piccolo fiore, prigioniero del mio ricordo, di cui tanto parlato t'ho, e oggi pure alla mia piccola donna. Ella dell'anima sua so che più cosciente non è, e qualcuno oggi sotto al sole della altrimenti amena passeggiata, ricordarmelo ha voluto! E tristezza ha fatto, forse mal celata, a questo provato mio cuore! E che le direi, accompagnando gesti salvifici? Piccolo fiore, piccolo fiore, ricordi le ore al tuo balcone e io sulla via a rimirarti? Torna, torna! La bella, che nel cielo t'aspetta con l'altro mio fiore, lo vuole! Torna, torna! E' bello ricordare l'amore ingenuo nostro, anche se io l'ho rovinato involontario, e qualcuno ha voluto interromperlo, spezzarlo!
Ma ora mi chiedo, Io che così tanto ti indirizzo, il sogno anche di divenire tuo strumento di bene, davvero ti conosco da sperarmi ascoltato?
Forse davvero un po' solo, ma mi basta, ché altro di te mi svelerai mostrandoti, se vero è che mi vuoi alle tue stelle! Tu ora, perdurando questa vita, dal tuo cielo in notti stellate sei donna che dal cuore suo tutto trapunto di simili a quei tanti brillii, che l'universo dissemina a far incanto, sfuggir permette cose che, qui cadute come stille di luce, altri cuori raccolgono e se ne nutrono. Mentre è ben strano che il tuo si cibi solo di ciò che perde e tu ne viva, all'apparenza diminuendoti! Perché vero è che il dio è chi vive del bene che sfuggir si lascia generoso verso gli immeritevoli anche! Meraviglia della divinità tua! Vivi anche tu del bene elargito, lasci ti sfugga, lasci piova su assetati cuori e ti appaga e ti sostanzia e ne vivi! Tu vivi d'amore! E sai che chiede questo vecchio e capriccioso mio cuore? Proprio amore, il tuo, o benedetta! Per sé? Anche! E per chi altri? Per il piccolo fiore che nutre del poco che crede d'avere, ma solo in apparenza donando del suo. E questo fiore è piccola donna, che gli vive dentro e dir potrebbe, Vivo per amore e d'amore! Perché? In questo ti imita, dal momento che mi torna parte di quel che io le do, privandosene, perché ne viva il mio e il suo cuore! Vive come te del suo stesso dono! Oh meraviglia, “similia similibus sunt”, cose simili sono per i, accadono ai, simili! Ma sei tu che inizio dai alla nostra condivisione del nostro posseduto col dono tuo a me proprio, sebbene indegno di tanta dedizione da donne, che amo così come posso dalla pochezza mia, sì, nel cuore ho un tal fiore che il tuo donato è tutto per lui! Illusione sarebbe che io e lui sopravvivessimo col dimezzato, pensato che sia solo da me. Presto i nostri cuori, ora gonfi del tuo, ben poco avrebbero, non scambiandosi che briciole rimaste, e forse si farebbero rattrappiti, finanche a morirne! Sì per mancanza d'amore si può morire!

Ma questa donna-fiore ignora la solerzia dei nostri cuori, ella pensa che come spartir dobbiamo il cibo, così quello per l'anima, l'amore, debba esserlo! Sono così le donne tutte, almeno quelle che un tesoro hanno nel vero amore! E di te è ignara, non sospettando lo alimenti e lo rinnovi e giovane lo conservi e sempre ne riempi il mio cuore ché ne trabocchi e a tutto e tutti io lo trasmetta. E allora se vuoi i nostri cuori sopravvivano oltre il caduco supporto della fisicità in cui rinchiusi li hai, continua a lasciarti sfuggire un po' del tuo nutrimento. Permetti viva il tuo cuore anche di ciò che viver i nostri fa! E il mio, io gli occhi fissi allo stellato, ben ti dirà riconoscente , “D'altro non calme”! Sì, d'altro non mi importa, è questa la felicità!

domenica 26 marzo 2017

Un prato fiorito pur violato!


