giovedì 28 aprile 2016

La morte del cristo


Perché il cristo è dovuto morire sulla croce dell'infamia radicale, da innocente? Immaginiamo un uomo buono d'oggi, soggetto all'ingratitudine di persone irriconoscenti del bene ricevuto. È oggi tanto diversa la situazione di quella di quel lontano allora? C' è forse oggi un limite al fin dove spingersi possono i detrattori e la superficialità compiacente, o la malafede complice, quando non vigliaccheria succube, di chi presta ascolto alla calunnia? Chi ridarà a questa vittima della stessa generosità sua, che ha tentato e concretizzato il bene per chi era nella necessità, richiedente palese o muto, ma evidente bisognoso, la dignità perduta, che l'inattesa risposta ingrata ha tanto avvilita, calpestata, annientata, forse proditoriamente anche uccisa? E pensiamo a questi infami, pur aiutati a riguadagnare la dignità perduta nel bisogno, non solo incapaci di riconoscenza, ma detrattori del benefattore, senza barlume di pentimento, chi ridarà loro la dignità di uomini? Se non il perdono? E chi potrà chiederlo a chi potrà concederlo, se non lo stesso offeso che da sé lo anticipa nel cuore suo pur tanto provato? E non fece questo il cristo morente? Possono essere stati molti i delusi da lui allora, perché era atteso un messia politico, impegnato in una nuova azione del dio dei loro padri, affrancati dalla schiavitù d'Egitto dall'antico suo messo, che liberasse quel popolo dall'oppressione romana. Ma fu giustificata la ferocia con cui lo si trattò? Non era in fondo che un re solo da burla, perché di un regno assai poco credibile, di un mondo da venire, per un popolo legato alle concretezze di questa vita! Allora forse solo un sognatore, un benefattore però, un medico carismatico, ma soprattutto un innocuo predicatore di un risibile mondo di solo amore! Ma venne accusato dalla casta religiosa dominante di indurre proprio quel popolo a sentirsi libero, sebbene soggiogato, con pericolo di spegnere in esso ogni desiderio di rivalsa, nell'attesa fiduciosa di quel regno auspicato, ma improbabile, proprio a chi? Ai romani e alla loro pur vero oppressiva, ingiusta autorità! E questa quelle insistenze vessatorie e calunniose assecondò, sicuro temendo una sedizione, che forse già era paventata e opportuno si ritenne non anticiparla, provocandola con sentenza assolutoria, pur giusta! Allora pur sempre tanto ingiusta percepita dalla casta e dal suo seguito di delusi nelle aspettative loro o di beneficati ingrati, si fece giusta per solo quei mendaci accusatori e ne venne la condanna al supplizio della croce perché l'innocente fu giudicato agitatore pericoloso! E appeso a quella, morente, il cristo invocò anche per tutti loro il perdono! Per il suo popolo che si sentiva vessato e ricusato lo aveva, e quell'autorità resasi complice di un misfatto e per quelli tutti che essa rappresentava, i dominatori anche di quel mondo chiuso, come imprigionato nell'egoismo ottuso di razza privilegiata. Ecco che fece il cristo con la morte sua! Indusse il dio suo a sentirsi libero, aperto alla comprensione di tutti, diventato solo allora il dio, che a tutti dà e attende da tutti. Come? Con dover estendere a tutti, degni e indegni pure, l'amor suo, avendolo il cristo nell'abbandono a quella morte, proprio a tutti anticipato col perdono e invocato il dio suo, apparentemente indifferente a quella estrema sofferenza, di concretizzare il suo dono, affinché da allora molti di quei tutti ne sentissero l'afflato. Proprio di quell'amore non più costretto a rimanere limitato dai primi adepti, quei suoi, che avendolo avuto donato, ne godevano gelosi! Da allora nella massima sua estensione, proprio col dover perdonare tutti, gli ingrati stessi e gli altri sleali, restituendo a tutti la dignità perduta o dovuta perdere nel bisogno e nella negata riconoscenza, di uomini! Allora quel mondo tanto lontano era diviso in oppressori e oppressi, ma tutti inconsapevoli perché tali rimasti, di essere stati uniti in un solo amore, aperti a uno stesso destino, dopo quella morte! Ma è diverso oggi? È anche oggi così com'era questo mondo, diviso in gente che appena vi sta in ristrettezze e insicurezza, e quelli che anche della povertà loro vivono, ingiusti volutamente! Ecco, la storia si ripete, ma il cristo dalla sua croce ripiantata invoca ancora per tutti il perdono! E chi lo concede, ignorato, tutti affratella nell'amor suo! È perdono dal dio, ora di tutti! Quindi il cristo non morì per riscattarci dai nostri peccati, ma nonostante i nostri peccati ci ridonò e ci ridona la dignità che sempre smarriamo!

E così fa chi sa imitarlo, e chi veramente? Chi lo fa dalla sincerità del suo cuore tanto vessato, come sia fiducioso di ritrovarsi, buon ladrone, nel luogo del dio, proprio con chi l'uccide, ma che presto o tardi morirà, trasformato però, divenuto come lui si sente, dal cristo che muore ancora, anche di quella morte, di quell'abbandono! Ricordate? Questa certezza è espressa nel testamento ritrovato, dal priore della piccola comunità monastica in Algeria, annientata dai ribelli, storia vera, magistralmente ricreata nel film, Uomini di Dio! Lo studioso Nembrini ne ha ricordato la generosità fiduciosa anche recentemente nelle lezioni sue su Dante!

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