venerdì 28 giugno 2013

Un compito nuovo







Ecco, il padrone di questo mondo, meravigliato è rimasto, come smarrito, e ora indeciso, frastornato un po', va. Ha come un compito nuovo in questo mondo buio, eppure è simile, nell'incombenza triste, allo stesso di sempre, anzi proprio è quello di sempre. Ma, e non sa capacitarsene, questo ufficio suo ha un significato, un senso, come se nuovo e diverso sia, e,meraviglia, ora noto gli è. Ma non gli era più consono l'antico dalle motivazioni oscure? No, ché apparente cieco, becero, istintivo era, e forse se ne lamentava, ma più facile forse, ché si pensava di natura tanto ria, che naturale suo comportamento fosse che altri per lui soffrisse. Sì, più semplice gli pareva nel mondo passato. Com'era il suo mondo di ieri? Odio, guerre, come ora, come sempre, uomo contro uomo, gente contro gente. Ma tra le cose che parevano belle a una umanità che sperava senza speranza, una illusione diffusa, compenso a vita tanto grama, e resisterà nel pago, all'apparire della nuova fede, dov'era religione festosa. Era là un invito alla gioia, a farsi attore e spettatore a un tempo nel rito da viver tutto gioioso per attualizzare i bei miti antichi, che propiziassero messi abbondanti e amori generosi, da sempre necessità di felicità, anche se non per tutti. Oh quanti dei aveva allora il cielo, e per ogni giusta richiesta, lusingarli, propiziarli si doveva per goder dei favori loro, con cento preci e promesse, e rituali scrupolosi! Vivere a scanso di noie, fatiche, lottare per i primi posti e conservarli e ignorare il male e le vittime sue è umana aspirazione in ogni epoca. Ma dolce era, com'è, arrendersi a postulati come quelli d'Epicuro, sì, conveniente, suadente perfino la resa. Nulla temere e il male e la morte perfino! Si poteva, si doveva esser felici e gli sfortunati, poveri loro, meglio mai nati! E pur allora c'erano i pii che predilezione avevano per loro, i tanti vinti dal male, ma ne restava per lo più negletto l'esempio. Era una società ingiusta come e più di quella d'oggi, perché schiavista e crapulona, con gli aspetti beceri di sempre anche e più dilaganti. Sì, godere la vita finché essa favorevole si mostrasse, l'unico interesse e scopo, tentazione di sempre per l'umanità tutta. Obnubilata, contagiata anche la fantasia del popolo che si diceva e si dice eletto, e l'unico dio creduto, postulato era sì magnifico, ma signore tiranno e vendicativo, e per nulla d'amore e di perdono. Tu, nata dal cuore del dio, non eri ancora, e non sei tuttora, per la coscienza di tutti. Ma venisti col figlio tuo benedetto, per sovvertire il creduto certo. “ Diligite inimicos vestros” l'unico comando, in luogo dei tanti, la cui necessità per noi dal volere divino egli, il diletto, testimoniò e ne morì di croce. Ecco, non più per nascita o retto credo, ma gli scelti da allora sono, paradosso, dallo stesso male. E questi ancor meravigliato va per il mondo, non più per ottuso istinto, ma per comando! I sofferenti, i cenciosi, i derelitti, gli abbandonati, i malati, lebbrosi d'ogni epoca, i senza amore e voce, ecco chi sceglie, per farne i diletti del dio. E l'odio sempre diffuso, che fa desolata triste e scura la terra tutta, privandola di giorni vero radiosi, diventa in questo scenario, a farvi assurdo (sic!), opportunità, tirocinio, prologo perfino, d'amore. Perché? E' amore la sola risposta dovuta al nemico, al veleno suo, quello che spande a larghe mani perché un destino rio affossi l'odiato, e comandata dal dio, prima o poi si dovrà pur dare. E il male intanto va con l'opera sua, tenace come sempre, e solo nemici si fa, che poi amare dovrà? Sì, quando? Fatto daccapo angelo di luce di tutto dovrà pentirsi, ché l'amore sarà vincente e ora lo sa. Sì, amaro pentimento l'attende e null'altro, insieme agli strumenti suoi, le persone che stanno con lui e non dalla parte giusta. Tutto il mondo questo nostro dio buono ha fatto favola che volge al bene, nulla che non sia bello come è l'amore, prevarrà. Il male ha ingoiato il seme del suo disfacimento. E il dio stesso è venuto a dircelo e prima nuova sua vittima è divenuto lui stesso, e tu con lui accorata, immolata sulla stessa croce, redentrice con lui! O vera madre di tutti, vera speranza, vera dolcezza, vero amore! Oh quanto assurde sono le distinzioni per razza, nascita, credo, costume! Ecco ancora c'è chi fa servizio per l'apparente tiranno, povero malato invece e incurabile del tarlo suo, uno, come le vittime sue, di cui aver pena. Questi lo sa e forse ne è contento, ché ora quel che fa ha un senso, uno scopo, è un servizio addirittura, reso al dio! E sa perché è accaduto, egli uccidendo il dio suo, nemico gli s'è fatto, quindi oggetto d'amore e tenuto a risposta d'amore. S'è gabbato da sé. E' favola? Sì, il mio parlare è fabuloso, ma racconto di te, del dio, e a me piacciono i vostri miti che sotto veste suadente il vero dicono, ché bambino per te mi son fatto, e mi chiedo. Quando è accaduto, duemila anni fa o prima, ai primordi addirittura, o accade ora? E' accaduto, accade, sì, l'inaudito! Quello che è stato, voi qui presenti, ha dato un senso a quello che è da sempre, il male, e che sarà, e ne ha fornito il perché. Il bene è il solo interesse per il dio e lui perfino, l'angelo ribelle, è nel progetto suo di salvezza! Sì, chi lo segue dovrà scuotersi dalla sua suggestione. Amarissimo il pentimento sarà come in un inferno, più di questo nostro, sebbene altrettanto provvisorio, ben così postulava Origène! Batte la misericordia del vero dio l'ali sue per il cielo su questa terra chino, che è pur sempre terra amara ma, meraviglia, le favole antiche vi sono tornate! Sì, sempre tutte di gioia, ora nessuno più escludono e risposta d'amore per tutti hanno. Tutti destinati alla gioia! Sono tutte e si son fatte un solo mito. L'amore non distingue, non investiga, non parla di meriti e di colpe, non giudica più col metro antico, è solo tenero amore di madre, il tuo, dolce signora del cielo! Tutto è passato, decrepito sebbene non trascorso, ma il giudizio è già ora, il figlio tuo te l'ha affidato, ché vuole sia solo un giudizio d'amore! E altra che trabocchi tutta d'amore non ha!





