sabato 14 maggio 2016

Sul diaconato alle donne


La società antica era tutta per la prevalenza del maschio. Ma spesso questa diventava prevaricazione su altri, da parte anche di donne, perché permetteva l'eredità di fortuna e meriti ai discendenti, maschi e femmine, di personaggi benemeriti, eroi anche, del passato. Ne venne la casta, nobiltà chiamata, che finì col diventare in prevalenza parassitaria! Per la donna comune c'era un ruolo peculiare, che tutto doveva impegnarla tanto da non permetterle nemmeno di sognarne altri, un ruolo importante, ma subordinato. Fu così per molti secoli, anche dopo la rivoluzione francese, intesa ad abolire la casta fino ad allora dominante a favore dell'emergente, la borghesia, aperta però,  quanto quell'altra chiusa era stata ed era. Pure in seguito personaggi, che parevano illuminati, non liberarono la donna affatto, confinandola al ruolo tradizionale, così Napoleone. Perciò lungo e tortuoso da sempre il cammino d'emancipazione femminile fino ai giorni nostri! Ed è d'oggi l'annuncio che la possibilità del diaconato femminile nella nostra chiesa diventi degna di approfondimento! Da parte dei teologi d'oggi, che paiono ignorare il ruolo della donna nella chiesa primitiva... Io, giovane ricercatore di matematica, mi chiedevo perché la teologia non fosse più materia di insegnamento universitario e perché la ricerca in quel campo non fosse più attuale da parte dei nostri studiosi. Mi fu risposto da persona saggia, che era non più scienza perché cristallizzata, senza possibilità di mutamenti, insomma che tutta quella materia, non era più aperta, era solo un ripensamento di verità acclarate! A me anche oggi tutto questo sconcerta... Ecco noi invochiamo lo spirito del cristo, che chiamiamo santo, facendone persona, cioè esistente di per sé e da lui addirittura indipendente, mentre volutamente ignoriamo la persona divina, che sta accanto al figlio suo, che lo generò qui e lo genera da sempre, la sua “imma”! Questa , Maria qui chiamata, spese la vita in discretezza e umiltà, nella società maschilista in cui le toccò vivere. Dante, in una sua felice espressione, la riconobbe “più che creatura”, ma ha, oggi almeno, riconosciuta la vera sua dignità di ipostasi divina col figlio suo dell'unico dio?

Riconoscere questa verità ufficialmente permetterebbe alle credenti non di chiedere con forza l'adeguamento ai tempi, ma il ritorno alle possibilità che Maria loro aprì, facendosi carne col figlio suo, per donarle a lui, perciò al dio cui da sempre appartengono. Nel racconto biblico il dio creò l'”adam”, il “terroso”, tratto dalla terra, che restò maschio solo alla separazione dei sessi! Fa sorridere dover precisare questo? Ma non v'è chi afferma che il dio, il puro spirito autore del tutto, della nostra intelligenza o stupidità perfino, sia maschio avendo creato il maschio a sua immagine, da cui trasse la donna? Sono solo affermazioni spudorate di certe confessioni che pur si dicono cristiane? D'accordo! Ma se non si fa completa chiarezza, forse ancora verranno nostri papi, anche santi, che rifiuteranno il giusto ruolo alla donna nella nostra chiesa, perfino l'antico diaconato!

