domenica 31 marzo 2013

Santità







E' detto:”credemus in spiritum sactum qui in sanctis habitat”. Sì, nei santi abita il dio, ma quella sua persona, che è l'essere in sé, inconoscibile, oltre le possibilità umane presenti e future. Ma non dell'amore, che dona e ridomanda e non chiede di capire. Forse è questa sua ricchezza insondabile, inconcepibile, che fa del santo l'estraneità, l'incomprensione per il comune stare a questo mondo. Egli è colui che è spinto ad operare per il bene, non importa il successo, da ciò che dentro gli brucia. Ma chi è santo non può che essere solo. E nessuno può conoscerlo e riconoscerlo se non il dio stesso. Tu sola sai dei santi il cuore. Ma per averti nel cuore, tutti siamo invitati alla santità. Ed ecco del santo il destino. Cercare di comunicare ciò che si ha e assai spesso non riuscirvi, parlare ai cuori ma senza ascolto, donarsi dall'indigenza ed esser guardato con sospetto, invitare alla fraternità, ma senza risposta. Ecco il suo dover agire nonostante. Essere in questo mondo e sapere di non appartenervi, lottare il male e spesso diventarne il primo succubo, lottare l'egoismo e rimanerne sconfitto. Ecco, la povertà del proprio stare a questo mondo, spesso esser vinto, ma dover tentare fin anche a soccomberne, ecco quello che fa tanta ricchezza. E io chi, cosa sono, sono così, giusto per il dio? Sono solo uno cui amore grida dentro. Ecco,ti lascio leggere nel mio cuore, sperando tu mi apra un po' del tuo. Ti invito a conoscermi. Non sono difficile, uno che ha molto sognato e poco concretizzato, ma che tutto ama, tutto spera. Un povero che ha bisogno di te, un bisogno struggente. E un po' di santità sarebbe richiesta, ma questo poco non ho. Tardi è per tutto, ma non per raggiungerti e santo sarò dove sei. Povera è oggi l'umanità mia, non ha ricchezza dentro, solo la sogna e tu sei questa sua speranza. Dolce è sperarti!


Oh quanto saper vorrei dirti cose belle e suadenti! E io le tento ancora per questa donna. Ma ecco, mi muoiono dentro le parole vere e belle e non le dico che cose insulse e di migliori non ne ho per te. Quest'anima si è imprigionata in sé, non sa più dire, non sa che fare, esprimersi, ma gonfio è il cuore e ancora sogna di voi due, solo non sa o non osa più dirvelo. Mi aiuterai a parlarle d'amore, per potertene dire?