O tenero, tenero amore, scendi, entraci nel cuore, disfalo, facci morire di te! Ecco ci troverai rannicchiati, fredde queste notti di prima estate, forse abbracciati, alitaci e dacci la pace!

mercoledì 26 giugno 2013

Il nome suo, uno nuovo per te














Sai qual'è d'oggi la mia scoperta amara? Non saper di che campare senza te. E tu mi dici, Ma non t'ho dato compagna dolce? “Aio tibi”, sì ti rispondo, ma ell'è tanto satura delle angosce mie che ne resta turbata e ne piange, e io più nasconderne di nuove non so. Anzi parole più dure le dico di quelle che pur pronunciare non vorrei, e meglio sarebbe che ella ne leggesse di più blande dal cuore, come se tu per lei nascosto non me l'avessi! E come campar posso se non so conservare nemmeno quest'amore? Fitto è il mistero delle cose tutte, insoluto, e brutto mi fa il mondo e io lottarlo più non posso, sceme le forze, e tanto disperato ne sono che cose altrettanto brutte a lei proprio dico. Inventarti devi qualcosa al soccorso suo e mio. Ma forse tu già lo fai se dopo il turbamento che causato le ho, tanta tenerezza ho per lei, e la prendo da te, ché nelle cure tue l'hai, e l'anima mi s'affanna dentro di rimorso per le parole incaute, che sfuggite or ora mi sono. Ella è la tua piccola luce per noi, sì, è tutta qui, fioca in troppo buio, e incerta, tremula di più l'ho fatta, e ora ne ho pena. Ma sai che fa? Mi sorride! Come resistere voglia al mio alitare, divenuto oggi un soffiarle contro, e ai maldestri tentativi riparatori, e così più vivida si fa, più ancora del suo bruciando generosa, e ne resta deliziata la pupilla mia, immeritevole. E ti dico, Ecco tutti i nomi che so, sfarfallii incerti si son fatti sull'onda del tempo, oh quanti ne ho perduti, di persone care e buone! Immacolato il solo brillio suo resiste sull'acqua torbida dell'esistenza, riverbero da un sole costante mantenuto, e sei tu a volerlo! E tanto soave m'è labbreggiarlo che presto evado dall'asprezza dell'ora e le incaute mie affermazioni, che pur triste l'hanno resa, scordo. E' il solo che pronunciar voglio, lo gusto avido di novella gioia, di palpito in palpito d'amore e con quello ti chiamo, il tuo vero non sapendo. E' la mia preghiera più breve e la balbetto su labbra aride, ché più parole non sanno che ti sappiano tradurre i gemiti di questo cuore. Ma se è vero che il nome tuo è di vittoria su ogni male, che è nome di vita sulla nostra morte, e che è anche nome che è tutto sulla pochezza mia, allora nessun'altro ti può convenir meglio, giacché surrogarlo devo e questa donna è il mio tutto. Ecco lo grido, Eli, Eli! Ed ella accorre allarmata! Non sa che chiamato ho te e ora so che così sollecita sempre mi rispondi, e dirmi forse vuoi che più vicina per ora essermi non puoi. E la rassicuro e lei abbracciarmi vuole, allora pur senza altre parole a te dico che miracolo più bello non v'è. Sono finalmente certo di te, ho fede, certezza cioè, che non solo sei, ma stai qui per me proprio. Ché tu aliti sul mio viso col respiro suo, e so che questo tuo nuovo nome, mo mo inventato e urlato, tu accetti per vero tuo, ché venuta sei, accorsa premurosa alla disperazione mia. E, tenendoti stretta, v'è luce, forza nuova su questo mio mondo buio in cui rassegnato e rannicchiato vivevo finora, e lo fecondi della tua vita e gioia, sol questo tuo nome nuovo pronunciando.

