giovedì 5 marzo 2015

Il silenzio e l’amore










Nel rapporto d’amore può accadere che uno dei due s’aspetti comprensione in un momento particolare di debolezza o inadeguatezza, o la chieda esplicitamente per una sua necessità che lo preme e l’angustia, o più ancora attenda, che l’altro la risolva o l’aiuti a farlo. E potrà accadere che questi, pur ben edotto e consapevole, deluda, ché non vi provveda del tutto o ne sottovaluti l’urgenza, facendo poco e tardivamente. Allora la delusione per chi s’aspettava molto, che s’aggiunge alla sofferenza per il subito, forse evitabile, se tempestivo l’aiuto, può guastare quel rapporto, allentarne i legami o spezzarli. Ma a soffrirne non sarà solo chi s’attendeva ciò che l’altro non ha saputo offrire, ma ne parteciperà quest’ultimo se vero ama e, se il distacco avverrà, ancor più ne avrà pena sentendosi colpevole almeno di superficialità, non avendo dato il desiderato, o non avendone colto il καιρός, il tempo opportuno. Il richiesto, per pudore o discrezione, può essere stato espresso con parole poche e scarne o lasciato alla sensibilità d’amante addirittura in un messaggio pressante, ma afono. Ma anche se così, questo mai esonera l’interpellato, il sollecitato, dal provvedere con le forze sue tutte, dal frapporsi, dal far schermo, da almeno limitare il danno all'amato. E se l’amore, tanto magnificato a parole o con quei piccoli gesti che l’arricchiscono e lo fanno godibile, non s’è potuto esprimere con l’unico gesto vero atteso, perché essenziale, forse vitale, è giusto forse finisca, muoia. Ora mi chiedo, non accade di simile nel rapporto con il dio? Non esprime talvolta la preghiera la necessità che l’orante ha del suo interessamento a ciò che gli capita o di soccorso? Perché mai la richiesta è palesemente ascoltata e niente fa argine al male che minaccioso la fa impellente? Forse, ché l’esito sia il desiderato, daccapo noi dovremmo chiedere, Insegnaci, signore, a pregare!, come già chiesero gli antichi discepoli al cristo suo? Ma il dio è muto, o forse parla, ma non per parole umane, come tutte scordate, e non l’intendiamo, tanto pressati dalla crudezza del dolore. E si interpone una distanza e fa spessore un’oscurità e lo smarriamo, non come qui si perdono preziosità e ne restiamo desolati, ma di più, col rimpianto perfino dell’illusione che avevamo di poterlo mantenere per sempre stretto al cuore, tanto era l’affetto, sincero e ingenuo. Ecco, abbiamo chiamato, abbiamo implorato, ma nulla è venuto da chi credevamo potesse, se non dalla presunta onnipotenza sua, dalla forza d’amore ricambiato. Sì, era questa l’illusione, credersi amati! E quando vero amore v’è, è al suo cuore che qui risposta si chiede, e che dà? Il suo tutto, parole buone, ancora più vicinanza e più affettuosa, e questo tanto aiuta nel superamento della tristezza del momento. Ma perché dal cielo mai qualcosa viene? Un conforto, un piccolo segno almeno che al cuore assetato dica più di mille parole, e che? Ecco il mio tutto, più della possibilità d’ascolto accorato non ho, assai più forte s’è fatto il male, ché se là o prima l’ho vinto, qui e ora piango le tue stesse lacrime! Così capiremmo un po’, Il dio non può esentarci, non può guarirci, ci diremmo, rassegnati alla tristezza! E invece silenzio, come se il dio non sia, e questo silenzio, che nulla spezza, nemmeno quando, improbabile nella contagiosa tristezza, accolti tra rumorosi compagni nei loro giorni di festa, ci segue in ogni rifugio, opprime, uccide! Ci basterebbe forse sapere che di quanto ci capita egli stesso soffra, forse più ancora del nostro cuore tanto provato. E invece, persa la fiducia, ci allontaniamo…Chi fermerà il distacco, chi ci dirà quanta sofferenza gli provoca la nostra perdita? È silenzio, greve come s’è fatta l’aria, che è anche più buia di quanto vorrebbe l’ora. E poi il vento, che ora ulula e fa paura, e se l’avvertiamo più lamentoso e opprimente di quanto mai abbia fatto, anche per il dio è questo sentire, e l’abbiamo lasciato solo! E che facciamo? Ci stringiamo al nostro amore terreno, se fortuna abbiamo di averlo ancora, ma anch'esso ne ha paura, e allora ché si distragga un po’ e torni un abbozzo di sorriso, si diventa addirittura faceti! Così è l’amore di qui, provvede, raro prevede le conseguenze degli atti suoi, così non il silenzio, non il buio e poi l’ululato del vento, paurosi! Ma se vero è che il dio ha di simile sofferenza, chi lo conforterà? Forse le tante parole di devoti con le loro preghiere formali? Ma è gente non provata ancora dal dolore estremo, quando sarà, fuggirà! Allora forse l’unico conforto potrebbe venirgli dal ritorno dei fuggiaschi, divenuti consapevoli del dolore aggiunto alla pena del dio dal comportamento loro, la fuga appunto. Ma ravvedersi richiede tempo e questo vola via a tutte le età e dopo il dolore, tutto scema! E poi niente sarà come prima, persa l’ingenuità dell’amore confidente. Un po’ come accade a due amanti che l’incomprensione abbia separato e si ritrovino, tutto ritorna ed è bello, ma velato dal ricordo indelebile dell’accaduto. E di quelli che come il cristo hanno gridato dalla loro croce l’abbandono del dio e che anche di desolazione sono morti, che dire? Il dio è morto con loro, li ha seguiti nel destino, e ora non sono nel nulla, sono nell'amore, in quello vero, non più distanza, non più parole, ma dolcezza di sguardi, come qui solo possibile è a bambini! E più ne vengono a quest’amore, più esso s’accresce, ché viene scambiato e arricchisce chi lo dona e chi lo riceve. Niente potrà contenerlo al fine, e il male dovrà fargli luogo! Dovrà morire, e morirà consapevole di cedere all'amore. Il sogno di qui, tanto deluso!