lunedì 20 febbraio 2017

La follia del credente


Là dove vita fiorisce, il bene non vi può essere del tutto assente, almeno come speranza la deve accompagnare, affinché essa non illanguidisca. Ecco, tutto nuvolo è oggi questo cielo e son nuvole nere, che poca luce lasciano filtri, ma pur c’è il sole oltre la loro schermata e ben tornerà il caldo luminoso sereno!
A questo mondo se si vive là dove sono prevalenti uomini che prevaricano, beneficio solo personale cercando, o di pochi, a danno dei più, l’oppressione dei deboli sarà forse duratura a meno che qualcuno abbia palese un comportamento ben diverso, che non lasci spegnere nei succubi la speranza di un destino migliore e allora ben verrà un forte, chi un cambiamento radicale promuova e attui! Ma forse crederlo possibile è più ancora della speranza del bene, è fede! Ma non sono io chi un po’ ne ha? Allora aggiungo, Se il bene da tutti sognato ridiventa evidente nella vita, sole non schermato da nubi scure, esso le dà un significato nuovo, la preserva nel suo calore, la promuove nella sua luce e, togliendole molte angustie, le dona serenità, pace! Tentò questo il cristo per noi tutti? E se sì, pavidi i suoi, ostinati a non capirlo i più, non concluse che il regno suo qui non poteva fondare? Io so che in lui non v’è contraddizione, ma pur mi chiedo, Se gli uomini di ogni epoca recettivi non sono al regno del solo bene, perché è venuto a proporlo lui proprio, il cristo, sicuro del non ascolto, sicuro del fallimento? Perché è dovuto anche morire del suo sogno? E perché qualcuno in questa tormentata storia umana viene sempre a riproporlo, sebbene utopia qui, ma dicendolo anticipo del solo bene della vita nell'oltre, e lo ripete nonostante le continue smentite e lo fa non a parole ma con gesti eroici, rendendo attuale il dovuto subire dal cristo? C’è chi sostiene, e sosterrà sempre, che il male sia necessario al bene, e debba essere pur mantenuto perché il bene ne risulti apprezzato anche per poco, perché soffocato sempre ne viene dal male imperante! Ma se il male è invitto e onnipresente, il costo del dovuto subire per il poco bene permesso non è sempre troppo alto per gli uomini tutti? Non finiranno col subirlo anche gli apparenti al momento esentati, i ritenuti fortunati a questo mondo? E non sono forse tanti, troppi, quelli che ne devono soccombere, per un assai poco, a volte, o per nulla, loro affacciarsi alla vita! Parlo dei bambini che mali assurdi rapiscono all'amore e dei non nati. Lo stesso cristo non ne fu succubo, per divenire la sua una delle innumerevoli croci innalzate in ogni epoca? Tutto ciò è mistero del dio! Ma nel credente fede e speranza continuano a fondersi e per lui veramente la vita vissuta è solo una parentesi spesso dolorosa, ma con la positività, di riconoscere, apprezzare il poco bene che c’è nonostante, che vede come barlume del dio! Egli anzi vede il poco bene presente anticipo in questo mondo, pur tra tanto male dal dio permesso, della beatitudine della vita nel solo bene, a cui spera che le personali sofferenze gli permettano accedere, sufficienti, il patito dal cristo in ogni epoca a quelle personali sommandosi, se si ha fede! Ingenuità, follia? Ma chi è più folle? Chi crede d’aver capito l’inutilità della vita, e avido ne prende quanta più ne può avere piacevole, per dover comunque morire disperato, egoista alla fine privo di tutto, se nessuno un po’ d’amore gli avrà donato, o chi la accetta così com'è per tutti, incerta, brutta spesso, con poco bene, poco amore, poca gioia, ma si sforza sia migliore per gli altri anche o sopratutto? La sua se davvero follia, è d'amore! Prega un dio sconosciuto che quanto qui permette abbia un minimo senso, e pone le personali rinunce, le inevitabili delusioni e sofferenze come supporto alla sua speranza, che lo proietti oltre il dolore, sì alla sua beatifica visione!