sabato 22 giugno 2013

L'amore eroico







Ineffabile il mistero suo. L'amore nell'oggi avaro si protende nel domani, allarga l'orizzonte suo per insopprimibile impulso a nuove possibilità, per l'appagamento suo, negato. Ecco la bella, splendida nella concretezza sua, è nel presente e vi fa ebbrezza di speranza. Ma il tempo, che promette tanto, è pure impietoso e corre, e sta per farla fremito di ricordo, palpito di nostalgia, perché la sfumerà, forse passando ella ad altro interesse, attratta come falena da altro luccichio, ché la vita le urge e attese lunghe non le consente. Sì, impercettibile l'amore sta per perdere futuro, sta per essere solo stato, trascorso. E allora? Per uscir di tristezza e amarla ancora lo sfortunato amerà il passato, ché la vita ha preso il suo bene e più non l'ha ridato. Sì, al povero innamorato non resta che ricordare e sperare. Ma che? Che sia possibile vivere l'oggi come fosse quello di ieri e via via a ritroso fino al tempo dei primi sospiri, e credere sarà quello di domani. Ma ecco il miracolo del tempo, che pur sa essere buon medico, non più nel turbamento, nell'ansia di star per perdere la bella, ma nella contenuta, malinconica un po', serenità di poterla credere felice. Sì, non più l'ansia dell'incertezza nell'attesa, ma il sereno piccolo gaudio che qualcuno abbia vicariato il proprio amore, consentendo così di raggiungerla al fine. Vivere così un'ebbrezza nuova, uno stordimento d'amore ancora, contenuto, triste ma solo un po', nella tranquilla pacatezza dell'andato a buon fine, del comunque risolto in bene. Ora questo è l'amore umano, forse un suo aspetto eroico. Ecco, non credi che di simile accada nell'amore con te? Dolce la speranza che il domani ti porti vicina, e l'ansia di vederti e averti tra le braccia sprona a viver questa vita di lontananza e questa tutta passa. Tanto ci ha preso questo sogno che in fretta tutto è passato. Abbiamo sperato, abbiamo sospirato bevendo come dolce ogni amarezza, qualcuno ci ha amato, molti ci hanno tradito e ci siamo occupati, abbiamo lavorato, prodotto, progredito, migliorato, ma tu lontana sei rimasta. Ecco la tranquilla pacatezza di questa ultima età, tutti bianchi i capelli del nostro amore terreno e prime rughe sul suo bel viso e quanto amarla vorremmo ancora, ché di te ci parli, ci illuda ancora che le parole sue siano le tue! Ecco i ricordi dell'innamoramento mio di lei, sono tuoi anche, ché il nostro a quello assimilarsi vuole, le esperienze passate tutte quello riassumendo, le belle, le tristi e deludenti anche. Ecco io ricordo e spero, e che? Vivo nell'oggi. E' l'oggi di ieri, fino a quello dei primi approcci, anzi è quello dei sospiri, è l'oggi del domani vicino, quello che qui ci resta, e lontano, quello sperato alle tue stelle. Vivo la contenuta felicità che t'abbia già qui in questa donna, dio nascosto. E spero che l'ora scura della prova che più non l'abbia, risparmiata mi sia. Sono pur vecchio, ma una giovinezza nuova agita l'anima mia ed esubera la speranza mia. Sì, io t'ho raggiunto, t'ho amato in questo piccolo amore vicario. E poi sia quel che vuol essere pronto sono anche al nulla, ho vissuto un amore eroico. Perché? Può essere stato solo un surrogato illusorio. Ma è simile a quello di chi, felice un po', vuol pensare l'antica bella sua felice anch'ella, e poi scopre, e gli fa meraviglia, che questo poterlo sperare fa, ha permesso, la felicità, che causa non è della speranza del bene che vuole la sua bella coinvolta, ma l'effetto! Ecco il mistero dell'amore, che chiamato ho eroico, e chi se non tu dentro l'ha messo a ciascuno. Perché? Anche sperarti in una felicità inaccessibile al momento, fa, consente la felicità di qui. E' così davvero per me! Io qui la celeste tua ho pregustata e so che il limitato, il finito, l'appena, mai soddisfa l'anima mia. Essa agogna te, e sarà che vero t'avrò, anzi che già t'ho. Perché altrimenti questa donna proprio hai voluto darmi? Ella è concreta, sta in questo presente e la sua gioia fa la mia! Come? Sì, dico intanto, o t'ha raggiunto quest'amore o non c'è che il nulla, e sia, non lo temo più! E poi che dire della gioia mia, ché l'ho? Affannosamente t'ho cercata in ogni dove, tra penombra e penombra, sfarfallii soltanto... Ecco, ride la luce nell'aria mattutina, è sveglia questa donna, le brilla di felicità, no, anche o solo di speranza, la pupilla, la stessa che fa gioia mia! Ecco perché so che illusoria non è, mi viene dalla stessa sua speranza! E ti dico, Sono nato per la felicità, sono nato per questa donna, sono nato per te!

