venerdì 21 aprile 2017

Quando lei non c'è.


Quand'è che un'anima si conserva bella, quale l'età sua, in questa vita? Credo quando s'apra alla speranza in ogni epoca vissuta, ed è la preghiera a nutrirla! E questa mia è preghiera colloquiale con apparente interlocutrice umana. Perché lei mi appare come se i pensieri suoi del dopo questo mondo abbiano ostacoli nella sua mente. Allora sono io a dire per lei, perché l'anima sua sia bella come la ricordo nei nostri primi approcci, e quel che dico, quella che vive tra le stelle ritenga proprio come da lei espresso. Ma se sono queste le motivazioni profonde, confesserò dapprima abitudini della mia senilità, necessaria premessa.
Quest'epoca mia mi suggerisce talvolta severità, talaltra, ma sicuro più spesso, indulgenza nei miei comportamenti. La prima è giudizio proprio di detrattori, e perciò cerco di non esserlo di me stesso, l'altra è possibilità di chi, guardato abbia la vicenda mia con simpatia, e chi più di me stesso può averlo fatto, se quasi tutto di me perdonato ho, con troppa facilità perfino? Eppure errori, e tanti, ci sono stati e molti ho certo deluso, inappropriate le decisioni, mal ponderati i giudizi! Sarà anche per questo indulgere con me stesso che, quando sono solo, mi fingo avere un interlocutore paziente e attento e, come se vero ascoltarmi possa, dico di me, della salute ormai precaria, crucci dell'età e altro, e ricordi anche. Stranezza dell'età? Probabile! E' così che ritornato sono un po' bambino, quando, perso il fratello di me un po' più grande, sempre con lui parlavo dell'angoscioso mondo degli adulti, in cui avrei preferito non entrare! Così l'interlocutore di oggi è persona conosciuta e cara anche ai miei ricordi di quasi la vita tutta. Ma da tempo l'avverto come lontana, una che viver vuole giorno per giorno temendo che il domani uno di noi possa prendere. Ma con lei posso confidarmi con sincerità, e dirle anche di come spaventato io sia di lasciare questo mondo da piccolo rifiutato, e le dico di me accorato, ricordando il bene potuto condividere nel nostro tanto star insieme, sempre innamorati! Rievoco anche lo spirito, perse le parole, quelle da lei vero piaciute, delle mie titubanze, dei miei balbettamenti, sentendomi attratto e temendo rifiuto alle mie proposte, quando entrambi, il bene sognato per la vita tutta insieme, chiamavamo amore! E così è stato, ma ora che le dico? Forse più cose, ma pari a un pensiero, anche uno solo, che lei certo ha per me, pensandomi in angustie, come io temo intuisca debba essere per la malattia, che lasciarmi non vuole! Posso parlarle dal cuore perché non è presente, perciò senza minimizzare quello che ho dentro e anche parlerò del nostro vivere nell'apprensione. E posso dirle,