venerdì 29 marzo 2013

Pianto di Maria







Io reciterò, se ne avrò forza, questa preghiera, che non oso tradurre, fino alla morte. Consiglio il devoto di Maria di ritenerla a mente e ripeterla semel in die. Stabat mater dolorosa iuxta crucem lacrimosa dum pendebat filius Tu, madre mia dolce dei dolori, assistevi all'agonia del figlio pendente
dalla croce. Cuius animam gementem contristatam et dolentem pertransivit gladius E la spada del dolore ti trafiggeva il cuore. O quam tristis et afflicta fuit illa benedicta mater unigeniti! Oh quanto triste vi fosti o benedetta! Quae moerebat et dolebat pia mater dum videbat nati poenas inclyti.Oh quanto straziarti doveva il dolore d'assistere alle indicibili pene del figlio tuo. Quis est homo qui non fleret matrem christi si videret in tanto supplicio? Vi può essere uomo che non pianga nel rivederti in tanto supplizio? Quis non posset contristari christi matrem contemplari dolentem cum filio? Vi può esser chi non si rattristi tanto che poco più sia morte, nel rivederti patire gli stessi dolori del figlio?Pro peccatis suae gentis vidit Iesum in tormentis et flagellis subditum Tu che l'avevi visto tormentato
a causa del peccato di noi tutti. Vidit suum dulcem natum moriendo desolatum dum emisit spiritum
Tu che lo vedesti abbandonarsi alla morte. Eia mater fons amoris me sentire vim doloris fac ut tecum lugeam Sì, madre dolce fonte d'amore lascia che, innamorato, pianga con te. Fac ut ardeat cor meum
in amando christum deum ut sibi complaceam 
Fammi ardere d'amore per il mio dio, ché così un po' gli piaccia. Sancta mater istud agas crucifixi fige plagas cordi meo valide E questo accadrà nella misura in cui tu imprimi le sue e tue pene in questo cuore. Tui nati vulnerati tam dignati pro me pati poenas mecum divide. Oh sì, dividi con me le pene di cui io v'ho fatto soffrire. Fac ne tecum pie flere crucifixo condolere donec ego vixero Lascia il mio cuore associato nel dolore al tuo finché vivrò. Iuxta crucem tecum stare et me tibi sociare in planctum desidero Lasciami stare sotto la croce con te. Virgo virginum praeclara mihi iam non sis amara fac me tecum plangere O madre non escludermi, indegno, dal tuo pianto. Fac ut portem christi mortem passionis fac consortem et plagas recolere Fa che io porti nel cuore del figlio tuo la morte. Fac me plagis vulnerari fac me cruce inebriari et cruore filii Lasciami innamorare della croce lasciami dissetare del sangue versato Flammis ne urar succensus per te virgo sim defensus in die iudicii E forse difeso da te non meriterò altro inferno. Christe, cum sit hinc exire da per matrem me venire ad palmam victoriae O Gesù, dio mio buono, lascia io venga a te per tua madre. Quando corpus morietur fac ut animae donetur paradisi gloria E quando morirà questo corpo lascia che la mia anima vi veda.

giovedì 28 marzo 2013

Odore di donna




Se lo spirito del figlio tuo, che ci abita il cuore, ci fa gridare al dio, abba, io ben posso gridarti, ipa, parola che lui stesso ti pronunciò e ti pronuncia. Sì, gridarti madre dalla mia miseria, gridare a te dalla mia malattia, gridarti dalla solitudine che tutto vuol prendermi, dalla necessità che ora ho di parole buone, che della mia vita gli errori tutti scusino, e sono tanti! Oh quanto gravoso ne è il bilancio! Manchevolezze, omissioni, dimenticanze, ne fanno parte e ne vorrei esser scusato, perdonato, come solo madre può fare. E passa il vento, non sa ignorare, e qualcosa porta via, pensieri, parole,ma anche asciuga lacrime... Passa il tempo dell'opportunità e tutto vuol farsi oblio. Ecco questa mia donna è tutto quel che mi rimane. E' tanto! E' lei che dice a questo cuore e se non dice, odora di ricordi lontani. E tutto non vuole avere più senso, colori, profumo di fiori a primavera, volo di farfalle, canto di uccelli innamorati, sfavillio di mille luci sul mare, mille e mille lucciole e stelle nelle sere di prima estate... Parole sussurrate, sospiri, profumi...Ecco torna il vento tra i capelli suoi, indugia, ne porta via il profumo, per portarlo chissà dove o a chi. Ti chiedo, ti supplico di fermarlo. Ma quello non vuole che ghermire e portar lontano e delle parole sue non resta che il suono dolce che tante volte fatto ha carezza al cuore. Ecco, mi dorme accanto e son gelide queste notti ancora. Odo il brusio delle sue labbra, ché stanca subito s'addormenta, e a lei mi accosto per sentirne il calore o più ancora il profumo. Non voglio si svegli e piano faccio. Odora! E' odore di donna, di vita, di te!