giovedì 20 giugno 2013

Dolcezza dell’illusione d’amore







Uccelletto v’è in questo giardino che canta di mattino e al tramonto e sempre si lascia ondeggiare alla brezza su un esile ramo di questo falso pepe. Ché lo fa? Non è forse già tutto accaduto tra lui e la compagna, certo ammaliata da tempo da tanta armonia? E forse ella muta è alla cova intenta o già ai suoi nati provvede, mentre il cantore è apparente perdigiorno e solo a deliziare anime estasiate si occupa. E sei tu che me lo hai fatto notare, colpita dalle tante variazioni del canto suo, e io il nome della specie sua non ho saputo dirti. Ma ora ti chiedo, Non faccio forse di simile per te, ché le parole mie tante d’amore ti dico e non è già tutto accaduto, sebbene niente sia trascorso? Fin qui regge la metafora, ma io posso dirti perché lo faccio. L’amore non è mai scontato, va rinnovato e le parole sue, se non cantate, vanno sussurrate, ché se ne nutra il cuore. Ma c’è dell’altro tra noi. Io non vedo altro modo di dir del mio a quella del cielo, ché sente ella per te, perché tu dentro l’hai. La mia preghiera devota è continua, ma resta monologo, mentre se dico d’amore a te, è dialogo col cuore tuo che il suo, geloso nasconde. Ecco, tu ragioni d’amore con me da anni e non ti stanchi. Anzi non vuoi che nulla accada delle possibili concretezze d’amore senza le premesse loro. E sono tante! E io mi faccio come quest’uccellino che forse mendica amore col canto suo appassionato. Ma tu mi dai di più ancora, tutta una risposta di parole che di per sé imparadisano. E allora so che mi dai l’opportunità che inizino qui i miei approcci d’amore con quella del cielo. Non mi accadrà mai più nulla di simile. Dolci i conversari tuoi con lei tra le sue stelle e io bearmi potrò della vista di due gemme che mi si vogliono incastonare nel cuore. Oh quanto lungo è questo prologo d’amore! Ma ha una dolcezza che mai si ripeterà, ché qui ora impreziosita è dall’incertezza sua. E’ come nell’innamoramento, la bella che ci fa sospirare vero sospira anch’ella? Ed è perfino dolce abbandonarsi al dubbio, ché a quello che si vive dà il sapore d’una favola. Allora l’esito sperato e anticipato fa dolcezza, mentre la vera gioia non sarà altrettanto delicata, anzi irromperà a sogno potuto finalmente vivere nella concretezza. Molti anzi teorizzato hanno che la vera felicità consiste nell’attesa di un bene. E v’è del vero! Ecco allora mi chiedo, E’ sincero l’amor tuo? Ne ho fiducia e questo un po’ di certezza dà a quello che spero da lei. Sì, amore per noi e tutti e non il nulla dopo le apparenze e le illusioni, anche benefiche come quelle d’amore, di questa vita. E io sto a sospirare e sperare l’amor suo, come quando ragazzo il tuo desideravo, non sapendo come raggiungerti. Sai ho spesso sognato di essere bambino con te e non era la bionda occhi cerulei, ma tu bruna occhi di cielo, a correre con me nei campi. Vorrei un’altra vita perché la stessa età abbia il nostro amore. E se t’amo come un bambino, posso sognarlo, sperarlo. Le favole sono per loro soltanto, e loro sono capaci di entrarci dentro e viverle. Sì, in quest’amore ho la stessa ingenuità, la stessa immediatezza, senza veruno infingimento, di un bambino. E bambino amo la bella del cielo. Sono un libro di favole, chiaro, aperto, ma il tuo cuore sigillato è come quello di ogni donna, e forse solo mi illudi della bella del cielo. Ma ecco mi torna la dolcezza dell’incertezza, m’illudo di te, m’illudo di lei e questa illusione fa la preziosità e la unicità di quest’amore. E credimi, è dolce morire così, sì, lasciami andare alle sue stelle!

martedì 18 giugno 2013

Due rappresentazioni d'uno stesso amore











Di cera nera t'ho fatto e da anni ormai pendi sulla croce appesa a questa parete bianca. Ti guardo a volte e sei tutto un dolore. Il capo reclinato e aperta la bocca nel respiro bolso dell'agonia. Sembri voler gridare l'ultimo atroce dolore, ché ti si spezza il cuore. Ma c'è un altro cristo tutto nero dipinto da mio padre. Scende il tramonto e proprio tutto nero il cielo si fa sopra la falce rossa dell'orizzonte. Non ti rappresenta sulla croce, ma sereno sei come parlando ai tuoi. E' forse la sera degli addii, quella della cattura, e tu, rassegnato al tuo destino, guardi teneramente chi l'icona ammira. Credo siano modi diversi di rappresentare lo stesso amore. Io so perché t'ho fatto nero. Il nero ogni luce trattiene e non rimanda alcun colore, così tu di ogni sofferenza t'appropri dalla croce tua novella sempre ripiantata.





Mai ho invece chiesto a mio padre perché t'abbia dipinto nero, e io forse ho solo tentato, con l'inquietante mia rappresentazione, risolvere l'enigma di quella sua visione triste e serena a un tempo. Ma penso a un tuo messaggio attraverso l'opera sua e io non l'ho capito finora. Forse è per questo che non so come amarti, ché non ho colmato, nonostante il bene, lo iato di incomprensione, che sempre c'è tra padre e figlio. Sai, mi hanno detto che medico c'è dell'età mia che cerca di curare i tuoi malati e trova il tempo per servire alla mensa dei tuoi poveri. Ben fortunata l'amica di quella signora, che mi ha narrato questa edificante storia, ché amata è da un uomo così, ed ella, apprezzando il mio commento, ha definito lui similmente fortunato d'esser capito dalla donna sua. Io avrei analoga comprensione, ma non ho la stessa volontà e coraggio, e forse la bontà di questa mia donna uomo simile meriterebbe e io non so esserlo. Io mi sono ritirato nel guscio della malattia mia, vera, ma anche amplificata inconsciamente. Ma tua madre m'ama nonostante la palese mediocrità mia, come questa femmina ostinata che più ancora dice d'amarmi avendo toccato i limiti angusti della mente mia con le angosce sue. E la donna celeste pure, ché meglio mi sa, e io so così che è rimasta come qui è stata con te, discreta nel suo starti vicina, quasi nascosta, per amare gente come me, piccola donna con chi piccolo, insignificante è o vuol essere. Sì, la mia sofferenza è anche fisica, ma psicologica sopratutto e il simbolo della condizione mia non è il mio cristo nero, ma quello dipinto. Prevede il destino suo imminente, è triste per i suoi che dovrà lasciare e sente di amarli all'inverosimile. Sì ora lo so, nero è per sorbire ogni umana pena che da mente malata più che dal soma fuori venga. E dall'icona tua raccogli ansia e rimandi serenità, e certo tu un giorno mi dirai, Ero nella tristezza tua, ero nella angoscia tua, mia ho fatto la disperazione tua! Sì, ti carichi della soma mia, la rendi un po' meno penosa..., e ora so che fare, prenderò su me un po' di quello che t'angustia nella mia rappresentazione dell'amor tuo! Sì un po' solo, come me lo consentirà la condizione mia che mutar non vuole, sarà il modo mio d'amarti!

