Io,
che sempre parlar voglio del dio, sento che debba far conoscere
qualcos'altro di me, ma anzitutto farne chiarezza a me stesso. Come,
con quali parole sincere? Questa necessità imperiosa di sincerità
mi fa capire quanto del dio io abbia bisogno e quanto col mio fare,
il mio dire e scrivere, che nulla hanno dell'innocenza del bambino
che ho cercato di rimanere pur tra tanti lupi, ma la cui mancanza
però responsabile mi fa, al pari di loro, di questo mondo tanto
inaffidabile, io in verità gli sia molto lontano. Perché? Io so di
mentirgli almeno in parte, e che distante lo mantenga dall'anima, pur
assetata di lui, da quando divenuta è ossessiva la preghiera di
conservar al cuore il suo solo amore. Sì, son difficili da scovare
le vere oneste parole che dir vorrei, pensandomi da lui ascoltato,
complice quel connubio inestricabile di realtà e fantasia accesa,
che fa di me il sé, l'anima, e più ancora quella sua parte che è
il suo cuore, il sito dei fatti più riposti e celati, che appena
s'apre con il dio, sperato sempre paziente a udirlo, e che forse
nemmeno io stesso del tutto conosco! Sì tutto avverto mistero,
soprattutto quello che ho dentro! Proverò allora! Come? Col ricordar
queste lontane parole,
Notte
di stelle cadenti, notte di desideri...Tu solo, Signore sai a quante
stelle stanotte s’affideranno ingenui sospiri e quanti giovani
sogni come queste cadranno! Bambino, i miei pensieri quell'estate
erano per la piccola ospite della casa di fronte. Io non sapevo il
perché delle bambine, ma quegli occhi neri, null'altro ricordo di
lei, mi attraevano e m’arrampicavo sul muretto per sbirciare nel
suo giardino, quando la strana cantilena dei suoi giochi sentivo...e
me ne stavo appiccicato alla rete ed ella mi ignorava e io mai le
dissi parola. Ma quell'estate finì e sul muretto un fiore trovai,
così la seppi partita. Né più la rividi. Tu ne sai il destino. Tu
ne sai i desideri che forse affidò a simili lacrime di fuoco in
notti come questa...Ma vorrei che quegli occhi non avessero pianto
mai.
La cantilena dei sogni di quell'estate vorrei ricordare, ma solo quegli occhi e null'altro di lei più so!
La cantilena dei sogni di quell'estate vorrei ricordare, ma solo quegli occhi e null'altro di lei più so!
Ecco,
se a me stesso spiegare dovessi l'attrazione per le donne della vita
tutta, ricorrerei a parole simili alle riportate, scritte anni or
sono sul mio blog. Ma, benché chi m'ascolta insieme al dio, forse si
sforzi d'essere comprensivo delle ragioni che motivano l'apparente
mio rimpianto, provando ad anticiparsele, solo il cuore lo è
davvero, cioè può intuirle, il loro e il mio, e ingannarli non
posso! Devo il vero a me, agli altri, al dio! Allora è al mio che
chiedo, Ho davvero cercato la smarrita bambina in tutte le avvicinate
donne della mia vita? Ci deve essere del vero! E una, occhi neri, c'è
davvero stata, ma da lei mai palese il dono atteso, il suo bel fiore
rimase a me celato... Poi una piccola donna è venuta, benché occhi
neri non abbia, mi ha dato il fiore sperato, il cuore suo, senza
esplicita richiesta e io col mio povero amore, ridivenuto d'incanto
ingenuo, ho ricambiato la gratuità sua, e la spero tuttora ché la
credo pure oggi vero innamorata nel profondo, con l'anima, che le
suggerisce per me ancora il desiderato dell'oggi! Altro non voglio
ricordare, sì, le sofferenze che pur le ho causato e che sicuro le
causo ancora! Ecco quanto all'antica, rimastami a lungo solo sogno,
dir vorrei, qualcosa di molto ingenuo sicuro, ma a lei, piccola
rimastami nel cuore, adeguato, Al fine t'ho ritrovata, piccolo sogno
di tarda estate! Ma capirebbe questa, sola sua immagine, sì, questa
