lunedì 8 aprile 2019

Amore, superamento dell'angoscia



La vita a due anche è di piccoli screzi, crucci, piccole pene, lacrime talvolta, di cui l'altro finisce col chiedere scusa o perdono, spesso non avendone responsabilità, ché torni l'armonia. Oppure sa di dover prendere, e subito, su sé ciò che vero turba l'altro, perché la pena condivisa sempre scema, un po' almeno, e dà a chi ne avuto per primo angoscia, maggior sicurezza di superamento!
E col Dio? C'è un rapporto d'amore particolare. Quando si fa vero armonico? Intanto si finisce col dirgli tutto. Già raccontare di sé rasserena, ma a un certo punto la preghiera diventa vero colloquio, convinti che l'altro da noi abbia su sé preso ogni pena, le antiche, forse le più pesanti, anche, da far ricordo, vecchio o novello, d'angoscia!
Quando accade, si ci convince che non c'è dono più grande da parte di Dio che permettere di sentirsi come un cristo abbandonato, ma allo stesso tempo avvertirlo soccorrere l'io bisognoso, l'io richiedente forse solo l'appena per la propria sopravvivenza. Ma più ancora riconoscerlo come chi lo soddisfa nella più pregnante delle sue richieste, il bisogno di attenzione, d'amore! Consapevolezza che può avvenire appunto, con la preghiera quale l'età. Ma quale preghiera? La preghiera, cose raccontate dal cuore, deve farsi colloquio, cioè convinzione che non solo si è ascoltati, ma che vi sia risposta, sebbene l'attenzione stessa al proprio di dentro, malamente espresso, sempre balbettato, lo sia già. Ma deve diventare soprattutto offerta, Io t'offro, o Dio sconosciuto, la pochezza, l'insufficienza, il bisogno miei! Ed esser certi che chi ascolta li avvertirà come proprie carenze, come sue necessità, come sue urgenze
Come a me è accaduto da farmi meraviglia? Spero di saperlo raccontare! Ma tutto riassumo in questo,
Occorre pregare, la fede verrà! Lo diceva d'Alembert per
la matematica! Se ben ricordo, Allez en avant la fois vous viendra!

Io pregavo nella mia solitudine, anche più non credendo, ed ero non più che bambino! Dubitavo dell'ascolto pure di mio fratello, angelo appena dipartito, parlando nostra madre alla sua tomba. Ma poi lacrimoso me ne stavo rassegnato e confortato un po' dalle mie stesse lacrime! Poi nella vita, trascorsa a difendere la mia poca fede, continuavo a pregare come l'avessi grande! Ma ho finito davvero per averla, anzitutto convinto d'ascolto. Dicevo e dico dalla mia debolezza, dalla mia insufficienza, dal mio bisogno d'amore e so che ho ascolto! Mi sono convinto, ché già accade nell'amore tra due, far proprie le pene dell'altro, che quel qualcuno del cielo li abbia fatti propri. È diventato me, uno che ha sete e nessuno acqua gli dà, fame e nessuno l'estingue, vorrebbe ristoro e nessuna tregua gli permettono, conforto e nessuno gli offre pace, bisogno d'amore e gli sembra sempre d'averne carenza, poco parendogli il donato tanta la sete! Sì, c'è Cristo, sta disteso sulla croce novella, che è la mia vita tutta e mi dice, Io sono te! Sì, l'avverto aver lo stesso mio affanno nel cuore. Lo ha da sempre! E non potermi distinguere da lui a un tempo mi conforta e mi aiuta nel superamento dell'angoscia che fin qui è durata! E credetemi, non v'è dolcezza d'amore più grande che avvertite il Cristo condividere la propria angoscia!










1 commento:

  1. Nella vita d'amore a due occorre prendere su sé la pena dell'altro, ché condividerla aiuta nel superamento entrambi! Nella relazione col Cristo la preghiera permette di avvertirlo partecipe della propria angoscia e ciò aiuta nel superamento!

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