sabato 29 ottobre 2016

Il bene e il male


Quando tutto grigio è il cielo e il giorno pare in esasperante attesa di rinfrancante pioggia, le cose tutte intristite paiono, immerse in un diffuso chiarore spento e sonnolento. Così lungo il chinale dei miei ozi, i fiori di campo. In boccia ancora o dischiusi, tutti col capolino ripiegato sullo stelo se ne stanno rassegnati a non poter avvertire luce del sole che li invogli a rizzarsi, perché le erbe tutte, in giorni assai diversi, essa accarezza e indora, e il calore suo certo dà conforto di passata e fredda notte. Così come vite ora rannicchiate in sé stanno, le nostre non si dispiegano per realizzarsi appieno e, timide, pretesa alcuna di condizione o destino diversi hanno. Il male diffuso par soffocarle e, perfido, dar loro appena respiro di sopravvivenza, affinché di esso, eterno avversario, e di sua invitta potenza continuino a dar dolorosa testimonianza! E in una vita così, che fa, mi chiedo, la ricerca del bene? Affanna, s'arresta, rinuncia? Spesso chiamiamo bene non l'atteso gratificante finalmente conseguito, non la meta, ma l'intermedio di cui ci contentiamo, raggiunto dopo tanti contrasti e compromessi sofferti. Quello che è appena dell'agognato, accettiamo come appagante, perché il realizzato non può che essere relativo alle difficoltà frapposte e, quanto più combattuto, sarà pur sempre una preziosa forma di bene, anche se appena parvenza del desiderato. Sembra perciò che l'esistente faccia supporto al male, mentre a questo mondo il bene si lasci appena intravvedere, come ad esso non appartenga. Così in cielo nuvolo fa il sole in temporanei squarci. Insomma a giudizio di molti delusi e mio, ché a tali conclusioni l'età mia invoglia, il bene deve esistere di per sé, mentre sol pallida idea, qui rimanendo, se ne può avere. Il male invece impera con le ruvide scosse sue, che illusioni di bene scacciano dall'anima, scrollandole come inutili fardelli. Se la mente mia, che oggi più povera avverto, indulgente alla pigrizia, potesse analizzar meglio questo apparente comportamento, forse con argomenti logici convincenti dovrebbe concludere che, mentre il male non è avulso dalla storia del mondo e non è senza di esso, supporto suo, il bene è una sparuta comparsa, proprio come è del sole, che si lascia godere per un attimo in fredde mattinate, uggiose per la sua quasi continua assenza. Se questo mi fosse possibile, del più assillante mistero che la vita di tutti attanaglia, avrei fatto un po' di chiarezza. Dio chiamerei il bene fuori di questo mondo, pensandolo persona, esistendo di per sé, e il male riterrei non accidentale, ma caratterizzante presenza, che deve necessariamente essere perché dovuto al distacco, con conseguente divario, delle cose create dalla fonte che le abbia concepite. Ma subito sento povero il mio argomentare, debole la logica sua, e la mente stanca piuttosto invita al sogno. Allora non posso non ricordare la dolce nenia che mia madre mi sussurrava, ché m'addormentassi senza più il fratello a farmi conforto, e al suo tenero sorriso io, ora vecchio, povero di speranze e illusioni novelle, vero m'addormento!

lunedì 17 ottobre 2016

Domande senza risposta



Fiori questa mia donna ha oggi reciso e ora a far bella mostra di loro foggia e fragranza ha posto in un vaso. Ma alcuni ancora in boccia forse avvizziranno, altri però con corolla tutta dischiusa si lasceranno a lungo ammirare. Che mi fanno pensare? Alla nostra condizione in questa vita. Alcuni vi si affacceranno appena, altri  vi si potranno esprimere per l’attenzione di chi può apprezzarne doti e comportamento, realizzandosi  così appieno uomini, altri ancora però non lo potranno che poco o nulla. Così ogni relazione per questi ultimi si farà difficile o sarà negata, e l’umanizzazione loro verrà compromessa, ché nell'interagire libero con gli altri è fondata, e la natura ha per essi frapposto impedimenti! Ecco, tutto azzurro e soffuso di luce è questo giorno sereno e verrà la notte e sarà tutta di stelle! Chi però questo cielo guarderà con speranza di un oltre più giusto? S’affaccia il dio alla povera vita dei nostri ultimi? Si fa loro palese o è allo stesso modo nascosto per tutti, ma il suo nascondimento più pesa per chi ne vorrebbe conforto? È proprio così? Davvero il suo conforto nega l’evidenza sua e si fa fortuna di vita per tutti, che agli ultimi è negata nell'esito da altri sperato, proprio al pari di tante altre, ché essi risorse non hanno per volgerle al meglio, talvolta nemmeno la preghiera? Sono le domande terribili che un amico m’ha posto, raccontandomi un suo accaduto in cui uno sfortunato, nulla chiedendo e all'apparenza rassegnato alla condizione sua, ne ha mosso la pietà di uomo, ben diverso! E io non so che dirgli e io non so che dirmi!