Chi incontrare vorrei nel mondo dell'oltre? Le persone amate, tutte! E le poche donne mie certo, e anche nella fisicità loro, quella che qui m'ha fatto sì desiderio, ma anche incanto, ché fiori le ho viste e sognate. Sì, le donne sognate, e le appena solo sfiorate, ma sopratutto quest'unica carezzata a lungo, e stretta, ché via non fuggisse come altre! Sì, davvero, e non per me solo, tutte sono state qui fiori delicati, vellutati nei giovani petali loro e lì saranno fiori ancora, ma spontanei di campo in quella eterna primavera! Forse quelli qui già conosciuti se ne staranno anche speranzosi della mia attenzione, quando timidi di lor capolino abbiano disteso corolla alla calda luce del dio! Simili, ma sicuro molto più belli, a quelli che, ora che è appena primavera, già fanno variopinto questo chinale tutto inverdito di erbe novelle, e che a lor corolla distesa, baciata dal caldo sole, già vedo accorrere api operose e vaghe bianche farfalle, che fior da fiore sembrano scegliere, cui fa bordone il brontolio di bombi, pur lor affaccendati ad esplorare lor preferiti. E anche appena distesa lor corolla hanno cento e cento margheritine simili a quelle che la donna mia ha trovato nel nostro piccolo prato! Qui numerose da non poterle contare, lì, solitarie, forse una sua carezza attendendo, che invogli altre a venir fuori dall'umida terra, lor significando, Su qui venite, vi troverete amore! Oh alla lor scoperta, quelle sue parole di felicità e meraviglia! Tanto lor eco m'occupa il cuore che a tenermi compagnia io me la fingo, la mia mano nella piccola sua tener stretta come a bambino che condurre ella debba, e con lei diventar vero lievi i nostri passi da non sciuparne alcun fiore, come se il mio sogno sia davvero sognato! E come il sole li scalda e li invita a dischiudersi, di simile la carezza sua li invoglia e quella delle parole sue sollecita la corolla del mio cuore a distendersi tutta, fiduciosa, ché luce vi faccia e calore questo fecondo piccolo mio sole! Ma fuori del mio sogno, certo le mie sono orme incaute, molle dopo la recente pioggia in montagna il terriccio di questa radura e appena procedo fiori calpestati in quelle affondano! E ve ne saranno di incapaci a venire fuori dalle mie orme! Ma se metafora ne faccio, accadrebbe anche per quelli sì violati, ma non troppo malconci. Ma a che, a chi pensare mi fanno? A uomini colpiti dal male, perché chi scempio abbia subìto, è vergognoso perfino d'esservi capitato innocente, perché è sempre molto distorta la psicologia del succubo del male! Dice questi,
B
en sono negletto, ben m'hanno abbandonato uomini e santi, rimasto solo con i miei dèmoni, colpito, bisognoso, ma senza più parole per chiedere, nemmeno a persona buona che soccorrermi voglia! Sì, non ho che lamenti, non ho più lacrime, e me ne sto nascosto in un cantuccio, per chiedere scusa di essere ancora tra voi tutti! Sì, mi si perdoni il fastidio per gli occhi vostri e le orecchie, sì mi si perdoni d'essere vittima, malato tra voi sani!
Assurdo! Ma anche impossibile è tentare una risposta, frugando nel proprio sé, del perché il male, sì inutile è chiederla a se stessi per darne ragione al provato. Lo si è visto arrivare, lo si è visto scartare la propria persona, soma e mente, e prendere l'altro, l'appena accanto, il fratello, il prossimo conosciuto appena o del tutto sconosciuto, senza ragione alcuna nella apparente preferenza sua!
È come se il fiore indenne del calpestato prato, scampato, debba dire allo schiacciato nell'orma, Rassegnati se di tua condizione venir fuori non puoi! Io nulla so del perché improvviso s'è oscurato per noi il sole, e nulla posso per alleviarti la pena, nemmeno quella della vergogna tua, che nemmeno il capolino sollevar ti fa!
Cosciente del danno, via venir dovrei ricalcando i passi miei per limitarlo al minimo! Ma è stato indugio del cuore, è stata preghiera!