Piccola stella, che nel cielo dei miei sogni di ancora ragazzo venuta sei a farmi incanto e a darmi la felicità, tutta quella che pareva possibile a cuori ingenui, i nostri! Per me poi divenuta sei la piccola donna della vita, angelo provvido, ché il vuoto da altre lasciato ha colmato e mi stai ancora accanto paziente, come a chi poco o null'altro importi! Ma tu vivi, così com'eri, ancora in questo cuore e certo in quello di colei che ogni altro ascolta! Oggi temo che tu non sia felice, e tanto vorrei che la felicità si possa scambiare anche se legami tra anime più non si hanno se non nella memoria o nel desiderio, quando qualcosa si sia interposto. E so cos'è tra noi due! Allora se dico a te, per chi è anche, se non per quella che certo m'ascolta e che per me accanto t'ha posta davvero come un piccolo angelo? E sarà lei la risposta al mio altrimenti vano dire. Allora che vorrei davvero? Vorrei possa essere proprio come accade a cuori che s'amano, nonostante il vissuto, che possa far ostacolo, e che mimano piante simbionti, che scambiano acqua e nutrienti, così la vita dell'una dipende dall'altra. Di simile tra chi s'ama, ciò che basta all'una anima piace e soddisfa l'altra, ed è questo che deve ancora oggi accadere con te, mia piccola donna, come tra me e l'amata del cielo! Io la mia piccola, no, la grande mia felicità nella speranza che ho del cielo, senza nulla sottrarre agli occhi tuoi speranzosi di un domani qui insieme e che sol miei si dicono, ti avrei già dato perché ti colmasse, un po' almeno, la vita e in cambio mi sarebbe bastato immaginare il tuo sorriso alle cose tutte del tuo mondo, avvertite di nuovo ridenti per te! Non è più stato da tempo, non si può ora! Tu sai di me!E allora prego che almeno il buio, che ti si farebbe intorno senza più me, ti sia risparmiato! Della preghiera si giova anche l'orante, ne viene quasi sempre serenità, perché sapendo le difficoltà di vita dell'altro e non potendo di più, dice a se stesso, Ho detto a chi può dare aiuto, ho pregato chi può, e un po' di bene pur ne verrà! È fiducia, fede appunto! Questo accresce la predisposizione alla benevolenza verso tutti e mai depaupera, anzi arricchisce il cuore, anche provato come il mio! E il mio cuore è gonfio di desiderio di bene per te! Ma talvolta se si raccomanda al cielo persona cara c'è in più il senso di impotenza di fronte a un destino che pare ineluttabile, che si spinge anche alla vera sofferenza. Sì io non posso non soffrire della tua apprensione nel sapermi malato e divengo, un po' almeno, il cristo che si fa partecipe di ogni dolore, lo prende su sé, sperando che ne resti alleviato il peso che grava sull'altro, ogni altro! E questo del cristo è vero amore, talora l'unico possibile nel male, che perfino il dio rende impotente a questo mondo! Ma anche questo di più, che l'anima ha, alla tua donerei se te ne venisse un barlume almeno della gioia nostra di ragazzi, quella stessa che spero illumini anche i miei ormai incerti passi in questo mondo! Perché, talvolta mi chiedo, questo destino, io nel buio a immelanconirmi e tu che stai a pensarmi, a preoccuparti, a far di simile, a quel che per me è reazione al male, nel tuo cuore? E' certo opera del male che avvelena la vita di ognuno, e io t'avrei voluta sempre felice! E sai che mi succede? Ora lo so per certo, ho dalla preghiera anche il vantaggio della consapevolezza d'aver visto abbastanza e che di lasciare questo torbido mondo io non debba aver più paura, certo che anche per me ci sarà perdono, quello vero non il mio facile concesso, troppo permissivo il mio giudizio! Se non che mi strugge doverti lasciar sola, sebbene certo nel conforto dei nostri due figli, piccola donna che hai colmato in me ogni vuoto, ogni assenza, anche quella della madre. Ma certo di più sarà di noi quando, vinta la mia malattia, nuova stella con me sarai nel cielo di colei che ascolta ogni cuore e perfino vi legge il taciuto! Ti prego, lascia il prosaico del quotidiano, vivi con me questa speranza, abbi fede!