venerdì 17 febbraio 2017

Cadere tra le braccia di Maria


Fa, o dovrebbe fare, arricchimento del proprio sé, della propria anima, spronata ad avere atteggiamento simile, a rispondere nello stesso modo disinteressato e sollecito, per chiunque in una persona speciale si imbatta e la sappia riconoscere, quella che sempre si pone a beneficio e salute dell’altro e talvolta al soccorso delle sue necessità riconosciute urgenti, ma forse a lungo trascurate. Un altro che per quella persona sia anche solo occasionale compagno, anche se poco o per nulla noto, se non per la necessità d’aiuto più o meno palesata o anche per scorno invano celata e perciò pur lasciata trapelare. Come lo soccorrerà? Col dare non solo il suo, talvolta solo appena bastevole a sé e a chi da essa dipenda, accanto vivendogli, ma anche con tutto ciò che le consentono, sentendo così pungente la necessità di dover fare da ricorrervi, le potenzialità proprie del suo cuore, di solito sopite. Quelle appunto che, destate dal dover agire subito e bene, più vengono sollecitate a dar il meglio quanto più carente appare il vissuto dell’altro, se davvero, a imitazione del cristo, essa sente di esserne compassionevole. Perché noi, che siamo credenti in un destino di bene per tutti, pensiamo che nella volontà di un tale comportamento si rinnovi quella del cristo, che è a un tempo quella di chi sostiene l’altro nel suo bisogno, ma, mistero, anche quella annientata del succubo, che aspetti da tempo interessamento, soccorso alle necessità in cui è serrato, uno che a lungo abbia sperimentato delusione per l’indifferenza dei più. Questo sdoppiarsi del cristo in chi di tutti ha bisogno ed elemosina considerazione, attenzione, amore, e allo stesso tempo in chi si fa sensibile e risponde, anche col suo poco, a richieste accorate palesate o taciute, è mistero d’amore divino! Essere a un tempo chi sollecita risposta e chi la dà, perché se io sono nel bisogno sono lui che chiede attenzione, se invece non ho incombenze e bado a quelli che ho compagni, troverò chi mi sollecita, e se elargisco del mio, è lui in realtà che così fa del suo. Insomma nulla del bene che ho, l’ho per me solo e la piccola cerchia di chi mi vive accanto, ma è suo dono perché ne faccia dono in sua vece, occasione presentandosi. Io non mi appartengo nel bene, agisco per lui, sono lui che si sofferma, considera, valuta ciò che all'altro necessita e lo porge, della mano mia servendosi. Io ho solo l’illusione di agire da me, volendolo, ma non sono che mezzo, strumento della sua pietà, che vivo mia! E quando io sono in necessità è lui che lo è, che invita un me debole e vulnerabile alla fiducia. Eccomi malato e pregare. Come mi verrà aiuto dal cielo, che s’è all'apparenza serrato e alcuna luce mi lascia intravedere? Ben una persona buona risponderà! E se non accadesse, molti avrebbero sprecato occasione di dar sollievo, conoscendo la mia pena, a un povero cristo morente, ma io, cadendo, troverei le braccia di Maria ad accogliermi! E’ questa la fede nel cristo e nella madre sua!

sabato 4 febbraio 2017

Chi, che sono?