domenica 8 maggio 2016

Una confessione dovuta


Io, che sempre parlar voglio del dio, sento che debba far conoscere qualcos'altro di me, ma anzitutto farne chiarezza a me stesso. Come, con quali parole sincere? Questa necessità imperiosa di sincerità mi fa capire quanto del dio io abbia bisogno e quanto col mio fare, il mio dire e scrivere, che nulla hanno dell'innocenza del bambino che ho cercato di rimanere pur tra tanti lupi, ma la cui mancanza però responsabile mi fa, al pari di loro, di questo mondo tanto inaffidabile, io in verità gli sia molto lontano. Perché? Io so di mentirgli almeno in parte, e che distante lo mantenga dall'anima, pur assetata di lui, da quando divenuta è ossessiva la preghiera di conservar al cuore il suo solo amore. Sì, son difficili da scovare le vere oneste parole che dir vorrei, pensandomi da lui ascoltato, complice quel connubio inestricabile di realtà e fantasia accesa, che fa di me il sé, l'anima, e più ancora quella sua parte che è il suo cuore, il sito dei fatti più riposti e celati, che appena s'apre con il dio, sperato sempre paziente a udirlo, e che forse nemmeno io stesso del tutto conosco! Sì tutto avverto mistero, soprattutto quello che ho dentro! Proverò allora! Come? Col ricordar queste lontane parole,
Notte di stelle cadenti, notte di desideri...Tu solo, Signore sai a quante stelle stanotte s’affideranno ingenui sospiri e quanti giovani sogni come queste cadranno! Bambino, i miei pensieri quell'estate erano per la piccola ospite della casa di fronte. Io non sapevo il perché delle bambine, ma quegli occhi neri, null'altro ricordo di lei, mi attraevano e m’arrampicavo sul muretto per sbirciare nel suo giardino, quando la strana cantilena dei suoi giochi sentivo...e me ne stavo appiccicato alla rete ed ella mi ignorava e io mai le dissi parola. Ma quell'estate finì e sul muretto un fiore trovai, così la seppi partita. Né più la rividi. Tu ne sai il destino. Tu ne sai i desideri che forse affidò a simili lacrime di fuoco in notti come questa...Ma vorrei che quegli occhi non avessero pianto mai.
La cantilena dei sogni di quell'estate vorrei ricordare, ma solo quegli occhi e null'altro di lei più so!

Ecco, se a me stesso spiegare dovessi l'attrazione per le donne della vita tutta, ricorrerei a parole simili alle riportate, scritte anni or sono sul mio blog. Ma, benché chi m'ascolta insieme al dio, forse si sforzi d'essere comprensivo delle ragioni che motivano l'apparente mio rimpianto, provando ad anticiparsele, solo il cuore lo è davvero, cioè può intuirle, il loro e il mio, e ingannarli non posso! Devo il vero a me, agli altri, al dio! Allora è al mio che chiedo, Ho davvero cercato la smarrita bambina in tutte le avvicinate donne della mia vita? Ci deve essere del vero! E una, occhi neri, c'è davvero stata, ma da lei mai palese il dono atteso, il suo bel fiore rimase a me celato... Poi una piccola donna è venuta, benché occhi neri non abbia, mi ha dato il fiore sperato, il cuore suo, senza esplicita richiesta e io col mio povero amore, ridivenuto d'incanto ingenuo, ho ricambiato la gratuità sua, e la spero tuttora ché la credo pure oggi vero innamorata nel profondo, con l'anima, che le suggerisce per me ancora il desiderato dell'oggi! Altro non voglio ricordare, sì, le sofferenze che pur le ho causato e che sicuro le causo ancora! Ecco quanto all'antica, rimastami a lungo solo sogno, dir vorrei, qualcosa di molto ingenuo sicuro, ma a lei, piccola rimastami nel cuore, adeguato, Al fine t'ho ritrovata, piccolo sogno di tarda estate! Ma capirebbe questa, sola sua immagine, sì, questa mia donna, se le ripetessi queste parole, in vero destinate proprio a lei e solo così a quella che ella anche significa per me, quelle che mi detta per lei, e così anche per l'altra, questo tanto provato e strano mio cuore? E le donne che tuttora avvicino, benché timido rimasto, quindi non senza intima difficoltà, capirebbero della ricerca mia interrotta e che cosa mi motiva oggi, all'apparenza continuandola? C'è una ragione sola, la paura di smarrire ancora il mio piccolo amore, pur fattosi concretezza! Ma perché questo simulare interesse per altre donne, che solo per me stesso deve avere senso, ma tutto da svelare, sì, il dover comportarmi come ancora a cercarlo stia, pur tenendo questo piccolo amore ben stretto, e sapendo infruttuosa sicuro una sua ricerca tardiva, se lo perdessi davvero ancora? Forse a me accade come a nevrotico, ai rituali suoi compulsivi spinto, cosciente dell'inutilità di gesti e parole che li accompagnano, eppure ossessivamente doverli ripetere! Ma se v'è del vero nel supporlo, deve esserci qualcos'altro ancora..., che? Sì, ben so che qui proprio, tra queste donne, che tanto comprensive all'apparenza paiono con chi, pur avanti negli anni, è con loro gentile, ormai non sarebbe più rintracciabile l'amore, qualora perduto. Ma dove allora? Solo forse tra speciali stelle, quelle che il cuore si finge, simili a quegli splendori che nelle notti serene si specchiano talvolta in questo nostro mare, chiuso da monti ma raro del tutto tranquillo. Così proprio mi diventerebbe il cuore, fattosi sereno, specchio rassegnato di metaforiche stelle, affetti, amori, preziosità smarrite! E allora io, che con la pace del rassegnato, che pur continua a vivere per ricordare amaro la felicità perduta, mai lo vorrei, dovendo allora ammettere irrimediabile la perdita dell'amore e la mia incapacità a trattenerlo, mi impegno in vaghezze fuori del mio giusto tempo, forse per mantener questo cuore se non lago agitato, sicuro increspato, e se non da carezzevole brezza, da ben altro vento, almeno fresco nel linguaggio del mare, col chiedermi, Che mi risponderà quella e da quell'altra che attendermi dovrò? Ma così sulla superficie sua il cielo, quello anche delle persone care svanite nei pungenti amari ricordi frammentari, che forse ad attendermi stanno là dove, al momento, paiono irraggiungibili, specchiarsi non potrà! Allora è così che esorcizzo, quasi come in un rito pagano, la paura di non essere ascoltato dal dio vero e dovermi rassegnare alla perdita di questo amore, ché tutto mi sembra voglia insidiarlo nonostante geloso lo custodisca, impegnandomi volutamente in cose che solo all'apparenza son del ben fare e dire e per cui pago certo uno scotto, quale? Sicuramente il rischio del ridicolo! Che fare è allora questo mio, che sembra impegnarmi poco o addirittura molto? Proprio quello che si esplicita nel dire incauto a quasi tutte le incontrate qualcosa sì di gentile, ma in fondo di inutile, se non sciocco, vago sempre, quasi volutamente mellifluo, come uscito da cuore sì innamorato, ma di donna non presente, custodita immagine nella mente, anzi nell'anima, o nel cuore di questa, e solo a lei ben rivolto, mentre io lo spreco, ché sicuro sarà poco o per nulla capito, quando non sgradito riesca, da animi non predisposti ad accoglierlo, dove, quando? Alla mia passeggiata, quasi giornaliera. Come sia meglio lasciar intendere a tutti quanto delle donne tutto, fisico e lor psicologia, mi attragga ancora, ma in fondo da conscio vanesio! Autentica solo un po' quest'attrazione, o forse più, quanto la vanità della millanteria che fatale l'accompagna!