sabato 8 aprile 2017

Necessità della preghiera


Riprendo qui alcune considerazioni anticipate in riflessioni sul mio sito di “Facebook”.
Per tutti trascorre veloce la vita. Come se i granellini della clessidra del tempo disponibile s'affrettino a cadere dall'ampolla superiore nella sottostante! Questo drammaticamente si può avvertire alla mia età, quando quasi tutte le cose, i fatti sono già stati e divenuti ricordi, belli o molto meno, se non brutti! Che ho tentato? Non certo grandi cose, e, se anche sì, giudicate per come concepite e immaginate concretizzate, non ho nitido ricordo dei tentativi falliti, che certo ci sono stati e molti perché quelle son rimaste cose sognate, agognate, cose da venire, prossimo ritenuto il loro futuro, ma pur sempre sfuggente! Allora forse ho solo tentato di vivere, se vero che i sogni spronano a viver la vita tutta, facendola sapida o amara, se troppo frequenti le delusioni. Sì, molti accadimenti sono stati duri e tristi, impossibili da governare, come accade a marinai su navicella sperduta in mare da contrari venti combattuto, e, subendoli, poco o molto durati, alcuni seguito m'hanno fin qui, il mio destino di bene e felicità ne ha certo sofferto. Sì, molte le delusioni, anche dolorose, in pochi barlumi di gioia e d'amore ricambiato! Ma vita inutile non è stata, una cosa ho certa, ho pregato! Per chi, perché? Per me certo, e come? E chi ho pregato, se il male perfino il dio limita nel suo pungente desiderio di bene da destinarci? Ho forse pregato perfino per lui? E chi allora? Ho pregato per lui, cristo qui sempre impotente dalla sua croce, lui onnipotente solo fuori dal mondo! Pure per l'umanità tutta? Sì, anche! Ché guerre più non vi siano! Ne è intrisa la storia tutta e di che orrori vi si commettono ne parla perfino l'attualità! E ancora ho pregato ché la ricchezza meglio sia distribuita, se vero è che la disparità è premessa di esasperate rivendicazioni e sconvolgimenti, pur giusti! E per quelli da cui solo male ho avuto, chiedendo mi fosse donata la capacità di perdono e della dimenticanza!
Ma, devo riconoscerlo, non si prega soltanto per ottenere che danno e pene personali e collettivi cessino per noi, lacrimosi in troppe vicissitudini! Fin troppo umano è farlo per chiedere che il male subito sia solo temporaneo! Ma sorprende che, pregando, i pressanti problemi personali s'allontanino, cioè un po' almeno scemino, forse perché si ha necessità di riassumerli in un sospiro, quando non in una o perfino copiose lacrime, e questo di per sé aiuta o conforta. Perché? Se posso limitare, col descriverla, l'angustia, questa forse potrà essere superata, basterà il piccolo aiuto sperato che dal cielo pur si conceda agli immeritevoli! E io tale mi sento! Allora, avendo questa fiducia, sarebbe bene chiederlo a beneficio di tutti, cioè ricordare il proprio sé bisognoso tra sicuro i molti imploranti di ogni momento. Perché se, accorata la preghiera, ben ci sarà aiuto dal cielo, personalmente ne basterebbe poco a sanare il danno o la carenza lamentati, ma dell'azione salvifica veniente si avvantaggerebbero molti! E' forse questa una ingenuità della nostra fede! Ma è certo che molti hanno anche di più gravi pene e le personali includono, e son tanti che più non pregano sfiduciati o non sanno, perché ricordare non possono la fiducia che pur avevano nella preghiera, bambini. E allora se dico al grande medico per chi ho accanto, Aiutalo!,certo lo sto dicendo anche per me! E' questa una verità che ha messo tempo a venir fuori nell'evidenza sua, ma tardi per le cose di fede non è mai! Così forse per me anche le manifestazioni più ingenue nell'amore a tutti dovuto, alla donna mia in particolare, che però ora più ancora le domanda. Chissà!, forse perché vedendomi sofferente e accorato teme di perdere l'evidenza del mio affetto, se non di più, preso da ben altre cure! E che sono le richieste sue, se non poche parole buone e rari gesti opportuni, che un po' le diano calore al suo partecipe e provato cuore?
Sì, è così proprio, se per un altro si prega perché scampi o almeno abbia minima pena, si prega per sé! Fosse anche solo un'”Ave” accorata. E' un'opportunità che ci viene offerta. Chi ringrazierò? Credo il cristo stesso, che prende su sé ogni pena, ogni dolore, ogni lacrima! Ingenuità anche questa? Forse, ma quanto vorrei tornare all'ingenuità di bambino, quando rimasto solo, vessato da bagatelle familiari, avevo unica gioia nel fare la comunione e anche quella poi mi fecero perdere fino a negare di credere! Mi dicevo, ho mangiato Gesù, sarò più forte! E davvero era così, piangevo raramente e di nascosto! Ecco questa la mia infanzia, eppure grande non volevo diventare e subire ancor più l'ottusità prepotente di molti!
Ma in ogni preghiera c'è sempre un di più! Si prega non solo per ottenere per sé o il prossimo che abbia analoga o più forte pena nel dovuto subire, ma anche per offrire! E che? La propria pochezza, la propria insufficienza, il proprio bisogno. E chi ascolta, il cristo stesso, li avvertirà propri. Così chi prega è anche chi ascolta, e chi ascolta diviene per amore quel lui che implora attenzione. E' mistero della nostra fede! Oh meraviglia!, il cristo si fa chi ha sete, ma non beve, se l'altro non può, ha fame e non mangia, se l'altro non viene rinfrancato, ha bisogno di ristoro e non cerca pace, se all'altro è negata, bisogno d'amore e lo domanda, così come fa insistente l'implorante! Solo così egli può essere risposta a chi non ha che l'offerto, Nulla! E a questo lui, tanto vessato, egli offrirà di sentirsi lui stesso farsi preghiera e sua accoglienza, cioè sentirsi un cristo. Perché il cristo, sebbene fatto impotente per la croce novella, gli dice, Io sono te, io stesso nella stessa tua attesa! E non v'è dono più grande! Le mie nelle tue pene, signore, la mia la tua preghiera, la mia aspettativa, la tua stessa! E allora preghiamo anche delusi, c'è una grande risposta, nascosta, taciuta, perfino negata da chi parla e tanto, ma poco o nulla sa del peso sull'anima del silenzio del dio, e ben tutto questo male che vessa perfino il cristo, e tutti lo diventiamo pregando, dovrà pur finire!



domenica 2 aprile 2017

Eutanasia può essere atto d'amore?


