domenica 8 maggio 2016

Una confessione dovuta


Io, che sempre parlar voglio del dio, sento che debba far conoscere qualcos'altro di me, ma anzitutto farne chiarezza a me stesso. Come, con quali parole sincere? Questa necessità imperiosa di sincerità mi fa capire quanto del dio io abbia bisogno e quanto col mio fare, il mio dire e scrivere, che nulla hanno dell'innocenza del bambino che ho cercato di rimanere pur tra tanti lupi, ma la cui mancanza però responsabile mi fa, al pari di loro, di questo mondo tanto inaffidabile, io in verità gli sia molto lontano. Perché? Io so di mentirgli almeno in parte, e che distante lo mantenga dall'anima, pur assetata di lui, da quando divenuta è ossessiva la preghiera di conservar al cuore il suo solo amore. Sì, son difficili da scovare le vere oneste parole che dir vorrei, pensandomi da lui ascoltato, complice quel connubio inestricabile di realtà e fantasia accesa, che fa di me il sé, l'anima, e più ancora quella sua parte che è il suo cuore, il sito dei fatti più riposti e celati, che appena s'apre con il dio, sperato sempre paziente a udirlo, e che forse nemmeno io stesso del tutto conosco! Sì tutto avverto mistero, soprattutto quello che ho dentro! Proverò allora! Come? Col ricordar queste lontane parole,
Notte di stelle cadenti, notte di desideri...Tu solo, Signore sai a quante stelle stanotte s’affideranno ingenui sospiri e quanti giovani sogni come queste cadranno! Bambino, i miei pensieri quell'estate erano per la piccola ospite della casa di fronte. Io non sapevo il perché delle bambine, ma quegli occhi neri, null'altro ricordo di lei, mi attraevano e m’arrampicavo sul muretto per sbirciare nel suo giardino, quando la strana cantilena dei suoi giochi sentivo...e me ne stavo appiccicato alla rete ed ella mi ignorava e io mai le dissi parola. Ma quell'estate finì e sul muretto un fiore trovai, così la seppi partita. Né più la rividi. Tu ne sai il destino. Tu ne sai i desideri che forse affidò a simili lacrime di fuoco in notti come questa...Ma vorrei che quegli occhi non avessero pianto mai.
La cantilena dei sogni di quell'estate vorrei ricordare, ma solo quegli occhi e null'altro di lei più so!