lunedì 2 maggio 2016

L'amore del nostro cristo


Che accadde quando il cristo strappato fu dalla privilegiata vicinanza, dal rapporto di fiducia reciproca col dio e padre suo e di tutti, dalla cattiveria proditoria dei suoi e dalla complice vigliaccheria romana? L'abbandonato sulla croce, pochi gli astanti a piangere quel supplizio con la madre sua inconsolabile, cercò ripetutamente con lo sguardo, che spegnersi voleva, lui morente, nel cielo che s'incupiva, un segno del padre suo, che però non venne! Ma che, alla terribile domanda del perché del suo abbandono, che noi tutti suoi eredi gli ripeteremo morenti in tutta la pregnante angoscia del momento, solo rifugio trovò per il suo pianto nel lago di quel cuore, che con ultimi disordinati battiti rispondeva ancora amore a tanto deluso dolore! Ecco, di simile accade nelle vite più sante, quando il cristo, pur avvertito da sempre accanto, si vede allontanarsi e rimpicciolirsi nella figura sua, effetto sì apparente, ma reciproco con chi si distacca dall'amato suo ponendogli una distanza sempre più grande dal proprio sé. E piange chi deve rimanere e arriverà disperato a chiedersi del perché dell'abbandono al dolore e alla solitudine, avvertita anche quando possibile e sincero il conforto umano! Ma se l'abbandono, così dovuto rivivere dal cristo, in cui egli diventa chi si allontana, abbandona, mentre nell'antico veniva abbandonato, fu necessario allora perché il dio potesse far sua quella morte e condividerne quella provvisorietà, che la resurrezione avrebbe interrotto, che significato ha l'attuale, quando altrettanto radicale comportamento prelude a una morte desolata e anche solitaria del lasciato al suo destino? E mentre per il cristo non ci fu che l'abbraccio postumo della madre sua senza poterne avvertire il calore, forse a noi tutti sarà dato di ritenere possibile, perduto il figlio, di poter essere consolati, stretti dalle braccia della madre sua, quindi soli solo nell'apparenza? Tenterò una risposta! Ma intanto mi chiedo, Lui, che in ciascuno vicaria il padre suo anche nell'ultimo suo nascondimento, da “deus absconditus” seppure sempre presente, fu mai cosciente della sua origine divina? O fu allora per lui come ancor oggi è per la madre sua, persona divina quanto il figlio suo, eppure mai cosciente della preziosità dell'anima sua, anche mai sospettabile da alcuno in lei per l'umiltà sua, ma nemmeno mai evidenziata postuma forse per l'incredulità ottusa di chi dovrebbe riconoscerla? Solo, credo, alla resurrezione, mai prima ne avvenne la consapevolezza! Sì, solo allora egli fu cosciente di non essere stato richiamato alla vita, novello Lazzaro, che lo fu però proprio da lui "a monumento foetido", ma di averne dentro il principio vivificante, quello da lui sempre chiamato padre!
Sicuramente ne fu vero consapevole quando dichiarò, “Ego sum resurrectio et vita”, chiunque crede in me, anche se morto, vivrà! Era allora ben conscio della portata della verità di quest'affermazione! E si noti che egli non disse, Io do la vita, ho questo potere concessomi da sempre, e la posso ridare , quando perduta! Non richiamava già prima, ad essere ancora, i morti? Ma affermò di essere la vita, origine e supporto di ogni vivente, e che la ridarà all'innocenza, e tutti gli animali lo sono con i vegetali, e anche a chi ha fede in quello che egli è, l'amore del dio stesso, che non ha più necessità di distinguersi da lui nell'avvertire il bisogno, che tutti hanno del bene, e nella volontà di concretizzarlo. Perciò mai distruggeremo una vita, se non nell'estrema necessità! Anzi l'aiuteremo a conservarsi, fosse quella dell'essere più inutile o anche spregevole, quanto la vita di uomo vero cattivo! E ancora, diventati per illuminata scelta, come Francesco, rispetteremo ogni cosa sotto al sole, anche chi è pietra!