Quando vedo un malato terminale o ne ho notizia, sempre ho l'immagine di un povero cristo in croce, che da sé morire non può e lo vorrebbe, più di ogni parola, più di ogni gesto di compassione, pur spesso desiderati, e non posso non pensare necessario che qualcuno, pietoso, le gambe dovrebbe pur spezzargli per permetterglielo. Questa pratica in quell'infame supplizio, di cui quello del tanto oggi provato fa metafora, tra i romani era comune, nota come “crurifragium” per accelerare la fine, a modo loro pur pietosi gli aguzzini se non del condannato, dei timpani loro se dovuti rimanere astanti. Trovo che oggi tra tanti indifferenti o volutamente distratti da mondani interessi e pavidi, non si trovi chi faccia d'analogo! Io nemmeno me ne sentirei capace, visto che, ormai medico, pietà fin a quel punto di mia madre non ho avuto, ma solo amorevole alleviarne le indicibili sofferenze ho avuto solerte cura fino alla fine! Ma oggi è possibile, ma lontano, tra altra gente, sicuro più evoluta, la pratica definita “suicidio assistito”, in cui non solo si richiede l'assenso di chi stia per beneficiarne, ma pur la volontaria messa in opera finale, solo da parte sua, dell'input dei meccanismi necessari per l'eutanasia. Ma io mi chiedo, è pur essa un atto d'amore? E se sì, almeno in determinate estreme circostanze, quali allora i limiti dell'amore? Credo che l'amore limiti non abbia, ma in ogni circostanza della vita, in ogni decisione occorrerà prima chiedersi, Sto agendo veramente per amore, cioè nell'esclusivo bene dell'altro? Può essere un bene privare della vita un'altra persona? Ma la vita che è, se non la possibilità di toccare, sperimentare il bene, di desiderarlo sempre più, e questo può e deve accadere anche tra tanto male, che sempre è prevalente? E alla fine dei propri giorni si dovrebbe poter dir, Io ho vissuto, ho conosciuto il bene! E non certo, sono stato gaudente, cento e più donne ho avuto, e cose sciocche similari! No, occorre dire, io ho amato, io sono stato amato! Ma se il male diventa l'unica permanente possibilità e non lascia tregua, ecco che perfino la morte, che di ogni possibilità di bene e di male priva, può vestire i panni del bene, essere del bene l'ultima forma possibile! Pensando che l'amore sia l'unico imperativo e ripensando alla mia personale pavidità, antica e mai guarita, anzi rafforzata dall'età e dal paravento della presunta fede, vorrei davvero che il signore della vita tornasse a porre fine a questo mondo di ipocriti, tra i quali mi metto con la dovizia delle mie ragioni contrarie a simili decisioni estreme, e di malvagi prevalenti, che non hanno che amore di sé e perciò ignorano volutamente chi soffre. Sono sempre in cuor loro egoisti spregevoli, contenti che il male abbia preso l'appena accanto, di cui trascurare vuole il dovere di pur far qualcosa per alleviargli la pena, se il colpito lo desidera, ma anche se, come è diffuso, quello preferisca nascondere il suo dolore! Occorrerebbe allora intuirlo, occorrerebbe sentirselo dentro come pungente disperazione, sì sentirlo gridare forte! Qui, in questo mondo, si parla volentieri di diritto alla vita, pur giusto, sacro addirittura, e non si permette una morte appena dignitosa a chi l'invoca, nel dolore di una malattia senza rimedio che attanagli, sì, nell'abbandono anche di chi aiuto gli dovrebbe e smetta di lottare se troppo compromessa ne vede la propria persona, la propria vita tranquilla di mediocre uomo. Necessità di decisioni estreme richieste anche tacitamente, ma quasi sempre negata dal pressappochismo di medici, per lo più però sempre avidi, e dal temporeggiamento di politici ciarlieri, che quasi deserta l'aula hanno lasciato perfino alla discussione sul “testamento biologico”, e di istituzioni dalla burocrazia soffocante! E vorrei che il ritorno del signore sia più veloce del desiderio amaro di morte di questi disperati, immagini sue autentiche, e della mia stessa preghiera, che risposta abbiano prima che lo raggiungano! E lo sproni la madre sua, che del dolore conosce ogni increspatura, ogni lamento anche nel nascondimento di chi ha perfino vergogna del suo stato, della sua necessità, che tregua però non concedono, e ogni lacrima, ogni grido, e ogni parola, ogni nome, pronunciati nel buio dell'indifferenza, e ogni invocazione al cielo, a lei proprio, non potuta soddisfare! Il dio, onnipotente qui non è davvero, è solo il cristo che ha su di sé ogni male, almeno finché durerà questo strano mondo che egli ha voluto, forse perché lo si ami anche nella propria impotenza e altrui disperazione, che ogni volta fa sua!