sabato 25 marzo 2017

Rifiuto dell'amore


E' certo che l'uomo trovi l'amore da sé e in sé, e fuori spesso la desiderata corrispondenza, avendo necessità che il suo sentire ne esca per coagularsi su una particolare persona. Può perciò solo sceglierne modi e tempi di condivisione, ma deve prima scoprirlo come sentimento, sua profonda esigenza, irrinunciabile richiesta del suo sé. L'altra persona sarà chi, avvertendo d'analogo, lo indirizzerà a lui proprio, aumentandone il sentito, cioè chi avrà la necessità di adattare il suo sentire fino ad armonizzarlo con quello dell'altro. Donerà per questo con generosità il suo, più ancora dell'appena accennato dall'altro, a volte solo intuito nel suo cauto svelarsi, quello temendo certo incomprensione o ripulsa. Così se l'altro ha appena cenni di benevolenza, questa è ricambiata palese, senza vana prudenza, ma nella fiducia di accoglimento e maggiore intesa, affinché l'altro più ancora esprima il suo, che ne risulterà accresciuto, e quel che svelerà risulterà gradito e atteso. Ma sempre si tratterà di un sentire che oscillerà tra gioia, qualche turbamento, a volte non poca sofferenza. Penso che questo comportamento sia più evidente nell'innamoramento, almeno quello dei tempi miei, quando credo accada proprio così tra l'accenno timido del maschio proponente e recettiva donna alle lusinghe sue, a lungo già percepite e sognate, che incoraggi ché si manifestino e più chiare si palesino. Ma quante incomprensioni, quanti equivoci da superare perché psicologie tanto diverse si scoprano complementari e irrinunciabili! Simile è il nostro rapporto col dio, lo preghiamo perché più ancora esprima il suo per noi, sognato, agognato tra troppo diffuso male! Dal dio non può venire che amore, eppure permette il male, dicono perché si possa dir di no alla sua timida proposta, tanto gli sta a cuore la libertà di chi ama! Così analogo il no della fanciulla che fa incanto all'innamorato, ma che non accetti la proposta sua. Quello ne soffrirà, ma sarà il tributo che qui pagare occorre ché la decisione dell'altra persona sia libera, anche se spesso erronea, se qualcuno, malevolo, s'è interposto! Sì, anche questo m'è accaduto, ragazzo! Opportunità perdute, parole serbate in cuore e tante, e non potute dire, da dimenticare, quelle che, pronunciate, si sarebbero sperate gradite, forse dolci, ma che, trattenute, si son fatte sicuro amare! Ecco che fa il male, si insinua e fa dir di no all'amore proposto, al dio perfino! Assicura così la libertà nella decisione? So per certo solo che del rifiuto un pesante scotto si dovrà pagare, ché se c'è rivalsa nell'amore umano, e potrà verificarsi miglior fortuna sia per il proponente rifiutato che per il rinunciatario, non c'è di simile se si rifiuta il divino, quando si sia detto di no, non a un amore, ma all'amore! Ecco, chi ha negato il suo consenso al dio dovrà vivere nelle apparenze e delle apparenze che solo sa offrire questo mondo, sì, tra gli inganni suoi. Ma potrà sempre ricredersi e proporsi, sua l'iniziativa! Ed è da tanto che sapere vorrei se la mia è stata gradita e per questo m'appello alla bella del cielo! Ma questa fa di simile alle donne tutte, sembra ammicchi, sorrida perfino, per poi celarsi e negarsi e io resto nello sconcerto, dubbioso e ne soffro!

lunedì 13 marzo 2017

Una vita per l'amore


Noi viviamo nella natura e della natura. La più parte di noi pensa grossolano, a un serbatoio inesauribile di cose che si lascino sfruttare. Non solo, ma molti non hanno idea di ciò che è servito per un conoscere più approfondito, meno approssimativo dell'ambiente che ha permesso la vita e tuttora la sostiene e della vita stessa. Forse i più pensano per essa con la tautologia, la vita è la proprietà che hanno i viventi, e per loro basta. Quelle della conoscenza invece sono teorie aperte, che domandano adeguamenti e accettano progressi continui nella tortuosa strada, che le menti migliori in ogni epoca percorrono per solo provvisorietà di sapere sulla verità. Si vive invece per lo più in beata ignoranza. D'analogo accade nella vita religiosa. Ogni religione ha qualche scritto o un insieme di essi, libro che testimoni il travaglio interpretativo dei presunti rapporti col principale dei misteri che chiamano dio, o meglio il dio, a sottolinearne l'unicità come principio e fine del tutto. I loro adepti spesso si affidano alla interpretazione di altri, nella convinzione che essi con la loro vita coerente, ne testimonino la veridicità. Ma se vi si pone attenzione con serietà ed impegno, ci si convince che non v'è nulla di certo nel riferito da fortunati, che lambito abbiano la verità in ogni epoca, e che hanno raccontato quei fatti in onestà. Allora? La vita di ognuno è aperta alla verità e occorre viverla, non ci si può nascondere dietro a “il libro dice” o “quel suo interprete afferma”. Occorre una risposta personale, rischiosa, azzardosa, che ci impegni nella vita, che deve farsi responsabile, morale. Devo vivere la mia speranza!
É il dio una verità d'amore che nutre e riscalda l'umano? Certezza non ne ho, questa è la mia speranza, ma a me basta! É la mia provvisorietà nella conoscenza del dio, il mio rischio, e comunque so che avrò bisogno del suo perdono, io qui avaro di parole e gesti! Ma allora chi è in questa mia fede il dio? É l'amore di per sé, perciò l'amante che mi cerca per amare me proprio, e io, amato, lo cerco per ricambiarlo, per divenire quello che lui è, vero amante. Ma la dipendenza mia dalla sua iniziativa, l'ho detto, è solo speranza, di fatto sono io a cercarlo in mezzo a tante contraddizioni amaramente vissute e dell'amore suo non sento l'afflato. Perché? Io sono ancora in questo mondo di apparenze e di verità velate, dove non si ingoia che indifferenza e malevolenza, ma amo nonostante! Voglio quest'amore sublimato, voglio raggiungerne la fonte prima, io sono allora disperatamente l'amante di uno sconosciuto! Voglio incontrarlo, voglio si lasci amare, e intanto offro forse solo un povero amore alla donna mia, agli altri uomini, ai viventi tutti e a tutto ciò che v'è a questo mondo. Basterà?