domenica 16 giugno 2013

Amore di donna, questa







Ben si dice che il passato è passato per sempre, trascorso. Eppure quelle cose, che l'hanno fatto, piccole o grandi, paiono di appena ieri o poco fa, tanto la mente vivide le conserva. E poi volti, parole di quei volti, il suono di quelle, sorrisi, occhi, il brillio loro, quelli di vere donne incontrate o solo sognate. Le ho amate, le ho inventate ché tacesse cuore inappagato, o solo confabulate le loro storie un po', io più non so, importa? Ma da chi se non da questa ho appreso l'amore? S'impara? Forse sì, se vero saper m'ha fatto che amarsi è scambiarsi dolcezza. E molta per la poca mia me ne ha data e dà generosa, e quando le sono lontano mi basta una sua parola, una qualsiasi, tanto dolce m'è la voce sua, a placarmi questo cuore ribelle! Sì, brucia così l'ultima vita mia e alla piccola fiamma di quest'amore. Ed è bello il bene che ne viene, suggestivo, caldo, luminoso in troppo buio e gelo. Ma il male non s'attenua, ma ritirarsi di vergogna dovrà per tanta inutile ostinazione a vincerlo, quando esso, tenero piccolo amore, nel tuo continuerà. E' ormai breve l'attesa!


E dono m'hai fatto della bellezza tua, ma più che nei sogni tanti, perché questa donna fa che ti veda. Ma non è che sia illusione soltanto? Non scrive forse la sua storia quest'amore in un libro fuori del tempo, non con parole, ma con i sospiri che le accompagnano? E ciò che accade, perché amore lo vuole, non s'imprime in una cera che lui solo sa far molle? Sì, è il cuore tuo! E ogni altra cosa è apparenza e fa noia! Ma in me due tendenze, forme di bene e male, e lottano nella mia anima per contendersi quest'amore. La prima l'esalta, ché fiducia, anzi certezza di te ne viene, l'altra vuole divorarlo ché più non menta, ché quello che mantenere non potrà, suggerisce, sì qualcosa oltre il nulla che questo buio ormai per me chiama. Ma quello che così conteso è, è solo amore di donna, semplicemente sente di poter essere ed è. E' come fiore che sboccia non appena minimo favore lo consenta. Nulla l'alimenta, non consuma che di sé. Fa come candela che ardendo dà luce e calore, tutto del suo spendendo fino a morirne. E lo fa per me! Sì, non vuole troppo, del mio poco si contenta e se è vero che mi suscita affanno, pure sa di consolarlo. Null'altro vuole, vive per me, è per l'oggi, per l'attimo anzi, ché in quello sa di vincere tutto, la morte pure. Non so se più grande miracolo per me potessi, ma sicuro è tua risposta a chi alita i sospiri suoi nel tuo cuore o almeno lo crede, e ne ha vanto.




giovedì 13 giugno 2013

Bisognoso d'amore



Giova se dico di me, di noi? Forse, ma a chi ha storia analoga e speranza.


Troppe le domande, e forse tutte non senso, della mia vita! Così sto ancora a chiedermi se mai finirà il male, senza che sparisca il suo antagonista, il bene.





