Quando
l'inverno i rigori suoi annuncia, raduna uccelli sul filo che mi
corre sul capo, come fa quest'oggi grigio con gruccioni che vi stanno
appollaiati ignorandomi, mentre io a quest'aiuola tutta l'attenzione
dovrei per averne proficua cura. Certo attendono di volar via a un
misterioso segnale, ma io li vedo già impegnati nel fortunoso volo
di ritorno, ché qui stanziali non sono. Un sol desiderio li sprona,
mentre a un capo-rotta il loro destino affidano. Questi nell'ufficio
suo ad altri prescelti s'alterna, così che il gruppo fiducioso
raggiunga salvo la meta lontana, dalla quale la passata incipiente
primavera, pronuba li richiamò irresistibile. Non dissimile è il
comportamento di giovani d'oggi, che simili in fortuna e condizione
si ritrovino, anche inconsapevoli, riuniti in un gruppo. Ma lo scopo
non è chiaro e si stempera nella vaghezza di fatti sperati
piacevoli. Ecco lo star dietro a persone di successo, farne idoli con
la segreta speranza che lor fortuna contamini. E come fa pianta che
barbichi e faccia rigoglio in recettivo terreno, quest'illusione
affonda le radici sue nella loro anima e fa groviglio, che se poco
lascia sfuggire, nulla di sensato da saggia generazione che li abbia
preceduti lascia entri. E mentre lo stormo degli uccelli ha scopo
nell'oltre lontano, nel difficile da conseguire, bene che riguarda
tutti gli associati, nell'umano stormo lo scopo certamente non è
che il conseguito, tanto agognato, venga spartito affinché tutti ne
godano, ma sarà geloso possesso per il singolo. Meritarlo richiederà
volontà e destrezza, che ciascuno s'illude d'avere, non attendendo
che l'occasione propizia, il tocco della fortuna appunto, per venir
fuori il desiderato sospirato. Ma se già triste è questo
comportamento, più ancora lo è quello di chi s'associa nella
preghiera all'unico dio. Questa comunità divisa, e non dovrebbe
essersi separata se spera di comunicare con l'oltre e così amare il
dio di tutti, può aver suoi riti, sue argomentazioni, sue parole e
pensarsi chiesa. Ma non è così. Già nell'amore a due lo Smiles
osserva che amarsi non vuol dire guardarsi negli occhi, ma guardare
nella stessa direzione, uno l'afflato, uno il desiderio, una la meta.
Ma nella comunità di volutamente separati ci si illude di privilegi,
perché si sa meglio dire nell'assemblea e con più attento ascolto
dai fratelli, ma spesso si ignora che amare il dio significa
tutt'altro. Percorrere sì la stessa strada, con reciproco aiuto, ma
più ancora soccorrere chi indietro s'è voluto lasciare, illudendosi
di correre più spediti, e simile cura richiederebbero i trascurati,
perché pensati increduli non interessati. Ma se si trascura d'amare
gli altri, ogni altro, se non ci si sofferma, se non ci si attarda ai
loro problemi per soffrine e sperare nella loro risoluzione, la
distanza dal dio aumenta, egli diventa un'idea, un nome del bene e
non persona capace di ricambio centuplicato d'amore. Sì, l'amor suo
svanisce. È esso come rugiada che al mattino tutto imperla, così
sono i pensieri belli, le parole nostre migliori, che però abbiamo
disgiunti da vere impegnative azioni di bene, che ci illudiamo
pervasi dall'amore divino, ma come viene il sole, quella tutta si
consuma e così fa il nostro proferito o ancora trattenuto in cuore
alla presunta vicinanza del dio.
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