giovedì 9 marzo 2017

Il sogno del cristo


Su facebook, in risposta alle dubbiose argomentazioni di un amico sul dio, ho scritto di assai simile a questo che qui ripropongo, “ mutatis mutandis”.
Il comando del cristo che i nemici perfino, debbano essere amati, penso sia inclusivo nella sua novità di ogni altro antico, ma reca in sé la necessità che vengano abolite le diversità tra amato restio, riottoso e amante tenace, che tenti la coerenza col maestro, che amò perfino i detrattori suoi, senza averne l'attesa risposta, del tutto mancata subentrato il supplizio della croce. L’ostilità del candidato all'amore con tenacia appunto e nel tempo può essere vinta, la fiducia e la serenità possono tornare, superate, quando annullate siano tutte le ragioni che l’hanno non solo suggerita, ma anche permessa, perfino mantenuta. Occorre infatti capirne le motivazioni. Quali possono essere quando non siano dettate da malizia, volontà di nuocere? Una visione diversa del mondo, una maniera particolare di reagire ai fatti di vita, un farsi sospettosi dell’altrui comportamento, un aver subito già esperienze sgradevoli, ne possono essere state le premesse, che hanno potuto crescere in recettiva coscienza, farsi chiusura all'altro, barriera ai suoi approcci, intesi all'amicizia, alla confidenza, fino a condurlo alla palese inimicizia. È chiaro che anche queste tanto radicali differenze possono essere vinte dalla benevolenza che deve farsi amore. Se questa tutta si spende, è verosimile che ogni altro impedimento, in un mondo che fonda il suo esistere sulle diversità mantenute e perfino protette, difese, ma che sostanziano, danno vigore al male, possa venire contrastato e superato. Un lungo impegno potrà essere necessario, ma l’antico sarà modificato in un mondo nuovo di persone che si cercano nell'amore. È il sogno del cristo! E per quanto possibile anticiparlo, sarà il villaggio-mondo!

Tutti noi che, credenti, speriamo nel cristo, possiamo lasciarci affascinare dal suo sogno e impegnarci a diffonderlo, a realizzarlo almeno nel luogo e nel tempo del nostro impegno. Ma dove, quando sarà completamente realizzato? Fuori dal luogo e dal tempo che fanno il mondo, questo nostro, così come lo viviamo in ogni epoca, perciò sempre con poco, raro bene e col diffuso male suo, quest’ultimo nascendo dalle distinzioni di cui esso vive. Quali? L’io separato da ogni altro e dal dio, quello sperato da ogni religione, e lui da tutti. Allora solo in un mondo nuovo sarà possibile vivere completamente il sogno del cristo. Ma intanto io sento di poterlo far mio, oggi solo nella speranza di viverlo con lui. Come? Nell'amore da lui sperato vincente, quello nel mondo suo, quello per ora affidato al nostro sogno. Allora l’io non si distinguerà più da ogni altro, se già ora e qui si sforza di non distinguersi nemmeno dal nemico, e sarà a un tempo chi cerca ogni altro tu per amarlo, ma anche ogni tu, che sentendosi amato, cerca l’io amante per ricambiarlo. Ma più ancora in questo mondo da venire, io, incantato, spero m'accada col cristo di simile a quello che è stato in un sogno da sonno venuto, sognando la madre sua. Io ero chi cercava la bella del cielo per dirle d'amore, ma a un tempo ero lei che cercava me per donarmi il suo e lasciarsi amare. Perciò più non ci distingueremo tra noi e nemmeno dal dio, il cristo stesso o la madre sua in quest’amore! 
Eritis sicut dei, è la profezia del serpente nella Bibbia, che anche così può essere interpretata, il male conosciuto, ma passato, il bene sopravveniente, preziosità di cui vivere!
So che è questo invito al sogno è per un mondo da favola, ma, mio chiedo, Non è forse vero che tutti viviamo tristi in questa realtà, e questa non è forse tutta di illusioni? L’avere qualcosa, l’essere qualcuno, distinzioni, miserie effimere! E non sono forse queste che ci strappano l’amore, come inutile fardello in questo mondo che spinge alla lotta il succubo verso il dominante del momento? Invece il mondo sognato dal cristo, che faccio mio, è del dio, è nell'oltre, è nel dio, che spero sia null'altro che amore da poterne vivere. Non ne voglio altri! E ripeterò, Signore, venga il tuo regno! È ingenuità, è follia? E’ ragione di vita nella povertà che mi distingue, io qui non solo non ho niente, ma non so niente, non sono niente!