In risposta alle tenaci argomentazioni di un amico che su “facebook” spesso si affanna a provare che il dio non sia, non ho saputo far meglio, qualche tempo fa, che aprirmi con sincerità e ho scritto:
io mi sento sprovveduto di fronte alle tue tante argomentazioni di negazione. Allora tento di rispondere a te, ma lo posso solo col confessarmi a tutti. Mi chiedo, Che mi resta, se ho quasi tutta la vita alle spalle? E facile mi rispondo, La consapevolezza della speranza che tutto abbia un senso, sebbene non apparente, nascosto (deus absconditus), che mi fa viver questo tutto, la vita passata, presente e la sperata anche, sotto una luce nuova! E' molto, è poco? Per me è tutto! E allora mi chiedo, Chi la smorzerà, cosa la farà tacere? Forse i ricordi dolci o amari, che fanno ridda nella mente, o le spine rimaste nel cuore di fatti sgradevoli passati subiti, o forse le parole non gentili, di scherno addirittura, dovute udire oggi più di ieri, o l'ingratitudine per il bene pur onestamente tentato, o la noia che l'età avanzata suggerisce, o i rimpianti per un chi lontano, che la nebbia del tempo abbia inghiottito, o l'insufficienza, col dover chiedere di continuo alla pazienza della donna, che, amorevole, m'è rimasta accanto, o le limitazioni cui la malattia, che più non vuole lasciarmi, mi condanna col suo dolore, che mi fa angoscia? E riflettere su questa possibilità che tutto voglia spegnersi e rifarsi buio, mi dà la misura della necessità che ho del cristo!
Ecco io, che ho riletto a distanza di qualche tempo questo scritto, ho capito che far mio il fallimento del cristo è il mio più gran tributo alla vita! So che questa non è che appena uno sguardo sul mistero del mondo e che le mie sono pur sempre riflessioni da inesperto e insipiente, nonostante essa sia stata lunga fin qui. Ecco il cristo vagare qui in ogni epoca a ripetere ad orecchie, che presto sorde si fanno, che somigliare al dio significa amare, i nemici soprattutto! Allora io chi, che sono stato e sono? Proprio uno che ha sentito e non ha voluto capire che è l’amore? No, avevo un tesoro, m’è sfuggito! Donato me lo aveva chi, lui proprio, il cristo, attraverso le poche persone buone della mia vita, da molto desiderava che a lui tornassi! Ecco io lo stringevo nella mente, nel cuore della mente, e l’ho perduto! Perché? Sono e sono stato un povero cristo incompreso, forse non in ogni mio gesto e parola, ma in quello di più prezioso, che donare avrei voluto. Uomini, donne, pochi, troppi nella mia vita a darmi appena del molto celato, forse ad altri migliori da offrire, o, chissà, il loro molto, e non l’ho capito, perché, pur offerto, non ho saputo apprezzarlo, farlo mio e geloso possesso, perché dono, gratuità, generosità! Quanti invece rivedo illudermi e più ancora denigrarmi nella disillusione, quanti intimidirmi nei miei gesti e parole dovute trattenere, pur buone, pur belle! E così ne rivedo i volti severi o ilari e devo ripetermi, Ti hanno preceduto ormai nel perdono di dio, non puoi che perdonare, scordare ogni accaduto a loro legato! Ma appieno non mi riesce! Così questa ultima mia vita è un riesaminare, riesaminarmi, ammettere le mie colpe, tentare di perdonare la malignità subita e perdonarmi di non aver appieno apprezzato il poco bene, pur goduto. Lo faccio così come posso, chiedendo comprensione a colei che vero può, nelle mie tante “Ave”! Basterà l’aver dovuto sentirmi incompreso da questi uomini, che m’ostino a chiamare fratelli, come già il cristo, per meritarne la visione? Oppure dovrò, dal male che già sperimento, salire su una croce più truce, che riepiloghi ogni dolore subito, anche dalla perfidia, che, perché rinnovata, cercherà ancora di annientarmi nell'anima,  ma lo potrà più ancora solo nel corpo e nella dignità? Sì, col farmi rimanere nella condizione dei malati che la perdono, senza ascolto, né aiuto, né comprensione, divenuti oggetto di indifferenza, che dà sostanza, materia all'egoismo dei più! Sarò almeno allora forte “in re” restando buono e amando nonostante come il cristo, quindi rimanendo così come egli mi vuole e mi avrà voluto? Perciò agendo “suaviter in modo” verso tutti, non solo chi ancora m’ama e m'amerà, ma i duri di cuore pure, a dispetto dell’angoscia che mi ravviverà chi, ciononostante, mi disprezzerà?