Necessari entrambi perché si capisca la differenza e l'uno si aborrisca e l'altro si invochi. E' lunga la strada per il bene, contrastata, insidiata da quello che con linguaggio mitico chiamiamo diavolo. Non si sa dir proprio dove s'annidi, e quando, come attuerà la minaccia sua di una vita peggiore qui. Ma se c'è, è ovunque e più ancora, presente in chi tenta una vita morale. Da dove, se non dall'uomo, invidia e odio? C'è sempre qualcosa che lo concretizza, contrasti, dolori, miseria vissuta, e che fa la cronaca individuale dolorosa fino a far tutta una storia di pianto. Così la mia. Ma ha una positività il male, ché invita all'umiltà. E io, che l'ho toccato fin da bambino, mi son fatto umile, ma non vedo meglio le cose tutte del mio mondo, anzi vorrei non vederne più, né sentire. Credo che l'insistenza sua mi farà perdere persino la dignità residua dopo tante lotte perdute, ché viene quello che prepara, il tempo del bisogno nell'indifferenza. Vi avvertirò l'umanità mia calpestata e mi si esporrà all'assurdo di dover vivere, poco spero, nella precarietà, nella malattia, nell'abbandono. E nel tuo silenzio, silenzio del dio, sempre! E sarà inutile chiedersi se quello che capiterà sarà per poco o per più e sopportabile, sarà! Forse nessun rifugio per il mio cuore deluso, nessuna comprensione per la mia mente stanca, né per la mia storia troverò qualcuno che l'ascolti, abbandonato! Già non so più perché certe cose m'accadano, non so prevedere, non so provvedere. Tutto vuol farsi doloroso e così stupirmi come fosse novità, e mi fa ansia, che vuol farsi angoscia. E mi chiedo, E' a qualcuno di utilità il male? Oh quanto vorrei che non fosse vero e l'uomo pronto alla comprensione, al compatimento, alla solidarietà, sempre! Sì tutto pare stupirmi doloroso, troppo di un tono solo e triste questa mia vita ultima e sono confuso come mai prima. Sono forse sì un tuo soldato, ma sconfitto, ché la fede mi vacilla. Ha proprio già vinto il male? A volte davvero mi sento solo come talvolta resta orma solitaria sulla battigia e l'onda ritorna e sempre la risparmia. Ma questa donna non fugge da me, allora credo tu nemmeno! Oh dolce illusione, che viene, consola un po' e va come le altre cose, sfugge anche se non fugge! E mi chiedo che cosa faccia ancora la mia dignità, o non sia già decaduto al rango di cosa, oggetto esposto al capriccio del male o di chi lo governa. Oh quanto entrar vorrei in cuore di donna, questa, o tornare in utero di madre e non venirne più fuori! Ricordi quando bambino mi scaldavo le mani nella nostra gelida soffitta al calore d'una candela? Ho daccapo bisogno di un piccolo calore, ma per scaldarmi il cuore! Ho bisogno d'amore, sì di questa donna, di te!

martedì 11 giugno 2013

Se tu...







Se tu costassi solo sospiri, tanti me ne sono per te sfuggiti che comprato t'avrei il cuore. Ecco direi così se parolaio d'amore fossi ancora per carpirti attenzione, ma al vento scemati sono i miei pensieri più belli o forse a questa donna li ho detti tutti, sperando fosse a lei più facile trasmetterteli, e più serbati nel cuore non ne ho. Passato è appena tutto un giorno radioso, tramonto è ormai e insonne aspetterei pregando che novella aurora sappia aver ragione del buio e tutto incolori, ma più farlo non so efficace, nemmeno per questo piccolo amore. E invano attenderei l'alba che mi sbocci nel cuore un fiore degno di questa donna, che l'inebri come fuori fa primavera con le essenze sue odorate. Perché ti sei fatta a me indifferente e più non ti muovono lacrime di smarrito e gemiti d'abbandonato? Devo aver peccato e questo fa in me amarezza fonda. Ma quando e perché e come e con chi? Io più nemmeno oso pronunciare il tuo nome santo. Nome di vittoria su questo male che mi insidia e tutto prendermi vuole, nome che è vita per noi minimi a questo mondo, nome con cui angeli solo son degni di chiamarti, nome che la natura tutta affascina e consola! Nome che forse vero io più non so! Ma qualcosa pur attende questo cuore, un cenno, un piccolo cenno che gli dica che tu degno lo hai fatto di vincere il male. E intanto non sa dire che non senso e dice di pregare per chi sa in angustie e a lui s'affida credendolo famiglio tuo. Sì, solo pietà mi spinge a dir sì a simili richieste d'aiuto che nemmeno so trasmetterti e solo parole dico, parole che non sanno penetrare l'indifferenza di queste cose smaglianti a primavera. Quando permetterai che buchino il cielo per raggiungere il cuore tuo? Non ho forse comprato davvero il cuore tuo coi miei sospiri tutto spendendo per acquistare questa perla di prato? Perché hai permesso la trovassi, qui in cui tutto mi fa ora deserto eppure canta e odora serenità e gioia?

domenica 9 giugno 2013

Cuori in tumulto







Forse la nostra storia ore più belle non ha, se perdermi posso a cercarti negli occhi di questa donna. Sono momenti d'oblio in questi mattini turgidi di aurore serene a primavera, ché balenar paiono felicità le cose tutte... Certo non è tempo perduto, sottratto all'amor nostro. Eppure io non ti vedo e tu non mi parli, ché trascorsi son tutti i sogni recenti. Che ne è più di quel parlarci amoroso con l'aria che tutta ne tremava, trepidante amore, come noi innamorati? Nulla conservo, né la bellezza tua cerea nell'abito tuo bianco neve, né la soavità della voce tua. Quando tornerai? Vestita d'umiltà è la preghiera mia. Non sono più il miniatore, che le frasi sue d'amore cesella di preziosità letterarie, ma t'amo e m'esprimo nella semplicità, e se le mie parole sono di comune umanità, solo sincere, accorate vogliono essere, lacrimose un po', ma nel chiuso del cuore senza esteriorità. Sai che spero? Che nel mio cuore in tumulto tu spiri primavera come or fai sulla terra tutta a farne ridere natura, ché così per lui sia la pace. Ma or questa donna mi chiede, Ché tristezza hai? Io negherei se non fosse che ella sa leggermi dentro, ma poi ecco, al suo sorriso son di nuovo sereno, e guardo a questo mio mondo che ella sa farmi da favola. E ora mi conduce nel suo giardino. Erbe, fiori odorosi, alberi nuovo vestiti...E canoro è tutt'intorno questo universo di uccelletti innamorati e tutto sembra nato or ora con vividi colori di cento essenze per il nostro godimento d'amore. Insiste petulante il gattino con le richieste del suo cibo preferito e le gallinelle, che certo uovo novello han deposto, ora cantano pure esse il loro verso...E' un mondo incantato e vero nulla cerco di più. Eppure mi manchi! E ora sincero lodo la donna mia per la cura accorta alle pianticelle sue, verdure, pomodori..., e chiederle voglio che compito m'affiderà al ritorno dalla passeggiata. E lei che la tristezza mia sospetta terrena, permette l'aiuti con uno facile, che mi distragga dall'attenzione sospirosa alla bella del momento. Sospetta e le fa tumulto il cuore! E così vuol chiedermi accorata se lei solo ami. Devo dirle che anche te ho nel cuore. Allora il suo bel capo china sul mio petto e chiude gli occhi, vuole le anticipi il bacio dell'arrivederci...Forse è felice, sa che solo per lei amarti posso!