lunedì 6 marzo 2017

Sulla generosità inesauribile dell'amore


Ho detto più volte che d'amore parlo volentieri non perché ben lo conosca, difficile in ogni epoca il mio rapporto con le donne, possibilità per il mio sentito di venir fuori e manifestarsi intenso e duraturo, ma perché così ho modo di parlare del dio, del suo amore, che però meno ancora conosco. Paradosso, quindi assurda pretesa? Non direi, dal momento che solo l'umano ad esso è più vicino e il solo modo di iniziare a conoscerlo è averne dentro almeno una parvenza.  Questa, in “nuce”, tutti possediamo, innato dono. Compito di chi l'avverte è farla crescere. Perché così l'amore può non restringersi a un sol altro, o ai pochi d'una cerchia, quelli a noi prossimi, o peggio restar legato al proprio sé egoistico, ma diffondersi deve, ripartirsi. Ma, sorprendente constatazione, senza restarne  diminuito, anzi arricchendosi, e farsi amore francescano, disponibile per tutti e tutto, universale. Devo cercar meglio su questo arricchirsi dell'anima nel donare il suo, che sento mi accade, ma chiaro non ne ho il perché. Io sembro aver importanza per questa donna, che par centuplicare il mio interesse per lei, scarso da sempre nel manifestarsi, per timida riservatezza, non per sterile orgoglio. E questo mi da sicurezza di vita, una vita sostenuta e protetta, amata appunto, ma ecco già l'inspiegabile, una prima stranezza, amato, posso non solo riamare, ma sentire l'anima farsi alma, perché genera benevolenza, che non posso racchiudere, non posso contenere, ma sento di doverla donare. A chi, a che? Anche se in me è, ne sono consapevole, dapprima solo pochezza, alla donna mia appena bastevole, essa è desiderosa di crescere facendosi generosità appunto, perciò inizio col donarne una briciola a tutti, anzi a tutto ciò che c'è sotto al sole. Basterà quello che ho? Sembrerebbe di no, partendo da un posseduto scarso, limitato, ma vero è che dopo il dono ne ho più ancora disponibile, ecco la vera stranezza! Come giustificarla? Io so che agendo così, se mimo sono, non posso che recitare l'amore divino con parole e gesti. Dal momento che nulla v'è di più grande, il suo amore anche questo arcano deve contenere! Allora deve accadermi quello che in lui da sempre è consueto! Scopro infatti una verità, l'amore divino mai si spreca, nemmeno per gli indegni, e tutti lo siamo in qualche misura, ma donandosi, ne viene accresciuto perché si spende a colmar difetti e manchi tanti che deve rigenerarsi, non può esaurirsi, il dio mai rinuncia a diffondere il bene, si contraddirebbe! Concludo per analogia, che questo proprio avvenga in chi lo imiti e in me che lo tento, cioè agendo come crediamo lui faccia, scoprire d'avere generosità che non si consuma, ma più ne è richiesta più se ne può attingere dal cuore, che sempre ridiventa colmo! E questa è la meraviglia dell'amore, non importa  come lo si chiami, indistinguibili divenuti l'umano e il divino. 
Mi chiedo allora, azzardando una congettura mistica, sperata perdonabile, Che non sia per questo che il dio solo non è voluto restare? Per sentire sempre più il suo amore, certamente per chi di sé gli si sarebbe fatto figlio e per chi si sarebbe fatta di costui madre, ma che non potendo più contenere, come in un fenomeno di induzione reciproca, un dare per un ricevere anche di più dalle due sue parti divenute persone, ha dovuto estendere al completamente altro, perciò ha dovuto far l'uomo e ogni altro essere vivente o no, creando il mondo in quest'universo immenso! Necessità dell'amore suo traboccante e inesauribile!