mia donna, se le ripetessi queste parole, in vero destinate proprio a
lei e solo così a quella che ella anche significa per me, quelle che
mi detta per lei, e così anche per l'altra, questo tanto provato e
strano mio cuore? E le donne che tuttora avvicino, benché timido
rimasto, quindi non senza intima difficoltà, capirebbero della
ricerca mia interrotta e che cosa mi motiva oggi, all'apparenza
continuandola? C'è una ragione sola, la paura di smarrire ancora il
mio piccolo amore, pur fattosi concretezza! Ma perché questo
simulare interesse per altre donne, che solo per me stesso deve avere
senso, ma tutto da svelare, sì, il dover comportarmi come ancora a
cercarlo stia, pur tenendo questo piccolo amore ben stretto, e
sapendo infruttuosa sicuro una sua ricerca tardiva, se lo perdessi
davvero ancora? Forse a me accade come a nevrotico, ai rituali suoi
compulsivi spinto, cosciente dell'inutilità di gesti e parole che li
accompagnano, eppure ossessivamente doverli ripetere! Ma se v'è del
vero nel supporlo, deve esserci qualcos'altro ancora..., che? Sì,
ben so che qui proprio, tra queste donne, che tanto comprensive
all'apparenza paiono con chi, pur avanti negli anni, è con loro
gentile, ormai non sarebbe più rintracciabile l'amore, qualora
perduto. Ma dove allora? Solo forse tra speciali stelle, quelle che
il cuore si finge, simili a quegli splendori che nelle notti serene
si specchiano talvolta in questo nostro mare, chiuso da monti ma
raro del tutto tranquillo. Così proprio mi diventerebbe il cuore,
fattosi sereno, specchio rassegnato di metaforiche stelle, affetti,
amori, preziosità smarrite! E allora io, che con la pace del
rassegnato, che pur continua a vivere per ricordare amaro la felicità
perduta, mai lo vorrei, dovendo allora ammettere irrimediabile la
perdita dell'amore e la mia incapacità a trattenerlo, mi impegno in
vaghezze fuori del mio giusto tempo, forse per mantener questo cuore se non
lago agitato, sicuro increspato, e se non da carezzevole brezza, da
ben altro vento, almeno fresco nel linguaggio del mare, col
chiedermi, Che mi risponderà quella e da quell'altra che attendermi
dovrò? Ma così sulla superficie sua il cielo, quello anche delle
persone care svanite nei pungenti amari ricordi frammentari, che
forse ad attendermi stanno là dove, al momento, paiono
irraggiungibili, specchiarsi non potrà! Allora è così che
esorcizzo, quasi come in un rito pagano, la paura di non essere
ascoltato dal dio vero e dovermi rassegnare alla perdita di questo
amore, ché tutto mi sembra voglia insidiarlo nonostante geloso lo
custodisca, impegnandomi volutamente in cose che solo all'apparenza
son del ben fare e dire e per cui pago certo uno scotto, quale?
Sicuramente il rischio del ridicolo! Che fare è allora questo mio,
che sembra impegnarmi poco o addirittura molto? Proprio quello che
si esplicita nel dire incauto a quasi tutte le incontrate qualcosa sì
di gentile, ma in fondo di inutile, se non sciocco, vago sempre,
quasi volutamente mellifluo, come uscito da cuore sì innamorato, ma
di donna non presente, custodita immagine nella mente, anzi
nell'anima, o nel cuore di questa, e solo a lei ben rivolto, mentre
io lo spreco, ché sicuro sarà poco o per nulla capito, quando non
sgradito riesca, da animi non predisposti ad accoglierlo, dove,
quando? Alla mia passeggiata, quasi giornaliera. Come sia meglio
lasciar intendere a tutti quanto delle donne tutto, fisico e lor
psicologia, mi attragga ancora, ma in fondo da conscio vanesio!
Autentica solo un po' quest'attrazione, o forse più, quanto la
vanità della millanteria che fatale l'accompagna!
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