Ecco, se a me stesso spiegare dovessi l'attrazione per le donne della vita tutta, ricorrerei a parole simili alle riportate, scritte anni or sono sul mio blog. Ma, benché chi m'ascolta insieme al dio, forse si sforzi d'essere comprensivo delle ragioni che motivano l'apparente mio rimpianto, provando ad anticiparsele, solo il cuore lo è davvero, cioè può intuirle, il loro e il mio, e ingannarli non posso! Devo il vero a me, agli altri, al dio! Allora è al mio che chiedo, Ho davvero cercato la smarrita bambina in tutte le avvicinate donne della mia vita? Ci deve essere del vero! E una, occhi neri, c'è davvero stata, ma da lei mai palese il dono atteso, il suo bel fiore rimase a me celato... Poi una piccola donna è venuta, benché occhi neri non abbia, mi ha dato il fiore sperato, il cuore suo, senza esplicita richiesta e io col mio povero amore, ridivenuto d'incanto ingenuo, ho ricambiato la gratuità sua, e la spero tuttora ché la credo pure oggi vero innamorata nel profondo, con l'anima, che le suggerisce per me ancora il desiderato dell'oggi! Altro non voglio ricordare, sì, le sofferenze che pur le ho causato e che sicuro le causo ancora! Ecco quanto all'antica, rimastami a lungo solo sogno, dir vorrei, qualcosa di molto ingenuo sicuro, ma a lei, piccola rimastami nel cuore, adeguato, Al fine t'ho ritrovata, piccolo sogno di tarda estate! Ma capirebbe questa, sola sua immagine, sì, questa mia donna, se le ripetessi queste parole, in vero destinate proprio a lei e solo così a quella che ella anche significa per me, quelle che mi detta per lei, e così anche per l'altra, questo tanto provato e strano mio cuore? E le donne che tuttora avvicino, benché timido rimasto, quindi non senza intima difficoltà, capirebbero della ricerca mia interrotta e che cosa mi motiva oggi, all'apparenza continuandola? C'è una ragione sola, la paura di smarrire ancora il mio piccolo amore, pur fattosi concretezza! Ma perché questo simulare interesse per altre donne, che solo per me stesso deve avere senso, ma tutto da svelare, sì, il dover comportarmi come ancora a cercarlo stia, pur tenendo questo piccolo amore ben stretto, e sapendo infruttuosa sicuro una sua ricerca tardiva, se lo perdessi davvero ancora? Forse a me accade come a nevrotico, ai rituali suoi compulsivi spinto, cosciente dell'inutilità di gesti e parole che li accompagnano, eppure ossessivamente doverli ripetere! Ma se v'è del vero nel supporlo, deve esserci qualcos'altro ancora..., che? Sì, ben so che qui proprio, tra queste donne, che tanto comprensive all'apparenza paiono con chi, pur avanti negli anni, è con loro gentile, ormai non sarebbe più rintracciabile l'amore, qualora perduto. Ma dove allora? Solo forse tra speciali stelle, quelle che il cuore si finge, simili a quegli splendori che nelle notti serene si specchiano talvolta in questo nostro mare, chiuso da monti ma raro del tutto tranquillo. Così proprio mi diventerebbe il cuore, fattosi sereno, specchio rassegnato di metaforiche stelle, affetti, amori, preziosità smarrite! E allora io, che con la pace del rassegnato, che pur continua a vivere per ricordare amaro la felicità perduta, mai lo vorrei, dovendo allora ammettere irrimediabile la perdita dell'amore e la mia incapacità a trattenerlo, mi impegno in vaghezze fuori del mio giusto tempo, forse per mantener questo cuore se non lago agitato, sicuro increspato, e se non da carezzevole brezza, da ben altro vento, almeno fresco nel linguaggio del mare, col chiedermi, Che mi risponderà quella e da quell'altra che attendermi dovrò? Ma così sulla superficie sua il cielo, quello anche delle persone care svanite nei pungenti amari ricordi frammentari, che forse ad attendermi stanno là dove, al momento, paiono irraggiungibili, specchiarsi non potrà! Allora è così che esorcizzo, quasi come in un rito pagano, la paura di non essere ascoltato dal dio vero e dovermi rassegnare alla perdita di questo amore, ché tutto mi sembra voglia insidiarlo nonostante geloso lo custodisca, impegnandomi volutamente in cose che solo all'apparenza son del ben fare e dire e per cui pago certo uno scotto, quale? Sicuramente il rischio del ridicolo! Che fare è allora questo mio, che sembra impegnarmi poco o addirittura molto? Proprio quello che si esplicita nel dire incauto a quasi tutte le incontrate qualcosa sì di gentile, ma in fondo di inutile, se non sciocco, vago sempre, quasi volutamente mellifluo, come uscito da cuore sì innamorato, ma di donna non presente, custodita immagine nella mente, anzi nell'anima, o nel cuore di questa, e solo a lei ben rivolto, mentre io lo spreco, ché sicuro sarà poco o per nulla capito, quando non sgradito riesca, da animi non predisposti ad accoglierlo, dove, quando? Alla mia passeggiata, quasi giornaliera. Come sia meglio lasciar intendere a tutti quanto delle donne tutto, fisico e lor psicologia, mi attragga ancora, ma in fondo da conscio vanesio! Autentica solo un po' quest'attrazione, o forse più, quanto la vanità della millanteria che fatale l'accompagna!

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