lunedì 10 ottobre 2016

Raggiungere il cuore del dio

               
          Quando nella vita di quaggiù per il bene agisco, attenuando o risolvendo le difficoltà che incontra con me in questo cammino incerto chi posso considerare prossimo, o quando perdono chi insidia i miei passi pur lenti verso il bene e le mie intenzioni buone distorce, certo, mi ripeto, così vuole quella briciola del dio che è già in me. Ecco, mi dico, se questo vuole, se così è il dio, mi è tanto vicino, o lo ho proprio dentro, da infondermi la volontà e la capacità di operare nella sua giustizia, che vuole tutti partecipi di uno stesso destino di bene. Ma quando il male mi contamina e sminuisce gli sforzi miei o li rende vani, dov'è il dio? E’ forse il dio dell’abbandono? Ecco, nero è questo cielo o se stelle vi sono, questi miei occhi fanno lor fiammelle confuse, ché umidi diventano. Sì, la mia preghiera s’è fatta supplica, Ridai forza a queste mani, gli dico, non permettere che si smorzi in me il coraggio, già poco, di lottare questo male! Sì, gli occhi miei umidi, simili si son fatti a quelli di chi s’aspetta da me aiuto, conforto e io non ne ho più, nemmeno pietà per me stesso! Io cerco e non trovo, io domando insistente e non ottengo! Sterile la preghiera mia quanto il poco che ancora posso, che nulla risolve e davvero più non conforta! Perché? Io, uomo di fede, mi sento davvero abbandonato quanto chi tento di soccorrere…
          Medico, ho vissuto proprio così più di una angoscia, che rivivo come se fosse d’oggi e la preghiera prima che sulle labbra, ancora mi muore dentro! Ma perché ho conservato la fede, pur tante le smentite? La mia vita è stata tutta una lotta per essa e, guadagnata, non voglio perderla, mi costi pur affanno dietro alle contraddizioni che in sé reca! Fin da bambino dentro m’è entrata l’amarezza dell’abbandono apparente del dio, la sua assenza, il cercarlo inutile, il parlargli senza alcun cenno di risposta. A lungo sono stato chi un tal dio nega, tentazione che tornata m’è nei momenti più bui. Il male da sempre spadroneggia  invitto nella mia anima e la vita par sempre l’occasione di lamenti solitari, oggi stemperati, forse per residua dignità, nell'appena  pronunciato, parole morte già in gola, o delle poche lacrime a stento trattenute, che fan corona, gli occhi stringendo, delle fiammelle del cielo, che pur ci sono da sempre! Sì, di questo male tanto diffuso son succubo ed esso avvertire mi fa il cuore ferito, come avvertivo deluso quello di chi da me invano attendeva qualcosa nella pena condivisa, che il mio ricordo attualizza. Cosa mi aiuta?  Accettare ogni accaduto, oggi rivissuto, ogni personale fallimento, come chi vede nell'altro il proprio dio soffrire e morire su una croce ripiantata e nulla potere per lui. Egli è chi soffre anche del mio non sapere e potere! Sì, proprio uno che soffre di ogni dolore e muore di ogni morte! Credere non potrei altrimenti, senza pensarlo così! E ora che tanto è il tempo vissuto e più s’è fatta pena palese la sollecitudine per me di chi ho accanto, sempre amorevole, una piccola donna, prego che nulla le accada di quello che il mio cuore teme nell'ansia sua, ché ora più ancora non sa questa mente, né possono queste mani! Allora m’appello alle persone buone che benedetto hanno l’unione nostra, e che pia metafora vuole ci attendano in cielo, affinché trovino loro le parole per noi, per questo nostro povero amore minacciato. Sì, quelle che sicure raggiungono il cuore di chi chiaro vedono con gli occhi del cuore loro, inadatti, cisposi da sempre i miei!


