Ritenere che il nuovo messia
dovesse essere come l'antico, ma non più un legislatore svelante la
volontà divina, ritenuta già tutta espressa, piuttosto un
vero liberatore dal nuovo giogo imposto dai romani, ritenuti solo
vessatori, presupponeva o una gran fede o una grande ingenuità di
tutto un popolo e dei suoi capi religiosi soprattutto. Ciò non è
verosimile. L'unico, cui taluni attribuivamo un carisma, che era da
pensare risultasse da un rapporto particolare di vero ascolto dal dio
di tutti loro e di vera intesa con lui, dal momento che ne chiedeva
l'ascolto con fiducia e sempre ne riceveva la risposta desiderata,
era un predicatore, banditore di un regno, sì forse erompente, ma
tutto o prevalente spirituale. Un liberatore sì , ma dal male personale, anche
fisico, ma soprattutto dell' anima! Quando lo si accusò
proditoriamente, ottenendone la condanna all'infamia della croce,
quel rapporto privilegiato parve spezzarsi. Il dio pareva non
ascoltarlo più! Sì, l'innocente parve del tutto abbandonato al suo
destino di morte atroce. In realtà non fu così, ma il privilegiato
d'un tempo non poteva saperlo, forse sperarlo nella fede sua mai
spenta. Doveva percepirsi come divenuto infimo nell'abbandono, la
sola evidenza! Perché? Gli veniva richiesta una fede più grande
della fino allora manifestata con l'amore struggente che aveva per i
suoi, perché col perdono domandato per tutti, i pagani pure, doveva
credere in un padre che lo avrebbe assecondato perfino in
quest'ultima richiesta, ridare la dignità perduta ai peccatori di
ogni infamia e alle loro vittime sotto ogni cielo. Ma v'era più
ancora, estendendo la richiesta agli ingiusti romani contro i giusti
come lui, e il popolo tutto credulone quando non ingannato dai suoi
capi, richiedeva che l'apparente indifferenza del dio per i
detrattori tutti e le loro vittime si svelasse come amore, finalmente
universale! Così il cristo a tutti diede la possibilità di
affrancarsi dal male e al dio suo la libertà dalle pretese del
popolo, che si riteneva il solo suo, con i suoi interpreti, i capi religiosi, agognanti un nuova
liberazione dagli attuali oppressori. Questi certo erravano ritenendosi di essere i
soli ad appartenergli col popolo di loro seguaci, ma soprattutto nel voler confinare l'amore, come ad essi solo dovuto! Ma
costringerlo in limiti non sarà mai possibile, perché sempre
saranno angusti, quando lo si tenti arginare e così fu allora con
l'illusione di popolo eletto dal dio a possedere le chiavi del suo
cuore. Mentre esso non può avere confini, ma deve pensarsi un fiume
che esonda, ma che non distrugge, coinvolge in uno stesso destino di
salvezza, quand'anche postuma! Così il cristo non solo restituì la
dignità di figli a quelli, anche indegni, del popolo suo, ma la
domandò perfino per i suoi persecutori e carnefici, i romani
ingiusti verso lui giusto, solo innocuo visionario ritenuto, ma che,
vili, lo condannarono per opportunità politica. Solo così però
permettendo al dio di aprirli alla consapevolezza del suo amore
ignorato, ma che era da sempre, certo di questa universalità il solo
cristo, ma anche lui solo dalla croce! E allora torna il concetto di
redenzione, perché tutti giacevano nell'ignoranza, brancolanti nel
buio che le credenze loro facevano nelle loro vite, ignari sia del
perdono possibile per tutti, sia dell'amore garantito a tutti,
indifferenti alle miserie umane gli dei, falsi e bugiardi, tranne il
vero dio! Ed io sempre chiederò, anche ammutolito da quello che qui
accade, a questo solo dio, Mostrami fin dove l'amore tuo può nelle
mie disgrazie!
Perché ormai forse pregherò
senza parole con ogni mio gesto, sperando di essere degno di
incontrare la piccola Fortuna, qui venuta novello cristo, vittima
della abituale violenza di un infame e gettata nel vuoto per aver
tentanto di resistergli! E nessuno degli omertosi, che sapevano di
tanto orrore, mai chiedere al vero dio dovrà, Dov'è l'inferno? Essi
lo hanno fatto qui e un piccolo cristo vi hanno fatto ancora morire,
inarticolato il grido suo!
Surrexit dominus vere!