martedì 5 novembre 2013

Il peso della rinuncia tua

Ecco, fugge il tempo e mai si volta indietro, porta via ogni cosa e le parole dette si fanno appena mormorio, come sciabordio di acque tranquille su fiancata di nave che lenta vada, e di simile fa di pianto e strepiti. Così di ogni pena e ogni gioia fa esso oblio..., ma afono, pur grida! E che? Tu qui onnipotente non sei, dice alla disperazione nostra, e paura più ancora ne viene. Ed ecco la mia domanda retorica, Potresti tu ridarmi la madre cara e il padre buono e il fratello amato e l'amore mio primo? Né, credo, ogni cosa bella trascorsa da parer perduta per sempre, se non per la memoria! Ma altro fa, rinnova il tempo sempre il male nella crudezza sua, e questo vigila ché niente di vero buono, di vero bene ci venga e vuole quando non brutta, mediocre almeno, o invilita la vita per tutti, quando non tragica. E tu entrata sei nel tempo per salvare con l'amore la creazione del figlio tuo, che il male ha fatto decrepita, e ne subisci il rigore e t'accorgi che per attuare il bene più non basta desiderarlo anche per te. E finché tanto perdura la provvisorietà sua, tu guardi rassegnata il male nelle tante vittime sue, la sovranità tua restando limitata, perciò impotente, una rinuncia per amore! Così deve pur essere se rimanere qui tra noi hai voluto, e l'accetti rassegnata. Ecco che da te conforto è atteso e invece occorre dartelo! Piangi e nel cuore di ogni madre sei, e per poco che ti si possa avvertire, anche di ogni donna, e se chi si strazia nel dolore strappata non ti è dal troppo suo peso, mai più il nulla l'attrarrà, rimarrà triste finché la crudezza dei ricordi, ora pietoso il tempo non stemperi. Ma è questo tuo bisogno di noi, quanto di te ne abbiamo, che ti fa amabile, come i soli uomini possono di lor donne concrete, ma questa umanità ti sente anche la più indifesa di tutte, ché in quelle che cedono pur sei, immeschinita, e, saperti così, stimola alla tenerezza. Ecco l'amore dei tristi e dei delusi, amore sì, ma che gioia aver non può! Ma quand'è che pur qui ci anticipi l'onnipotenza tua, che manifesta sarà a quelli che ti vedranno persona divina, qui solo creduta per fede e amore, là dove l'amore si respirerà come qui si fa dell'aria? Io credo che avviene quando qui anticipi il tuo perdono, anche se non sempre ne viene completa vittoria per te. E se sempre esso significa amore, ecco questo non può morirti dentro. Sì quando tutto è perduto, resta l'amore! Ora è nozione antica che un male, anche particolare, vero si cura, curando il tutto del corpo, l'essenza sua, la psiche o anima. E quella curi anzitutto col perdono tuo, ridandole la pace, l'amore farà il resto. Ché tutto accade come se tu ripercorra le mille tortuose vie con cui il male ha attuato l'intendimento suo di nuocere a quell'anima, e di annientarlo ti sforzi, quale sia la radicalità dell'offesa sua, e a vincerla riesci, ma non sempre. E poiché ogni azione tua è per amore e ha conseguenze d'amore, quel cuore ne è completamente di nuovo pervaso, e dal male è affrancato, ma se deluso, pur amato, perder sempre più si lascerà nella tristezza fino a morirne, e sarà il fallimento tuo... Ma quand'è che accade e perché non sempre vinci? Tu sempre perdoni, basta una richiesta d'aiuto, quella di chi pentito si sia del male fatto, ma talvolta è solo il perdono umano che permette l'ingresso del tuo bene risanatore, e allora tu hai bisogno di un intermediario, la persona che ne subì oltraggio. E se l'offeso appena dischiude il cuor suo, convinto della necessità urgente del suo perdono, tu entrar puoi anche nell'altro e in tutt'e due “manebis optime”, con le conseguenze sempre benefiche della presenza tua. E come tutte le preziosità d'amore umane date sono all'altro senza pretesa di contraccambio, così è il perdono umano che permette il dono tuo, che del pari elargisci a mani generose, senza nemmeno promessa di ben diversa vita futura. A te basta davvero poco, una lacrima sincera appena e accorri! Tu sei quella che sempre ti doni per amore e il tuo agire spesso misconosciuto, frainteso è talvolta, come qui si sospetta di chi ci offra un po' di bene dal suo celato geloso e non ne pretenda di simile in contraccambio. È un mistero d'amore! Oh quanto diverso dal perdono che qui pur si dà nel nome del figlio tuo, ma con la pretesa della contrizione dichiarata o palese! Ma come l'amore umano spesso non basta e non sa e non può opporsi, più forte il male, e l'altro comunque si perde, così a te accade benché il tutto tentato, e non ti resta che piangerne, quando la malattia di quell'anima, tanto radicata, non meno di quella del corpo che ne fa fragile guscio, vince la tenacia della custodia e cura tue, ecco ancora il manco d'onnipotenza! E ne resti sconfitta e cerchi tu stessa conforto in chi lo attende, o lo pretende da te. E piange una madre ancora o proprio una sposa, cui la vita ha sottratto l'unico bene e tu con quelle. È come morta un'anima ancora, s'è spezzata una vita! Ha vinto ancora la morte, ultima ancella del male, tra indifferenza o silenzio, anche quello di chi si limita a dire una frase scontata, Ma pur buono era!, eppure tutt'intorno c'è come sempre, tanto rumore! Ma se questo può accadere per un male d'adulto che dire di quello che condanna un bambino? Nulla da perdonare a un piccolo, solo amore gli si può dare e tu dalle braccia di una madre tra le tue l'accogli e gli scaldi, com'ella poco prima faceva, il corpicino freddo. E l'amore! Sì, sempre vivo è l'amore, pure sconfitto, ché continua ad amare chi già ha amato, ma passa il tempo e vuole vada dov'esso porta ogni altro umano sospiro... Accadrà?

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