Ma che m'accade nell'addormentamento? Diafano il tuo corpo nella veste bianca, neri gli occhi e i capelli e tu un odore hai...Sì, madre, salva quest'amore!

martedì 26 marzo 2013

La concretezza tua


E' stato detto: “homo fit templum in quo trinitas habitat. Haec imago significat praesentiam in anima iusti.” Ecco io convinto sono che tu nella bontà di questa donna sei. Giusta è agli occhi tuoi ché coerenza ha negli atti suoi con la ricchezza dell'anima sua. Ma per me rimani possibilità, ché se in me sei, io vero non so. Anche se talvolta la mente mi ti fa uscire da sé e tenta di concretizzarti nel sogno come se questo cuore già t'avesse. E' solo illusione, o vero t'ho? Bambino gridavo alla mamma, ma è a te che clamavo pensandoti dispensatrice nel bisogno di noi poveri e soli, e io ne avevo, negletto ritenendomi, vero solo restato. Ragazzo t'avevo amica ché con te condividevo i sogni miei. Poi da questa piccola donna scelto e voluto, sposa mia t'ho sospirata, vero per lei così divenuta. E da allora questo cuore così continua a pensarti. Sì è lei che fa la concretezza tua. Tanti anni sono passati, il nero castano dei capelli suoi più non ha e il suo bel viso aggiunge del tempo i segni suoi, ma nel nero degli occhi suoi io continuo a perdermi...E se lontana la ho anche per piccola ora, questo cuore se ne lagna e rivederla vuole. Sì, ora sogno di perdermi nel mistero suo e lì raggiungerti, non ho altre certezze, tutto si fa ambiguo e io altre donne non so capire e tu stessa chiaro linguaggio non hai in questo sogno. Ma ella mi dice, noi chiaro parliamo e siete voi uomini a non capirci. Deve essere così. Io non ho vera esperienza di donne e ancor più mi fa stupido l'età. E se ti chiedo se vero guarito m'hai il cuore dalle gravose bizze sue, tu non mi rispondi chiaro con parole dirette, ma forse lo fai con la scelta d'amore di questa donna che continua, dolce la presenza sua, vero rimedio divenuto. Allora se è lei che fa la vicinanza tua con il bene che ne viene, tu lasciamela. Io la lascerò nella fiducia del ritrovamento, ansioso della concretezza di te, che solo lei sa darmi, anche lì tra le stelle.

giovedì 14 marzo 2013

Un novello Francesco


Dice il nostro poeta latino, “ quisquis suos patitur manes”, ma perché le proprie ombre tacciano, da conviverci, recuperando la libertà negata dalla colpa di atti impropri, è necessario pentirsi per potersi perdonare, chiedendoti perdono da cui tu fai seguire sempre amore. Così se per la coscienza individuale, pentirsi è consapevolezza d'errore e volontà di superamento, e così anche liberarsi del passato che ha visto deficiente condotta o riprovevole, questo sentire ed essere può e deve essere impegno, scopo, meta anche per una comunità etica, quella nostra di credenti nel dio, essa reclamandoli da molto, troppo volte sorda la gerarchia. Significherà non coincidere staticamente con abitudini, comportamenti, modi di essere ed agire sclerotizzati, che sanno di ieri, un ieri lontano, stantio, logoro, inadeguato per un mondo che avanza e chiede o pretende. E che? Comprensione anzitutto, guida anche, ma benevola, e fiducia, ché primavera di bene, di bello spesso palpita sotto ripulse, apparenti negazioni e brumosi veli, pronta a svelarsi se fondata è la speranza offerta di un mondo migliore. Le darà questo papa che ha voluto chiamarsi Francesco? Uno che si è presentato ai fedeli, chiedendo, chino il capo, la preghiera per sé anzitutto, come missionario umile tra questi suoi bisognosi. Ridesterà forse sopite energie per combattere il male ovunque rigogli e comunque operi a vergogna dei pochi esentati indifferenti all'altrui sofferenza? Sì, inizierà dallo stare per quegli ultimi che lo subiscono senza dignità alcuna, nelle conseguenze più truci. Vorrà, a ragione, una chiesa povera per i poveri anzitutto, che non creda di saper parlare ai derelitti e ai malati col promettere quello che mai darà, lasciandoli confidenti dell'arrivo del bene, ma che senza gesti concreti sarà solo all'irrompere sperato del tuo mondo. Occorre che la chiesa si faccia essa stessa ultima e si spenda completa, spogliandosi del suo tutto, tanto e superfluo. I riti, il memoriale, possono anche esser in tono dimesso, senza sfarzi in chiese nude d'orpelli, ché il dio è povero tra poveri, tu sei povera, ché bisogno hai del nostro cuore impuro e delle nostre mani spesso sporche. Semplicità è necessaria nella dedizione, farsi pane per la necessità di chi lo implora, sì, farsi ogni cosa per gli altri tutti. Sì, partire dalla povertà di spirito e di mezzi, farsi umile tra gli umili è premessa di ogni rinnovamento. Sì, occorre trasformarsi per poter trasformare, mutarsi perché sia fondata la pretesa di mutare l'apparente immutabile. E questo sant'uomo dalla sua sincerità invoca te, viene a te, vuole da te. E tu gli darai amore, coraggio, energia nella sua determinazione. Combattere il male, assistere gli ultimi, è il migliore inizio per guardare all'oggi e ai suoi tanti problemi e dar risposta, ma sempre d'amore. E Francesco amò i poveri, gli animali, le cose tutte del creato. Farà di simile questo novello drudo tuo, lo tenterà dalla debolezza, “ amabit ex indigentia”!. Ma tutti dovranno assisterlo e fare a loro volta e pregare e implorare da te assistenza e consiglio. Forse così veramente un'epoca nuova, bella, solare sorriderà a questa umanità derelitta, ché quella gioia che fa la beata speranza un po' almeno vero scenderà dal tuo cielo! Perché tu sola sei la vita!