mercoledì 1 febbraio 2017

Due inferni


Qui c’è un inferno, vi viviamo tutti, anche chi ha vita più fortunata all'apparenza! Ma anche il metafisico fa sicura minaccia al credente. Perché? Quello di qui è già tanto perverso che ne patiscono gli innocenti anche, l’altro parrebbe destinato a chi, succubo della propria codardia, faccia ben poco per lottare la caparbietà del male. Ecco, un male fisico ha preso chi è accanto a me e io non gli do aiuto, ignoro ogni sua richiesta tacita o palesata, anzi mi allontano! Ma c’è allora già  “in nuce” un male più grave, sta per germinare in me, che sono fuggito, sperandomi esentato dall'altro! È il male morale, quello che avvilisce l’anima! È questi uomini, tiepidi credenti, come io posso essere, che il metafisico minaccia! Ma per fortuna esso è chiuso e nessuno di noi ne ha la chiave. Se non il dio, che però sempre perdona, amando tutti, i nemici soprattutto, allora sicuro me, egoista e stupido, sempre tentato di esserlo più ancora! Questa affermazione sull'amore del dio è del suo cristo e riduce a congettura ogni altra sul suo mistero! Allora il successivo inferno è forse mito? No, ha la sua serietà, la sua motivazione, finché qui saremo! Qui dove il bene ha le sue ragioni, ma sono tanto neglette, incomprese! Ed è per questo che forse mi definisco stupido, ostinato a non capirle a fondo! Ma so che dell’altro inferno c’è presenza nella storia del cammino dell’uomo religioso verso il dio e ne parla il cristo stesso! E so anche che se è vero che il peccato misuri quanto, nel procedere verso la meta, ce ne allontaniamo, la nostra colpa può uscire fuori misura! Sì, farsi così estrema da gravare minacciosa sulla coscienza residua e capace di indurci al dubbio, che ben presto si muta in paura e, con la perdita della speranza, perfino della bontà del dio, Allah il misericordioso, come ben lo pensano i fratelli d’altra fede! Ecco allora l’altro inferno ha proprio in questo mondo la sua immagine, ed è nitida, quella che ci disegna la disperazione! Allora, che occorre, mi chiedo, per allontanarlo dal proprio destino? È una minaccia, credo, con una positività! Penso, e lo dico a me stesso e in umiltà a chi mi legge, occorra, per emendarsi dal male più nero, sentirsene addosso il fiato fetido, fino a potersene credere destinati, sì, al suo regno o già caduti in esso, l’altro inferno appunto! Larve qui siamo, mangiatrici forse di solo sterco, i ricchi pure o specialmente, cercando di destinarci farfalle! Occorrerà, lo dico anzitutto a me stesso, dal buio di questa melma, aprirsi al bene, avvertirlo sopravveniente, nonostante la nostra condizione ben misera! Sì, sentire il respiro dell’aria pura carezzarci e sorreggerci finalmente liberi, alati, e le ali nella luce del sole, e inebriarti dai mille colori della natura e dalla fragranza dei fiori su cui posarci o pensarci in tal foggia, star dietro a "farfalletta", che appena dischiuda le ali sue, ci significhi dolce invito! Sì, credo proprio occorra già qui sognare il paradiso! Per questo il dio a qualcuno, al sacerdote, ha dato ben altre chiavi! Sì, a chi ce ne può anticipare, se vero contriti, il perdono, che ci aprirà al sogno, sì, ci anticiperà perfino quello del solo bene. Ma occorre sia qui vero anticipata preventiva capacità di poter essere davvero pentiti, vero dono divino, che trasforma la sofferenza di sapersi mediocri, stupidi e peccatori, nell'anelito alla gioia, che subentrerà al perdono richiesto e concesso, dono divino anch'esso! Io prego per averli entrambi!
Non si può essere qui vero felici, sebbene solo sognando, se non perdonati. È il perdono, che ci anticipa il saperci accetti da chi vuole che il male non sopravviva insieme al bene, l’unico che distruggerà la potenzialità minacciosa dell’altro inferno!
 Ma nella gioia potrà accadere, anche in questa da perdono, che, se io avrò guadagnata, mi sarà stata donata nella sofferenza del pentimento, di trovarmi esposto all'invidia. Ma, ne sono certo e mi fa tristezza, in questa speciale felicità, che mi traboccherà dal cuore, ci sarà in più una gratuita malevola interpretazione dagli invidiosi! Di che? Del mio ingenuo volerla donare, sì, partecipare, diffondere! E con la malignità loro, ecco per me nuovi scuotimenti del male fino all'annientamento, il mio “ad-deum” da questo mondo, possibile per la mia umana fragilità, che potrebbe essere ancora remoto, ma che così mi si farà prossimo! Ecco così divenire mio il destino del cristo! Ecco allora darmi una risposta alla domanda, Perché il dio si è incarnato nel suo cristo? Per essere in ciascuno di noi? Di più! Per essere ciascuno di noi!
Allora che dico? Amen, insc’Allah!
Prego i miei lettori di collegarsi al sito:

c’è il testamento spirituale di padre Christian, il film Uomini di Dio, che parla della sua ultima vicenda terrena, sta su Rai-Replay, canale 23, Rai 5.