Quando alle dotte discussioni
dei miei colleghi prendevo parte, e di rado accadeva vi fossi
invitato, forse perché palese amico di un matematico prete, queste
finivano talvolta col negare al dio ogni possibilità. Io ero senza
veri argomenti, troppo recente la mia conversione, irretito dal
pescatore di anime che raccomanda di amare i nemici. Amore, che
diviene unica possibilità, se quel che ci accade nega la prossimità
del dio, per continuare ad avvertirla, nonostante l'accaduto. Dio,
che si è legato al nostro destino con la venuta e la permanenza qui,
proprio del suo cristo!
Ma una volta non seppi
resistere... Il più preparato concludeva, parlando della moderna
teoria della “creazione” dell'universo, che un agglomerato, palla
primordiale, assai ridotta nelle dimensioni, conteneva in nuce
l'universo attuale, avendo al contorno, cioè sulla superficie, certe
particolari condizioni influenzanti il comportamento nel tempo, che
si sarebbe dispiegato. Alla mia domanda, perché quelle e non altre
azioni vincolanti all'inizio dell'evoluzione del tutto,
l'interlocutore allargò le braccia, mentre io affermai di saperlo,
le aveva poste il dio! Perciò se non poteva essere accettato un dio
fuori del tempo e delle cose, perché ritenuto mera invenzione umana,
non era quella la via per negarlo, lo si chiamasse come più piaceva,
rispuntava! C'era stata una primordiale scelta tra le innumerevoli
possibili e da che, o da chi? Io affermavo la scelta da chi ne è
ancor oggi, pensato fuori.
Nel stadio attuale e qui, ci
sono persone capaci che studiano le cose, altri si chiedono il perché
della vita, altri ancora il rapporto dei viventi con tutto ciò che
fa il loro mondo, e le leggi di questo fino a chi non nascose la sua
meraviglia che tutto sia comprensibile e scritto in linguaggio
matematico (Einstein). Noi, i semplici, non necessariamente
sprovveduti, ci lasciamo guidare. E intanto cediamo alla meraviglia.
Ecco le cose novelle di primavera, i chinali variopinti di fiori ed
erbe carezzati dal vento, i tramonti che tutto dipingono di rosso
nella attesa che ridano le stelle! E poi i sorrisi e parole dolci o
amare delle nostre donne e i lor caldi abbracci. Ma c'è il male, c'è
il dolore per fatti collettivi, così terremoti, alluvioni, o
personali così malattie senza scampo, illusioni spezzate, amore
disprezzato, e tanto altro a far i motivi e le voci della
disperazione. E ci dicono che il male misuri la lontananza
dall'operatore primario che occorre colmare. E chi non lo desidera(?)!
Ma perché anche amare gli indifferenti all'altrui dolore, quelli che
sempre volgono altrove lo sguardo e addirittura i facitori di male?
Forse è l'unico modo per essere imitatori di chi per amore iniziò
proprio questo tutto di poche luci e molta ombra, e farlo sentire
vicino a tutti e non estraneo. È come dire a se stessi e al
fratello, quello lì con tutta la rabbia sua non prevarrà! Il cristo
ha voluto il dio partecipe di quanto ci capita, lui stesso
sofferente, lui stesso sopraffatto, malato, morente. E invece come ci
sembrerà il dio nella sua apparenza di indifferenza a un destino
ingiusto, di dolore già nell'innocente, già nell'appena nato?
Nemico! Ecco che l'amore deve essere il più ampio, quando poco
sembri per raggiungere il dio nella bontà sua, quando inappropriato,
eccessivo anche il poco per la sua presunta esenzione e indifferenza.
Tutti educati dobbiamo essere all'amore! Gesù, insegnami come
amarti, come il tuo dio!, griderò e griderò, troppo buia la notte!
Ma se il dio per primo ama ogni suo nemico, come posso io stesso
esserlo già a breve, più ancora io non posso credere al male
eternamente mantenuto come punizione dei reprobi, ma accetto la sua
provvisorietà, rimanendo essenziale per il ravvedimento, anche
postumo, e il conseguente perdono e so di star parafrasando Origène.