Su
facebook, in risposta alle dubbiose argomentazioni di un amico sul
dio, ho scritto di assai simile a questo che qui ripropongo, “
mutatis mutandis”.
Il
comando del cristo che i nemici perfino, debbano essere amati, penso
sia inclusivo nella sua novità di ogni altro antico, ma reca in sé
la necessità che vengano abolite le diversità tra amato restio,
riottoso e amante tenace, che tenti la coerenza col maestro, che amò
perfino i detrattori suoi, senza averne l'attesa risposta, del tutto
mancata subentrato il supplizio della croce. L’ostilità del
candidato all'amore con tenacia appunto e nel tempo può essere
vinta, la fiducia e la serenità possono tornare, superate, quando
annullate siano tutte le ragioni che l’hanno non solo suggerita, ma
anche permessa, perfino mantenuta. Occorre infatti capirne le
motivazioni. Quali possono essere quando non siano dettate da
malizia, volontà di nuocere? Una visione diversa del mondo, una
maniera particolare di reagire ai fatti di vita, un farsi sospettosi
dell’altrui comportamento, un aver subito già esperienze
sgradevoli, ne possono essere state le premesse, che hanno potuto
crescere in recettiva coscienza, farsi chiusura all'altro, barriera
ai suoi approcci, intesi all'amicizia, alla confidenza, fino a
condurlo alla palese inimicizia. È chiaro che anche queste tanto
radicali differenze possono essere vinte dalla benevolenza che deve
farsi amore. Se questa tutta si spende, è verosimile che ogni altro
impedimento, in un mondo che fonda il suo esistere sulle diversità
mantenute e perfino protette, difese, ma che sostanziano, danno
vigore al male, possa venire contrastato e superato. Un lungo impegno
potrà essere necessario, ma l’antico sarà modificato in un mondo
nuovo di persone che si cercano nell'amore. È il sogno del cristo!
E per quanto possibile anticiparlo, sarà il villaggio-mondo!
Tutti
noi che, credenti, speriamo nel cristo, possiamo lasciarci
affascinare dal suo sogno e impegnarci a diffonderlo, a realizzarlo
almeno nel luogo e nel tempo del nostro impegno. Ma dove, quando sarà
completamente realizzato? Fuori dal luogo e dal tempo che fanno il
mondo, questo nostro, così come lo viviamo in ogni epoca, perciò
sempre con poco, raro bene e col diffuso male suo, quest’ultimo
nascendo dalle distinzioni di cui esso vive. Quali? L’io separato
da ogni altro e dal dio, quello sperato da ogni religione, e lui da
tutti. Allora solo in un mondo nuovo sarà possibile vivere
completamente il sogno del cristo. Ma intanto io sento di poterlo far
mio, oggi solo nella speranza di viverlo con lui. Come? Nell'amore da
lui sperato vincente, quello nel mondo suo, quello per ora affidato
al nostro sogno. Allora l’io non si distinguerà più da ogni
altro, se già ora e qui si sforza di non distinguersi nemmeno dal
nemico, e sarà a un tempo chi cerca ogni altro tu per amarlo, ma
anche ogni tu, che sentendosi amato, cerca l’io amante per
ricambiarlo. Ma più ancora in questo mondo da venire, io, incantato,
spero m'accada col cristo di simile a quello che è stato in un sogno da sonno venuto,
sognando la madre sua. Io ero chi cercava la bella del cielo per
dirle d'amore, ma a un tempo ero lei che cercava me per donarmi il
suo e lasciarsi amare. Perciò più non ci distingueremo tra noi e
nemmeno dal dio, il cristo stesso o la madre sua in quest’amore!
Eritis sicut dei, è la profezia del serpente nella Bibbia, che anche
così può essere interpretata, il male conosciuto, ma passato, il
bene sopravveniente, preziosità di cui vivere!
So che è questo
invito al sogno è per un mondo da favola, ma, mio chiedo, Non è
forse vero che tutti viviamo tristi in questa realtà, e questa non è
forse tutta di illusioni? L’avere qualcosa, l’essere qualcuno,
distinzioni, miserie effimere! E non sono forse queste che ci
strappano l’amore, come inutile fardello in questo mondo che spinge
alla lotta il succubo verso il dominante del momento? Invece il mondo
sognato dal cristo, che faccio mio, è del dio, è nell'oltre, è nel
dio, che spero sia null'altro che amore da poterne vivere. Non ne
voglio altri! E ripeterò, Signore, venga il tuo regno! È ingenuità,
è follia? E’ ragione di vita nella povertà che mi distingue, io
qui non solo non ho niente, ma non so niente, non sono niente!
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