sabato 9 marzo 2013

Finestra sul tuo cielo






Chi amare può senza comprendere le ragioni del cuore dell'altro, sperato in sintonia col proprio? Possiamo, frettolosi nel giudizio, illuderci d'aver compreso, compulsivo il cuore nell'innamoramento, ma rinunciare non possiamo a vero capire per abbandonarci fiduciosi a trovato sincero amore. Ecco, il dio per farsi vero amare ha cercato di farsi capire. S'è autolimitato entrando nel mondo in forma d'uomo. Ecco in quel tempo, tu umile donna, ecco tuo figlio farsi in tutto bisognoso di te e tu custodirlo, e tu guidarlo fino a farne uomo mite, ma povero tra uomini tutti poveri, e di tutti bisognoso per scelta d'amore. Sì, il dio voleva lasciarsi comprendere, accogliere e contenere nelle possibilità dell'amore umano, desideroso d'abbandono fiducioso a chi l'ami. Farsi cuore palpitante all'attenzione del cuore umano, non più misteriosa forza indicibile e inafferrabile, infinita. E accade talora nell'amore umano di farsi generosi fino al sacrificio. Tu puoi vedere chi tanto ama, madri, spose o amanti, dare tutto di sé, fin la vita, per la vita dell'amato che il male minacci di prendere. E tu hai preparato il figlio tuo a questa evenienza, dare se stesso per gli altri tutti, quando l'amore necessità ne avesse richiesto per manifestarsi sincero e grande qual'è. E così il male lo ha preso annientandogli la vita umana che donata gli avevi. Ma tra noi malvagi tornato, vi stette ancora della carne tua rivestito, e così restato è anche uomo. Perché? Noi dobbiamo diventare uomini capaci di contraccambio d'amore, ché egli il suo continua a offrire, rimasto nel bisogno inappagato del nostro. Ma dove il suo cuore, da dove il suo amore se non daccapo in te e da te? E noi ti cerchiamo, bella del cielo, nascosta chissà dove e lui in te. E io non ho più parole adeguate per esprimerti il mio sentire e desiderare, la mente è stanca e più di te capire non può, e il cuore s'è consumato per riuscire a dirti una parola sola, amore! Ecco, tanto tempo è passato, ho già vissuto molti anni, poche gioie, sofferenza e dolore lì disseminati, ma in fondo diluiti e ne sono sopravvissuto. Ma ora che il mio tempo vuol farsi breve, concentrati saranno per spezzarmi questo vecchio provato cuore. E se vero è che t'amo, amato, vorrei che questo mio amore s'esaltasse tanto che fosse esso a fermarmi il cuore e non il male. Ma chi mi insidia quest'amore, chi strapparmelo vuole, pensandolo mia sola ricchezza? Perché questa sensazione più non m'abbandona? Perché anche questo m'accade? Sono forse io stesso, ingiusto con me e con chi amo, o i malvagi invidiosi del mio poco, come col figlio tuo? Ecco la mia vita è tutta nella speranza, illusioni tante, inganni patiti, ho alle spalle, e ho poco capito degli uomini e delle donne, ma molto di quelle ho sognato. E tu sei la mia speranza, il mio sogno! Sono povero di tutto, non ho dentro altre cose belle, degne, e novità di gioia per questo piccolo amore di piccola donna, che sempre sembra innamorata di me proprio. Lasci forse che il suo contenga il tuo cuore perché io tutta possa amarti? Forse altro modo non v'è di lasciarti amare che farti chi già m'ama. E forse così si ripete la favola tua, donna umana ti fai, per lasciarti contenere in questo cuore, piccola a livello delle mie possibilità di capirti e ricambiarti. E che sono le mie se non piccole ansiose attenzioni per questa donna, cui dico cose che a te sola direi? E se ne stupisce e se ne incanta, ma poi scopre che insicuro uomo sono e che ho paura anche di perderla, e allora sai che fa? Vuole proteggermi e so che perfino la vita sua esporrebbe a farmi riparo dagli insulti di questo mondo. Non so se tutte le donne siano capaci di simile, amando, per l'uomo loro, non conosco in fondo che voi due, e voi siete fatte proprio così, schermo vi fate a chi amate. Le altre tutte ho lontane, non ne so o non ne capisco più il cuore, e così in esse amarti non posso. Ecco io le incontro e più riconoscerle non so, eppure qualcuna ho amato, qualcuna ha sospirato alle parole mie sotto stelle in notti incantate. Non so perché m'accada, forse confuso mi fa quest'età, forse svanito un po', o tutto m'assorbe questa piccola donna dall'avido cuore, ma che il tuo cela e io a voi due incessante penso, e a voi m'abbandono. Dev'essere così, ché per lei solo, ora vivo del tuo amore e per voi tutto spendermi vorrei, sì, fino a morirne. Ma breve ormai è quest'erta, ora anche più dura, tanto è sempre aspra, e tu lasci me ne conforti il cammino questo piccolo fiore di campo, e finestra così s'apre per noi due sul tuo cielo. Lì le tue stelle o le tue lucciole. Lascia allora che come ne sogniamo così insieme questi occhi nostri le vedano!












