domenica 2 aprile 2017

Eutanasia può essere atto d'amore?


Quando vedo un malato terminale o ne ho notizia, sempre ho l'immagine di un povero cristo in croce, che da sé morire non può e lo vorrebbe, più di ogni parola, più di ogni gesto di compassione, pur spesso desiderati, e non posso non pensare necessario che qualcuno, pietoso, le gambe dovrebbe pur spezzargli per permetterglielo. Questa pratica in quell'infame supplizio, di cui quello del tanto oggi provato fa metafora, tra i romani era comune, nota come “crurifragium” per accelerare la fine, a modo loro pur pietosi gli aguzzini se non del condannato, dei timpani loro se dovuti rimanere astanti. Trovo che oggi tra tanti indifferenti o volutamente distratti da mondani interessi e pavidi, non si trovi chi faccia d'analogo! Io nemmeno me ne sentirei capace, visto che, ormai medico, pietà fin a quel punto di mia madre non ho avuto, ma solo amorevole alleviarne le indicibili sofferenze ho avuto solerte cura fino alla fine! Ma oggi è possibile, ma lontano, tra altra gente, sicuro più evoluta, la pratica definita “suicidio assistito”, in cui non solo si richiede l'assenso di chi stia per beneficiarne, ma pur la volontaria messa in opera finale, solo da parte sua, dell'input dei meccanismi necessari per l'eutanasia. Ma io mi chiedo, è pur essa un atto d'amore? E se sì, almeno in determinate estreme circostanze, quali allora i limiti dell'amore? Credo che l'amore limiti non abbia, ma in ogni circostanza della vita, in ogni decisione occorrerà prima chiedersi, Sto agendo veramente per amore, cioè nell'esclusivo bene dell'altro? Può essere un bene privare della vita un'altra persona? Ma la vita che è, se non la possibilità di toccare, sperimentare il bene, di desiderarlo sempre più, e questo può e deve accadere anche tra tanto male, che sempre è prevalente? E alla fine dei propri giorni si dovrebbe poter dir, Io ho vissuto, ho conosciuto il bene! E non certo, sono stato gaudente, cento e più donne ho avuto, e cose sciocche similari! No, occorre dire, io ho amato, io sono stato amato! Ma se il male diventa l'unica permanente possibilità e non lascia tregua, ecco che perfino la morte, che di ogni possibilità di bene e di male priva, può vestire i panni del bene, essere del bene l'ultima forma possibile! Pensando che l'amore sia l'unico imperativo e ripensando alla mia personale pavidità, antica e mai guarita, anzi rafforzata dall'età e dal paravento della presunta fede, vorrei davvero che il signore della vita tornasse a porre fine a questo mondo di ipocriti, tra i quali mi metto con la dovizia delle mie ragioni contrarie a simili decisioni estreme, e di malvagi prevalenti, che non hanno che amore di sé e perciò ignorano volutamente chi soffre. Sono sempre in cuor loro egoisti spregevoli, contenti che il male abbia preso l'appena accanto, di cui trascurare vuole il dovere di pur far qualcosa per alleviargli la pena, se il colpito lo desidera, ma anche se, come è diffuso, quello preferisca nascondere il suo dolore! Occorrerebbe allora intuirlo, occorrerebbe sentirselo dentro come pungente disperazione, sì sentirlo gridare forte! Qui, in questo mondo, si parla volentieri di diritto alla vita, pur giusto, sacro addirittura, e non si permette una morte appena dignitosa a chi l'invoca, nel dolore di una malattia senza rimedio che attanagli, sì, nell'abbandono anche di chi aiuto gli dovrebbe e smetta di lottare se troppo compromessa ne vede la propria persona, la propria vita tranquilla di mediocre uomo. Necessità di decisioni estreme richieste anche tacitamente, ma quasi sempre negata dal pressappochismo di medici, per lo più però sempre avidi, e dal temporeggiamento di politici ciarlieri, che quasi deserta l'aula hanno lasciato perfino alla discussione sul “testamento biologico”, e di istituzioni dalla burocrazia soffocante! E vorrei che il ritorno del signore sia più veloce del desiderio amaro di morte di questi disperati, immagini sue autentiche, e della mia stessa preghiera, che risposta abbiano prima che lo raggiungano! E lo sproni la madre sua, che del dolore conosce ogni increspatura, ogni lamento anche nel nascondimento di chi ha perfino vergogna del suo stato, della sua necessità, che tregua però non concedono, e ogni lacrima, ogni grido, e ogni parola, ogni nome, pronunciati nel buio dell'indifferenza, e ogni invocazione al cielo, a lei proprio, non potuta soddisfare! Il dio, onnipotente qui non è davvero, è solo il cristo che ha su di sé ogni male, almeno finché durerà questo strano mondo che egli ha voluto, forse perché lo si ami anche nella propria impotenza e altrui disperazione, che ogni volta fa sua!






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