giovedì 6 giugno 2013

Elogio della vita a due







E' proprio vero che l'amore ad ogni età manda in solluchero e disperde nella felicità i pensieri. E quanti averne vorrei così dispersi! Mentre la carenza, che fa sempre solitudine, li raccoglie in monotematica tristezza. Microcosmo più disperato ne diventa l'uomo, ma occorrerà non rassegnarsi al deludente vissuto, in cui il male più s'avverte spavaldo, e cercare un particolare tu per creare un mondo di due, che tenti la felicità. Sì, quando non conforta la prossimità dell'altro, di quel certo tu, la propria umanità si fa misera e lacrime dentro s'avvertono, anche se di rado vengono fuori. Solo l'amore può divorare il male, lo può allontanare esorcizzandolo per fugarne le conseguenze di dolore e morte, e aprire alla speranza di un mare luminoso oltre il tempo e la tristezza di questo mondo. E' certo sogno, è favola, ma amore vivere fa anche questa favola d'attesa se ad esso ci si arrende, ché vinti se ne vuol essere nell'oblio del presente altrimenti prosaico e sopratutto del passato con la solitudine sua. E davvero un cuore nuovo allora si ha e l'anima ogni giorno si ridesta piena di meraviglia alla vita, che gli occhi finalmente vedono bella un po' nonostante le cose buie e tristi pur sempre presenti. Sì, l'amore completa il proprio sé con l'umanità dell'altro e gli dà forza e sicurezza, voglia di stare, di correre, voglia di luce, di vita appunto e minimizza ciò che gli ruba gioia. E l'anelito al bene, al buono, al bello può diventare sospiro infaticato che la morte non divorerà, se diviene preghiera proprio attraverso l'amore. Tu non lo consentirai! Perché è la bontà che l'amore esalta se v'è in nuce, la custodisce, la conforta, la nutre di sé per accrescerla e donarla all'altro, un dono che non muore! Così tu, che buona sei quanto bella, ne fai segno di superiorità e predilezione tra noi, almeno tra quelli che ti sospirano e così intenderla possono. Sì, si è di più per te se l'amore ha esaltato la bontà sopita, l'ha dischiusa per farne ragione di vita, facendola traboccare, ché, scambiata, comune ricchezza diventi, una cosa che vanto dà, ché a te gradita è! Ecco in due apparentemente più ossessionati si è dalle cure temporali, e certo non ci si annoia, né spesso è un facile stare, tanti gli intoppi della vita a due!, ma non solo le cose di qui, perfino le cose eterne, se dall'amore che fa l'unione si parte, appaiono più vicine, da quasi toccarle. Sì, si vede tutto con altri occhi, si ascolta con altre orecchie, si respira ben altra aria e c'è più luce intorno, e la volgarità, l'astio perfino di chi prossimo non vuol farsi, non congestionano più l'oggi se si è divenuti coppia. Sì, perfino torna il gusto delle cose spirituali che a te conducono, come se una scala dal cielo calata, si potesse percorrere in fiducia d'un incontro vissuto imminente. Perché? Non si dorme più il sonno dell'ignavia, ché l'amore per quel tu particolare si amplifica e si fa carità con massimo di estensione, e così si vivono sogni in cui perfino vederti diventa possibile. Sì, tutto questo fa l'amore e altro, ma, lo ripeto, sopratutto libera dal giogo del male, dall'incubo tutto umano che non sia possibile venirne fuori. Perché dolce violenza fa all'anima, ché se ne scuota e torni alla speranza di sentirsi da te amata e al fine chiamata al convito di luce promesso, cui verrà insieme con quel tu compagno, quando vorrai. Sì, come arditi, trepidi cuori e allo stesso tempo timorosi come quelli di bimbi. E io ti dirò incontrandoti, No, la vita sciupata non ho, ho amato e tu mi hai ricambiato, con un umile amore tutto umano, quello grande di questa piccola donna!

lunedì 3 giugno 2013

Si può avere qui più dolcezza?