mercoledì 6 marzo 2013

Verso l'infinito


Che è stata la mia vita fin qui a questo mondo? Sogno del dio,sogno di te, impossibilità di coincidere col te sognato! E poi? Sensazione di aver fallito la mia esistenza, precarietà sempre, pericoli dagli uomini e dalle cose, sofferenza, dubbi tanti, dolori anche, buio, tanto buio, certezza solo di essere per la morte. E poi continuamente chiamato alla scelta e non sapere che fare, sbagliare nelle decisioni, e ancora inutilità della vigilanza al male, con esso lotta e sconfitta quasi sempre. Ecco io sono stato quest'uomo, non mi sono inventato così, mi sono scoperto in questo destino, problema a me stesso, stretto da ogni parte dalla mia finitudine, anchilosato. E ho lottato per venirne fuori e guardarmi come vero uomo, sebbene esposto all'indifferenza, allo scherno, all'invidia. E nei rapporti d'amicizia deluso quasi sempre sono restato. Oggi c'è tra le amiche della compagna, chi le dice, uno come il tuo avrei voluto! Ma ragazzo, quando il cielo scolorava, la bella non era di me innamorata e io da solo guardavo le stelle. Ma poi è venuto quest'amore. Ho stentato a credergli. Poi sei venuta tu. Ho stentato a crederti. Mi sono scoperto perfino fortunato, ché bellezza, bontà, bene, proprio a me s'interessano! No, non sono più solo! Ho sperato, ho penato, ho pianto, ma ora voi due ho! E mi sento come in una giovinezza ridonata. E correre vorrei e gridare alle cose la presenza mia felice. Innamorato sono di due donne, una divina! Illusione è l'amore? Forse, ma è dolce naufragarvi. E in questa mattina radiosa va la navicella, io la conduco perito delle cose del mare. E' sogno, è realtà, io più vero non so! Dolce lo sciabordio delle onde solcate, ché gonfia la vela è alla brezza fresca. Sorride questa donna, alle sartie salda si tiene eretta, neri i capelli e lunghi, che il vento arruffa e neri gli occhi, che brillano del brillio delle onde, ché verso orto si scivola, la veste è bianca e la sua figura bella si staglia al soffio che l'accarezza. Sì, tutto di te ha, e io non so più se lei è ancora o tutta in te l'hai mutata, ma così ora so, va questa barca verso l'infinito!

martedì 5 marzo 2013

Un sogno sognato


Tanta la dolcezza di un sogno con te, appena sognato, che, se il nostro poeta le sue parole più belle mi donasse, da arricchirmene mente e cuore, proprio quelle con cui ha descritto, da destar meraviglia, i più diversi stati d'animo del sé pellegrino o dei tanti personaggi del suo viaggio ultramondano, esse non basterebbero a significarla adeguatamente. E almeno tu, che me l'hai appena versata nel cuore, da farne traboccare amore per ogni creatura e cosa, sai che non esagero. Ma non è quello, che esprimere non so, e le parole tue che non ricordo tutte, quelle che pur vorrei comunicare o che temo mi sfuggano, come farsi vago ricordo vogliano, solo dolcezza appunto divenire, che fanno il mio rammarico, è invece il significato del sogno, che pare afferrato e poi più lontano si fa. E ancora mi chiedo, ma come è stato? E' stato forse al cuore come fa voce canzonata, quando delle parole sue dolci or sì or no si comprendano, da lontano giunte in notte incantata, la