Ecco, il cristo, l 'amore risorto, riappare a confortare della presenza sua tangibile, tra i suoi timorosi ben celati, a porte ben serrate, increduli dopo il racconto di Maria, ma incerti anche dopo che i due accorsi avranno confermato vuoto il sepolcro, e sta proprio tra loro come la condizione sua novella gli permette, e si lascerà poi anche toccare nei fori del suo supplizio dall'incredulo del racconto di averlo rivisto vivo dei suoi, Tommaso! Ma poi, in altra occasione, anche dovrà ancora rassicurarli d'essere come loro, mangiando del loro pescato! E quando sulla via di Emmaus parla con discepoli, che lì per lì non lo riconoscono, ma solo alla sosta e nell'atto di spezzare il pane, prima che si celi alla lor vista, certo egli vuole significare di appartenere a una nuova realtà, ma che anche sempre sarà con due o tre riuniti nel nome suo, anche se non nella forma d'aspetto umano. Questo manifestarsi e velarsi, questo voler dire e non poter farsi capire sarà tipico del rapporto suo col credente di ogni epoca e allora potrà accadere di cercarlo ansiosi e non scoprirlo più vicino, e, come mai prima, di ritenersi abbandonati, mentre lui ci sta proprio nel cuore, che nonostante il vissuto, non ha mai lasciato! E questo è ancora allontanarsi, come il padre fece con lui, il doverlo fare ancora con lo scopo duplice di far percepire l'angoscia dell'abbandono, nella amarezza sua tutta, all'abbandonato, che fede nel ritrovamento dovrà avere più ancora, eroica quasi, e a chi abbandona, a lui proprio, la desolazione, la tristezza del distacco, irresistibile volontà di ritrovare l’amato, perdonandogli falli dalla libertà donata permessi! Ma perfino la paura di non potere farsi percepire nemmeno come la madre sua farebbe, accogliente sul suo caldo seno il morente in sempre troppo grande dolore! Ecco, credo questa sia la risposta al che cosa fa la peculiarità dell'amore del nostro cristo. Poiché esso ogni amore umano include, deve essere quella che esso è niente affatto esentato dall'angoscia, come può sentirla solo ogni vero umano amore di fronte all'estremo, la morte! Così si rivede abbandonato morente e teme possibile ancora solo postumo l'abbraccio della madre sua e nostra! Sì, io proprio con fiducia posso affermarlo, La pietà tua,o mio dio, mi sosterrà nel mio momento estremo, che avvertirai anche tuo, come finora “misericordia et veritas tua suscepuerunt me”! E io ormai prego anche per i miei detrattori, quelli che mi hanno preceduto nel tuo perdono, ma anche per i rimasti con me, buoni ladroni forse già divenuti, assistendo alla morte tua rinnovata in ogni morte, per ritrovarci tutti nel tuo cielo, così come padre Christian si augurava per chi inevitabile macchiato si sarebbe della morte sua!