Perché
il cristo è dovuto morire sulla croce dell'infamia radicale, da
innocente? Immaginiamo un uomo buono d'oggi, soggetto
all'ingratitudine di persone irriconoscenti del bene ricevuto. È
oggi tanto diversa la situazione di quella di quel lontano allora? C'
è forse oggi un limite al fin dove spingersi possono i detrattori e
la superficialità compiacente, o la malafede complice, quando non
vigliaccheria succube, di chi presta ascolto alla calunnia? Chi
ridarà a questa vittima della stessa generosità sua, che ha tentato
e concretizzato il bene per chi era nella necessità, richiedente
palese o muto, ma evidente bisognoso, la dignità perduta, che
l'inattesa risposta ingrata ha tanto avvilita, calpestata,
annientata, forse proditoriamente anche uccisa? E pensiamo a questi
infami, pur aiutati a riguadagnare la dignità perduta nel bisogno,
non solo incapaci di riconoscenza, ma detrattori del benefattore,
senza barlume di pentimento, chi ridarà loro la dignità di uomini?
Se non il perdono? E chi potrà chiederlo a chi potrà concederlo, se
non lo stesso offeso che da sé lo anticipa nel cuore suo pur tanto
provato? E non fece questo il cristo morente? Possono essere stati
molti i delusi da lui allora, perché era atteso un messia politico,
impegnato in una nuova azione del dio dei loro padri, affrancati
dalla schiavitù d'Egitto dall'antico suo messo, che liberasse quel
popolo dall'oppressione romana. Ma fu giustificata la ferocia con cui
lo si trattò? Non era in fondo che un re solo da burla, perché di
un regno assai poco credibile, di un mondo da venire, per un popolo
legato alle concretezze di questa vita! Allora forse solo un
sognatore, un benefattore però, un medico carismatico, ma
soprattutto un innocuo predicatore di un risibile mondo di solo
amore! Ma venne accusato dalla casta religiosa dominante di indurre
proprio quel popolo a sentirsi libero, sebbene soggiogato, con
pericolo di spegnere in esso ogni desiderio di rivalsa, nell'attesa
fiduciosa di quel regno auspicato, ma improbabile, proprio a chi? Ai
romani e alla loro pur vero oppressiva, ingiusta autorità! E questa
quelle insistenze vessatorie e calunniose assecondò, sicuro temendo
una sedizione, che forse già era paventata e opportuno si ritenne
non anticiparla, provocandola con sentenza assolutoria, pur giusta!
Allora pur sempre tanto ingiusta percepita dalla casta e dal suo
seguito di delusi nelle aspettative loro o di beneficati ingrati, si
fece giusta per solo quei mendaci accusatori e ne venne la condanna
al supplizio della croce perché l'innocente fu giudicato agitatore
pericoloso! E appeso a quella, morente, il cristo invocò anche per
tutti loro il perdono! Per il suo popolo che si sentiva vessato e
ricusato lo aveva, e quell'autorità resasi complice di un misfatto e
per quelli tutti che essa rappresentava, i dominatori anche di quel
mondo chiuso, come imprigionato nell'egoismo ottuso di razza
privilegiata. Ecco che fece il cristo con la morte sua! Indusse il
dio suo a sentirsi libero, aperto alla comprensione di tutti,
diventato solo allora il dio, che a tutti dà e attende da tutti.
Come? Con dover estendere a tutti, degni e indegni pure, l'amor suo,
avendolo il cristo nell'abbandono a quella morte, proprio a tutti
anticipato col perdono e invocato il dio suo, apparentemente
indifferente a quella estrema sofferenza, di concretizzare il suo
dono, affinché da allora molti di quei tutti ne sentissero
l'afflato. Proprio di quell'amore non più costretto a rimanere
limitato dai primi adepti, quei suoi, che avendolo avuto donato, ne
godevano gelosi! Da allora nella massima sua estensione, proprio col
dover perdonare tutti, gli ingrati stessi e gli altri sleali,
restituendo a tutti la dignità perduta o dovuta perdere nel bisogno
e nella negata riconoscenza, di uomini! Allora quel mondo tanto
lontano era diviso in oppressori e oppressi, ma tutti inconsapevoli
perché tali rimasti, di essere stati uniti in un solo amore, aperti
a uno stesso destino, dopo quella morte! Ma è diverso oggi? È
anche oggi così com'era questo mondo, diviso in gente che appena vi
sta in ristrettezze e insicurezza, e quelli che anche della povertà
loro vivono, ingiusti volutamente! Ecco, la storia si ripete, ma il
cristo dalla sua croce ripiantata invoca ancora per tutti il perdono!
E chi lo concede, ignorato, tutti affratella nell'amor suo! È
perdono dal dio, ora di tutti! Quindi il cristo non morì per
riscattarci dai nostri peccati, ma nonostante i nostri peccati ci
ridonò e ci ridona la dignità che sempre smarriamo!
E
così fa chi sa imitarlo, e chi veramente? Chi lo fa dalla sincerità
del suo cuore tanto vessato, come sia fiducioso di ritrovarsi, buon
ladrone, nel luogo del dio, proprio con chi l'uccide, ma che presto o
tardi morirà, trasformato però, divenuto come lui si sente, dal
cristo che muore ancora, anche di quella morte, di quell'abbandono!
Ricordate? Questa certezza è espressa nel testamento ritrovato, dal
priore della piccola comunità monastica in Algeria, annientata dai
ribelli, storia vera, magistralmente ricreata nel film, Uomini di
Dio! Lo studioso Nembrini ne ha ricordato la generosità fiduciosa
anche recentemente nelle lezioni sue su Dante!
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