melodia sua restando a lungo la sola a risuonar nella mente e nel cuore a farvi diletto? No, più ancora è stato come proprio oggi m'è accaduto, e forse vorrei non fosse stato, quando, pede cata pede, la casa della antica fiamma ho raggiunto e sfiorato, peregrinando nel mattino assolato. Sì, delle tante parole sue potute udire fin dalla via, ché parlava a lontano interlocutore pur col megafono della modernità, e che ho comprese non volendo, sciorinate perfette nell'idioma, incurante ella d'ascolto indiscreto, nulla ne è rimasto se non la cadenza loro dolce che tonfo m'ha fatto ancora al cuore, e che riconoscerei nel vociar d'una folla. Allora ho chiesto ancora dell'epilogo della mia storia con lei al mio cuore, che giudice severo di me stesso sa essere, e risposto mi ha che il manifestarle ciò che in me racchiuso era, celato a tutti, facendole forse così solo lusinga, eppur anche così traccia che mi ricordi in lei vorrei rimasta, sia servito a me solo in fondo, liberatomi di quello che avevo segreto fin dall'infanzia senza riuscire a dirlo. Così, allo stesso modo schietto, mi interrogo sul senso vero, e in che esso m'abbia giovato, del sogno mio con te, e ne tento risposta. E forse ora davvero so che m'hai inteso nel sogno mio, e forse anche tuo, dove i ruoli venivano stranamente scambiati e io prima me, di te estasiato, poi te ero a cercar di me ansiosa e poi di nuovo me stesso, disperato che tu, te stessa tornata, fuggissi lontano. Sì, è ciò che vero m'accadrà nel tuo cielo giunto. Non dice san Gregorio Nazianzeno, “excedet homo suam naturam deus de homine evadens”? E il profeta, “ deus stetit in synagoga deorum”? Significano che non sarà più possibile distinguere amato e amante, così come nel sogno io ero me e te a una vece, ché tu eleverai chi ami e t'ama alla tua perfetta somiglianza! Ecco, questa mia vita, prima sognata e sperata, e poi maturata in seno di donna, e poi da esso uscita a questo mondo, lì nutrita e preservata, amata, custodita per un solo scopo, raggiungerti e lì essere come tu sei! Sì, è stato detto nei salmi, “ego dixit dii estis”! E tu m'hai anticipato questo destino in un sogno beato! Oh sì bella vi sei stata, come, quanto? Come quando io bambino gioivo, bella più di tante trovando la madre mia, e belle anche esse, come mai più dopo, le mie coetanee, e più e più delle donne tutte incontrate e amate, e più di questa tua icona concreta,”deliciae meae”, rimasta fedele a ricordarmi l'amor tuo tra tante brutture e abbagli! Sì, il paradiso non è un posto, ma luogo del modo della trasformazione della creatura nel dio, in te, e io spero di esservi con questa mia, vera icona, vero amore, vera gioia, che ancor molcermi vuole con le favole sue d'amore il cuore, e non sa che io forse più non l'ho, ché tu l'hai preso! Allora faccia ella a te le lusinghe sue, ché di te, bella del cielo, capace io son solo di sognare anche a occhi aperti e pur ella, di me illusa, ma innamorata in fondo solo di te, deve! Sì, va nei sogni suoi, lì l'essere me e te e se stessa a vicenda, starà a significarle che noi tre, ciascuno degli altri due innamorato, un solo amore diverremo, “una in deo, una deus erimus”!