mercoledì 1 marzo 2017

La preghiera

La preghiera è sì fiducia e speranza, ma anche abbandono alla sua melodia!
Bambino ancora, solo ero rimasto e disperato, ostile pensato il dio che preso aveva mio fratello e non anche me, perché i miei parenti troppo impegnati erano in loro bagattelle per occuparsi dei miei crucci e angosce. Ma dopo periodi bui, sempre vissuti come troppo lunghi quando si è assai giovani, con la fede ritrovata avevo necessità di dire alla bella del cielo anche le piccole angustie della vita quotidiana, pregandola mi aiutasse a venirne fuori. Nella mia fede da adulto ho cercato di conservare l’ingenuità che mi faceva tutto raccontare a lei e attendermi da lei, come valore dell’anima però, quella sua predisposizione che fa vedere barlume di luce anche nel buio più fitto, e mi si creda, io vi ho brancolato a lungo! Ma allora di che le parlavo? Sicuro dei problemi a scuola, del difficile mio rapporto non solo con gli adulti miei, ma con tutti gli altri, e anche con maschi coetanei malevoli o invidiosi del mio poco, nessuno da potermi surrogare il fratello, e con femmine indifferenti, senza attenzioni per me, troppo sciocco, un perdente forse, ma ostinato in timide richieste per una briciola di gioia. Ma ne avevo compenso, avvertivo veramente quello che ho scritto di recente, che la preghiera è melodia di per sé, non occorrendole vibrazioni di corde e modulazione di fiati che l’accompagnino e che è sempre rasserenante, cioè se ne esce con più luce intorno e fiducia, per quanto strana la vita che tocca vivere. Ma se essa fosse mera illusione come tante, ma più ancora fosse “illusio”, cioè derisione della impietosa realtà per la mia fragile mente, sarebbe, paradosso, ben riuscita l’auspicata ingenuità, ma come passività di chi, stupido, non può rendersi conto della verità del male, non come valore, che lo fa sperare superabile! E se allora ne potessi essere davvero cosciente ben potrei dire, ma ironico, Beato questo mio cuore che vi si culla, che vede senza distinguere e senza comprendere sente, ma almeno è dimentico, anche per poco, completamente del male! Ma io so che così non è, non mi sto illudendo da troppo stupido ingenuo, e se dico solo l’appena, è anche perché sicuro sono che la stessa di sempre che ascolta, legga il travaglio che m’affanna il cuore e vi ponga rimedio, così come può, dalla bontà sua. E vorrei davvero la preghiera ora com'era allora, ingenuità di un ingenuo, non di chi rifiuta di vedere la realtà di qui, ma del fiducioso nonostante tutto. Ecco cosa mi nutre il cuore pregando, mi accade come nel cantare una canzone, le sue parole da testo scritto o ricordato, non hanno supporto musicale, e non lo richiedono, lo includono! Si sostengono da sole senza che alcuno strumento io mimi. Ma c’è di più, se nella preghiera mi immergo completamente, mi profondo tanto nella melodia sua, allora le sensazioni che provengono dall'ambiente si affievoliscono fin quasi a scomparire, e con lo svanire delle percezioni, non mi sento più persona, cioè essere distinto dalle cose di un determinato luogo, anche le poche di un cantuccio in cui mi sia raccolto, ma perduti i confini, finisco col galleggiare, fluttuare in uno spazio, mare tranquillo in cui mi direi più che dolce naufragato, disciolto nella sua pace! Allo stesso tempo le accorate parole anche di richiesta non sono più monologo, ma sono inclusive di accoglienza, di ascolto benevolo e di consenso. Cioè in quel che dico c’è già il desiderato, la risposta attesa. La preghiera si è fatta dialogo e la bella del cielo mi ha sorriso, suo il mio desiderio, che saprà a chi trasmettere e sicuro gioirà se ne avrò anche appena piccola gioia dal poco richiesto e concesso! Miracolo della preghiera!