martedì 4 ottobre 2016

Le contraddizioni dell’anima

        
        Che è il passato? Un mondo rarefatto, inghiottito nell'oscuro del già stato, senza più né peso né importanza, per i più almeno. E dove più i pensieri, le sensazioni, le parole dette o taciute, le ascoltate, o le scambiate? E dove le attese, le premure, i sorrisi, le decisioni, gli abbandoni, le speranze?
        Quand'ero piccolo, mio fratello ancor più mi mancava, ma m’illudevo che presto avrei potuto rivederlo in cielo, nonostante il tempo paresse scorrere assai lento. Ora che lo percepisco correre, ne ho daccapo certezza, che la fede mi alimenta. Sì, quando la vita si fa matura, c’è tentazione di riesaminarla, rinnovando le perdute aspettative, le più ingenue anche. Possiamo, ma dovremmo? Io parlo soprattutto di me e mi chiedo se è del vero credente comportarsi in questo modo, cioè riandare ai fatti lontani. Ora che corta s’è fatta la vita di qui, la mia speranza  non sta solo nel ritrovare il fratello perduto, un bene scambiato interrotto, forse davvero un’ingenuità di ritrovamento dimenticata, ma nel rimpianto di tutto il bene perduto! Mentre, credo,  quest’età dovrebbe farmi guardare solo al bene venturo, che ogni altro certo ritrova e rinnova. Penso alle persone care tutte. Pure alla piccola dai capelli d’oro e a una disperatamente amata, ragazzo ancora, anche se già ritrovate le ho in questa donna, che di me e del mio bisogno d’amore non si stanca! Ma le meraviglie possibili, tutte mi stanno davanti, attese con trepidazione, in un mondo tutto d’amore, finalmente svelato, dischiuso. Sì, come fiore in boccia si apre al sole e all'avvicendarsi di affaccendate farfalle, così il nuovo per me e quanti amo. E li vorrei proprio tutti inclusi nel cuore come mio fosse già lo spirito del cristo. Sì, come fiore che non propizi insetti pur non scaccia e tra i petali e gli stami suoi lascia sostino! Ma non è così, perché rifanno capolino le passate vicende opacizzate allora dalla mia mediocrità di senza fede, e cuore è come fiore che scacci indesiderati ospiti! Sì, le attese di bene per questo possono inquinarsi!

        Sotto quest’unico cielo, che ad analoghe fortune tutti destina, talvolta la vita si fa più tribolata per una volontà perversa, che i danni suoi aggiunga ai possibili ambientali… Certo gli ostacoli frapposti alla mia ambizione sono stati tanti e per lo più attesi, ma alcuni volutamente eccessivi da volontà di nuocere. Ci possono essere state mie reazioni immediate anche solo psicologiche, ma perché tornarvi quando il tempo ha spento il pungolo dell’imminente subìto? Il mio non perdono immediato può avere avuto la sua giustificazione, ma il rancore, che mi risorge da un accaduto che rivivo, non ne ha alcuna! Gli antagonisti di un tempo, quelli di cui posso aver provocato una sproporzionata reazione avversa, dove sono ormai? Molti la soglia dell’altrove, che li fa liberi anche dagli errori di qui, sicuro hanno varcato, altri  non dovrebbero suscitarmi animosità alcuna se li so vinti dalla vita o, se risparmiati e ancora la loro meschina sicurezza di poveri nel cuore sfoggiano, sono senza convinzione e senza più tema per alcuno, nemmeno per me! Perché allora non ho un atteggiamento di distacco e serenità o, se vero pio mi son fatto, non so pregare che tutti ravveduti si siano? Sì, forse posso essere stato nel giusto e conservato un po’ dell’ingenuità e inesperienza della prima età all'epoca di quei fatti lontani, ma se li riguardo rancoroso come appena accaduti, è certo che ne divento corresponsabile, come forse davvero fui. Sì, io mi ammalo dello stesso male, vittima allora, ora diventato oppressore di me stesso. Un atteggiamento che intanto inquina la mia aspettativa di bene completo. Me ne fa perdere l’imminenza, mi riporta indietro non avvertendolo più come l’appena dopo, il tutto, l’amore! Sì, è comunque un peso dell’anima di cui dovrò render conto perché, credo, peccaminoso. Insomma divento chi ha più ancora perdono da chiedere, non più guarito dal tempo, vero medico dell’anima, dei guasti lontani. Ma uno che preso è nell'amarezza del risentimento rinnovato! Esso mi alleggerisce il cuore del bene fatto, anzi me lo svuota e mi smorza la speranza di ritrovarlo almeno nella misura di quanto pur ne ho dato. Sì, ecco le contraddizioni dell’anima mia! E mi aiuti iddio!