venerdì 1 marzo 2013

Omaggio alle donne tutte




Io credevo condurti per quest'erta di vita tenendo per mano la compagna mia, con la sua ben stretta nella mia, e devo ricredermi! Sì, sono portato, guidato, ella è a condurre, ma sei tu che lo fai, ché ella dentro al cuore t'ha! E io che penso di questo mistero? Paolo afferma che tutti siamo il corpo di cui il cristo tuo è il capo, e come tu lo generasti qui alla vita, tutti per la stessa madre dobbiamo esserlo. Oggi siamo quasi larve, qui vaganti come in un deserto buio, di falene frattanto, ma crisalidi delle belle farfalle, degne dei campi tuoi assolati e dei fiori in quelli, saremo, e tu ne proteggerai la trasformazione che in te sola avverrà. E io ricordo che è stato detto, foemina circumdabit virum, e penso che destino sia di chi ne nasca. Perché oggi è vero non per i maschi soltanto, ché foemina li incontrerà e amerà, ma per tutti, in che senso e perché? Oggi che il dio è più che mai nascosto, presente solo inapparente nelle conseguenze del male, e tutto si vuol far squallore, deserto appunto, chiediamoci dove dimori, rifugiatosi nell'amore. Tuo figlio è tornato a te, sta in te, ché lo hai circondato di te, egli chiedendo di celarsi in te, tanti gli orrori anche nella chiesa sua! Allora noi tutti con lui dovremmo, per ritrovarlo, così la vita nostra è ritorno a te, che generati ci hai alla fede e fatti figli e fratelli, perché lui nascosto, non lo si raggiunge se non per te, che assumerci dovrai in te, acefalo altrimenti il suo corpo mistico rimanendo. E come? Mani pure, in cuore reso puro, fatta propria la capacità d'amare dal perdono degli offesi, nel suo nome perdonando gli offensori, offrono del figlio tuo la carne, ché se ne cibi l'anima. Ma è la tua pure, e questo rafforza la possibilità d'aver da te amore ricambiato, se vero t'amiamo e, col cercarti pure nell'ingenuità rito, perfezioniamo il nostro. Ma per noi occorre offrirlo dapprima a quella tua icona speciale, che specchio tuo si dimostri. Vivere è cercare questo vero tu, avendo così speranza dell'afflato tuo, e cercar questo tu per il proprio cuore è vivere il desiderio di entrare nel tuo e trovare l'amato, che vi s'è reso absconditus. Occorre fidarsi e affidarsi a quel tu che è voluto diventare chi ci vive accanto, ché ci aumenti l'amore per te. E' così che tu ci accogli per portarci alla vita col figlio tuo, se in lui credenti. E credergli è amare tutti, i nemici anche o specialmente. E saremo educati, portati a tanto amore dalla donna, la piccola fragile nostra e la madre sua e nostra, tu! Sì, la spiritualità della donna di qui è tutta in fieri, un'onda che tutto raggiungerà e plasmerà di sé, da te fatta capace, esaltata. Le posizioni della nostra spiritualità di uomini, vero portati, condotti