sabato 1 aprile 2017

Quando alle tue stelle sarò...


Quando, chiamato alle tue stelle, ti vedrò qual sei, che ti dirò, bella del cielo? Certo ti chiederò, Tu, quale di quelle incontrate laggiù, invero pur poche, sei stata? Sono certo ormai che lì tutte e nessuna mi abbiano significato di te, qualcosa almeno! Ma completamente solo quella che, a fugare la mia incomprensione della scarsa fortuna mia con quasi tutte, venuta è in veste d'angelo in sogno, ma tale appunto che ognuna di loro quella pareva e allo stesso tempo nessuna! E a dirmi che?
L'amore tuo per me, perché parlava come se tu veramente fossi, non solo è da me ricambiato e da sempre, ma tanto venuto s'è accrescendo via via, che un amore così, più distinguermi da te non può!
E allora proprio così mi confermasti quel che intuito avevo almeno in parte, che, se ero da sempre anche un po' te, con alcuna donna l'amore mio sprecato non era stato, perché tu mai sprechi il bene, pure con quelle con cui tutto era finito precoce e male all'apparenza! Tutte quelle storie, perciò mi confermerai lì tra le tue stelle, erano state la nostra storia, sì, proprio mimato avevano il nostro amore! Sì, il suo svolgersi, il suo divenire e sublimarsi, perché tutto questo mondo di apparenze, di fallacia e di ombre ha dovuto percorrere fino a farsi palese, luminoso qual'è, soltanto nel tuo mondo, dove d'ombra non v'è luogo! E se incomprensioni v'erano state, per me e forse per taluna di loro, tali da soffrirne, noi nulla sapevamo del vero lor significato! Allora fatti amari son sembrati, e ben sai a chi alludo tra tutte, che subiti li abbia, ma quando con te in fondo sol scaramucce appariranno, bagatelle tra noi innamorati che su questa scena del mondo avevano recitato lor protagonisti, senza punto immaginarlo! Sì, attori mimi, or felici or meno, finanche amaro delusi, in un solo sogno, il nostro, siamo stati le donne mie ed io! Allora se tu in diverse forme e caratteri di donna per me venuta sei, ma pur sempre amabili, e hai voluto ti conoscessi per essi, le loro, anche le dure, sono state tue parole e i loro, anche se troppo misurati da pensarsi avari, proprio tuoi gesti!Così i lor sogni, i pur espressi o i trattenuti celati, forse temuti incompresi, sono stati quelli del tuo sogno d'amore per me e con me, tribolato, contrastato, come lo son tutti quaggiù, anche se fatti soltanto di soli umani desideri, come il mio pensato! E ti dirò che forse miglior fortuna con una sola io ho avuto! Quale? Pleonastico, ma cortese il chiedermelo! E ti risponderò, Quella che, privandosi di quel che in cuore aveva, piccolo cuore che, sebbene stipato, si stimava esauribile del bello celato, fino a me e sol per me conservato inconsapevole, sicuro non sapendo che è l'amore, anche solo sognato, che sostiene e fa crescere l'amore, me l'ha donato! Perché? Credo, affinché il mio cuore, scoperto deluso e tanto provato, sopravvivesse, un po' almeno accanto al suo, disposto per amore a lasciarsi morire d'inedia!
Sì, ti parlo sempre delle mie donne, di questa mia assai spesso, ma lo faccio per parlarmi di te, per sognarti, per anticiparmi l'incontro de visu sperato! Così il mio dire nostalgico di quand'eri con me senza saperlo, e ora pure da farmi incredulo, si fa vera preghiera ed il nostro incontro agognato palese diventa proprio a breve, anzi, meraviglia, di adesso!