La
vita a due anche è di piccoli screzi, crucci, piccole pene, lacrime
talvolta, di cui l'altro finisce col chiedere scusa o perdono, spesso
non avendone responsabilità, ché torni l'armonia. Oppure sa di
dover prendere, e subito, su sé ciò che vero turba l'altro, perché
la pena condivisa sempre scema, un po' almeno, e dà a chi ne avuto
per primo angoscia, maggior sicurezza di superamento!
E
col Dio? C'è un rapporto d'amore particolare. Quando si fa vero
armonico? Intanto si finisce col dirgli tutto. Già raccontare di sé
rasserena, ma a un certo punto la preghiera diventa vero colloquio,
convinti che l'altro da noi abbia su sé preso ogni pena, le antiche,
forse le più pesanti, anche, da far ricordo, vecchio o novello,
d'angoscia!
Quando
accade, si ci convince che non c'è dono più grande da parte di Dio
che permettere di sentirsi come un cristo abbandonato, ma allo stesso
tempo avvertirlo soccorrere l'io bisognoso, l'io richiedente forse solo l'appena
per la propria sopravvivenza. Ma più ancora riconoscerlo come chi lo
soddisfa nella più pregnante delle sue richieste, il bisogno di
attenzione, d'amore! Consapevolezza che può avvenire appunto, con la
preghiera quale l'età. Ma quale preghiera? La
preghiera, cose raccontate dal cuore, deve farsi colloquio, cioè
convinzione che non solo si è ascoltati, ma che vi sia risposta,
sebbene l'attenzione stessa al proprio di dentro, malamente espresso,
sempre balbettato, lo sia già. Ma deve diventare soprattutto
offerta, Io t'offro, o Dio sconosciuto, la
pochezza, l'insufficienza, il bisogno miei! Ed esser certi che chi
ascolta li avvertirà come proprie carenze, come sue necessità, come
sue urgenze!
Come a me è accaduto da
farmi meraviglia? Spero di saperlo raccontare! Ma tutto riassumo in
questo,
Occorre
pregare, la fede verrà! Lo diceva d'Alembert per
la
matematica! Se ben ricordo, Allez en avant la fois vous viendra!
Io
pregavo nella mia solitudine, anche più non credendo, ed ero non più
che bambino! Dubitavo dell'ascolto pure di mio fratello, angelo
appena dipartito, parlando nostra madre alla sua tomba. Ma poi
lacrimoso me ne stavo rassegnato e confortato un po' dalle mie stesse
lacrime! Poi nella vita, trascorsa a difendere la mia poca fede,
continuavo a pregare come l'avessi grande! Ma ho finito davvero per
averla, anzitutto convinto d'ascolto. Dicevo e dico dalla mia
debolezza, dalla mia insufficienza, dal mio bisogno d'amore e so che
ho ascolto! Mi sono convinto, ché già accade nell'amore tra due,
far proprie le pene dell'altro, che quel qualcuno del cielo li abbia
fatti propri. È diventato me, uno che ha sete e nessuno acqua gli
dà, fame e nessuno l'estingue, vorrebbe ristoro e nessuna tregua gli
permettono, conforto e nessuno gli offre pace, bisogno d'amore e gli
sembra sempre d'averne carenza, poco parendogli il donato tanta la
sete! Sì, c'è Cristo, sta disteso sulla croce novella, che è la
mia vita tutta e mi dice, Io sono te! Sì, l'avverto aver lo stesso
mio affanno nel cuore. Lo ha da sempre! E non potermi distinguere da
lui a un tempo mi conforta e mi aiuta nel superamento dell'angoscia
che fin qui è durata! E credetemi, non v'è dolcezza d'amore più
grande che avvertite il Cristo condividere la propria angoscia!