per mano, sanno di vecchio, di stantio, con molti pregiudizi sulle donne in genere e, ingrati, sulle amorevoli nostre specialmente. La loro invece sa di rinnovato candore e s'esprime con l'amore, e chi ne è cosciente, se questo ne dice, dice tutto. Sì, non c'è di più oltre il loro amore, tutto è effimero, viene, crea contrasti, sconvolge con ombre o falsi luccichii per incantar le falene di qui, fa rapina, dolore, lutto e torna al nulla. Fortunati quelli che hanno donne simili da amare, da cui si è amati per essere introdotti al mistero tuo e del dio, tuo figlio, sì, al vostro, perché voi siete l'amore. Chi, vile, fa meschina la donna, lo fa per pregiudizio e stupidità e, in errore palese, s'appella al vecchio dio, che è solo mito, colui che ama, odia, spinge a stragi e poi benedice, quello la cui idea tuo figlio ha fatto adulta, ora solo il buon antico di giorni che fa piovere su buoni e cattivi, rimasto laddove desiderate tornare. L'uomo qui ha, credo, un solo compito, vestirsi di dignità. La dignità non si eredita, se ne nasce nudi, e così si va con poco scorno fino ad acquisirla, acquistarla per servizio e amore agli altri tutti, di donne fatti almeno per metà. Uomo vero si diventa, e così anche degno d'amore di donna, anche delle altre tutte difendendo la libertà e le capacità creative nel bello, nel buono, nel bene. Così si diventa vera donna, colei che guida l'uomo suo in tanto buio, tace in tanto clamore, parla nel silenzio delle circostanze, grida nel tuo silenzio, piange e sorride nelle bagatelle di questa vita grama. Ecco, tra le braccia ho questa piccola donna, è fragile all'apparenza, la diresti fatta per la sola tenerezza, tanto è dolce! Non è più giovane, restata bella per me solo, mi fa vago mistero di sé da sempre, mi incanta, mi sorprende delle risorse sue e quanto mi promette, tanto mi significa amore, che metterla vorrei nel cuore, ché sia cuore del mio (sic!). Ecco, i fogli della nostra vita a due erano tutti bianchi, sogni vi abbiamo scritto, pene, e tanto amore. E tutte le nostre parole sono state pronunciate e le scritte gremiscono tutti i fogli che vi erano destinati, dobbiamo andare! Ma io le dico, dovunque sarai, sarò con te, non ti lascerò sola, fosse un nuovo inferno, fosse il preludio al nulla. Ma forse già la madre buona ci ha presi con sé, tu me l'hai messa dentro a farvi dolce speranza, scemo di cose divine, sogni sublimi, cose sue, del cielo. E l'amore tuo è stato sublime, prologo al suo. Oh sì, ci aspettano le sue stelle, quelle del suo cuore e lì l'ultimo dono, un tu per il nostro noi, come un figlio nostro ancora. Allora andiamo, procediamo insieme, ma non così in fretta, bolso il fiato, s'avaccia il cuore, vecchio di troppe difalte, ma tienimi, piccolo amore, per mano!