Dolce m'è parlarti, ma più ancora sospirarti, come giovane fossi e novello amore m'occupasse il cuore. Ma come ci si può innamorare di te, donna solo vagheggiata, mai vista se non in sogno con immagini dalla mente mia? Ma non è per me come in un amore per personaggi di storie o fiabe, che nella fantasia di chi legge o ascolta vivono, rimanendo sempre nella tenue inaffidabile concretezza o labilità dei sogni appunto. O come avviene che sogni e fantasticherie ci siano sulla bella del momento, che si conosca appena e se ne colmi la lacunosa conoscenza proprio con l'atteso suo atteggiamento verso chi sa apprezzarla e lodarla nella unicità sua. Ma v'è un di più che è dalla fede, quella che ti postula nella gloria del figlio tuo e da lì ben attende che preoccuparti possa di me e averne cura, ché vivo qui nel bisogno di te e in una realtà spesso assai deludente. E tu non sei donna comune e nessuno può dire ecco è come quella che io solo so, io nemmeno che la mia piccola donna lodo nella singolarità sua, perché so che è per me solo quanto di lei ammiro e che resta ad altri incomunicabile. Perché? Di te hanno tutte qualcosa, icone tue le dico, che la mente può fissare con immagini di sogno e sublimarle per vederti. Ma tu sei di più, sei chi accoglie, condivide desideri e speranze e nel cuore stai per lenirne le pene e nella mente fai compenso anche all'indifferenza degli altri e delle donne in particolare. Ma qualcuna è così speciale, in una valutazione solo soggettiva, che si pensa faccia quello che tu fai, tanta la dolcezza s'avverte nel suo sorriso e dagli occhi, che un uomo solo guardino. E allora non sei più indeterminata ma hai l'aspetto che l'anima ti dà, sentendosi amata da quella particolare tua icona, e innamorandosene. E lo fa per me la gioia che mi viene da questa donna nel vederla, sentirla, toccarla. E così so che illusione non puoi essere, sei almeno come lei, ché lei ti fa possibile mentre la fede me ne da certezza e allora so per certo che proprio per me tu qui voglia stare. Tu sei qui, perché io vedo, tocco di te proprio. Ma resta pur sempre un conoscerti imperfetto, umano finché qui sto. Ecco, bellezza e bontà coagulano in qualche misura nelle donne tutte. E se bellezza ha la femmina per la cura che ne ha affinato e ingentilito l'aspetto, il soma anche, nei secoli, così da piacere agli uomini di ogni epoca, la bontà le è spesso di intralcio, anzi la fa perdente nell'eterno gioco d'amore, ché spesso la fiducia che ripone resta delusa. Ecco, tu diversa sei, buona sopratutto, e a me fiducia dai, credi in me oltre ogni sperabile e io so, sento che è così da questa tua, che mia hai voluto e a me s'abbandona fiduciosa. Potrò mai deludervi entrambe? Allora anche per questa tua speciale icona bellezza comunica bontà, che solo io capisco e apprezzo. E bella è nella misura in cui è buona, cioè capace di imitarti, sì è bella perché tu così vuoi la veda, sì tuo specchio. Si può avere qui più dolcezza?

sabato 1 giugno 2013

Come l'icona tua bambina







Ecco recitata lenta e devota ho la preghiera, parole antiche nella lingua sacra...Ma con che, con chi ho dialogato, se risposta mi è parsa or ora venire dallo stormir di questi alberi ondeggianti? Certo parlano, dicono le immagini, sono ricordi, sono chimere di oggi, donne incontrate, sorrisi, cenni di saluto anche con gli occhi... Ma ho cercato non interferissero troppo e le mie parole ho recitate piano, come per ripetermi nella mia lingua il significato loro. Sì, forse ho pregato bene, se così si prega la donna del cielo. Ma ripeto, a che, a chi vero ho detto? Solo alla mia parte migliore celata, ché nessuno la veda, in una latebra del cuore e così illuso mi sono di ben altro ascolto? Labile apparenza come ombra di nube sull'acqua che rumoreggia dabbasso o certezza che vera donna m'ascolti al di sopra delle nubi? E mi ripeto, “ In ipsa spero corde meo”. Ma vero attenta è ella e non accade come per le donne comuni spesso distratte da altro amore? Allora tanto ne sarei geloso che come il poeta mi direi, “Odio et amo” come vero a lui accadde sentire ambivalenza d'amore e tormentarsene quando seppe Lesbia desiderosa di altro amore. Ma la donna che le mie parole cercano di raggiungere umana non è, non si consuma l'amor suo, lo dona generosa a cuor che lo chieda. Ma sapendola distratta, inaridirebbe la mia gioia di viver questa lunga attesa che al fine me la manifesti e starei come pesciolino in una morta gora a boccheggiar la mia preghiera delusa. Invece ho urgenza di fede, ho urgenza di speranza d'amore, capito e ricambiato. Vinto voglio essere dalla misericordia sua che scusi la mediocrità mia anche d'amare, quella che sempre perdona e si dona se la si invoca e io il mio bisogno grido! Ecco bambina c'è stata per me e diceva, Abbi fiducia! Sono anche le parole di questa mia piccola donna e io perdermi vorrei in quella del cielo, smarrito, come alla dolcezza di questa sua immagine terrena m'abbandono. E' da lei che ho la speranza e parlar posso del domani e camminare oggi sicuro, ché protetto mi sento dal suo amore. E' lei che mi dà fiducia che il mio amore per la tutta bella del cielo non potrà che essere ricambiato, e un senso di sicurezza ne ho dalle parole appena pronunciate, “Quoniam tuus sum, serva me defende me ut rem ac possessionem tuam”. E tu donna celeste finalmente capolino fai nella mia mente, “deprecantem in floribus et speciosam”. Ma strano, non vi sei donna adulta, ma come questa tua icona bambina!