giovedì 14 marzo 2013

Un novello Francesco


Dice il nostro poeta latino, “ quisquis suos patitur manes”, ma perché le proprie ombre tacciano, da conviverci, recuperando la libertà negata dalla colpa di atti impropri, è necessario pentirsi per potersi perdonare, chiedendoti perdono da cui tu fai seguire sempre amore. Così se per la coscienza individuale, pentirsi è consapevolezza d'errore e volontà di superamento, e così anche liberarsi del passato che ha visto deficiente condotta o riprovevole, questo sentire ed essere può e deve essere impegno, scopo, meta anche per una comunità etica, quella nostra di credenti nel dio, essa reclamandoli da molto, troppo volte sorda la gerarchia. Significherà non coincidere staticamente con abitudini, comportamenti, modi di essere ed agire sclerotizzati, che sanno di ieri, un ieri lontano, stantio, logoro, inadeguato per un mondo che avanza e chiede o pretende. E che? Comprensione anzitutto, guida anche, ma benevola, e fiducia, ché primavera di bene, di bello spesso palpita sotto ripulse, apparenti negazioni e brumosi veli, pronta a svelarsi se fondata è la speranza offerta di un mondo migliore. Le darà questo papa che ha voluto chiamarsi Francesco? Uno che si è presentato ai fedeli, chiedendo, chino il capo, la preghiera per sé anzitutto, come missionario umile tra questi suoi bisognosi. Ridesterà forse sopite energie per combattere il male ovunque rigogli e comunque operi a vergogna dei pochi esentati indifferenti all'altrui sofferenza? Sì, inizierà dallo stare per quegli ultimi che lo subiscono senza dignità alcuna, nelle conseguenze più truci. Vorrà, a ragione, una chiesa povera per i poveri anzitutto, che non creda di saper parlare ai derelitti e ai malati col promettere quello che mai darà, lasciandoli confidenti dell'arrivo del bene, ma che senza gesti concreti sarà solo all'irrompere sperato del tuo mondo. Occorre che la chiesa si faccia essa stessa ultima e si spenda completa, spogliandosi del suo tutto, tanto e superfluo. I riti, il memoriale, possono anche esser in tono dimesso, senza sfarzi in chiese nude d'orpelli, ché il dio è povero tra poveri, tu sei povera, ché bisogno hai del nostro cuore impuro e delle nostre mani spesso sporche. Semplicità è necessaria nella dedizione, farsi pane per la necessità di chi lo implora, sì, farsi ogni cosa per gli altri tutti. Sì, partire dalla povertà di spirito e di mezzi, farsi umile tra gli umili è premessa di ogni rinnovamento. Sì, occorre trasformarsi per poter trasformare, mutarsi perché sia fondata la pretesa di mutare l'apparente immutabile. E questo sant'uomo dalla sua sincerità invoca te, viene a te, vuole da te. E tu gli darai amore, coraggio, energia nella sua determinazione. Combattere il male, assistere gli ultimi, è il migliore inizio per guardare all'oggi e ai suoi tanti problemi e dar risposta, ma sempre d'amore. E Francesco amò i poveri, gli animali, le cose tutte del creato. Farà di simile questo novello drudo tuo, lo tenterà dalla debolezza, “ amabit ex indigentia”!. Ma tutti dovranno assisterlo e fare a loro volta e pregare e implorare da te assistenza e consiglio. Forse così veramente un'epoca nuova, bella, solare sorriderà a questa umanità derelitta, ché quella gioia che fa la beata speranza un po' almeno vero scenderà dal tuo cielo! Perché tu sola sei la vita!

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